Una scuola delle “istruzioni per l’uso”?

Una scuola delle “istruzioni per l’uso”?

di Maria Grazia Carnazzola

Questo particolare passaggio della ristrutturazione/riorganizzazione della governance del mondo della formazione formale, è percepito come un momento di estrema confusione. L’avvicendarsi di Ministri in tempi non consoni alla realizzazione dei cambiamenti “necessari”, due ministri al posto di uno (su quali motivazioni, con quali obiettivi-magari di alto profilo- non è stato esplicitato e ciò è quanto meno curioso in uno Stato democratico). E non sto parlando del profilo e delle competenze delle persone nominate. Il Paese è fondamentalmente estraneo ai passaggi che la sua scuola sta affrontando e al dibattito relativo al livello di formazione/istruzione/educazione da dare a tutti i suoi cittadini; così come è sostanzialmente indifferente rispetto alla formazione dei docenti. Si continua a seguire il gossip mediatico sui disagi e sui guasti, a volte gravi, riconducibili allo sradicamento e alla sofferenza, e sugli episodi di bullismo riconducibili più spesso alla comune imbecillità, veicolati e amplificati dai social.  Dal canto suo il mondo della Scuola continua ad essere in palese confusione, tra ordini e contrordini, annunci, informazioni e disinformazioni che quasi mai provengono dai canali istituzionali. Atteniamoci, dunque ai documenti ufficiali: al Documento Miur 18.11.2019 e 19.11.2019, Ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo, e alla nota MIUR 28.11.2019, prot.n.49062: “Formazione docenti in servizio a.s.2019-2020. Assegnazione delle risorse finanziarie” per cercare di capire cosa succede e, magari, perché succede. Il baricentro della formazione/aggiornamento viene riposizionato sulle singole Istituzioni scolastiche mentre la definizione delle priorità, dei focus della formazione, viene rimesso al livello nazionale. Per i docenti, si legge, la formazione è orientata a potenziare le competenze trasversali e disciplinari, didattiche metodologiche, nelle diverse aree. In questo contributo si concentrerà l’attenzione, in particolare, sull’area “matematica, scientifica e tecnologica” e sull’area” digitale”. Non sono argomenti nuovi: da molto tempo, almeno a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, è iniziato questo “processo di modernizzazione” legato al diffondersi delle “nuove tecnologie”, processo che, se mal concepito e attuato, rischia di sottrarre intelligenza al lavoro scolastico a vantaggio del semplice utilizzo di algoritmi dati. Deve diventare un punto nodale della formazione dei docenti l’idea che la spendibilità dei saperi non modifica le tipologie dei contenuti né dei metodi disciplinari da apprendere, ma la qualità e la generatività del loro apprendimento e del loro utilizzo. La cultura è tale solo se è spendibile nel lavoro e nella società, per la personale ricerca esistenziale di senso.

Tecnologie, mente e cervello.

Nel tempo è cambiato, e cambia, il modo di studiare, in relazione allo stato delle conoscenze, ai mezzi e agli strumenti a disposizione.  L’apprendimento è appropriazione di una cultura che rappresenta collettivamente e soggettivamente l’universo ed è nel contempo scienze, ma anche superstizioni, passato presente e futuro, immaginario e riti. Le macchine, le tecnologie, fanno parte del mondo e della vita, non possiamo ignorarlo. Il loro uso, in positivo e in negativo, influenza il nostro funzionamento cerebrale, la nostra mente e la qualità del nostro pensiero.  Quando F. Nietzsche, per non affaticare eccessivamente la vista, imparò ad utilizzare la Writing Ball per dattiloscrivere i suoi testi, ebbe a dire all’amico Koselitz “I nostri strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri”.

Molte sono le ricerche sull’impatto che le tecnologie e il digitale producono sulla percezione/costruzione della realtà fisica e sociale, sul modo di pensare lo spazio e il tempo, di gestire la quotidianità, di concepire le età della vita…Quali allora le decisioni politiche, quali le strade che la scuola può percorrere per evitare che azioni automatizzate costruite su algoritmi disponibili “…facciano da mediatori nella costruzione del mondo” appiattendo la nostra intelligenza sull’intelligenza artificiale, come sostiene N. Carr?

Se è vero che né la cultura né la legge ammettono  repentine reinterpretazioni, questa è l’occasione per la scuola di affrontare compiutamente la riflessione sui modelli teorici che sottendono  l’utilizzo didattico delle tecnologie, sul loro ruolo e sulla loro funzione, ma anche e soprattutto è un’occasione per riflettere sul  processo di elaborazione culturale e metodologica necessario per l’elaborazione di un progetto culturale unitario, finalizzato alla promozione delle competenze, per la costruzione della cittadinanza, intesa come cittadinanza competente, consapevole e intenzionalmente riflessiva.  Tutto questo partendo da ciò che  è stato fatto e si sta facendo, chiedendosi se quanto indicato nelle Linee Guida e nelle Indicazioni Nazionali sono diventati davvero scuola, coniugando nel modo possibile insegnamento conservativo e insegnamento innovativo, scegliendo cosa è importante conservare del nostro essere “umani” senza chiuderci dentro gli steccati della tradizione ad ogni costo, dal momento che il nostro cervello è plastico, non è elastico e quello che va perduto non è recuperabile in tempi brevi.. Riflessione necessaria e doverosa anche per l’accelerazione dello sviluppo tecnologico negli ultimi decenni.  

