Pochissimi scioperano, troppe scuole ferme

da Tuttoscuola

Come mai in occasione della maggior parte degli scioperi nella scuola degli ultimi tempi non si sono tenute le lezioni in moltissime classi, a fronte di adesioni dei lavoratori inferiori all’1-2%?

Non parliamo ovviamente del sacrosanto e inviolabile diritto di sciopero, ma di alcuni meccanismi (che partono da un accordo contrattuale che esclude l’obbligo di comunicare in anticipo se si intende scioperare, pur trattandosi di un servizio pubblico essenziale, dal quale deriva una catena di effetti – dalla comunicazione alle famiglie che i dirigenti scolastici sono costretti a fare di non poter garantire il servizio, fino alle notizie su tutti i media il giorno prima dello sciopero) che si riverberano sul servizio: il risultato? Tante famiglie tengono a casa i figli (con disagi vari) e saltano le lezioni in tantissime classi, a fronte di adesioni effettive che al termine dello sciopero risultano essere dell’1% circa (come avvenuto nei 12 scioperi dell’ultimo anno, a cui non hanno mai aderito i sindacati più rappresentativi).

Ad indagare sulle cause del fenomeno l’ultimo report di Tuttoscuola “Scioperi con pochissimi scioperanti e…tante scuole chiuse” ripreso proprio oggi da un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Il report integrale, che approfondisce i suddetti meccanismi contrattuali-istituzionali-mediatici, con l’analisi dei dati ufficiali del Dipartimento della Funzione pubblica sugli ultimi scioperi nel comparto scuola – sarà disponibile su tuttoscuola.com nelle prossime ore.

Dal 26 ottobre 2018 al 25 ottobre 2019, gli scioperi nella scuola sono stati in media a cadenza mensile, ma tutti lontani in maniera siderale dagli scioperi veri, che contano, come quello contro la Buona Scuola di Matteo Renzi che il 5 maggio del 2015, promosso da tutti i più importanti sindacati, vide la partecipazione del 64,89% dei dipendenti scolastici.

L’ultimo venerdì nero è stato quello del 25 ottobre scorso con sciopero dei trasporti e dei servizi (soprattutto nella capitale) e anche nelle scuole (per iniziativa di diversi sindacati minori, tra cui Cub, CubSur, Sgb, Si-Cobas,Uti-Cit, Usi Edu e Slai Cobas).

Ancora una volta le piccole sigle sindacali promotrici dello sciopero hanno annunciato un buon successo di adesione da parte di docenti e personale Ata.

Pur facendo la tara sui dati un po’ enfatizzati da quei sindacati (“massiccia adesione”, “forza dirompente”, e via roboando), come è successo più volte nel corso degli anni, bisogna riconoscere che un certo numero di scuole o classi sono rimaste inattive, come se davvero il personale scolastico avesse effettivamente aderito allo sciopero.

Del milione circa di unità di personale del comparto scuola quanti hanno scioperato, tenendo conto delle scuole rimaste chiuse? Centomila (cioè circa il 10%)? 80 mila? 50 mila? Di più o di meno?

La Funzione pubblica ha reso nota nei giorni scorsi la partecipazione: hanno scioperato in 11.065, pari all’1,13% del milione e oltre di lavoratori interessati.

Un’eccezione? Tuttoscuola ha analizzato i dati relativi agli scioperi nella scuola dell’ultimo anno (ma gli anni precedenti sono simili): 12, in media uno al mese.

Ebbene, la punta massima di adesione, secondo i dati ufficiali della Funzione pubblica, viene indicata nello sciopero generale di venerdì 8 marzo 2019, quando, su quasi un milione di addetti in servizio quel giorno, poco meno di 16 mila (15.908) si sono astenuti dal lavoro, pari all’1,62%, con relativa ritenuta sullo stipendio.

Ecco la tabella di riepilogo degli ultimi scioperi sulla base dei dati del Dipartimento della Funzione pubblica:

La risposta sta nella consueta formula a cui i dirigenti scolastici ricorrono nell’avvisare le famiglie: “Non si garantisce il regolare svolgimento delle lezioni”. Le famiglie, soprattutto delle scuole d’infanzia e del primo ciclo (cioè fino alle medie), preferiscono non rischiare e non mandano i figli a scuola: la scuola, senza alunni, chiude i battenti (o almeno alcune classi), come se il personale fosse davvero in sciopero: il “non sciopero” capace di creare il disagio di uno sciopero vero. Incredibile!

Ma perché questa abissale differenza tra molte scuole chiuse e pochissime persone in sciopero?

