Facili o surreali I quesiti logici per tipi da sudoku

da Corriere della sera

Facili o surreali I quesiti logici per tipi da sudoku

Più che ai due velocisti (cinquanta domande in venti minuti), la mia ammirazione va ai 2.812 candidati con un’età superiore ai 55 anni. Decidere di sottoporsi, in quel momento della vita, al fuoco di fila delle domande ministeriali sfiora l’eroismo. Un eroismo, immagino, molto ironico o molto nervoso. Provate a mettervi nei panni di chi ieri — avendo già anni di insegnamento precario ma effettivo alle spalle — si è trovato a rispondere su cos’è un touchscreen o qual è la prima pagina caricata all’avvio di un browser. Fin lì avrà sorriso. Ma quando la possibilità di avere una cattedra è rimasta appesa alle sorti di un tipo che domenica scorsa non è andato al mare, non dev’essere stato divertente. «Quale delle seguenti affermazioni permette di concludere logicamente che “domenica scorsa non sono andato al mare”?», e giù una quaterna di ipotesi di fronte alle quali perizia logica e perizia psichiatrica se la battono. Nella loro algida pretesa di obiettività, i quiz di questo genere hanno sempre qualcosa di surreale. Imponendo i meccanismi della cosiddetta logica, perdono di vista il senso della realtà. Tant’è: i test del governo tecnico non potevano che essere «tecnicistici», spostando l’asse un po’ a favore di menti matematiche, allenate dai sudoku, dai «brain trainer» o, più probabilmente, arrese alla necessità di esercitarsi sui simulatori. In effetti, improvvisare un concorso del genere è difficile. Come selezionare fra decine di migliaia di candidati? Il punto è sempre questo, e a porre obiezioni sui criteri non ci vuole molto. Se mi chiedessero però di proporre un’alternativa, confesso che sarei in imbarazzo. D’altra parte, offrire un colloquio a 320 mila persone non è plausibile. Tuttavia, continuo a chiedermi se — per consentire a un essere umano di insegnare una materia (mettiamo letteratura) ad altri esseri umani — sia opportuno pretendere che risponda non tanto su cos’è Google (la famigerata cultura generale!), ma al seguente quesito: «Se la lettera N identifica una qualunque cifra (singola), la lettera P identifica una qualunque cifra (singola) pari e la lettera D identifica una qualunque cifra (singola) dispari, allora il prodotto tra i numeri NP e PD sarà certamente un numero…», con ciò che segue. Comprendere un testo firmato da Garibaldi o da Bauman, saper usare congiuntivi, condizionali, apostrofi o calcolare una percentuale: c’era, grosso modo, anche questo, e va bene. Ma — pesco da una simulazione — sentite questa frase: «Non è impossibile che non esista una persona che non abbia negato di aver trovato il segreto per ottenere la vita eterna». Ora, più che il senso della frase, il candidato avrebbe dovuto dedurre l’identità dell’autore: un Azzeccagarbugli tossicomane? Questo tipo di frase aggrovigliata sì, è molto poco logica e moltissimo italiana. Non sono convinto, come il ministro Profumo, che grazie al concorsone di ieri il nostro torna a essere un Paese normale. Se un precario con laurea, scuola di specializzazione e magari cinque anni di insegnamento deve giocarsi una cattedra e il destino con un quiz, è tutt’al più un Paese in stato d’emergenza.

Paolo di Paolo scrittore, 29 anni, il suo ultimo romanzo è «Dove eravate tutti» (Feltrinelli)