L’agenda Monti: un ostacolo per l’innovazione scolastica

L’agenda Monti: un ostacolo per l’innovazione scolastica

Enrico Maranzana

 

Il senatore Monti ha scritto nell’agenda che

 

“La scuola e l’università sono le chiavi per far ripartire il Paese e renderlo più capace di affrontare le sfide globali”.

Una dichiarazione di principio condivisibile, in quanto generale, astratta e quindi vacua. Non si dice quali siano le strategie,i modi, i tempi, le risorse per conseguire gli obbiettivi. In mancanza di queste notizie è difficile esprimere approvazione o dissenso.

 

Questo scritto si limita alle proposte dell’agenda Monti a proposito delle problematiche della scuola.

 

Il modello organizzativo deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità come principi fondanti”.

Questa affermazione é contraddetta nel programma elettorale, qui di seguito commentato.

Un’affermazione generica, astratta, che non si fa carico del vulnus dell’apparato scolastico: l’elusione della legge.

La giustificazione di questo addebito è in rete:

  • “Coraggio! Organizziamo le scuole” che indica un itinerario per disegnare una struttura decisionale conforme alla legge;
  • “Insegnare matematica dopo il riordino” che interpreta la norma fondante l’autonomia delle istituzioni scolastiche;
  • “La scuola rivedrà le stelle?” che mostra la via che conduce alla definizione di una terminologia univoca e condivisa.

 

“C’è bisogno di invertire la rotta. Per questo bisogna prendere l’istruzione sul serio. Serve rompere uno schema culturale per cui il valore dello studio e della ricerca e il significato della professione di insegnante sono stati mortificati”.

“Occorre inserire con gradualità meccanismi di incentivazione degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati”.

L’inversione di rotta e la rottura dello schema culturale sono già sanciti dalla legge la quale recita che il sistema educativo è finalizzato alla promozione delle capacità e delle competenze dei giovani. La coerente applicazione della norma implica l’ideazione di processi d’apprendimento unitari e  la progettazione della didattica in chiave laboratoriale: le competenze non possono essere insegnate, vanno sollecitate e consolidate attraverso l’esercizio. La riqualificazione del lavoro scolastico può avvenire se e solo se la sua natura sarà riconosciuta e se il servizio sarà organizzato secondo le scienze dell’amministrazione, che il legislatore ha fatto proprie. La legge, infatti, ha ridisegnato la scuola assumendo un’ottica sistemica, ha riconosciuto la complessità del problema educativo, ha fatto della collegialità la chiave di volta.

Il lavoro scolastico riconquisterà la dignità perduta a condizione che i docenti si riapproprino dell’origine e del senso del proprio lavoro e ritirino la delega in bianco conferita agli editori.

Quanto prescritto dalla legge è agli antipodi dell’agenda Monti che ripropone la parcellizzazione della gestione scolastica, che introduce incentivi economici e che ancora la didattica al modello universitario, inefficace per la scuola.

Per approfondire si vedano in rete le argomentazioni relative a:

  • i cambiamenti strutturali introdotti a partire dal 1969: “La scuola del XXI secolo”;
  • il merito nella scuola: “Ricordati .. per il merito a scuola .. 2+2=5”;
  • l’ideazione del Piano dell’Offerta Formativa: “La promozione delle competenze”;
  • le responsabilità degli insegnanti nella scuola contemporanea: “La professionalità dei docenti: un campo inesplorato”.

 

“Gli insegnanti devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto, investendo sulla qualità”. 

 “Da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su Invalsi e Indire, basato su indici di performance oggettivi e calibratisul bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti”.

Queste due proposizioni, riguardanti il sistema qualità, richiedono un approfondimento: lo studio e il monitoraggio dei “processi” che caratterizzano la gestione scolastica costituiscono la necessaria premessa alla valutazione del “prodotto” del sistema formativo.

Nelle scuole il controllo interno è pratica sconosciuta per cui l’Invalsi e l’Indire, che esercitano il controllo esterno, risultano essere corpi estranei, incapaci di elevare la qualità del servizio.

Per approfondire si consulti in rete:

  • “Autonomia, organizzazione, qualità: un trinomio inscindibile” che descrive come nelle scuole il controllo di qualità sia stato sterilizzato, ridotto a puro formalismo;
  • “Prove Invalsi: un’occasione per ristrutturare la scuola” che suggerisce come portare a unità l’attività delle scuole;
  • “L’Invalsi: un edificio dalle fondamenta traballanti” che mostra come la scuola sia vista come una entità impenetrabile, i cui processi interni sono privi di significato.

“Occorre inserire con gradualità meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici basati sulla valutazione del rendimento della struttura ad essi assegnata”

E’ assente la cultura sistemica, riferimento certo, che ha ispirato la nuova denominazione dell’istituzione scolastica: sistema educativo di istruzione e di formazione.

La struttura gerarchico-lineare è la forma organizzativa sottesa, forma da tempo superata dalla dottrina che ha elaborato modelli dotati di dispositivi di autoregolazione.

La proposta di premiare i dirigenti è divergente rispetto alla norma di legge che “rafforza il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza”.

Per approfondire si veda in rete:

  • “La funzione dirigenziale” che sostiene la necessità di collocare la struttura scolastica nello spazio tridimensionale abbandonando i modelli che l’appiattiscono nello spazio bidimensionale.