Usura psicofisica degli insegnanti in continuo aumento: come uscirne?

da Orizzontescuola

di Vittorio Lodolo D’Oria

L’usura psicofisica determinata dalla professione docente non risparmia nessuno e può manifestarsi a differenti età a seconda della propria anamnesi familiare, dei cosiddetti “life event” (separazioni, malattie, lutti, dispiaceri, circostanze particolari etc), delle situazioni fisiologiche contingenti (es. post-partum, menopausa), della propria resilienza, delle abitudini di vita (hobbies, dieta sana, attività fisica o fumo, caffè, alcool) e della strategia di adattamento per contrastare lo stress quali, su tutte, la condivisione del disagio con colleghi e amici.

Di seguito analizziamo i casi di due docenti relativamente giovani (la più grande ha 50 anni) che sono già stremate e manifestano le classiche somatizzazioni oltre a un forte senso di inadeguatezza nei confronti degli stessi alunni. Chiedono al sottoscritto come fare per uscire dal circuito e se può essere d’aiuto coinvolgere il dirigente nel processo. È del tutto evidente che, come la totalità del corpo docente, le maestre in questione sono totalmente all’oscuro delle malattie professionali (prevenzione inclusa) e degli strumenti messi a disposizione dal legislatore per farvi fronte (procedure nonché diritti e doveri dell’accertamento medico d’ufficio e a richiesta del lavoratore). Può essere utile ricordare che il dirigente scolastico ha, a tal proposito, un debito formativo nei confronti dei suoi insegnanti ai sensi degli artt. 28, 36 e 37.

Domanda: Gentile dottore, sono una insegnante di scuola primaria di 50 anni che non riesce più a svolgere il proprio lavoro con serenità. Quando penso che lo stato mi vuole a scuola fino a 67 anni mi sento morire! Come si può pensare di fare questo mestiere fino a quella età? Io vorrei arrivarci viva e non voglio ammalarmi a causa di tutto lo stress e le mortificazioni che subisco quasi ogni giorno. Vorrei sapere se esiste una via di fuga da questa situazione e che cosa prevede la legge in caso di inabilità all’insegnamento? Io ormai sono arrivata ad un livello tale di stress che quando guardo i bambini sento un “odio” o “risentimento” per quello che mi fanno provare. Non lavoro più con gioia ed entusiasmo, le motivazioni sono molteplici e Lei le ha ben esposte (rapporti con famiglie, bambini con DSA e BES senza sostegno, situazioni che avrebbero bisogno di un maggiore supporto che non c’è…). Cosa mi consiglia? Devo parlarne con la mia dirigente? Io non so come muovermi. La ringrazio molto per il tempo che vorrà dedicarmi.

Risposta: L’unica via possibile consiste nel richiedere l’accertamento medico in CMV presentando alla visita documentazione specialistica psichiatrica attestante il suo malessere. Tale certificazione deve essere prodotta in struttura pubblica. Credo che al massimo potrà ottenere l’inidoneità all’insegnamento poiché solo a casi gravi è riservata l’inabilità al servizio con relativa dispensa. In caso di inidoneità all’insegnamento verrà collocata ad altre mansioni cioè in biblioteca o in segreteria e dovrà timbrare le 36 ore poiché perderebbe la flessibilità oraria degli insegnanti. Se la dirigente è persona comprensiva può parlare con lui, sapendo che l’accertamento medico d’ufficio è valutato con più attenzione dalla CMV rispetto a quello richiesto dal lavoratore. Cari saluti.

