Il piano per risanare le scuole, servono 200 miliardi in vent’anni

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Un piano di investimento ventennale da 200 miliardi per «ricostruire» le scuole italiane: un patrimonio di 150 milioni di metri quadrati, generalmente vecchiotto — l’età media dei 40 mila edifici è di 52 anni ma due terzi sono stati costruiti tra la fine del 1800 e il 1970 — e malconcio. Non si tratta solo di mettere in sicurezza solai, cantine, controsoffitti e caldaie perché a scuola si possa andare senza rischi: si tratta di rendere le scuole ecosostenibili, con risparmi sulla gestione ordinaria anche del 40 per cento e soprattutto di renderle abitabili dagli studenti di oggi, cioè adatte ad una didattica che non sia solo quella della cattedra sul predellino come si usava quando le scuole sono state costruite.

È la proposta che la Fondazione Agnelli, che ha appena finito di ristrutturare dalle fondamenta due scuole (pubbliche) di Torino insieme alla Fondazione San Paolo, lancia nel «Rapporto sull’edilizia scolastica» pubblicato da Laterza: incrociando i dati dell’indagine conoscitiva del Parlamento e dell’anagrafe scolastica, il rapporto propone la storia delle scuole italiane dai tempi dell’Unità a quelli del boom per finire con una serie pratica di esempi di scuole nuove e innovative già realizzate qua e là in Italia e in Europa. «Nei prossimi anni si dovrà comunque mettere mano alle strutture scolastiche — spiega il direttore della Fondazione Andrea Gavosto — per problemi strutturali o di sicurezza. Non bisogna dimenticare che le scuole vanno rese adatte alla nuova didattica, perché questa è la vera sfida per un’educazione di qualità. Non è una questione di estetica ma un investimento sul futuro dei ragazzi e del nostro Paese: è provato dalle indagini internazionali che ambienti di apprendimento moderni e adeguati migliorino i risultati e contribuiscano alla diminuzione della dispersione e del gap tra gli studenti».

Costruire da zero nuove scuole può risultare velleitario visto anche che secondo le stime dell’Istat nei prossimi dieci anni avremo un milione di studenti in meno e perderemo ben 43.000 classi. Ecco perché, secondo il rapporto è meglio concentrarsi sulla manutenzione straordinaria e sulla riconversione delle strutture già operative: delle 39.079 scuole che con ventennale ritardo sono state censite dall’anagrafe scolastica presso il Miur più di tremila hanno problemi strutturali dichiarati: «Ma ora è importante programmare un piano di lunga durata, anche se può apparire oneroso, perché altrimenti gli interventi restano sporadici e le priorità cambiano a seconda del governo o della congiuntura», conclude Gavosto.