Orientare alla vita, orientare alla scuola del futuro

Orientare alla vita, orientare alla scuola del futuro

di Mariacristina Grazioli

Una scelta, tante scelte…

Sono passati nove anni da quando, nel 2004, la Commissione Europea si esprimeva chiaramente sul significato e sul senso del concetto di “Orientamento”, e stabiliva – con la direttiva n. 487 – che la finalità di questa area di formazione fosse quella di costruire una CULTURA diffusa, attraverso la maturazione di AZIONI sinergiche, pur nella mutevolezza degli scenari sociali.

Oggi – a gennaio 2013 – nel rito annuale delle “iscrizioni”, molte famiglie e molte scuole si interrogano ancora sul significato del termine “Orientamento”, anche nell’impellenza di operare delle scelte sul futuro scolastico dei più giovani, con il timore di sbagliare e di non cogliere le giuste opportunità.

Si tratta di un momento più o meno catartico, dove chi ha la responsabilità di una scelta si chiede se ha le giuste capacità, le giuste informazioni e ha messo in campo i giusti ragionamenti. Il timore di non essere all’altezza di una scelta così importante è in agguato e le ansie che si generano rientrano nell’alveo dell’ovvietà .

Tutto ciò è comprensibile, in fondo l’idea di molti è che questo passaggio obbligato, se mal gestito, può produrre guai irreparabili al futuro professionale degli individui.

 

E se non fosse così? E se, invece, quella di gennaio fosse solo una delle tante scelte, tra le mille possibili, per ciò stesso connaturata dalla mutevolezza?

 

Lo sviluppo delle competenze – orientative ed orientanti – attengono ad un soggetto che sa scegliere e che sa evidenziare la propria competenza proprio attraverso l’autonomia che esprime nei percorsi di vita.

Il soggetto, in quanto individuo, sceglie ed agisce secondo una linea di pensiero che “riconfigura” i suoi modelli di mondo; si orienta cioè nell’esistente e sa gestire anticipatamente il cambiamento che ne consegue ad ogni possibile scelta personale.

E’ vero che questa riconfigurazione avviene lungo tutto l’arco della vita, ma è soprattutto durante l’adolescenza che si sviluppa una zona temporale assai favorevole ai processi di sviluppo identitari.

E’ in questo periodo, infatti, che si dà inizio alla fase della maturazione dell’identità personale, attraverso l’acquisizione delle competenze collegate ai processi di sviluppo più intimi e, per certi versi, più difficili e dolorosi.

I dubbi adolescenziali sono il terreno più fertile per la coltivazione dei primi germogli dell’identità adulta. Da lì in poi, un lungo percorso di “pulizia cognitiva”, di scelte per eliminazione, di scelte per convergenza e di valutazioni dei contesti complessi – di vita e di lavoro – cui si è immersi, caratterizza il processo di maturazione e, perciò, di orientamento al sé.

 

L’età critica, in realtà, è un momento di vita straordinario dove i ragazzi attribuiscono un valore fondamentale alla propria storia personale, ne analizzano, spesso criticamente le tappe, discernendo i propri bisogni individuali dalle opportunità reali, gli interessi specifici dalle motivazioni in campo, le passioni più spontanee  dalle attitudini potenziali ed effettive.

In questo processo di continuo aggiustamento, di ricollocazione e di attribuzione di sensi e significati, occorre fare ricorso a competenze specifiche, che si collocano nell’ambito dell’orientamento personale e sociale.

“Sapersi orientare significa essere in possesso di strumenti cognitivi, emotivi e relazionali idonei per fronteggiare il disorientamento derivato dalla attuale società, che si connota per il flusso mutevole di conoscenze (…). L’individuo viene spinto a mutare le proprie caratteristiche, a diversificare e ampliare le proprie attività ed i campi di interesse, in modo da aggiornare in tempo reale il proprio curriculum di conoscenze e competenze, in maniera dinamica e flessibile” (1).

 

Quindi è tutto chiaro – o per meglio dire – semplice?

No, nulla è chiaro, né semplice, né tanto meno automatico  o  indolore.

