Dispersione implicita, contro l’infarinatura a scuola

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da Tuttoscuola

I nuovi dati sulla dispersione implicita elaborati da INVALSI stanno riscuotendo un grande interesse. Poiché questi dati costituiscono una fonte informativa importante e nello stesso tempo si prestano a diverse considerazioni, è opportuno ragionare più articolatamente per evidenziare le caratteristiche del fenomeno della dispersione implicita. Si tratta, infatti, delle acquisizioni carenti in modo più o meno gravi che caratterizzano i livelli 1 e 2 negli esiti che l’INVALSI restituisce alle scuole e, nel caso della scuola secondaria di secondo grado, anche ai singoli studenti che hanno sostenuto le prove.

L’obiettivo dell’analisi dell’INVALSI su questo tema è quello di accendere i riflettori su quegli esiti che, ripetuti negli anni, possono portare a quell’analfabetismo funzionale di cui vi sono testimonianze sia nei risultati di ricerche internazionali (Gallina, 2000; Di Francesco, 2013; Mineo Amendola 2017; Gallina, 2018), sia nella riflessione che già Tullio De Mauro metteva in luce diversi anni fa (De Mauro 1980, De Mauro, 2003).

Da dove proviene infatti questo fenomeno se non da carenti acquisizioni o addirittura quasi inesistenti?

Se ci inoltriamo poi in queste considerazioni, vedremo che l’”accontentarsi” di questi livelli minimi trova nel gergo scolastico un consolidato riscontro: “ce l’ho fatta per il rotto della cuffia”, “ho strappato il 6”, (che nel caso dell’università diviene “strappare il 18”, sintomo della persistenza di questo gergo) “ho un’infarinatura di…”, “mastica un po’ di inglese”. Queste espressioni fanno riferimento ad un sapere “a pressappoco” ad una memorizzazione superficiale, più generalmente ad acquisizioni che mirano a raggiungere “il pezzo di carta” (altra espressione gergale) che tradiscono proprio la loro funzione formale a cui non corrisponde una vera sostanza. Questa caratteristica non desta alcun allarme nella società civile, perché si radica proprio su rappresentazioni profonde e condivise dell’imparare a scuola. E, d’altra parte, un genitore se il figlio evita la bocciatura “strappando il 6”, non se ne rammarica ma considera la promozione uno scoglio superato.

La necessità di far riferimento ad un’altra concezione dell’apprendimento, approdando ad un concetto più corretto e aggiornato, è ciò che fonda invece il riferimento alla nozione di competenza a scuola.

Le espressioni gergali che ho riportato sopra, esprimono infatti, valori culturali diffusi relativi a un modo di intendere le acquisizioni a scuola, che sono in netta opposizione alla prospettiva delle “competenze” a cui fanno riferimento ad esempio le Indicazioni Nazionali. Si è competenti infatti, quando si possiede pienamente, “si comprende”, nel senso etimologico del termine in cui l’atto del prendere indica il possesso: il contrario quindi dell’”infarinatura” e dello “strappare il 6” di cui spesso le acquisizioni superficiali sono una caratteristica.

La profondità e la diffusione di questa concezione evidenziano la necessità urgente di scalzare il modo vecchio e arretrato di considerare l’apprendere a scuola che non è più rispondente alle caratteristiche dell’attuale società.

*Presidente INVALSI