6 febbraio Formazione iniziale Insegnanti nelle 7e Commissioni

La 7a Commissione Camera, nel corso della riunione del 6 febbraio, esprime parere favorevole con condizioni ed osservazioni sullo Schema di decreto ministeriale recante modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, concernente definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

La Commissione inizia l’esame dello schema di decreto all’ordine del giorno.

Manuela GHIZZONI, presidente, segnala che il presidente del Consiglio universitario nazionale, professor Lenzi, ha trasmesso alla Commissione un documento relativo al provvedimento in oggetto che è in distribuzione.

Giovanni Battista BACHELET (PD), rilevando l’assenza dei deputati del gruppo del PdL, chiede la verifica del numero legale.

Manuela GHIZZONI, presidente, rispondendo all’onorevole Bachelet, osserva che, ai sensi dell’articolo 46, comma 4, del regolamento della Camera, la Presidenza non è obbligata a verificare se la Commissione sia, oppure no, in numero legale per deliberare, se non quando ciò sia richiesto da quattro deputati e la Commissione stia per procedere ad una votazione per alzata di mano.

Giovanni Battista BACHELET (PD) prende atto delle precisazioni fornite dalla presidente Ghizzoni e si riserva quindi di chiedere la verifica del numero legale quando la Commissione starà per procedere alla votazione.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) preannuncia la presentazione di una proposta di parere alternativo sottoscritto anche dall’onorevole Granata.

Maria COSCIA (PD), ritenendo quanto meno irrituale che un parere alternativo sia preannunciato prima ancora che sia noto quello del relatore, ricorda come nel corso dell’ultima riunione dell’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentati dei gruppi, della Commissione si è convenuto di pervenire ad un pronunciamento unitario della Commissione, senza strumentalizzare la vicenda e per non speculare sui problemi veri delle persone, atteggiamento dal quale il suo gruppo si dissocia espressamente. Intende stigmatizzare, d’altro canto, l’atteggiamento di taluni colleghi che, successivamente alla riunione indicata, hanno reso pubbliche talune considerazioni emerse in quella sede. Preannuncia anche a nome del suo gruppo, in ogni caso, di essere favorevole ad avviare l’esame del provvedimento, ritenendo opportuno a questo riguardo sospendere poi brevemente la seduta per valutare una posizione unitaria all’interno del suo gruppo.

Benedetto Fabio GRANATA (FLpTP), rispondendo all’onorevole Coscia, osserva che il dibattito che si svolge nel corso dell’ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, non è secretato, come pure per altri atti del Parlamento, solo perché non vi è un verbale della seduta. Segnala, quindi, di avere espresso legittimamente in quella occasione la propria posizione politica, riferendo la scelta assunta in ufficio di presidenza. La sua condivisione del parere alternativo presentato dall’onorevole Zazzera è sequenziale rispetto al comportamento tenuto nel corso di tutta la vicenda. Condivide, comunque, la proposta dell’onorevole Coscia di pervenire ad una posizione comune nei confronti del provvedimento in esame, dando atto inoltre alla presidente di un non comune equilibrio istituzionale per aver convocato la Commissione sul merito del provvedimento.

Manuela GHIZZONI, presidente, come sempre avvenuto in passato, auspica che la Commissione proceda in maniera unitaria e che eventuali proposte di parere alternativo siano realmente tali e non rechino solo sfumature rispetto alla generale posizione di favore rispetto al provvedimento in esame.