Scegliere di determinarsi ha un prezzo. E il prezzo si paga nell’agire quotidiano essendo qualcosa, e non qualcos’altro. Si tratta di un prezzo che ha a che fare con il pedaggio che il percorso esistenziale ci chiede, come succede ad ogni uscita, ad ogni incrocio, ad ogni bivio.

Scegliere fa un poco male, perché in realtà orientarsi significa non perdersi, non sbagliarsi. Ma anche se ci si perde e si sbaglia sentiero, non si può fare a meno di ritrovarsi rispetto alle coordinate di vita.

 

Orientarsi e ricollocarsi nella vita personale e nella complessità della società è un processo che prevede la riformulazione di un pensiero in grado di recuperare il senso di Umanità e Civiltà, da qualche decennio scomparsi dalla società attuale.

La “riforma”del pensiero – auspicata da E. Morin (2) – è in grado di governare la complessità e non limita i concetti riducendoli ; è un pensiero che sa “cogliere le relazioni, le interazioni e le implicazioni reciproche, i fenomeni multidimensionali, le realtà nello stesso tempo solidali e conflittuali”.

Nella scuola la “VIA” passa attraverso il “tessuto comune delle cose”, cioè attraverso l’interdisciplinarità delle materie di studio e l’acquisizione delle conoscenze nella loro complessità.

 

L’orientamento affonda le basi nei cambiamenti epocali e delinea gli orizzonti di Destino individuale e di Futuro collettivo. In tal senso, la questione fondante dei progetti di orientamento che le agenzie educative delineano – tra le quali, in primis, la Scuola – si deve spostare dagli aspetti più specifici e professionalizzanti, agli aspetti che ricercano e sostengono le competenze orientative di tipo sociale. Oltre a ciò vanno sostenute le competenze di tipo trasversale, come risposte positive del soggetto che sa interagire proficuamente con l’ambiente esterno.

L’Uomo del nuovo millennio è perennemente in uno “stato orientativo”; è un individuo che galleggia in una società liquida che ha perso i confini e i modelli di riferimento (3), ma è anche un uomo flessibile, capace di interagire con modelli estesi attraverso un meccanismo di empowerment con il contesto ospitante (4).

 

Orientare alla vita e nella vita dunque. Lo stile è quello di individuare la strategia più idonea per l’emancipazione del soggetto singolo, anche al fine di collocarlo in posizione di rilievo nella società complessa, sempre più contraddistinta da un alto tasso di sviluppo del sistema informativo e delle conoscenze.

La scelta non è mai isolata; è forse più idoneo parlare di un processo di ridefinizione orientante e orientativa, supportato da una pluralità di scelte.

In effetti occorre individuare le scelte rispetto le competenze cognitive del soggetto, le sue conoscenze tecniche e tecnologiche.

Conseguentemente vanno operate le scelte anche sulla capacità dei soggetti di assumere decisioni autonome e responsabili: infine, ogni scelta va soppesata alla luce dei valori della società che accoglie e dell’idea di Cittadinanza Attiva che l’individuo saprà fare propria.

 

L’orientamento alla vita è la premessa all’orientamento professionale: il Lavoro – nel senso costituzionale del termine – inteso come attività che consente l’affermazione del dovere di ogni uomo di essere quello che ciascuno può, in proporzione dei talenti naturali (5), si trasforma in una attività professionale. Ma qui il concetto di “Lavoro” è fondante: si tratta della massima forma dell’espressione umana che sa apportare una utilità sociale alla collettività dei consociati.

Nell’orientamento centrato sulla persona e non sulla mera professione, il senso del Lavoro ha un’accezione di contesto non di fine. Così l’accesso indifferenziato al mondo del lavoro è la chiave di volta del sistema dell’eguaglianza sostanziale descritto dall’art.3, secondo comma della Costituzione, in combinato disposto con l’art 4.

 

Nella grande casa dell’Identità personale e della costruzione della Persona, si annida, come un ospite inatteso e per certi versi non gradito, il problema delle diseguaglianze delle basi di partenza e delle mancate opportunità socio-familiari.

