Umanesimo, formazione scientifica e integrale dell’uomo

print

Umanesimo, formazione scientifica e integrale dell’uomo       

di Anna Marra Barone

 

“La società diventa sempre più esigente in fatto di qualità e di livello di preparazione culturale dei giovani. La loro formazione dovrà, pertanto essere il più generale possibile e flessibile e dovrà fondare sull’unitò del sapere”

 

Quali sono le coordinate culturali che costituiscono il quadro di riferimento per lo sviluppo di un progetto educativo di base? Qual è la funzione delle discipline di studio e, in particolare, delle discipline scientifiche? Che cosa insegnare ai giovani, oggi?

Sono domande queste che i docenti, quali responsabili della formazione dei giovani, dovrebbero porsi continuamente soprattutto perché i problemi della società cambiano incessantemente e, di conseguenza, vengono a modificarsi di continuo i termini stessi del problema educativo.

Le risposte al riguardo possono essere varie, ma tutte dovrebbero esprimere questo concetto fondamentale: i docenti, in quanto educatori, hanno il dovere di fornire  attraverso le scienze, la storia, la filosofia, la letteratura e tutte le altre forme di conoscenza, gli strumenti per comprendere il mondo ed il significato di una realtà che si va facendo sempre più complessa ed in cui gli aspetti naturali, alle cui manifestazioni la vita dell’uomo è intimamente legata, sono sempre più soverchiati da quelli artificiali. I problemi della società, è vero, cambiano continuamente, ma gli educatori, con la loro sensibilità, dovrebbero essere sempre pronti a cogliere il significato di questi cambiamenti e preparare il giovane ad affrontarli, mirando allo sviluppo di quella «autonomia di giudizio» e quella «capacità di scelte consapevoli» che dovrebbero costituire gli obiettivi educativi di tutte le discipline.

 

      Le discipline, strumento per uno sviluppo unitario

«Nella loro differenziata specificità» viene detto nei programmi della scuola media del ’79,  e senza dubbio ancor valido ai nostri giorni, «le discipline sono strumenti ed occasione per uno sviluppo unitario ma articolato e ricco di funzioni, di conoscenze, capacità ed orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili ed in grado di compiere scelte». E ancora più avanti: «I vari insegnamenti esprimono modi diversi di articolazione del sapere, di accostamento alla realtà, di conquista, sistemazione e trasformazione di essa, e a tal fine utilizzano specifici linguaggi che convergono verso un unico obiettivo educativo: lo sviluppo della persona nella quale si realizza l’unità del sapere».

Finalità educativa della scuola è dunque la formazione integrale dell’uomo, attraverso lo sviluppo della sua personalità in tutte le direzioni (intellettive, creative, operative, religiose, sociali, affettive, ecc.).In un tale progetto educativo la scienza o le scienze (quest’ultima espressione riflette meglio lo sviluppo attuale della ricerca scientifica), al pari della poesia, dell’arte, della musica, della filosofia ecc., è una componente essenziale della formazione dell’uomo, in quanto espressione della sua esigenza di conoscere la natura nella sua genesi e nel suo sviluppo, in una tensione conoscitiva che comprende momenti speculativi e momenti operativi.

La scienza, dunque, intesa come modo peculiare di organizzarsi come sapere, come struttura di conoscenze,  come interpretazione di aspetti particolari della realtà, rientra a pieno titolo nell’unica cultura umanistica che è quella dell’uomo globale e che ricompone nell’unità del sapere tutte le dimensioni del suo essere.

Non si tratta di creare “un ponte”  tra cultura umanistica (intesa nella concezione tradizionale) e cultura scientifica, ma di promuovere un «nuovo umanesimo», avente le caratteristiche della globalità e della integ-ralità, in cui le discipline tradizionalmente umanistiche e le discipline scientifiche siano viste come aspetti conoscitivi complementari di una unica realtà (in questa visione, la contrapposizione tra le due culture viene superata in nome dell’unità dell’uomo).

Come afferma il prof. Dalla Porta, ordinario di astrofisica teorica alla Scùola internazionale Superiore di studi avanzati di Trieste, le due conoscenze, quella scientifica e quella metafisica, pur operando con metodi diversi su realtà diverse, possono trovare la loro integrazione nella ragione dell’uomo: quindi è dentro l’uomo che si deve ricercare l’unificazione delle due modalità conoscitive, «esperienze interne» ed «esperienze esterne».

L’obiettivo di un discorso educativo appare quindi ben delineato: il problema della formazione dell’uomo diventa il problema della sua formazione integrale, in una visione complessiva dell’uomo in cui tutte le dimensioni abbiano la loro specifica rilevanza e quindi sia loro riconosciuto un ruolo fondamentale per la maturazione dell’uomo adulto.

Oggi, poi, si sente più che mai l’esigenza di recuperare il senso dell’unità del sapere perché si è ormai consapevoli che la scienza e la tecnica in questi ultimi 50 anni sono giunte ad una svolta tale da mettere in serio pericolo la libertà dell’uomo e la sua stessa esistenza.

