Contratto, scuola penalizzata

da Italiaoggi

Carlo Forte

I 3 miliardi a regime, previsti nel disegno di legge di bilancio per il rinnovo dei contratti collettivi del personale non dirigenziale del pubblico impiego, nel quale sono compresi docenti e Ata, copriranno solo il tasso di inflazione programmata. È quanto si evince dalla relazione sul bilancio di previsione dello stato per l’anno finanziario 2020 e sul bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022 (a.s. 1586), depositata in audizione davanti alle commissioni riunite di camera e senato, dal presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema. In particolare, spiega il numero uno della magistratura contabile, per il rinnovo dei contratti ed i miglioramenti retributivi del personale non contrattualizzato, l’articolo 13 del disegno di legge di bilancio per l’anno 2020 si limita ad integrare il fondo contratti per il personale dello stato finalizzato ai rinnovi contrattuali. Fondo già quantificato dall’articolo 1, comma 436, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio per l’anno 2019). Ed eleva gli stanziamenti dagli iniziali di 1.445 milioni e 1.775 milioni a 1.650 e 3.175 milioni rispettivamente per gli anni 2020 e 2021.

Riguardo alla quantificazione delle risorse, Buscema ha precisato che i tassi percentuali sono calcolati su base 2018 e sono sommati tra di loro nel triennio. Considerati singolarmente, pertanto, i tre tassi di crescita per il triennio sono: 1,29 nel 2019, 0,63 nel 2020 e 1,78 nel 2021. Nel medesimo periodo la previsione sull’andamento dell’inflazione, al netto dei prodotti energetici importati, secondo il tasso Ipca (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’unione) è pari a 3 punti percentuali in ragione di circa un punto per anno. Il confronto tra le due grandezze determina uno scostamento di poco più di mezzo punto percentuale in favore della dinamica retributiva. Ma in termini di spesa complessiva, considerando la totalità degli effetti collegati alle politiche sul personale quali le misure sull’occupazione nonché le previsioni sulle maggiori cessazioni riferibili ai recenti provvedimenti in materia pensionistica il tasso di crescita effettiva della spesa dovrebbe collocarsi in linea con gli andamenti dell’Ipca.

In buona sostanza, dunque, non vi sarà alcun incremento sensibile del potere di acquisto dei salari, ma una mera compensazione rispetto a quanto si è perso e si perderà entro il 2021. Fin qui le risorse finanziarie complessive e il commento della Corte dei conti. Va fatto rilevare, inoltre, che anche quest’anno, nel disegno di legge di Bilancio i fondi per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego prevedono stanziamenti complessivi. E non vi è alcun accenno alla necessità di compensare almeno in parte le sperequazioni di reddito tra gli importi delle retribuzioni del personale della scuola e il resto del pubblico impiego.

Secondo alcuni dati diffusi dalla Ragioneria dello stato, le retribuzioni annuali del personale scolastico si collocano al di sotto della media del pubblico impiego di circa 6mila euro.

E il divario è destinato ad ampliarsi, se non verrà modificato il criterio con il quale vengono fissati gli importi degli incrementi retributivi da applicare alle varie categorie del pubblico impiego.

La prassi invalsa consiste nel dividere la somma stanziata nella legge di bilancio per il numero degli addetti di tutti i comparti. E ciò comporta, inevitabilmente, aumenti maggiori per chi percepisce di più e minori incrementi per chi ha retribuzioni di partenza più basse. L’effetto, dunque, è quello di allargare costantemente la forbice, scollegando l’applicazione degli aumenti alla qualità del lavoro svolto e tenendo presente il mero dato aritmetico della retribuzione di partenza.

Intanto si mobilita il fronte sindacale. Servono almeno altre 700 milioni di euro e solo per la scuola, dicono fonti confederali, perché si possa parlare di rinnovo contrattuale. Il ministro dell’istruzione, università e ricerca, Lorenzo Fioramonti, ha anche di recente ribadito l’impegno a trovare 3 miliardi per tutto il comparto pena le dimissioni. L’aumento promesso ai docenti era stato di 100 euro al mese. Con gli attuali stanziamenti si arriva sotto i 70. Pochi, per il sindacato.