Oxfam: i bambini poveri 7 volte in meno probabilità finire la scuola

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Nel mondo in media i bambini nati in famiglie povere hanno 7 volte meno probabilità di terminare la scuola rispetto ai loro coetanei nati in famiglie ricche o benestanti. È l’allarme lanciato da Oxfam attraverso un nuovo rapporto pubblicato ieri. L’Italia è il fanalino di coda in Europa per investimenti in istruzione pubblica.

L’abbandono scolastico è al 14,5% nel 2018, tra i più alti nel Vecchio Continente. L’organizzazione lancia un appello al nuovo Governo per una netta inversione di marcia. Il dossier mette in luce un quadro preoccupante in tema di disparità nell’accesso alle opportunità formative. Una disuguaglianza che non risparmia neppure chi ha avuto la fortuna di nascere nei paesi più ricchi, dove solo il 75% dei ragazzi nati in famiglie con reddito basso termina le superiori contro il 90% dei figli delle famiglie più ricche. Una situazione che in tutti i paesi – e in particolare in quelli in via di sviluppo – è strettamente correlata a investimenti inadeguati nell’istruzione pubblica e gratuita. Basti citare il caso del
Pakistan – uno dei paesi più disuguali al mondo e con livelli bassissimi in spesa pubblica per l’istruzione – dove oltre 24 milioni di bambini non vanno a scuola.

«I governi mettono a repentaglio il futuro dei bambini di tutto il mondo non investendo in un’istruzione pubblica di qualità gratuita. Ogni bambino dovrebbe avere le stesse possibilità di realizzare il proprio potenziale, non solo chi ha genitori che possono permettersi di pagare – ha detto Areta Sobieraj, responsabile dell’ufficio educazione di Oxfam Italia,- Tantissimi ragazzi e ragazze partono svantaggiati nei paesi poveri perché devono fare i conti con la malnutrizione cronica, che pregiudica il loro sviluppo e la loro capacità di studiare, mentre la spesa pubblica per l’istruzione si concentra nelle aree ricche a discapito di quelle povere, dove le scuole sono sovraffollate, prive di insegnanti qualificati, libri scolastici
e anche semplicemente di servizi igienici. L’investimento in istruzione pubblica di qualità ha dimostrato invece di essere la leva più efficace per ridurre le disuguaglianze e costruire società più eque che sfruttano al massimo i talenti e il potenziale di tutti i bambini».

Anche in Italia il tasso di dispersione scolastica ha ripreso a crescere dopo anni di riduzione e evidenzia livelli più alti nelle regioni più povere del Mezzogiorno. Secondo gli ultimi dati Eurostat l’abbandono precoce degli studi in Italia è aumentato nell’anno scolastico 2017/2018, con il 14,5% dei ragazzi tra 15 e i 24 anni in possesso della sola licenza media. Un dato in crescita dello 0,7% su media nazionale rispetto all’anno precedente, con una forbice che va da un tasso di dispersione dell’11,7% nel nord-ovest al 18,5% nel Sud del Paese, e che ci porta a essere il quarto paese per abbandoni precoci in Europa, dopo Malta, Spagna e Romania, ben al di sopra della media europea del 10%.

A fronte di tale emergenza, l’Italia è da alcuni anni un paese con uno dei più bassi investimenti in istruzione in rapporto al Pil: secondo il rapporto Asvis 2018, l’Italia investe appena il 4% del Pil in educazione rispetto alla media europea del 4,9% e, in termini di quota sulla spesa pubblica, l’Italia è passata dal 9,1% del 2008 al 7,9% del 2015, a fronte di valori del 9,6% della Germania e della Francia e del 9,3% della Spagna: un dato che ci pone dietro alla gran parte dei paesi Ue. Un quadro che fa sì che nel nostro paese il 26% dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 29 anni (e addirittura il 37% delle ragazze tra i 25 e i 29 anni) non studi e non lavori rispetto a una media del 13% dei paesi dell’area Ocse.

L’Italia è, insieme alla Grecia, il paese nel quale più della metà della popolazione dei 18-24enni è rimasta senza lavoro per almeno un anno. «E’ fondamentale che il nuovo Governo – aggiunge Sobieraj – ponga al centro della propria azione maggiori e più efficaci investimenti nell’istruzione pubblica con l’obiettivo di contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa, le disuguaglianze tra regioni ricche e povere, includendo un sempre più alto numero di ragazzi che sono tagliati fuori – Accogliamo con favore le prime dichiarazioni del nuovo ministro dell’Istruzione rispetto alla necessità di aumentare l’investimento in ambito educativo».