Nel momento attuale, un ricongiungimento della scienza con l’etica appare inevitabile se l’uomo non vuole andare incontro alla completa distruzione di se stesso.

 

La crisi del pianeta Terra e i problemi del futuro

La scienza, si sa, nel suo continuo processo di ricerca, ha sempre cercato di perseguire anche il fine di migliorare l’esistenza degli uomini, che hanno dovuto sempre lottare per procacciarsi i beni necessari per sopravvivere, mettendoli in condizione di lavorare di meno e produrre di più. E accaduto però che tutto ciò che veniva considerato «il necessario» per vivere è stato a poco a poco sostituito da quantità sempre crescenti di «superfluo» e la vita stessa dell’uomo, con il passare del tempo, ha assunto aspetti del tutto particolari per effetto soprattutto dell’enorme sviluppo industriale e tecnologico, che ha messo a disposizione dell’uomo un numero sempre crescente di beni e di servizi. E così, per effetto dello stesso sviluppo scientifico e tecnologico, gli uomini hanno finito per identificare il miglioramento della vita con l’uso sempre più accelerato di beni e di servizi, proposti ed assunti come simbolo di prestigio sociale, consolidando quella tendenza, rafforzata dalla pubblicità e dalle moderne tecniche di persuasione di massa, che prende il nome di «consumismo ».

Ben presto, però, sono subentrate perplessità e preoccupazioni per il futuro. Da un lato, si è avvertito da più parti il profondo stato di insoddisfazione psichica che le varie forme di benessere materiale lasciavano nello spirito, ed un diffuso malessere sociale di cui è testimonianza il crescente disordine nella vita collettiva ed il diffondersi della solitudine. Dall’altro, si è constatata la comparsa di nuove e forse ben più gravi forme di sofferenze fisiche, le cosiddette «malattie del benessere», e la comparsa di fenomeni capaci di alterare, in maniera irreversibile, l’equilibrio della natura. E proprio negli anni ‘80 si sono susseguiti eventi che hanno fatto percepire a tutti lo stato di profonda crisi che ha colpito il nostro pianeta, al quale la rivista «Time» ha dedicato la prima copertina dell’89. La tragedia di Chernobvl, per esempio, ci ha posti di fronte agli effetti di una radioattività proiettata nella vita quotidiana e le varie ricerche di ingegneria genetica hanno fatto nascere in noi la paura delle manipolazioni che potrebbero dare vita in laboratorio a dei veri e propri «mostri».

Ma l’allarme più forte ci viene dal grave stato di salute del pianeta terra; il buco nella fascia di ozono, l’effetto serra, la sovrappopolazione, l’erosione genetica che avanza con le foreste bruciate, l’accumulo dei rifiuti tossici, le città invivibili per lo smog ed il traffico stressante, i mari eutrofizzati, le acque inquinate non solo dagli scarichi industriali ma dalla stessa agricoltura e dall’allevamento del bestiame. Sono questi ed altri i gravi problemi di fronte ai quali si trova il giovane oggi e si troverà ancora di più quello di domani in una società che, per giunta, diventa sempre più esigente in fatto di qualità e di livello di preparazione culturale dei giovani, in quanto se è vero che le macchine possono ormai assorbire completamente il lavoro dell’uomo, è altrettanto vero che la macchina non potrà mai sostituire la sua intelligenza nel lavoro di programmazione e di trasformazione sempre più accelerata dei processi tecnologici. In una tale prospettiva, l’uomo in futuro sarà costretto a cambiare lavoro  più volte nella sua vita e dovrà studiare ed aggiornarsi continuamente in un processo di educazione permanente. La sua formazione culturale, pertanto, dovrà essere quanto più generale e flessibile possibile, a causa anche dell’enorme proliferazione delle scienze, che rende sempre più difficile definire la cultura in termini di contenuti, e dovrà fondarsi sull’unità del sapere, senza distinzione tra cultura umanistica e cultura scientifica in quanto cultura dell’uomo «globale>.

Pertanto, le istituzioni educative, e tra queste in primo luogo la scuola, devono necessariamente porsi in una prospettiva di mutamento per porre le basi di un nuovo modo di essere, di vivere, di comportarsi. «Non è possibile» afferma il Mialaret «fare unicamente affidamento sulle conoscenze possedute da un individuo: è meglio basarsi sul suo modo di affrontare i problemi, sulle sue possibilità di progresso e di adattamento» . Non si può pensare di dare tutto, ma occorre dare quei «contenuti irrinunciabili» che sono essenziali per capire la realtà in cui si vive. Non bisogna preoccuparsi della quantità di informazioni da dare allo studente, ma piuttosto della qualità e significatività di esse. Ai tini della costruzione organica e sequenziale di conoscenze future; non conta tanto il tipo e la natura delle conoscenze acquisite (leggi, enunciati, teorie ecc.) quanto piuttosto il processo mentale che ha dato luogo ad esse o ad analoghe strutture concettuali che hanno poi contribuito allo sviluppo della scienza stessa. «Conoscere è un processo, non un prodotto» afferma Bruner “istruire qualcuno, per esempio, in fisica, chimica, biologia, non significa trasmettergli una serie di dati già acquisiti, ma piuttosto insegnargli a partecipare al processo che ha reso possibile lo sviluppo della fisica, della chimica, della biologia”.

