Nuovi assunti fermi per 5 anni

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da ItaliaOggi

Carlo Forte e Alessandra Ricciardi

Docenti neoimmessi in ruolo inchiodati per 5 anni alla sede di prima destinazione e nulla di fatto per l’accesso ai concorsi straordinari per gli assistenti amministrativi non laureati, che abbiano svolto il ruolo di direttori generali dei servizi amministrativi per almeno 3 anni. Sono queste le disposizioni principali contenute, rispettivamente, nel disegno di legge di conversione e nel decreto legge 129/2019, sulle quali i sindacati rappresentativi del settore scuola, Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda, stanno manifestando in questi giorni la loro contrarietà. Il provvedimento dopo il via libera della camera è stato trasmesso al senato, per l’approvazione definitiva. E difficilmente potrà essere modificato. Ieri si sono svolte in commissione istruzione le audizioni e gli spazi per ulteriori modifiche appaiono stretti. Se la maggioranza dovesse essere compatta, l’ipotesi principale parla di un arrivo del provvedimento in aula di Palazzo Madama senza mandato al relatore. Nessuna modifica dunque al provvedimento che verrebbe licenziato definitivamente. Se invece dovessero prevalere alcune perplessità del Pd e di Italia Viva, e il ddl dovesse essere riaperto, ci sarebbe poi da fare una corsa per la sua conversione entro il 29 di dicembre con un passaggio successivo a Montecitorio. La decisione sarà assunta nelle prossime ore.

Le critiche dei sindacati si appuntano sul fatto che l’approvazione degli emendamenti al decreto Legge 126/2019 avrebbe determinato «lo stravolgendo su molti punti le intese» si legge nel comunicato congiunto «alle quali il decreto doveva dare concreta attuazione. Pesante invasione di campo su materie di natura sindacale, come la mobilità. Eluso, ad oggi» continuano i sindacati, «l’impegno riguardante le misure da inserire nella legge di bilancio sul sistema delle abilitazioni e per la valorizzazione professionale di docenti e Ata».

L’invasione di campo nelle materie di natura sindacale riguarderebbe quelle che, per legge, dovrebbero essere regolate al tavolo negoziale. Le sigle fanno riferimento in particolare alla mobilità. E cioè alle modifiche al decreto legge introdotte in sede di conversione con l’approvazione di un emendamento all’articolo 10 del decreto.

Si tratta, in particolare dell’introduzione del comma 8-octies. La modifica prevede che a decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possano chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero.

La misura inchioda i neoimmessi in ruolo alla sede di prima destinazione per 5 anni, precludendo l’accesso non solo alla mobilità a domanda: quella, cioè, che comporta il cambio di titolarità in organico di diritto ( trasferimenti e passaggi di cattedra o di ruolo), ma anche alla mobilità annuale e alle supplenze previste dall’articolo 36 del vigente contratto di lavoro. In pratica, il docente del Sud, neoimmesso in ruolo al Nord, non potrà tentare alcun avvicinamento alla famiglia. Perché gli risulterà preclusa non solo la strada dell’utilizzazione e dell’assegnazione provvisoria, ma anche quella, assai svantaggiosa economicamente, della possibilità di accettare supplenze congelando il ruolo.

Questa preclusione pone nel nulla la vigente normativa contrattuale e non potrà essere derogata nemmeno con interventi contrattuali successivi. E rischia di vanificare la possibilità di coprire i posti vuoti al Nord, che rimarranno tali dopo le assunzioni a tempo indeterminato. Perché la consapevolezza di non potere accedere alla mobilità per 5 anni, per i neoimmessi in ruolo, potrebbe scoraggiare i docenti del Sud a presentare la domanda per essere inclusi in coda alle graduatorie dei concorsi. Ipotesi, questa, che viene prevista proprio dal decreto legge 129.

E poi c’è la questione, rimasta irrisolta, degli assistenti amministrativi facenti funzione di Dsga. Che non potranno partecipare al concorso straordinario se non saranno in grado di vantare il previo possesso di una laurea in giurisprudenza, economia e commercio o scienze politiche. I sindacati lamentano anche la carenza di risorse per i rinnovi contrattuali, in particolare per quanto riguarda il personale della scuola. Che peraltro, rispetto al resto del pubblico impiego, è il settore che presenta mediamente retribuzioni più basse. Le sigle, dunque, hanno chiesto un incontro urgente con il ministro dell’istruzione « per una verifica che chiediamo avvenga quanto prima» recita il comunicato «perché possa avere incidenza sul dibattito parlamentare in corso».