J. Roth, Lo specchio cieco – Il capostazione Fallmerayer

L’uomo e lo scrittore

di Antonio Stanca

roth Nella serie “I Libri della Domenica”, recentemente promossa da “Il Sole 24 ORE”, sono comparse brevi opere di famosi scrittori del passato anche se non remoto. E’ sembrato un invito a conoscerli, apprezzarli visto che la loro importanza li ha fatti proporre pur a distanza di tempo. E’ stato il caso di Joseph Roth, noto scrittore austriaco di origine ebrea nato a Schwabenhof, Galizia orientale, nel 1894 e morto a Parigi nel 1939 perché alcolizzato. Di lui nella serie del “Sole” è stato pubblicato il volumetto con i racconti Lo specchio cieco e Il capostazione Fallmerayer. Fanno parte della produzione di un autore che pur essendo vissuto soltanto quarantacinque anni molto ha scritto.

Roth cominciò come poeta mentre era studente universitario di Filosofia e Germanistica a Vienna. Conclusi gli studi prese parte alla prima guerra mondiale e fu prigioniero in Russia. Dopo si dedicò ad un’intensa attività giornalistica che lo portò in diverse città e nazioni europee. Fu autore di molti reportage. La saggistica e la narrativa saranno altri suoi interessi molto sentiti, molto coltivati e quelli per la narrativa finiranno col prevalere. Ad essere scrittore Roth aveva iniziato negli anni Venti con narrazioni che dicevano dell’Austria sconfitta, quella del dopoguerra, percorsa da uomini, donne che avevano perso tutto delle loro cose, dei loro affetti, che erano rimasti soli e vagavano all’inutile ricerca di quanto sarebbe servito per rifarsi una vita. In seguito, nei romanzi e racconti degli anni Trenta, aveva narrato di altre gravi conseguenze della sconfitta austriaca, dei danni che aveva comportato la fine della monarchia asburgica e dei valori di civiltà, tradizione, cultura, lingua, arte da essa rappresentati per tanto tempo e per tanta parte dell’Europa centrale, aveva scritto di come l’Austria aveva perso la sua funzione di patria rivestita a lungo per milioni di ebrei che ora si vedevano costretti a prendere la via dell’esilio. Di tali glorie finite diceva il Roth della seconda fase in opere che sarebbero diventate le sue maggiori, Giobbe (1930), La marcia di Radetzky (1932), La Cripta dei Cappuccini (1938), La leggenda del santo bevitore (1939).

Anche di molta saggistica questi saranno i temi ma apprezzabile è soprattutto lo scrittore poiché capace si mostra fin dall’inizio di un linguaggio che aderisce tanto alla situazione rappresentata da fondersi con essa, diventare la sua voce, renderla in ogni elemento, investirla di una diffusa spiritualità. Realista vuole essere Roth, come a volte ha dichiarato, ma il suo realismo non si riduce ad un’arida descrizione, ad una passiva constatazione poiché significa dire della realtà in modo completo, totale. Niente sfugge alla rappresentazione, interiorità ed esteriorità procedono unite, continui sono tra loro gli scambi, continui i riflessi dell’una nell’altra e lirica diventa spesso l’espressione di questo scrittore che è anche poeta. I tempi, i luoghi, i colori, le luci di tanta Austria vivono, nelle opere di Roth, della stessa vita dei pensieri e dei sentimenti. Intera è la sua visione della realtà, tutto comprende, tutto anima.

Per uno spirito così acceso importanti erano stati, durante la giovinezza, gli ideali di bellezza, compostezza, armonia, equilibrio e questi aveva visto interpretati dai membri, dagli ambienti, dai valori dell’impero austro-ungarico. Di fronte al suo crollo aveva sofferto come austriaco e come ebreo perché due patrie aveva perduto e tanto era rimasto sconvolto da risentire nell’opera e nella vita. Di fronte alla fine dei reali d’Austria e all’irrompere sulla scena politica e sociale delle masse popolari, dei loro bisogni materiali, lo spirito dell’uomo e dello scrittore si era visto sconfitto ed aveva ceduto a quella vita errabonda, a quell’alcol che lo avrebbero condotto alla morte. Separatosi dalla moglie Roth cercherà invano l’amore per il resto dei suoi anni e solo la morte sopraggiunta porrà fine alla dolorosa ricerca. Così avviene per tanti suoi personaggi e così per la piccola Fini del racconto Lo specchio cieco e per il capostazione Fallmerayer dell’omonimo racconto. Entrambi non riusciranno a realizzare i loro sogni di amore, di bene, entrambi finiranno sconfitti nelle loro aspirazioni mentre l’Austria è impegnata nel grave confronto armato che le sta comportando la prima guerra mondiale. I due cercheranno di evadere dalla tristezza, dalla pena che l’ambiente comporta per loro, dai limiti della casa, della famiglia perché ad altri spazi, ad altra vita pensano, altre persone, altri modi ritengono possibili ma anche quando crederanno di averli raggiunti dovranno accorgersi di essersi sbagliati. Un destino di rovina, di morte è il loro, un destino simile a quello del loro autore che come altre volte con le sue creazioni ha voluto dire di se stesso.