 

La vera essenza della scienza

Nonostante l’enorme rilevanza che la scienza e la tecnica hanno nella società odierna, lo sviluppo economico, le condizioni sociali, il livello di vita quotidiana ecc., la scienza ha ancora una scarsissima risonanza sul piano culturale e questo perché nella cultura dominante regna ancora una falsa immagine della scienza, che a volte viene concepita come una specie di <magia nera> o come una «forza» che esiste ed agisce al di fuori dell’uomo. «Perché la valorizzazione culturale della scienza possa effettuarsi > afferma il prof. Evandro Agazzi, ordinario di filosofia delle scienze presso l’Università di Genova e di Friburgo, «è necessario che l’attenzione dell’uomo contemporaneo si sposti dai contenuti della scienza (i quali lo hanno fin troppo abbagliato e sedotto in quanto conoscenze “efficaci” capaci di cambiare il volto della natura ed il tenore della vita di ognuno) alla struttura noetica della scienza, ossia al suo modo peculiare di organizzarsi come tipo di sapere. In tal modo, non solo avverrebbe un naturale riaccostamento tra le scienze e le altre forme del sapere, ma si avrebbe, per un verso, una maturazione in senso schiettamente culturale della scienza, attraverso un’opera di meditazione riflessa sulle sue stesse strutture, e per un altro verso si realizzerebbe un autentico arricchimento della nostra Cultura, attraverso l’assorbimento in essa di alcune consapevolezze circa i modi ed i limiti dì un conoscere rigoroso, che sono ormai da tempo maturate in seno alle scienze formali e sperimentali, e che non paiono, invece, adeguatamente riflesse nei rimanenti settori del mondo  della cultura» .

«La scienza non è un corpo di informazioni sul mondo> afferma Scwab «ma un modo di apprendere di più sul mondo… e con il gusto della creatività» .

La totale assenza di questa immagine della scienza non solo ha contribuito a creare una frattura tra scienza e umanesimo, ma ha fatto sì che si sia prodotto anche un enorme divario tra la scienza come è e la scienza come viene insegnata (le conclusioni della ricerca scientifica, infatti, vengono sempre presentate nella scuola, a tutti i livelli, come fatti già verificati).

«La conoscenza scientifica» afferma ancora Scwab «deve essere impartita alla luce dell’indagine che l’ha prodotta’> . «Ai fini della scienza i fatti non possono essere più trattati come dati a sé stanti» in quanto dipendono dalle ipotesi che organizzano e controllano le operazioni di chi è impegnato nel processo di conoscenza. «La conoscenza scientifica si fonda non sui fatti, ma sui fatti selezionati e la selezione di questi si fonda sul principio concettuale che dirige la ricerca> (in questo senso la teoria viene prima dei fatti).

Inoltre, la conoscenza acquisita mediante una indagine non è sempre conoscenza dei fatti, ma interpretazione di essi alla luce sempre della concezione teorica che guida l’indagine stessa. Sotto il profilo pedagogico. emerge la necessità da un lato che la scienza venga insegnata come scienza, ponendo una maggiore attenzione alle problematiche di ordine metodologico ed epistemologico, dall’altro, che le discipline umanistiche non trascurino la trattazione dei temi di riflessione proposti dalla ricerca scientifica.

«Accogliendo alcuni modi di pensare tipici della mentalità scientifica» afferma ancora il prof. Agazzi «non solo si faciliterà la comprensione del mondo della Scienza da parte della cultura, ma si offrirà al mondo della Cultura un mezzo per ovviare a certi limiti di formazione intellettuale che oggi si riflettono assai spesso in sterilità della cultura: alludiamo con ciò a quella persistente attitudine “retorica” o “dialettica” che presume di risolvere i problemi in base ai semplici dibattiti sulle idee, o in forza delle sole stringenti argomentazioni, avendo ben scarsa sensibilità circa il fatto che le premesse delle argomentazioni siano ben fondate o che le loro conseguenze siano in sufficiente accordo con i fatti» .

Compito fondamentale dunque della scuola  è quello di educare gli alunni ad una «mentalità scientifica» perchè solo così essa assolverà al suo compito umanistico che è quello della formazione integrale dell’uomo. La necessità di una migliore educazione scientifica è stata più volte sottolineata anche  in occasione dei Premi Nobel in cui si è voluto ribadire  che l’educazione dovrebbe considerare soprattutto  le relazioni tra la scienza ed altri modi di riferirsi alla realtà, quali quelli propri delle attività umanistiche, artistiche e religiose perché solo così la scienza può contribuire in modo impareggiabile all’analisi delle diverse possibilità future che si prospettano all’uomo.