Il sistema dell’orientamento alla vita non ammette deroghe: ogni individuo deve essere messo in condizione di raggiungere il massimo potenziale individuale, anche attraverso la personalizzazione dei percorsi di autoconsapevolezza, in un’ottica di ripristino del riequilibrio dinamico delle opportunità.

Il processo di ridefinizione e di scelta consapevole terrà in debito conto le difficoltà dettate dalla contingenza, le fragilità personali, i bisogni soggettivi e il vincolo delle condizioni di partenza, e si attesterà su andamenti di diversificazione delle sollecitazioni, delle proposte e delle esperienze orientanti, per approdare ad una personalizzazione efficace ed effettiva.

 

Per una didattica orientativa

Se questo è il percorso – orientamento alla vita attraverso i contesti – la didattica che la Scuola deve sapere attivare è tesa a sviluppare nel soggetto le competenze specifiche, attraverso un sistema formativo altamente orientante.

Oggi si parla anche di Orientamento formativo presente in tutte le attività significative che vengono proposte a livello scolastico.

Le discipline, luoghi per eccellenza del sapere formale, vanno rilette e somministrate in quest’ottica: in esse vanno enucleati i temi e le categorie più idonee a farne strumenti fondativi del percorso di orientamento alla vita.

Già dal 1997 la Direttiva ministeriale n. 487 individua l’Orientamento come parte strutturante dei Curricoli, in un continuo processo di maturazione della persona che sa scegliere per il presente, ma anche – e soprattutto – per il futuro. I contenuti disciplinari, con i linguaggi simbolici specifici, rappresentano le strutture cognitive di raccordo tra la conoscenza del Sapere, gli apprendimenti dei Contenuti, e l’elaborazione personale delle Competenze.

L’orientamento multifattoriale non è mera informazione all’alunno, né semplice “lettura” delle caratteristiche psico-attitudinali del soggetto, ma è una scoperta metodologica di approccio al Mondo, all’Esistenza, alla Vita, attraverso il sapere formale acquisito dall’individuo.

Il processo di crescita che se ne evince è eminentemente formativo, ed è proprio nei curricoli di studio che la scuola collega gli aspetti di formazione educativa alla valorizzazione dello studente e all’orientamento formativo.

La Scuola – nel suo complesso – finalizza le migliori azioni didattiche ed educative ad un “ percorso di attività” nel quale “ ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento”. Il fondamentale ruolo educativo e di orientamento della Scuola del primo ciclo consentirà quindi lo sviluppo delle inclinazioni, l’espressione delle curiosità individuali, il riconoscimento e l’intervento sulle difficoltà, l’assunzione delle consapevolezza di sé.

Le Nuove Indicazioni non si dimenticano certo lo scenario della pedagogia orientativa : in effetti “tutta la Scuola in genere ha una funzione orientativa in quanto preparazione alle scelte decisive della vita, ma in particolare la scuola del primo ciclo, con la sua unitarietà e progressiva articolazione disciplinare, intende favorire l’orientamento verso gli studi successivi mediante esperienze didattiche non ripiegate su se stesse ma aperte e stimolanti”.

 

Orientare nell’indeterminatezza e orientare all’indeterminato

E’ magnifica l’immagine che Karl Popper ci regala e che facciamo nostra per descrivere il senso del percorso di Orientamento alla Vita.

“ Il mondo è come una pellicola cinematografica: l’immagine, o il fotogramma, che viene proiettata in questo stesso istante è il PRESENTE. Quei tratti della pellicola che sono già stati proiettati costituiscono il PASSATO, e quelli che non lo sono ancora stati, il FUTURO. In tale pellicola passato e futuro coesistono, ed entrambi sono ugualmente determinati “(6).

Quindi c’è predeterminazione rispetto alla nostre scelte e rispetto al nostro percorso di vita?

Assolutamente no. Al contrario è il senso comune che ci invita ad una riflessione che si colloca pienamente nell’alveo dell’indeterminatezza.

