Ma che bel Paese

Ma che bel Paese

di Vincenzo Andraous

Alla faccia del paese delle meraviglie, dei santi, poeti e navigatori, sui luoghi di lavoro si muore un giorno si e l’altro pure, sulle strade i corpi accatastati di uomini e donne senza vita non si contano più, così le donne prese a botte, accoltellate e ammazzate per delirio di onnipotenza ormai divenute incontabili,  overdose e coma etilici di giovani e meno giovani all’ordine del giorno, le carceri endemicamente sovraffollate, ma come niente fosse si passa il tempo a fare propaganda elettorale, a rinfacciare e accusare a questo e a quello, con l’intento neppure troppo celato di  giungere come ogni altra volta a una furbesca autoassoluzione. Mentre tutto ciò accade ci sono gli adolescenti come plotoni di esecuzione, i giovanissimi sono carte assorbenti, osservano e  imparano dal mondo adulto infantilizzato, dopodichè eccoci tutti pronti a parlare di bullismo ed eroi di cartone, furbi e codardia sospesa a mezz’aria, una dimensione di imbecillità con la patente a punti di bravi ragazzi, C’è davvero la sensazione urticante di un  presente dove scuola e famiglia appaiono prive di allenatori alla vita, perché dispersi dalla delegittimazione. In compenso c’è invece all’occorrenza un recinto dove incontrarsi per scontrarsi, in preparazione del botto finale da pagare al destino sempre in agguato. Le teorie si sprecano nei riguardi della trasgressione, della violenza giovanile, un dispendio inusitato di tautologie inconcludenti, per cui chi sta in cattedra ritiene di educare solamente gli altri, negando la necessità di doversi formare e rinnovare a un nuovo “sentire educativo “. C’è una società scollata e contrapposta, gli slogan arrembanti e la cartellonistica d’accatto  tentano di nascondere  un feroce disamore adulto, che permette fughe in avanti a quanti pensano di aggiustare la propria personalità inadeguata, con la prepotenza degli atteggiamenti omertosi, che mettono in “sicurezza “ i pochi “duri” dell’ultimo banco, mimetizzati dietro ai tanti in-consapevoli complici di molteplici vigliaccate.. Noi continuiamo a smanettare sui social, a fare i tuttologi, a origliare nei buchetti delle serrature, a sparare sulla croce rossa, in fin dei conti il tempo è quello che è,  meglio quindi la strada più breve degli autorevoli assolutori, ognuno indaffarato a delineare la soglia minima di attenzione, ciascuno a definire e licenziare come  bravate le future scivolate. Forse per arginare lo scempio, le tragedie, i feriti, gli scomparsi, non serve assumere quel falso interventismo di un momento, forse per rendere meno insopportabile il dolore e le sofferenze imposte agli innocenti occorre trovare il tempo per guardare negli occhi il male della trascuratezza, della indifferenza, non certamente ereditata dalle fatiche e dai sacrifici altrui.