Enzo CARRA (UdCpTP), relatore, osserva che lo schema di decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca in esame reca modifiche al regolamento di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado. Ricorda che tale schema si inserisce nel quadro normativo costituito, innanzitutto, dall’articolo 2, comma 416, della legge n. 244 del 2007, il quale ha previsto che, nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, con regolamento, adottato dal Ministro della pubblica istruzione e dal Ministro dell’università e della ricerca, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sono disciplinati i requisiti e le modalità della formazione iniziale dei docenti, nonché le procedure di reclutamento. Per il regolamento in questione è stato previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, da rendere entro il termine di 45 giorni, decorso il quale il provvedimento può essere comunque adottato. Ricorda che su questa base è stato adottato il decreto ministeriale n. 249 del 2010, che ha disciplinato i requisiti e le modalità della formazione iniziale degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, nonché – nelle more della istituzione di specifiche classi di abilitazione e della compiuta regolamentazione dei relativi percorsi di formazione – le modalità per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. In particolare, il decreto ministeriale ha previsto che l’accesso ai nuovi percorsi formativi è a numero programmato e previo superamento di una prova. In base alla relazione illustrativa dello schema di decreto ministeriale (Atto n. 205), osserva che l’intervento ha inteso contemperare il rafforzamento delle conoscenze disciplinari con lo sviluppo di capacità didattiche, psico-pedagogiche, organizzative, relazionali e comunicative. In particolare, il percorso per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria consiste in un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico, cui si accede con il diploma di istruzione secondaria di II grado. Dal II anno è previsto un tirocinio di 600 ore. Il percorso si conclude con la discussione di tesi e relazione finale, che costituiscono esame con valore abilitante (articolo 3 e 6 del decreto ministeriale n. 249 del 2010).
Ricorda, quindi, che il percorso per insegnare nella scuola secondaria di I e II grado si articola in un corso di laurea magistrale – o, per l’insegnamento di discipline artistiche, musicali e coreutiche, in un corso di diploma accademico di II livello – e in un tirocinio formativo attivo (TFA), al quale accedono, previo superamento di una prova e valutazione dei titoli, coloro che hanno conseguito la laurea magistrale. Esso si conclude con la stesura di una relazione e con un esame finale con valore abilitante (articolo 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12, del decreto ministeriale n. 249 del 2010). La prova per l’accesso al TFA mira a verificare le conoscenze disciplinari relative alle materie oggetto di insegnamento della classe di abilitazione e si articola in un test preliminare, in una prova scritta e in una prova orale. Il test preliminare, di contenuto identico sul territorio nazionale per ogni tipologia di percorso, è predisposto dal Ministero e consiste in 60 domande a risposta chiusa, volte anche a verificare le competenze linguistiche e la comprensione dei testi. Accede alla prova scritta chi consegue una votazione almeno pari a 21/30. La prova scritta, predisposta dalle università e dalle istituzioni AFAM, è costituita da domande a risposta aperta relative alle discipline oggetto di insegnamento per ogni classe di concorso. Il punteggio necessario per l’accesso alla prova orale è sempre 21/30. La prova orale – che, nel caso di classi di abilitazione riferite al settore AFAM può essere sostituita da una prova pratica – è valutata in ventesimi ed è superata se si consegue un punteggio pari almeno a 15/20. Tale superamento è condizione imprescindibile per l’accesso al TFA. La graduatoria degli ammessi allo stesso è formata sommando ai punteggi conseguiti dai candidati nelle 3 prove il punteggio ottenuto dalla valutazione dei titoli, in base ai criteri indicati (articolo 15 del decreto ministeriale n. 249 del 2010). La specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità è conseguita esclusivamente presso le università a conclusione di un corso di formazione di durata almeno annuale, a numero programmato, che deve comprendere almeno 300 ore di tirocinio e articolarsi diversamente per i differenti gradi di istruzione. Possono partecipare gli insegnanti abilitati (articolo 13 del decreto ministeriale n. 249 del 2010).
