Noi presidi da aiutare

da la Repubblica

Mariapia Veladiano

Qui non si tratta di buona o cattiva volontà dei presidi, ma di oggettiva impossibilità. Per questo i presidi manifesteranno a Roma il 30 ottobre, perché la sicurezza nelle scuole sia garantita da chi può farlo.

La notizia dei presidi che vengono condannati per incidenti accaduti negli istituti che dirigono, incidenti che sono però legati a ragioni di inadeguatezza o degrado strutturale degli edifici, è qualcosa che mina in modo carsico tutto il mondo della sicurezza a scuola e per questo famiglie e società civile dovrebbero stare bene attente a quel che capita.

Capita questo. Il decreto legislativo 81/2008 mette la sicurezza dei lavoratori in capo al datore di lavoro, che ne è responsabile attraverso l’adeguamento dei locali, la formazione del personale, le misure di prevenzione. Poiché il Miur indica nei presidi il datore di lavoro per gli istituti scolastici, queste misure ricadono automaticamente su di loro. Ma in realtà ai presidi mancano proprio i fondamenti della figura del datore di lavoro, pensata per le aziende innanzi tutto. Il preside non ha autonomia finanziaria, non sceglie il personale, non ha fondi per la struttura e anche se li trovasse attraverso finanziamenti privati e donazioni, non potrebbe spostare un coppo senza l’autorizzazione degli enti proprietari, ovvero i Comuni per la scuola primaria e per le medie, e le Province per gli istituti superiori.

Un preside se ha sentore che una finestra si schiodi o un soffitto traballi può (deve) fare tre cose: avvertire immediatamente con pec l’ente proprietario, intanto prendere misure precauzionali tipo spostare, se ha posto, i ragazzi, oppure, estrema decisione, chiudere la scuola esponendosi alla denuncia per sospensione di pubblico servizio se il pericolo non verrà riconosciuto immediato. Se poi intanto succede qualcosa, questo dicono le sentenze, è comunque colpa sua perché non ha fatto abbastanza. In questo momento si consuma un’operazione di deresponsabilizzazione degli enti proprietari che possono contare su una sentenza definitiva in cui si dice sostanzialmente che tutta la sicurezza, anche quella degli edifici, è in capo al preside.

La preside Franca Principe, oltre alla condanna a due mesi per l’incidente occorso a uno studente nel 2011, sentenza confermata in Cassazione, ha avuto la settimana scorsa anche la sanzione disciplinare dall’Ufficio scolastico della Campania: 5 mesi di sospensione senza stipendio.

Il provvedimento disciplinare è un atto (forse) dovuto, di fronte a una condanna, ma la misura in questo caso è smisurata perché si tratta evidentemente di reato colposo: lei non ha certo voluto che lo studente si facesse male, una quantità di misure di sicurezza erano state messe in atto.

È una sanzione disciplinare che scolpisce nella storia della nostra attuale amministrazione scolastica la assoluta solitudine dei presidi. La manifestazione del 30 ottobre a Roma è nata completamente dal basso, promossa dai presidi stessi che hanno ben chiaro quello che è in gioco, nessun sindacato di categoria al momento la appoggia sul piano organizzativo o finanziario. È nata dalla consapevolezza che su queste sentenze la scuola sta o cade, perché se quelli che potrebbero fare, ovvero gli Enti proprietari, non fanno e non vengono ritenuti responsabili e invece viene condannato il preside che non può fare assolutamente niente sulle strutture, è la fine della sicurezza nelle scuole e anche la fine del lavoro di preside, che dovrà sempre più occuparsi di sicurezza invece di curare il mondo complesso ed esigente delle relazioni di scuola. Si troverà un capro espiatorio nel preside, qualcuno potrà avere il gusto di poter chiamare per nome un colpevole purchessia, ma le scuole resteranno insicure e basta. Non possiamo davvero volere questo.