Ma non chiamatemi caregiver

Redattore Sociale del 01.11.2019

Disabilità “Ma non chiamatemi caregiver”: l’appello di una mamma

ROMA. “A me essere chiamata caregiver non piace per nulla: io sono la mamma, una mamma che ha deciso per il bene della propria figlia di non affidarla a altri, ma di occuparsene personalmente”: è la riflessione di Marina Cometto, mamma innanzitutto ma anche caregiver a tempo pieno, da oltre 40 anni, di sua figlia Claudia, che ha una grave disabilità, dovuta a una malattia rara, la sindrome di Rett. “Non mi sento in galera per questo – precisa Cometto – Non mi sento sfruttata, perché ciò che si fa con amore e per amore non ha prezzo. Tornassi indietro farei la stessa scelta”.
La sua riflessione, però, non è solo un esercizio di stile, o una finezza linguistica: diventa invece una denuncia e poi un appello. “In questi ultimi tempi ho sentito tanto parlare della figura dei caregiver, perfino la politica ha iniziato a usare questo termine: se ne è riempita la bocca, ma in verità non è ancora arrivata a nulla”. Il riferimento è, evidentemente, alla legge sul caregiver, presentata in Parlamento: “Essa dimentica le mamme o comunque i genitori diventati anziani – osserva Cometto – che oltre al forte impegno per mantenere in vita il proprio figlio o la propria figlia, devono fare i conti con l’età e le malattie legate all’età”.
Di cosa avrebbero bisogno, allora, questi genitori caregiver? Di “vere opportunità, un vero sostegno in casa, tramite personale sanitario. Perché molti dei ragazzi assistiti a domicilio, vuoi per malattia rara, vuoi per patologie causate da traumi, sofferenza neonatale o altre, presentano con l’avanzare dell’età complicazioni maggiori. E i genitori, settantenni o anche ultra ottantenni, sentono di non riuscire più a essere presenti e pronti nelle possibili complicanze. Questo certo non li aiuta a essere sereni”.
Cometto ripercorre quindi la storia dei passati tentativi, le passate speranze, alimentate da una legislazione spesso avanzata, ma poi puntualmente tradite: “Quando è stata votata le legge 162/98 – ricorda – pensavo che avrei finalmente avuto un aiuto. Invece nulla. Quando è arrivata la 328/00, ancora, speravo che veramente questa sarebbe stata la legge per noi: nulla di fatto, anche in questo caso. Ancora, con il ripristino del Fondo per la non autosufficienza, mi sono detta: ‘Questa volta ci siamo’. Mi illudevo: la Regione in cui vivo è riuscita a disattendere le mie aspettative anche questa volta. Nulla da fare – denuncia Cometto – Siamo voci fuori dal coro: siamo pochi, siamo tanti, a nessuno interessa, neppure a coloro che si dicono attenti, per poi piangere lacrime di coccodrillo quando qualcuno persa ogni speranza di ascolto cede. Non credo che sarà il riconoscimento della figura del caregiver a colmare questo vuoto – conclude – perché sapranno prenderci in giro, prendermi in giro, per l’ennesima volta. Cambiano i colori politici, cambiano i nomi, cambiano i governi, ma il risultato no cambia mai: le persone malate e con disabilità complessa non sono la priorità in questo nostro Paese”. 

di Chiara Ludovisi