Culturalismo, computazionalismo. E il coding…?

La visione pedagogica e la didattica che si praticano sono strettamente connesse all’idea che si ha dell’uomo e delle sue azioni, dei processi mentali e delle pratiche. Si fondano su due diverse teorie della mente: il computazionalismo, che pone l’accento su come le informazioni vengono elaborate dalla mente, e il culturalismo che si occupa del rapporto mente-cultura, della negoziazione dei significati e della loro comunicabilità. E qui si aggancia il discorso su un’altra delle innovazioni: l’introduzione preannunciata del coding a partire dai primi anni della scuola primaria.

La scuola ha il compito di contribuire allo sviluppo delle competenze adottando la realtà come oggetto di studio e come spazio di prova di quanto appreso. E la realtà è complessa e densa di problematicità, per comprenderla e per viverci il pensiero dovrebbe esercitare l’analisi, la scoperta, la valutazione, la scelta dopo il confronto; in altre parole per comprendere bisogna riflettere, intendendo con questa espressione sia “l’atto con cui l’uomo considera le sue stesse operazioni”, sia il rimando, il confronto con gli altri. Va da sé che i contesti di realtà non possono essere snaturati per diventare elementi dicotomici tra cui scegliere, tra cui anche una macchina può scegliere, perchè si tratterebbe, comunque, sempre di una scelta tra i mezzi e i modi, non di una ridefinizione dei fini. E quale macchina potrà mai esprimere un giudizio critico? F. Faggin, il fisico italiano- inventore tra l’altro dell’iPhone- sostiene che “…nessun segnale elettrico potrà mai generare emozioni…il computer non potrà mai essere consapevole”.  Il pensiero critico-argomentativo può essere esercitato solo attraverso il confronto, con la consapevolezza che la verità non sta mai da una parte sola, che le ragioni sono sempre molte e non sempre conciliabili.  Non sempre i conflitti sono componibili e le antinomie che ne derivano possono generare, dentro il sistema formativo, delle dissonanze che vanno risolte sul piano pragmatico – e non su quello logico- come nel caso della contrapposizione individuo/società o natura/cultura o, ancora, computazionale/culturale.  Ma anche che il conflitto è altro rispetto alla violenza e alla prevaricazione, che lo si può gestire scegliendo da che parte stare perchè ogni scelta non è mai la sola ad essere quella giusta: altre potrebbero esserlo se i dati e i contesti isolati fossero diversi. Il vero apprendimento è quello che permette di confrontarsi con i problemi di ogni genere per ridefinirli e risolverli in relazione a cosa e a come si pensa sarà in futuro.   Ne “Le cinque chiavi per il futuro” H. Gardner ha scritto, riferendosi alle  intelligenze disciplinare, sintetica, creativa, rispettosa, etica necessarie per affrontare il futuro che la scuola dovrà contribuire a coltivare: “Il mondo del futuro- con gli ubiqui motori di ricerca, robot e congegni informatici di vario tipo- esigerà abilità che finora sono state soltanto facoltative.(…) Ciascuna di esse è stata importante per la storia; ciascuna di esse promette di esserlo ancora ancora di più in futuro.”

La Scuola dovrà decidere se continuare a esercitare quella funzione termostatica, auspicata da N. Postman nel lontano 1981, perché la cultura, la conoscenza “scientifica” continuino ad essere patrimonio di tutti e non di un nucleo ristretto di “sacerdoti”.  Per la diffusione del sapere, la prima forma di democrazia, la Scuola dovrà aver cura di costruire conoscenza basandola sui fatti – anche quelli della rete -, attraverso rigorose categorie interpretative di quei fatti, cioè con metodi disciplinari scientifici, attraverso il confronto di opinioni e di punti di osservazione sui fatti e sui metodi, cioè con strategie didattiche efficaci.

La società, la cultura, la politica, l’economia, la scuola così come le conosciamo oggi sono il frutto delle scelte, giuste o sbagliate, condivisibili o no, fatte dieci o più anni fa.

Quelle del futuro saranno la conseguenza delle scelte, giuste o sbagliate, condivisibili o no, che saranno fatte, oggi.

Bibliografia

Abbagnano, N. (2013). Dizionario filosofico, Milano, UTET,

Bruner, J. (1997). La cultura dell’educazione. Milano, Feltrinelli.

Carr, N.G. (2011), Internet ci rende stupidi?, Milano, Raffaello Cortina Editore.

Damasio, A. (2010). Il sè viene alla mente. Milano, Adelphi Edizioni S.P.A.

Faggin, F. (2019), Il fisico: nessun computer potrà mai essere consapevole, Milano, Corriere della Sera.

Gardner, H (2014). Le cinque chiavi per il futuro, Milano, Universale Economica Feltrinelli.

Postman, N. (1999). Ecologia dei media. L’insegnamento come attività conservativa, Milano, Feltrinelli.

Skinner, F.B. (1972). La tecnologia dell’insegnamento. Brescia, Ed. La Scuola.

Sini, C. (2009). L’uomo, la macchina, l’automa. Milano, Bollati Boringhieri.