Dallo Scontro generazionale all’Incontro educante

Dallo Scontro generazionale all’Incontro educante

di Concetta Rosato[1]

Il conflitto generazionale è ormai una realtà della società moderno-liquida, teorizzata da Zygmunt Bauman. Infatti, i giovani non sono più in sintonia con le aspettative dei propri genitori e del corpo sociale, sospinti come sono da una contrapposizione, con cui si vive e si convive. Interessi diversi e stili di vita differenti si ripresentano con sempre maggiore frequenza man mano che il flusso del tempo accelera ed abbrevia la distanza tra le forme successive di una condizione umana in rapido cambiamento, creando e allargando per tale via le zone d’ombra e di silenzio tra le generazioni. 

Rimane, dunque, una questione aperta e lontana dall’essere chiarita, dal momento che il divario si verifica anche fuori dell’ambito familiare nei rapporti intrattenuti con gli adulti. Per queste ragioni, è inevitabile non pensare anche al distacco che si crea tra alunni e docenti. Questi ultimi, per quanto giovani, il più delle volte, instaurano con gli alunni rapporti elusivi, non con l’autorevolezza pedagogica, necessaria per gestire situazioni strettamente legate sia ai comportamenti che al sapere, che svanisce nel momento stesso in cui si é afferrato. Questi atteggiamenti, tra l’altro, sono sostenuti da un comportamento valoriale dei genitori di intesa con i figli e di incomprensione nei riguardi dei docenti. Nel volatile mondo della modernità liquida, la società si è completamente trasformata e i valori della tradizione familiare e sociale sono cambiati con un ritmo impressionante, generando situazioni paradossali come le soluzioni private a problemi di origine sociale e come quelle offerte dai genitori del rientro di fine settimana, con rapporti telefonici sporadici. 

E ben poco può servire una riforma vera delle strategie educative, per quanto brillante e vasta possa essere, soprattutto in mancanza e con l’assenza della famiglia, non più agenzia privilegiata educativa. In tal modo, i giovani si mostrano disinteressati, rivelando disimpegno, trasferendo le regole, ponendosi in atteggiamento conflittuale, considerando solo il gruppo dei pari e non già la scuola e la famiglia luoghi di convivialità, di abilità comunicative, di apertura mentale e di curiosità, valori tutti in grado di arricchire la qualità dei contesti in cui vivono. A scuola, i ragazzi pensano non al docente come al trasmettitore del sapere, che insegni loro a camminare su una strada affollata e che offre una conoscenza operativa, diversa dalla conoscenza fattuale degli educatori ortodossi di un tempo. E così essi mettono in discussione la famiglia, la società, la scuola. 

La scuola, in quest’ottica, non deve essere più luogo di informazione, bensì quello della formazione, della curiosità, che promette una interessante vita di scoperte per un futuro migliore dell’individuo, deve essere “orientante” in un contesto che di orientamento non ha più  nulla ed “attraente” per una partecipazione attiva e propositiva dei giovani, in modo da risolvere i disagi di ognuno, favorire la crescita  e promuovere sia la componente emotiva che intellettiva, che “educhi alla completezza”, come afferma Emmanuel Mounier. 

Nella prospettiva dell’unità europea, la scuola deve scommettere sull’apprendimento, sullo studio motivante ed accattivante, sulla creatività per la conoscenza di sé. Per fronteggiare e superare questo distacco generazionale e al fine di motivare il ragazzo, il docente dovrà mettere continuamente in discussione i valori che deve trasmettere, deve puntare sulle condizioni di vita condivise per penetrare, così, nell’anima dell’alunno con una azione pedagogicamente motivante, rendendolo attivo e protagonista delle scelte proposte dal docente. 

Nella scuola dell’autonomia, l’organizzazione deve rappresentare un momento strategico per valutare le capacità di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, per raggiungere gli obiettivi progettati. La scuola deve tornare ad essere uno strumento indispensabile per fornire a tutti uguali opportunità per ricreare la formazione integrale della propria identità, come teorizzato da Max Weber, coniugando contestualmente e contemporaneamente le potenzialità e i bisogni individuali per favorire, per tale via, l’ottimale processo formativo.  


[1] Esperta di processi formativi, insegna lettere in un Istituto superiore della città di Bari.