da La Stampa
Il tutor va in vetrina
non è proprio questo il lavoro che dovrebbero fare gli insegnanti? Non sono loro i primi allenatori dei ragazzi? Non dovrebbero insegnare, non solo contenuti, ma anche tecniche d’apprendimento?
MARCO BELPOLITI
Lo studio a casa è diventato un momento di forte conflittualità nella famiglia, perciò il tutor si offre di suffragare i genitori, spesso troppo impegnati nel lavoro, e che non riescono a stare dietro ai figli. Si tratta di qualcosa di diverso dalle tradizionali lezioni. I ragazzi, mi dice il tutor, hanno oggi difficoltà di tipo strategico, non riescono a organizzarsi, a soppesare quanto tempo dedicare a questa o a quella disciplina, a programmarsi. Ci sono poi studenti con difficoltà meta-cognitive: non sanno prevedere in anticipo i loro risultati, o auto-valutarsi, ovvero capire quando hanno dei cali e perché; altri hanno invece coltivano cognizioni errate o cattive abitudini, come che per studiare basti leggere e capire, oppure studiano con radio o televisione accesa. Ci sono studenti convinti che gli scarsi risultati a scuola dipendano dalla sfortuna, dalle materie o dalla propria scarsa abilità e competenza.
A tutto questo provvede il tutor. Insomma, la versione rammodernata dell’istitutore. Il costo non è particolarmente elevato, e investire nel futuro scolastico dei figli appare indispensabile. Mi sorge una domanda: non è proprio questo il lavoro che dovrebbero fare gli insegnanti? Non sono loro i primi allenatori dei ragazzi? Non dovrebbero insegnare, non solo contenuti, ma anche tecniche d’apprendimento? Lo so, chiediamo molto alla scuola, cui per altro la società, lo stesso Stato, oggi dà così poco. Anzi toglie anche quello che ha. Problemi dappertutto.