Rammenta, quindi, che lo schema di decreto in esame è composto da 4 articoli. Ad esso sono allegati, in particolare, la relazione illustrativa, la relazione tecnica, l’analisi tecnico-normativa (ATN), l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, del Consiglio universitario nazionale, del Consiglio nazionale degli studenti universitari, del Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale, del Consiglio di Stato, le note relative al concerto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell’economia e delle finanze. Lo schema modifica gli articoli 5, 11 e 15 del decreto ministeriale n. 249 del 2010. Le principali modifiche riguardano il meccanismo per la determinazione del numero dei posti annualmente disponibili per l’accesso ai percorsi formativi e la previsione di percorsi abilitanti speciali per i docenti non abilitati che hanno prestato servizio per almeno tre anni. La lettera di trasmissione alla Presidenza della Camera fa presente che le disposizioni dello schema devono trovare attuazione già nell’a.a. 2012/2013, al fine di consentire il contestuale svolgimento dei percorsi formativi speciali e di quelli ordinari. Nel testo dello schema, invece, non vi è alcun riferimento alla data entro la quale attivare i percorsi formativi speciali. Il Consiglio di Stato, nel parere interlocutorio n. 11700/2012, ha chiesto chiarimenti sul coordinamento delle disposizioni recate dallo schema con le disposizioni in materia di utilizzo del personale in esubero recate dall’articolo 14, comma 17-21, del decreto-legge n. 95/2012, convertito dalla legge 135/2012. Le norme citate hanno previsto che ai docenti a tempo indeterminato che, terminate le operazioni di mobilità e di assegnazione dei posti, risultano in esubero nella propria classe di concorso nella provincia in cui prestano servizio, è assegnato, per la durata dell’anno scolastico, un posto nella medesima provincia, con priorità sul personale a tempo determinato, sulla base di una serie di criteri, fra cui quello dei posti rimasti disponibili in altri gradi d’istruzione o altre classi di concorso, anche in assenza della relativa abilitazione o idoneità all’insegnamento, purché in possesso di titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento nello specifico grado d’istruzione o nella specifica classe di concorso. In particolare, il Consiglio di Stato ha chiesto al Ministero in che misura il personale in esubero concorra con i docenti che conseguono l’abilitazione tramite i percorsi formativi speciali alla copertura annuale dei posti disponibili e se, nel caso in cui ai docenti in esubero sia data preferenza, il Ministero abbia tenuto conto di ciò ai fini della programmazione dell’accesso ai percorsi. Nel parere n. 109/2013, il Consiglio di Stato ha preso atto della priorità (comunicata dal Ministero) di assegnazione dei posti vacanti e disponibili ai docenti in esubero rispetto ai docenti che conseguiranno l’abilitazione a seguito dei percorsi formativi speciali.
Osserva, nel dettaglio, che l’articolo 1 esplicita l’oggetto del regolamento. L’articolo 2 reca le modifiche all’articolo 5 del decreto ministeriale n. 249 del 2010, concernente la programmazione degli accessi ai percorsi formativi per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria, e nella scuola secondaria di primo e secondo grado, e dei percorsi formativi per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. Come emerge dalla relazione illustrativa, le modifiche sono finalizzate a considerare, ai fini della determinazione del numero di posti annualmente disponibili per l’accesso ai percorsi formativi, non solo i posti di docenza vacanti in organico, ma anche i posti di fatto disponibili, in quanto i titolari sono comandati o distaccati ovvero temporaneamente assenti, con conseguente copertura degli stessi posti attraverso contratti di supplenza a tempo determinato, conferiti in misura consistente a docenti privi di abilitazione inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto. Al riguardo si ricorda, infatti, che l’articolo 5 vigente stabilisce che il numero complessivo di posti annualmente disponibili per l’accesso ai percorsi è determinato sulla base della programmazione regionale degli organici e del conseguente fabbisogno di personale docente nelle scuole statali, deliberato ai sensi dell’articolo 39 della legge n. 449 del 1997, previo del parere del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione. Tale numero è maggiorato nel limite del 30 per cento in relazione al fabbisogno dell’intero sistema nazionale di istruzione (il quale, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge n. 62 del 2000, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali) e tenendo conto dell’offerta formativa degli atenei e delle istituzioni AFAM.