“ Tutta la nostra vita, tutte le nostre attività, sono assorbite dai tentativi di influenzare il futuro. E’ chiaro che noi crediamo che ciò che accadrà nel futuro sia largamente determinato dal passato o dal presente, perché tutte le nostre azioni razionali presenti sono tentativi di influenzare o determinare il futuro. Ma è altrettanto chiaro che guardiamo al futuro come a qualcosa di non ancora completamente stabilito; a differenza del passato che è chiuso, il futuro è per così dire, ancora aperto alla nostra influenza; esso non è ancora completamente determinato”(7).

Le conoscenze formali dunque non potranno mai determinare del tutto – perché esse stesse indeterminate – il futuro delle persone; ne potranno invero sostenere le scelte, che tuttavia dovranno affrontare l’indeterminabile futuro dell’esistenza dei singoli e delle generazioni.

 

Il percorso di orientamento, difficile, ma non per questo meno necessario, sa farsi carico dell’area dell’indeterminatezza : e’ in questo spazio di Pensiero, di Realizzazione e di Vita che non è possibile rinunciare al Sogno.

Non è un caso dunque leggere nel Piano dell’Offerta Formativa di una Scuola secondaria di primo grado – che largo spazio lascia all’area della didattica orientante ed orientativa – una frase emblematica – tratta proprio dal pensiero di K. Popper –

“ i nostri sogni e desideri aiutano a migliore il mondo” (8)

Fortunati quei ragazzi: la Scuola consente ancora di orientarsi, non rinunciando ai loro Sogni.

Le scelte di interesse per gli studi del futuro sono  il risultato di una  lunga esplorazione:  il quotidiano contesto scolastico dei tre anni di corso e le azioni mirate di informazione e formazione per famiglie ed alunni nel delicato progetto di orientamento messo in campo, ha in effetti consentito, in effetti, la fattibilità.

L’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado esce dai limiti della ricerca del “buon lavoro”, e consente la sintesi dei migliori pensieri rispetto al futuro personale, anche grazie ai dialoghi costanti con gli adulti di riferimento, siano essi le famiglie, i docenti o la società civile in genere.

 

La domanda da porsi in questi giorni – valida per alunni, docenti e genitori – è : “le persone cosa sono effettivamente in grado di fare e di essere?” (9).

Per la teoria della giustizia minima, le vere opportunità di agire e di scegliere che offre l’attuale società “insistono sull’eterogeneità e sull’incommensurabilità di tutte le più importanti opportunità e capacità, sulla rilevanza della distribuzione, e sull’inaffidabilità delle preferenze” (9).

Se questo è lo scenario del futuro, complesso ed imponderabile, perché rinunciare ai Sogni?

Scegliere dunque, e scegliere bene.

Scegliere soprattutto come esercizio di responsabilità e di orientamento ai propri personalissimi ed irrinunciabili sogni.

 

Riferimenti bibliografici

(1)    Grimaldi, ISFOL, 2003

(2)    Edgar Morin LA VIA. PER L’AVVENIRE DELL’UMANITA’ – Milano 2012

(3)    Bauman MODERNITA’ LIQUIDA – ed Laterza, Roma 2003

(4)    Sennet L’UOMO FLESSIBILE (…) ed Feltrinelli 2002

(5)    Falzone-Palermo-Cosentino LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA ILLUSTRATA CON I LAVORI PREPARATORI – Mondadori – Milano 1976

(6)    Stefano Gattei INTRODUZIONE A POPPER – ed Laterza, Roma 2008

(7)    Karl Popper POSCRITTO ALLA LOGICA DELLA SCOPERTA SCIENTIFICA, 1982-1983 volume I,II,III (P2)

(8)    POF della Scuola secondaria di primo grado I.C. Matteo Maria Boiardo . A.S. 2012/2013 (a cura di Prof.ssa V. Cigni – elaborazione  Dott.ssa A. Ferrari e Dott.ssa C. Braglia)

(9)  M. H. Nussbaum CREARE CAPACITA’ ed Il Mulino, Bologna 2012.