Domanda: Gentile dottore, mi ha parlato di lei una collega e ho pensato di scriverle. Sono docente nella primaria.  Nel 2007 mi chiamarono a novembre come supplente, era la prima volta che insegnavo. Mi toccò una classe V di 22 alunni, il più della classe erano ragazzi maleducati, altri molto irrequieti. Alcune mamme saranno state un 3 o 4, mi fecero del mobbing vero e proprio. Il preside conosceva classe e genitori e comprese la mia situazione, mi supportò e mi tutelò. I ragazzi erano ingestibili, sicuramente anche stuzzicati dalle mamme. Gli alunni saltavano sui banchi, mentre ero intenta a spiegare, uscivano dalle classi, mi mandavano a quel paese per aver loro proibito l’uso del cellulare in classe. Un ragazzo poi venne con la malizia nel mostrarmi l’icona della “Style” che evoca una posizione sessuale. Una classe orrenda insomma e se aggiungiamo la mia inesperienza, fu un anno scolastico devastante. Un collega di ruolo nel plesso mi confidò che toccava a lei quella V ma la rifiutò perché conosceva la situazione: aveva preferito la classe prima più faticosa didatticamente piuttosto che la V toccata a me. Iniziai a soffrire d’ansia e avere stati di derealizzazione, mal di testa, vomito. All’inizio non ho capito cosa mi capitasse, sapevo solo di star male. Con il tempo l’ansia è andata degenerando e nel 2016 una flebo di Plasil somministratami in ospedale mi scatenò attacchi di panico che persistono. L’anno scorso ho subito un vero mobbing da parte della dirigente. Quest’ anno sono in un altro istituto.  La dirigente, su mia richiesta, mi ha dato materie antropologiche e 10 ore di potenziamento.  Io, però, non reggo più il rumore, da marzo di quest’anno sono peggiorata. In classe inizio subito ad accusare stanchezza mentale, forti mal di testa, nausea, a momenti provo le sensazioni degli attacchi di panico, dolore al petto come se mi esplodesse il cuore, in più provo come una sorta di euforia negativa (il medico la chiamò disforia). A tutto ciò si aggiunge la disfonia, tanto che devo usare un microfono. I dottori dicono che la mia è una depressione nascosta, ma io non mi sento depressa e provo un’ansia terribile che mi induce tristezza. Un qualunque stress mi fa crollare subito. Non tollero di dover gridare contro i bambini, mi sento di far loro un danno. Io amo i bambini ma non sono più capace di sopportare il vociare continuo, la gestione della classe, stare sempre a richiamare ora uno ora l’altro. Ho esaurito le energie mentali. Cosa posso fare dottore? Ho preso gli antidepressivi ma non mi hanno portato alcun beneficio, anzi! Avevo pensato di chiedere alla dirigente di istruire una pratica per visita collegiale medica all’asl ma temo la reazione della dirigente. In questi giorni sto usando il cotone nelle orecchie per attenuare il rumore. Mi dia un consiglio. Vorrei essere esonerata dall’insegnamento, ma voglio lavorare perché calata in un contesto tranquillo io sto bene, mi distraggo e sto bene psicologicamente. Il mio malessere è reattivo iniziato con la scuola, poi altre situazioni di vita hanno contribuito a esasperarmi la sofferenza mentale. Io la nascondo tanto che una mia collega mi ha detto che, a vedermi, non avrebbe mai immaginato che stessi male. Eppure, dentro, soffro. Un’altra collega mi ha confidato del malessere che vive in classe, perché parlarne tra docenti è tabù vista la saccenza di molti colleghi. Mi dia un consiglio.

Risposta: Innanzitutto le consiglio di documentarsi su ciò che sta attraversando. Le farà bene sapere che il suo è un sentire piuttosto diffuso. Legga il mio ultimo libro “Insegnanti, salute negata e verità nascoste”. Poi, per avere l’inidoneità all’insegnamento occorre passare in CMV producendo certificati medici di struttura pubblica aggiornati riguardanti la sua condizione psichiatrica innanzi tutto. Presentare domanda di accertamento medico in CMV è un suo diritto e non capisco quale sia il problema per il dirigente. Un ultimo consiglio, poiché ha poche energie, eviti conflitti con colleghi, preside, genitori etc. Cari saluti.

Considerazioni: dal 1992 al 2012 sono intervenute quattro riforme previdenziali “al buio”, cioè senza valutare la salute della categoria professionale dei docenti. All’alba del terzo millennio non sono ancora riconosciute le malattie professionali degli insegnanti, non è finanziata la prevenzione e si usano terminologie che non hanno rilevanza medica ai fini della cura e dell’indennizzo (burnout, stress lavoro, correlato, rischi psicosociali). Nel giro di 20 anni siamo perciò passati dall’insostenibile situazione delle baby-pensioni ai 67 anni per andare in quiescenza. Stiamo perciò assistendo ai frutti degenerati di un sistema perverso.

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