L’istruzione tecnica e professionale

L’istruzione tecnica e professionale
Le ragioni di una scelta

 di Maurizio Tiriticco

John Naisbitt: “Chi non cresce è destinato a morire

Entro qualche mese gli studenti della terza media e le loro famiglie dovranno scegliere una delle quattro opzioni che sono loro offerte: il liceo, l’istituto tecnico, l’istituto professionale, tutti di competenza statale, e l’istruzione e formazione professionale, di competenza regionale. Com’è noto, si tratta di percorsi che sono stati recentemente riordinati e sui quali, da parte dell’opinione pubblica non sempre vi è una conoscenza compiuta. Vanno comunque ricordate tutte le iniziative che i singoli istituti superiori attivano per far conoscere agli alunni della scuola media il piano della loro offerta formativa, in altri termini le finalità e gli obiettivi che si propongono e i corsi che attivano.

Indubbiamente, non sarà cosa facile la scelta. C’è il peso di una tradizione – per certi versi tutta italiana – che vuole che gli studi liceali siano i più difficili, ma aprano prospettive di lavoro di un certo livello, le cosiddette professioni liberali, sancite dalle lauree universitarie, e che gli altri percorsi siano meno impegnativi e aprano le porte a un mondo del lavoro altrettanto meno impegnativo. Oggi non è più così! Non è un caso che gli operai della Fiat di Pomigliano indossino oggi tute bianche al posto delle tute blu di un tempo: non c’è più lavoro, oggi, che sia soltanto manuale! Se poi consideriamo tutte le criticità che oggi ci affliggono, la disoccupazione giovanile, le difficoltà sempre crescenti che certe aziende incontrano, allora le scelte che le famiglie devono operare si fanno veramente più difficili. Occorre anche considerare che, mentre l’inoccupazione giovanile sembra crescere anno dopo anno, le offerte di lavoro avanzate dalle aziende in ordine a mansioni molto particolari non hanno alcuna corrispondenza con la domanda. I casi sono due: o i giovani ignorano volutamente questa offerta o non hanno conseguito nei loro percorsi di studio quelle specifiche competenze richieste. D’altro lato, sono sempre più frequenti i casi di immigrati che accettano qualsiasi proposta di lavoro venga loro avanzata, per cui si va creando una concorrenzialità che nei prossimi anni potrebbe anche provocare situazioni difficili da gestire. Di qui l’assoluta necessità di un riordino della nostra istruzione secondaria! Soprattutto tecnica e professionale!

Occorre sottolineare con forza che lo sviluppo che si è avuto negli ultimi decenni del secolo scorso nel nostro Paese ha potuto godere della grossa risorsa di quadri tecnici intermedi formati proprio da quegli istituti tecnici e professionali a cui per altri versi si è sempre guardato, almeno da certe parti della pubblica opinione, con molta sufficienza. Nell’ultimo decennio le cose sono profondamente cambiate, anche e soprattutto per quel fenomeno della globalizzazione: da un lato la delocalizzazione di alcune aziende, dall’altro l’invasione di prodotti stranieri a buon mercato hanno comportato l’avvio di una profonda crisi del nostro sistema produttivo manifatturiero. Il che, per quanto riguarda l’istruzione, ha anche comportato una certa opacizzazione delle filiere tecniche e professionali. In parallelo certe figure professionali, idonee per il mercato occupazionale della fine del secolo scorso si sono venute via via opacizzando anch’esse.

Di qui la necessità di procedere a un riordino complessivo dell’intero sistema di istruzione secondaria, al fine di darle un nuovo slancio, rileggendo e riconfigurando quei profili culturali e professionali che con il tempo si erano andati perdendo. In tale scenario, le finalità che il riordino avviato nel 2010 si è proposto di realizzare sono in linea di massima le seguenti: ridisegnare per ciascuno dei tre percorsi secondari le finalità che ciascuno è tenuto a perseguire. Pertanto, ai licei spetta il compito di erogare quella “cultura disinteressata”, non direttamente legata al mondo del lavoro, ma alla prosecuzione di studi ulteriori; all’istruzione tecnica e a quella professionale spetta il compito di fare acquisire competenze direttamente spendibili nel mondo del lavoro, ma necessarie anche per il proseguimento di studi ulteriori.