Del resto il meccanismo è consolidato. La proclamazione di uno sciopero – anche quando non avviene da parte dei sindacati più rappresentativi (che non hanno partecipato ad alcuno dei 12 scioperi dell’ultimo anno) – è una notizia che viene rilanciata su tutto il circuito mediatico, nazionale e locale. Telegiornali, radio, carta stampata, siti, seguiti poi dal tam tam via social network, fanno da cassa di risonanza (spesso richiamando l’immagine del “venerdì nero”, oppure, segnalando, come faceva l’Ansa il 24 ottobre scorso, che “per l’agitazione dei sindacati di base non mancheranno disagi nella scuola”). Il Miur ha creato sul suo sito un’apposita pagina che si chiama “Diritto di sciopero” e in taluni casi, come il 24 ottobre 2019 in vista dello sciopero del giorno successivo, emana un comunicato da parte dell’Ufficio relazioni sindacali, che precisa che “le scuole sono state pre allertate da dieci giorni in merito allo sciopero che riguarda tutta la giornata di domani, tutto il personale scolastico e tutti gli istituti di ogni ordine e grado. A proclamarlo sono state alcune sigle sindacali minori, come…”. E non manca di ricordare che “ogni dirigente scolastico può usufruire del sito della propria scuola per comunicare se si riuscirà a garantire le lezioni nel proprio istituto”.

Nel frattempo si diffonde il passaparola e spesso scatta sulle chat di classe il “toto-sciopero” tra genitori (specie degli alunni più piccoli) e tra gli studenti delle superiori in cerca di occasioni per evitare interrogazioni e verifiche in classe per cercare di capire in quanti aderiranno e se il giorno successivo si terranno le lezioni.

A proposito, ricordiamolo: nel temuto “venerdì nero” del 25 ottobre scorso ha scioperato solo l’1,13% del personale. Ma la inconsapevole “macchina” mediatico-istituzionale con il riverbero via social e passaparola hanno prodotto un “risultato” ben superiore.

Ma cosa accade nel giorno dello sciopero nelle scuole, in taluni casi semideserte di alunni? Cosa fanno i docenti non scioperanti, cioè la quasi totalità (99% circa) – come risulta dai dati della Funzione pubblica dell’ultimo anno?

Quello scolastico è un universo talmente ampio e diversificato, sparso in oltre 40 mila sedi sul territorio, che non è possibile fare un quadro unico. Non c’è una regola e i comportamenti dipendono anche dalle indicazioni del dirigente o dalla prassi. Molti stanno a scuola e svolgono assistenza agli alunni che comunque sono arrivati in classe, oppure svolgono attività preparatoria per i giorni successivi o riordinano l’aula. Altri, probabilmente, se ne stanno a casa o vi ritornano.

Di sicuro c’è un forte impatto sulla normale operatività dell’istituto e in generale sulla qualità e sulla quantità del servizio.

I costi per la collettività

Oltre al disagio – non quantificabile – per gli alunni (dai bambini di 4-6 anni della scuola dell’infanzia alla primaria fino ai “grandi” delle superiori) e per le loro famiglie (genitori, nonni, etc), qual è il costo a carico dello Stato per il personale che non presta alla fine regolare servizio pur non essendo formalmente in sciopero (senza quindi ritenuta sullo stipendio)?

Nel report ci sono tutti i calcoli.

Per ogni scuola che chiude o modifica l’operatività per sciopero si può stimare un costo relativo al personale non in sciopero di circa 7 mila euro, per un servizio non erogato (del tutto o parzialmente) ma pagato dalla collettività. Ovviamente ciò non dipende dalla volontà né del personale che non ha scioperato né di quello in sciopero, ma dalla catena di conseguenze che si originano dalle regole in vigore, che questo report cerca di descrivere.

Fatti i conti, se ognuno dei 12 microscioperi dell’ultimo anno ha comportato complessivamente un 10% di mancato servizio (non da parte di chi ha scioperato ma per tutte le ricadute descritte), sarebbero stati spesi in maniera non efficace né efficiente 66 milioni di euro (di fatto giornate di lavoro pagate ma non effettuate o prestate in condizioni non produttive).

Ma c’è un altro effetto del “non sciopero” con le scuole chiuse: le ore di lezione perse dagli studenti.

Anche qui nel report sono riportati i conteggi con le assunzioni fatte (in assenza di dati ufficiali sul numero di scuole o classi che restano inattive nella giornata di sciopero).

Nell’ultimo anno, dal 26 ottobre 2018 al 25 ottobre 2019, per effetto dei dodici microscioperi nella scuola, le ore di lezione non svolte (nell’ipotesi – tutt’altro che esagerata – del 10% di chiusura per non sciopero) potrebbero avere superato i 2 milioni e mezzo. Cinque milioni di ore se la chiusura è stata pari al 20%.

Il tutto da vent’anni, e il più delle volte per iniziativa di piccoli sindacati con pochissimi iscritti.