Bonus merito per i docenti. Solamente una elemosina

da La Tecnica della Scuola

La notizia che il bonus premiale rimane anche con l’ultimo decreto  lascia sconcertati.
Il decreto ha inserito ulteriori toppe in una coperta troppo corta e già più volte rattoppata da almeno dieci anni di riforme della scuola non supportate da un pensiero pedagogico.
L’ultima riforma che aveva interpellato dei pedagogisti fu quella della Ministra Moratti. Per quanto anche quella oggetto di contestazioni, per lo meno cercava dei riferimenti nell’ambito delle scienze dell’educazione, mentre dalla riforma Berlusconi-Tremonti-Gelmini in poi il nulla. Solo riduzioni di spesa e modifiche normative fondate sull’idea che la scuola deve funzionare come un’azienda.

Cosa suggerisce la ricerca pedagogica

Nel caso del bonus al merito ci si orienta peraltro verso un’azienda inefficiente: in nessuna azienda seria verrebbe assegnato un premio individuale quando è necessario un lavoro di squadra.
Le ricerche nell’ambito delle scienze educative ci dicono infatti che le scuole migliori sono quelle dove c’è un alto livello di collaborazione, mentre il premio individuale stimola la competizione interna, conducendo ad una scuola fondata sull’azione individuale e la mancanza di condivisione.
Nel gioco delle toppe e dei rattoppi di questa coperta corta il nuovo decreto scuola non modifica questa aberrazione che è uno degli elementi più contestati della contestatissima riforma della scuola di Renzi.

Cosa accade nella pratica

In molte scuole si è scelto di neutralizzare gli effetti nefasti del bonus premiale utilizzandolo per retribuire quelle figure fondamentali per il funzionamento della scuola, che venivano precedentemente retribuite con il Fondo d’Istituto o per le quali arrivavano fondi specifici ben più cospicui: responsabili di plesso, coordinatori di classe, referenti di dipartimenti o per temi specifici.
Questo sarebbe un vero cambiamento rispetto alla riforma di Renzi legge 107/2015: trasferire i fondi del bonus premiale verso i devastati fondi di istituto.
Inoltre le Funzioni Strumentali, quando il Ministro Berlinguer le aveva definite più dignitosamente Figure Obiettivo, venivano retribuite con tre milioni di lire lorde.
Oggi ricevono qualche centinaio di euro.
Stessa sorte tocca spesso anche ai formatori, che si ha la pretesa di retribuire facendo riferimento ad una normativa del 1995, ricevendo così a volte una retribuzione oraria inferiore a quella delle persone che formano.

Le “figure intermedie”

Eppure il lavoro di tutte queste figure professionali intermedie è indispensabile per il funzionamento della scuola.  Alcune svolgono delle funzioni che, in altri settori della pubblica amministrazione, prevedono un inquadramento specifico, con retribuzione di decine di migliaia di euro superiori a quelle dei colleghi che devono coordinare; nella scuola invece tutto è affidato al volontariato, all’impegno di chi sceglie di dedicare tempo e lavoro per il funzionamento della scuola, sapendo che l’alternativa sarebbe il collasso dell’istituzione.

In questo contesto il bonus premiale è un’elemosina umiliante, distribuita a volte con criteri arbitrari da un comitato che prevede anche la presenza di persone non competenti. Dai primi passi della famigerata riforma Renzi, contestata con uno sciopero di 618.000 lavoratori della scuola,  si fece notare che un professionista non può essere giudicato da persone che non hanno mai svolto la sua professione.
La somministrazione di questionari tra studenti e genitori può essere utile, ma poi dovrebbe perlomeno essere un comitato di esperti che, con cognizione di causa, prende in esame vari elementi tra cui il risultato dei questionari. Ma anche questo fa parte di un processo di delegittimazione e riduzione del prestigio sociale degli insegnanti che danneggia prima di tutto gli studenti.

Una proposta operativa

Avevo a suo tempo indicato in un sistema di valutazione basato sulla presenza di consulenti esperti che aiutano gli insegnanti ad intraprendere un processo di miglioramento, una vera valutazione formativa in grado di cambiare la qualità della scuola.
Assegnare premi in denaro infatti non solo rischia di incidere in modo negativo sulle relazioni tra gli insegnanti, riducendo la qualità della collaborazione indispensabile ad una efficace azione didattica ed educativa, ma soprattutto non incide in alcun modo su quelle situazioni di insegnanti che, per negligenza, incompetenza o inidoneità, non forniscono un servizio minimamente adeguato.

Per concludere, a mio parere, veri segni di cambiamento sarebbero
1-  convogliare i fondi del bonus premiale verso il ripristino del Fondo di Istituto, per retribuire chi lavora di più svolgendo attività aggiuntive in termini di ruoli di coordinamento o di laboratori extracurricolari rivolti alla riduzione della dispersione scolastica (controllandone però la qualità e l’efficacia)
2-  adottare modalità di valutazione rivolte non tanto a distribuire premi e punizioni, ma ad aiutare gli insegnanti a migliorare la qualità del loro difficilissimo ma bellissimo lavoro.