Per quanto riguarda lo specifico dell’istruzione tecnica e professionale, il riordino intende:

a) superare e liquidare la polverizzazione dei diplomi e delle qualifiche che si è verificata nel corso dell’ultimo decennio, al fine di dare risposte immediate e certe a quelle figure professionali nuove e diverse che l’evoluzione delle tecnologie e dei processi lavorativi viene via via imponendo;

b) riaggregare concrete conoscenze, abilità e competenze attorno a profili professionali aperti e flessibili, onde evitare quelle canalizzazioni precoci che la costante mobilità dell’offerta avanzata dal mondo del lavoro oggi, e tanto più domani, non sarebbe più in grado di assorbire. In effetti, il mercato del lavoro, in forza della costante evoluzione e moltiplicazione delle applicazioni tecnologiche, dei processi lavorativi e degli stessi prodotti, richiede profili professionali non rigidi, in grado di curvarsi rapidamente alle necessità che a volte con estrema rapidità investono le singole aziende.

Per tali motivi il riordino, mentre da un lato ha provveduto a cancellare i profili predefiniti e circoscritti di cui ai precedenti ordinamenti didattici, dall’altro ha voluto definire e configurare profili aperti e flessibili. Ovviamente, non si è trattato di una operazione facile. E’ anche opportuno che sia chiara la distinzione che corre tra istruzione tecnica e istruzione professionale. A questo proposito è bene riportare alcuni passi del documento “Persona, tecnologie e professionalità, gli Istituti Tecnici e Professionali, come scuola dell’innovazione” [1], in cui tra l’altro si indicano con estrema chiarezza le differenze che corrono tra la filiera tecnica e quella professionale.

“L’istruzione tecnica è finalizzata a garantire l’approfondimento della cultura scientifica e delle basi di riferimento teoriche delle tecnologie, fornendo allo studente le capacità necessarie per comprendere criticamente le problematiche scientifiche e storico-sociali collegate alla tecnologia e alle sue espressioni contemporanee (nel segno dell’high-tech [2]), favorendo l’acquisizione di una perizia applicativa e pratica, assicurando lo sviluppo della creatività e della inventiva progettuale. Tale approccio, oltre a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, deve consentire la possibilità di accedere anche alla formazione terziaria successiva, così da rendere possibile un cammino di studi orientato soprattutto verso lauree di tipo scientifico e tecnico”.

“L’istruzione professionale è finalizzata a garantire, nell’ambito di aree produttive sufficientemente ampie, capacità operative di progettazione e realizzazione di soluzioni, per la gestione di processi, impianti e/o servizi. Tali capacità, pur orientate all’espressione di competenze di tipo tecnico-relazionale (nel segno dell’high-touch), vanno inquadrate in una adeguata conoscenza dei fondamenti scientifici e tecnologici. I caratteri distintivi della formazione debbono essere la capacità di personalizzare gli usi delle tecnologie in un contesto con assetti organizzativi e strumenti tecnologici specifici”.

Gli istituti tecnici hanno durata quinquennale e offrono ai giovani conoscenze teoriche e applicative spendibili in ampi contesti di studio, professionali e di lavoro, nonché una gamma di abilità cognitive necessarie a risolvere problemi, a sapersi gestire autonomamente in ambiti caratterizzati da innovazioni continue, assumendo progressivamente anche responsabilità per la valutazione e il miglioramento dei risultati ottenuti. Gli istituti tecnici forniscono agli studenti i saperi e le competenze necessari per inserirsi direttamente nel mondo del lavoro, nonché per accedere a percorsi di livello terziario, nazionale e/o regionale, universitari, nonché degli Istituti Tecnici Superiori, di recente istituzione, e dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore. I percorsi degli istituti tecnici sono articolati in un’area di istruzione generale comune a tutti e in ampie aree di indirizzo, riferite ad ambiti tecnologici, ai processi produttivi e ai servizi del terziario avanzato, nonché riferite ai successivi percorsi di studio e di lavoro per l’accesso alle professioni intellettuali.

