Corsi e ricorsi: torna il MPI

da Tuttoscuola

Il Ministero della Pubblica Istruzione (MPI, o MI) e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) sono ministeri ad andamento carsico. Dai primi anni sessanta dello scorso secolo, quando per la prima volta si decise (governo Fanfani IV) di scorporare la ricerca scientifica e tecnologica dal MPI (fu creato un ministero senza portafoglio), l’unità dello storico MPI risorgimentale cominciò ad essere incrinata, fino a quando, nel 1989, il governo De Mita sancì la divisione formale del ministero con la creazione del Ministero dell’Università e della Ricerca, affidato al ministro Antonio Ruberti.

Ma il Decreto legislativo n. 300 del 1999, in attuazione della riforma Bassanini del 1997, riunificò i due ministeri dando luogo transitoriamente al MURST (Ministero della Pubblica Istruzione, Università, Ricerca Scientifica e Tecnologica), poi diventato MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) nel 2001. Pochi anni dopo, con il secondo governo Prodi (2006), il MIUR fu nuovamente diviso (o “spacchettato”, come si disse), e rinacque il MPI, affiancato dal MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca). Il divorzio durò poco, perché la legge finanziaria per il 2008 (governo Berlusconi IV) decise di ripristinare l’accorpamento dei due ministeri nel MIUR.

L’unità del MIUR, sottoposto nel suo insieme a durissimi tagli della spesa dal 2009 in avanti (solo in parte attenuati dal governo Renzi sul versante della scuola), è durata fino all’improvvisa decisione del governo giallo-rosso (Conte due) di “spacchettare” nuovamente il ministero, (ri)dando vita al MPI (o MI?) e al MUR.

Quale è stata la ragione di tante oscillazioni tra il formato unitario e quello binario del settore ministeriale che si occupa di istruzione? Probabilmente si sono sommate due esigenze in parte contraddittorie: quella di assicurare una guida unitaria e coerente, ‘sistemica’, a tutta la politica scolastica da una parte, e quella di salvaguardare la specificità dei sotto-settori (scuola e università-ricerca) dall’altra. A volte è prevalsa la prima esigenza, in altri casi la seconda. Va poi aggiunta una terza ragione, quella legata agli equilibri interni delle maggioranze di governo, che tende a favorire la soluzione binaria. Nel caso del Conte 2 ha certamente pesato sulla decisione anche la protesta del mondo universitario e della Conferenza dei Rettori (CRUI) per il forte sottofinanziamento del comparto Università e Ricerca, evidenziato dalle comparazioni internazionali. Non è senza significato che all’incarico di ministro dell’Università e Ricerca sia stato chiamato Gaetano Manfredi, presidente della CRUI. Sull’argomento è intervenuta nei giorni scorsi in modo argomentato anche la senatrice a vita Elena Cattaneo.