Ben venga “la consultazione nazionale per salvare la scuola”

Ben venga “la  consultazione nazionale per salvare la scuola” lanciata da Vertecchi.
Ma innanzitutto parli la scuola reale

di Domenico Sarracino

La proposta di una “consultazione nazionale per salvare la scuola”, fatta dal prof. Vertecchi su “l’Unità “ del  5 scorso,  giunge opportuna e puntuale, essendo davvero incalzante la necessità di definire un prospettiva di politica scolastica per i tempi medi e lunghi che favorisca “la crescita di apprendimenti  che restino per tutta la vita o per un tratto consistente di essi”.

Credo di poter interpretare l’intervento di Vertecchi come un contributo alla qualificazione della campagna elettorale richiamando la politica alle sue responsabilità verso il sistema scolastico italiano a rischio di smarrimento.

E credo anche (mi perdonerà se sbaglio)  che non si sia rivolto solo ai partiti ed alle istituzioni ma un po’ a tutti quelli che hanno a che fare con la scuola, chiedendo di dire la propria.

Si va alle elezioni e tutti sicuramente parleranno di scuola, come al solito; e ci diranno  che essa è questione strategica per il nostro Paese, per il suo futuro, per le nuove generazioni, per lo sviluppo…

Ma di scuola non si può più parlare utilizzando il solito politichese e con il cinismo della mala-politica,  con le solenni dichiarazioni  scritte nei programmi elettorali , puntualmente  smentite dai fatti. Non è stato lo stesso ministro Profumo a dichiarare, davanti al folto pubblico di una seguita trasmissione televisiva che i problemi della scuola  “non entrano nelle riunioni del Consiglio dei Ministri”?

Anche se la tentazione a ritrarsi è forte e diffusa, in un momento come questo è quanto mai necessario l’esercizio della cittadinanza da parte di tutti noi, perché la buona politica non potrà mai nascere dal deserto  della passività democratica . Anzi, è questo il momento in cui  è imposto a noi cittadini-elettori di essere in  campo ed esigere che si creino le condizioni  per  il rilancio del buon governo della cosa pubblica.

Credo per questo che la proposta Vertecchi costituisca. nel campo dell’educazione e della scuola.  un passo in questa direzione e si collochi bene in questa prospettiva.

Ma bisogna dire subito quali sono i requisiti necessari perchè la proposta possa diventare una ripartenza netta nelle finalità, nelle modalità, nei cambiamenti, nei mezzi; e non sia ridotta ad un dispendioso confezionamento di uno dei tanti libri (bianco o verde  che sia) fatti per rimanere negli scaffali o per fare citazioni in documenti o dotte conferenze che poco o nulla tolgono o aggiungono alle difficoltà   della scuola. E che  Vertecchi, più di me, non voglia questo lo dimostrano ad abundantiam i suoi scritti ed interventi.

Affinchè l’iniziativa possa davvero incidere nella realtà, produrre cambiamenti,  introdurre correzioni, convincere e riappassionare , c’è bisogno che sia rispettata una condizione basilare: che chi la indice e la guida voglia vedere  le cose come stanno, direttamente ed onestamente.

Sappiamo che i  soggetti che vi dovranno partecipare sono naturalmente diversi e vari, e perciò, ancora una volta chiediamo che si faccia un’operazione verità facendo sì che a parlare , a raccontarsi, a segnalare  i punti di forza (che ancora ci sono) e le vulnerabilità (che crescono) siano innanzitutto quelli che la scuola la fanno, la studiano nei contesti reali delle classi,  si confrontano con i cambiamenti (innanzitutto nei nuovi profili degli apprendenti), si misurano con la complessità sociale, toccano  i bisogni, hanno subito e subiscono “innovazioni” nominalistiche, non sperimentate , non finanziate, non accompagnate da formazione e supporti, in un groviglio di norme improvvisate,che si accumulano e distolgono dal cuore del problema: e cioè da  come si apprende oggi, che cosa  e perché; come questi apprendimenti  possono essere significativi per i discenti e divenire autentica formazione  delle persone e dei cittadini.

Insomma, per tutto questo, sarebbe determinante che questa volta in primo piano ci fossero innanzitutto le singole scuole, magari quelle più scassate e sofferenti, insomma i terminali  del sistema che poi nel nostro caso ne sono il cuore.  Una zoomata in presa diretta, per non avere verità che lungo la strada, dalle fonti ai punti di raccolta,   rischiano l’edulcorazione, lo scolorimento e i soliti acconciamenti.

Ben venga dunque una consultazione nazionale sullo stato della scuola italiana, rigorosa nel metodo di acquisizione, nelle modalità organizzative, nei modi della partecipazione, e capace di fare il punto sullo stato reale delle cose, di indicare le urgenze immediate e legarle  con le prospettive più strategiche. Ma è  importante più di tutto che una tale iniziativa  non smarrisca – come invece  da tempo sembra che stia accadendo – l’urgenza di concentrare una straordinaria attenzione alla necessità di far funzionare ed ossigenare la vita delle classi,  i rapporti educativi, la significatività degli apprendimenti, il ruolo degli apprendenti, i processi di coesione sociale e crescita umana, la capacità di cittadinanza attiva e responsabile andando a guardare, studiare e ricercare cosa  oggi avviene nelle aule e nelle scuole.

Ma per fare  ciò c’è bisogno che cambi il modo di condurre la cosa pubblica, nella scuola come altrove. Le elezioni della nuova rappresentanza popolare sono il momento giusto per chiederlo, anzi per esigerlo. Grazie a Vertecchi per aver aperto la strada.

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