Miracolo a Milano

Miracolo a Milano

di Adriana Rumbolo

dallo svolgimento di un tema scolastico

Un giorno, sotto un cavolo l’anziana Signora Lolotta rinviene un neonato.
 Diversi anni dopo, ritroviamo Totò, così si chiama il bambino, ormai grandicello.
 Un brutto giorno, tuttavia, la signora Lolotta muore e Totò viene affidato all’orfanotrofio.
 Di lì ne esce che è già quasi un uomo pieno di fiducia nel prossimo, un uomo che si aggira senza alcun timore per le strade innevate di Milano alla ricerca del suo primo lavoro.
 Rivolge a tutti un saluto ma ben presto si accorge che la gente non solo è scontrosa e diffidente, ma accoglie il suo “Buongiorno” con fastidio o addirittura come una provocazione.
A sera, mentre Totò si  ferma nei pressi della Scala per ammirare l’uscita dei ricchi spettatori in abito elegante e pelliccia, un vecchio barbone approfitta della sua sbadataggine per rubare la valigetta di pelle che egli aveva con sé; così inseguendo il ladro per farsi restituire la povera dote, Totò si commuove nel vedere le lacrime sul volto di quel poveretto e decide di donargli la valigetta.
Non avendo neanche Totò un posto dove dormire, accetta l’ospitalità del barbone che lo porta nella sua baracca, in un campo alla periferia della città.
 Al mattino, quando si sveglia, Totò vede intorno a sé altre baracche ed altri poveri disperati come lui e il suo amico.
Non appena si affaccia un raggio di sole tutti quanti sono pronti ad approfittarne, ma quando il cielo si fa cupo, per non sentire la morsa del freddo, tutti devono soltanto battere i piedi per potersi riscaldare.
Poi, arriva anche una bufera di neve e le baracche sono spazzate via dal vento.
Così, bisogna ricostruire l’accampamento e Totò si mette d’impegno per aggiornare la toponomastica delle vie ed alleviare le frustrazioni dei suoi compagni di sventura, o trovare la soluzione alle loro contese.
 All’accampamento arrivano sempre nuovi sventurati e famiglie cadute in disgrazia.
È il caso di quella composta dalla Signora Marta, da suo marito, dal figlio piccolo e dalla domestica, Edvige, di cui Totò subito si innamora.
Ma un bel giorno arriva anche il Signor Brambi, il proprietario del terreno dove sorge l’accampamento, e con sé porta il ricco capitalista Mobbi, a cui l’ha venduto.
I baraccati si fanno incontro a Mobbi con l’atteggiamento minaccioso, in quanto temono di essere cacciati dall’accampamento, ma quello li rassicura dicendo loro che ricchi e poveri gli uomini sono tutti uguali.
 Così, il giorno dopo si inaugura il nuovo accampamento con canti e balli, l’estrazione della lotteria ed altri divertimenti. Si pianta l’albero della cuccagna e, improvvisamente, sgorga dal terreno uno zampillo d’acqua, che però si incendia: è petrolio e tutti si affrettano a portare le proprie lucerne per farne scorta.
Il malvagio Rappi si allontana però dall’accampamento per avvertire Mobbi che sul suo terreno si è scoperto il petrolio.
Mobbi cerca allora di far sgombrare l’accampamento ma trova la resistenza dei baraccati, i quali mandano da lui anche una delegazione, per ricordargli che tutti gli uomini sono uguali.
 Mobbi rassicura i rappresentanti dei baraccati, ma quando tornano all’accampamento questi vedono che lo sgombero è già in corso.
Si organizza allora la resistenza.
Quando però i gendarmi lanciano i lacrimogeni, i baraccati sono costretti ad indietreggiare.
 Totò che si è rifugiato in cima all’albero della cuccagna vede comparire improvvisamente il fantasma della vecchia Lolotta, che gli consegna una colomba dagli straordinari poteri: tutto quello che lui desidera la colomba sarò in grado di realizzarlo.
Così, grazie alla miracolosa colomba della signora Lolotta, ai gendarmi succedono una serie di inconvenienti che li mettono in ritirata.
 È costretto a fuggire anche l’infame Rappi, ma intanto i poveri delle baracche continuano a chiedere favori a Totò: chi vuole una pelliccia, chi una radio, chi un vestito e così via.
 Chi vuole diventare alto, chi vuole diventare bianco e chi nero, e tutti vogliono diventare ricchi.
 Un povero chiede un milione di milioni di milioni di milioni di milioni, e un altro, per ripicca, un milione di milioni di milioni di milioni di milioni più uno.
Ed ecco che lo ha già fregato, tutti si affannano per vedere esauditi i propri desideri.
Finalmente, Totò riesce ad appartarsi in casa di Edvige e le chiede di esprimere un desiderio: un paio di scarpe, ma soltanto una scarpa fa in tempo a comparire ai suoi piedi, perché due angeli scesi dal paradiso sono riusciti a recuperare la miracolosa colomba.
Intanto è arrivata l’alba.
L’accampamento assediato dai gendarmi di Mobbi è evacuato e la gente è caricata sui cellulari. Quando però arrivano a Milano in Piazza Duomo, Totò rientra in possesso della colomba che la signora Lolotta gli ha riportato: improvvisamente i cellulari si aprono ed i poveri baraccati che si sono appropriati delle scope degli spazzini della piazza si allontanano, per la colomba, su di queste in volo, tra le nubi, “verso un regno dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno”.

Un bambino arriva in questo mondo pronto dotato di tutto quanto gli può essere utile alla sopravvivenza e alla conoscenza .
 Purtroppo  giorno dopo giorno viene a contatto con tante realtà familiari, scolastiche, affettive, sessuali, sociali, religiose, politiche dove le piccole cose VERE  rimangono  seppellite da montagne di parole, da simboli  molto incomprensibili e da tanti adulti che  promettono come un miraggio che da grande  avrebbe conosciuto le verità:  da piccolo, da adolescente doveva solo obbedire e considerare la conoscenza come un tabù.
Io che ho avuto un’infanzia a profonda immersione nella natura ed è stata un grande serbatoio a cui ho attinto e attingo sempre, parola di Adriana, quando ritornavo a casa naturalmente solo per mangiare e per dormire con il desiderio grande di raccontare, perchè le emozioni hanno bisogno di racconto, mia madre mi rimproverava perchè ero una ribelle e non era affatto disposta all’ascolto.
E così tutti i giorni  io continuavo da ribelle a  fare la mia spesa esistenziale quotidiana e non sapevo  che mi stavo vaccinando dall’omologazione, dalla banalità  e non avrei permesso a nessuno di
derubarmi del mio desiderio di conoscere e arrivare alle piccole verità che giustificano il vivere.
Stiamo attenti ai nostri ragazzi che vivendo in un mondo  dove montagne di parole, bombardamenti di brutta pubblicità, storditi da confusione, brutta musica potrebbero come gli ingenui barboni
volare sulle scope per raggiungere un posto magico dove “Buongiorno vuol dire Buongiorno” ma loro invece delle scope magiche  potrebbero avvicinarsi a sostanze pericolose per evadere senza arrivare mai nel paese magico dove “Buongiorno vuol dire Buongiorno”.