Gli istituti professionali hanno durata quinquennale e forniscono ai giovani la formazione generale, tecnica e professionale riferita alla cultura e alle attività lavorative, nonché una gamma di abilità cognitive necessarie a risolvere problemi, sia per sapersi gestire autonomamente in ambiti caratterizzati dalla personalizzazione del prodotto e del servizio, sia per assumersi responsabilità nel monitoraggio, nella valutazione e nel miglioramento dei risultati di lavoro. I percorsi degli istituti professionali consentono in particolare ai giovani di acquisire saperi e competenze per inserirsi direttamente nel mondo del lavoro; proseguire gli studi nel sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore e all’università; accedere alle professioni, a partire dai settori già presenti negli ordinamenti degli istituti professionali. I percorsi degli istituti professionali sono articolati in un’area di istruzione generale comune a tutti e in ampie aree di indirizzo sin dal primo anno.

Giova ricordare che nei primi due anni dell’istruzione secondaria si conclude l’obbligo di istruzione decennale e che vengono certificate le competenze raggiunte dallo studente in ordine a quattro assi culturali pluridisciplinari: dei linguaggi; il matematico; lo scientifico-tecnologico; lo storico-sociale. E non va sottaciuto il fatto che le attività di insegnamento-apprendimento saranno improntate soprattutto sulla didattica cosiddetta laboratoriale: di fatto gli insegnanti dovranno sollecitare e sviluppare lo spirito di ricerca individuale e di gruppo in modo da responsabilizzare lo studente come artefice del suo personale apprendimento: cosa che in genere si verifica raramente con il tradizionale metodo della lezione cattedratica. In effetti, si ipotizza che un reale cambiamento non si realizza riordinando soltanto l’assetto organizzativo, ma stimolando anche un progressivo rinnovamento della didattica.

Con il riordino l’istruzione tecnica e quella professionale hanno compiuto un decisivo passo in avanti in ordine a due esigenze, ciascuna cruciale per i nostri giovani: a) quella di poter godere pienamente del diritto all’istruzione, all’educazione e alla formazione [3]; b) quella di poter raggiungere una preparazione tale che consenta loro un inserimento fluido e flessibile nel mondo del lavoro. Va infine considerato che le difficoltà oggi esistenti in materia di accesso al lavoro non possono non avere un carattere contingente, per cui non possono e non devono assolutamente influire sulle scelte che studenti e famiglie oggi sono tenuti a operare. Cinque anni di studio sono tanti e tutti noi auspichiamo che la crisi produttiva e occupazionale in cui molti Paesi dell’Unione europea oggi versano debba nel frattempo essere superata. Sarebbe un grave errore, in forza del fatto che oggi il mondo del lavoro presenta tutte le difficoltà che conosciamo, trascurare l’esigenza di essere pronti a fronteggiare le situazioni nuove che si presenteranno alla prossima ripresa!

In effetti, le professionalità acquisite nel frattempo costituiranno un patrimonio da far valere con forza!

 


[1] Il documento è stato pubblicato a cura del Ministero dell’Istruzione il 3 marzo del 2007 ed è reperibile sul web,

[2] Si sottolinea l’esigenza, in tali tipologie di istituti, di un ricerca costante nel campo delle tecnologie, correlata costantemente con le necessarie innovazioni applicative, anche sulla scorta di quanto indicato da John Naisbitt (noto autore di Megatrends, in cui analizza le linee di tendenza globali che caratterizzano il nostro futuro) in High Tech/High Touch. Technology and our Accelerated Search for Meaning. Nicholas Braely Publishing, 2001.

[3] Si tratta di un diritto garantito dalla Costituzione (si vedano gli articoli 2 e 34) e sancito anche dal Regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che così recita: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento” (dpr 275/99, art. 1, comma 2).