Decreto scuola: inserito coding tra metodologie didattiche da acquisire nell’ambito dei CFU

da Tuttoscuola

Tutti a lezione di coding, adulti compresi. A prevederlo è un emendamento approvato dalla commissione Cultura e Lavoro della Camera al decreto scuola il cui testo finale è ancora in lavorazione in queste ore per essere affinato e presentato in Aula alla Camera il prossimo 25 novembre. Nel dettaglio, l’emendamento in questione inserisce il coding tra le metodologie didattiche da acquisire nell’ambito dei crediti formativi o durante il periodo di formazione e prova legato al concorso. A proporre l’emendamento, Forza Italia.

Si tratta dei 24 CFU in discipline pedagogiche e metodologie didattiche che costituiscono titolo di accesso al concorso ordinario. Crediti questi che dovranno essere acquisiti anche dai docenti del concorso straordinario secondo quanto già previsto dal testo del secreto scuola del 30 ottobre 2019. Precisiamo comunque che il riferimento in questo articolo è ad uno degli emendamenti al Decreto Scuola approvato dalle Commissioni istruzione e Lavoro e che il testo sarà in Aula alla Camera il 25 novembre per la discussione.

Il coding tra i 24 CFU, Forza Italia: “Una svolta epocale”

Grande risultato per Forza Italia – affermano in una nota congiunta Valentina Aprea e Paolo Zangrillo, capigruppo di Forza Italia nelle Commissioni Cultura e Lavoro della Camera dei deputati – con l’accoglimento da parte della maggioranza della nostra proposta al decreto scuola. È una svolta epocale che apre un nuovo corso per l’istruzione dei nostri giovani e per la formazione dei nostri insegnanti i quali, usufruendo di corsi di formazione ad hoc in vista soprattutto delle prossime assunzioni nella scuola italiana (ai sensi del decreto legge 126/2019) con concorsi ordinari e straordinari, acquisiranno le competenze digitali e il coding, requisiti – grazie a noi – divenuti essenziali”.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione nelle competenze richieste ai docenti – prosegue la nota -, mirata a superare la criticità all’approccio del digital e a favorire l’innovazione didattica e metodologica per una scuola che alleni al futuro e sia sempre più competitiva con le realtà internazionali. Ai giovani, ma anche agli insegnanti, si offrono nuovi obiettivi e nuovi traguardi e si costruisce una scuola incentrata più sull’apprendimento che sull’insegnamento, che regali nuove opportunità per imparare in modo creativo e personalizzato ‘con’ le tecnologie e non ‘dalle’ tecnologie. La scuola italiana, quindi, deve favorire l’apprendimento con i libri, ma anche con le App, con la realtà aumentata, con la realtà virtuale, con i droni, con la robotica, con la stampa 3D e con il coding. Vari linguaggi per un linguaggio solo, comprensibile in ogni parte del mondo. Questo è per noi il docente del terzo millennio”.

Cos’è il coding?

Proviamo a rispondere a questa domanda: si tratta di una disciplina già obbligatoria, a partire dalla scuola primaria, in molti Paesi europei come Gran Bretagna, Finlandia ed Estonia. In questo periodo se ne sente parlare spesso. Molti credono che sia solo un linguaggio di programmazione, ma il coding è molto di più. Educa infatti al pensiero computazionale, insegna attraverso dei giochi, a risolvere problemi – anche complessi – applicando la logica, ragionando passo passo sulla strategia migliore per arrivare alla soluzione. Educa al pensiero creativo, ma anche al suo risvolto pratico, attraverso l’utilizzo di strumenti di uso quotidiano come smartphone, tablet e videogiochi. 

Attraverso una serie di giochi ed esercizi interattivi, basati su un’interfaccia visuale, è possibile determinare le azioni di uno o più personaggi spostando blocchi o oggetti grafici su un monitor. A ciascun blocco corrisponde un’azione, una linea di codice che non ha bisogno quindi di essere digitato. Basta muovere o assemblare i mattoncini tra di loro – nell’ordine necessario a raggiungere un certo obiettivo – e il gioco è fatto.

Coding: perché è importante studiarlo?

Il coding sta diventando una materia fondamentale per le nuove generazioni di studenti per alfabetizzarli ai linguaggi delle tecnologie e dominarle e rappresenta la quarta abilità di base della scuola, in continuità e non in contrapposizione con le abilità tradizionali del leggere, scrivere e far di conto.

Una materie che è importantissima, soprattutto se pensiamo che entro il 2022 cesseranno di esistere 75 milioni di posti di lavoro che potranno essere eseguiti da macchine, mentre allo stesso tempo, altri 133 milioni verranno creati in ruoli più adatti alla divisione del lavoro tra umani, macchine e algoritmi, con un aumento netto di 58 milioni di nuove opportunità lavorative. In pochi anni ci sarà anche in Italia una crescente domanda di lavori in cui vi è un alto impiego di tecnologie: analisti di dati, sviluppatori di software, applicazioni, esperti di social ed eCommerce, esperti di automazione, ingegneri robotici e tanti nuovi ruoli in qualità di specialisti in machine learning e intelligenza artificiale. Per colmare il gap di competenze determinato dall’adozione di nuove tecnologie, le aziende punteranno, tra le strategie future prevalenti, sull’assunzione di interi nuovi staff di lavoratori in possesso delle competenze per l’utilizzo delle nuove tecnologie

Questo senza contare che le 10 skills, secondo il Rapporto “The Future of Jobs Report 2018”, che saranno indispensabili già a partire dal 2020 per gestire, coordinare o lavorare, rimandano a capacità di problem solving in situazioni complesse, pensiero critico, creatività, gestione delle persone, coordinarsi con gli altri (team working skills), intelligenza emotiva, capacità di giudizio e prendere decisioni, orientamento al servizio, negoziazione, flessibilità.

Tutte competenze queste che necessitano quindi di essere affrontate, insegnate e soprattutto allenate nei percorsi di istruzione scolastica e accademica per non avere degli “analfabeti di ritorno”, al termine degli studi superiori e per non farne dei disoccupati da formare nuovamente con nuovi costi per la collettività.