Con riferimento alle sole modifiche sostanziali, osserva che l’articolo 2 dello schema di decreto ministeriale propone ora che per la determinazione del fabbisogno di personale docente «abilitato» nelle «scuole del sistema nazionale di istruzione e formazione professionale» si tiene conto, per le scuole statali, oltre che della programmazione regionale degli organici, anche del contingente di personale supplente assunto con contratto a tempo determinato su posti disponibili ma non vacanti nell’anno scolastico precedente. Rimane ferma la maggiorazione nel limite del 30 per cento del numero dei posti individuati sulla base del fabbisogno per le scuole statali, ma la stessa è ora riferita non più solo alle esigenze del sistema nazionale di istruzione (e, dunque, specificamente, a quelle delle scuole statali e delle scuole paritarie) ma, anche, alle esigenze dei percorsi di istruzione e formazione professionale, di competenza delle regioni. Rimane, altresì, ferma la previsione di tener conto dell’offerta formativa degli atenei e delle istituzioni AFAM al fine – come evidenzia la relazione illustrativa – di non trovarsi in situazioni organizzative non sostenibili.
Ricorda che i percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005 sono di competenza regionale. Ai sensi dell’articolo 19 dello stesso decreto, peraltro, le regioni assicurano, quali livelli essenziali dei requisiti dei docenti, che gli stessi siano in possesso di abilitazione all’insegnamento. Al riguardo, rileva che, se – come si evince dal secondo «considerato» della premessa dello schema di decreto ministeriale, oltre che dal contenuto del comma 1, lettera b), dell’articolo in commento – l’obiettivo è quello di fare riferimento alle scuole del sistema nazionale di istruzione e ai percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale, nel comma 1, lettera a), è necessario sostituire le parole «nelle scuole del sistema nazionale di istruzione e formazione professionale» con le parole «nelle scuole del sistema nazionale di istruzione e nei percorsi del sistema di istruzione e formazione professionale».
Osserva, quindi, che l’articolo 3 inserisce il comma 5-bis nell’articolo 11 del decreto ministeriale n. 249 del 2010, concernente i tutor, ovvero i docenti e i dirigenti, in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, di cui si avvalgono le università per lo svolgimento delle attività di tirocinio. La relazione tecnica evidenzia che la disposizione è stata introdotta a seguito dei rilievi mossi dal Ministero dell’economia e delle finanze nella fase interlocutoria. La nuova disposizione stabilisce che la determinazione dei contingenti dei tutor coordinatori e organizzatori avviene senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, derogando, se necessario, ai parametri di assegnazione definiti, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto ministeriale 249/2010, con decreto interministeriale. Il decreto ministeriale 8 novembre 2011 – emanato in attuazione dell’articolo 11, comma 5, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, che ha demandato a un decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministero dell’economia e delle finanze la definizione della disciplina per la determinazione dei contingenti del personale della scuola necessario per lo svolgimento dei compiti tutoriali (in qualità di tutor coordinatori e di tutor organizzatori) e la loro ripartizione tra le università e le istituzioni AFAM – ha stabilito, in particolare, che nella determinazione degli stessi contingenti è assicurata la presenza di un tutor coordinatore ogni 15 corsisti e la presenza di un tutor organizzatore ogni 150 corsisti (articolo 1, comma 3 e 4).
Al riguardo ricorda che, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, lo svolgimento dell’incarico tutoriale – che ha durata massima di quattro anni, è prorogabile solo per un ulteriore anno e non è consecutivamente rinnovabile – comporta per i tutor coordinatori e i tutor organizzatori, rispettivamente, un esonero parziale o totale dall’insegnamento. Per completezza, ricorda che il 29 gennaio 2013, nel corso dell’esame al Senato dello schema di regolamento, la 7a Commissione ha manifestato alcune perplessità circa la possibilità di mantenere l’invarianza della spesa nella determinazione dei contingenti dei tutor, dal momento che il conferimento degli incarichi tutoriali richiede l’individuazione di supplenti. In risposta, il rappresentante del Governo, ricordando che i candidati devono corrispondere un contributo di iscrizione ai corsi, ha assicurato l’impegno del Ministero a conseguire adeguate forme di compensazione, eventualmente stabilendo con la CRUI un tetto massimo di contribuzione. La Commissione ha quindi conferito mandato al relatore a redigere un parere favorevole con osservazioni, invitando, tra l’altro, il Governo a fare in modo di evitare aggravi a carico dei tirocinanti. L’articolo 4 reca le modifiche all’articolo 15 del decreto ministeriale n. 249 del 2010, che già riguarda, fra l’altro, categorie di soggetti per le quali si era ravvisata la necessità di prevedere una disciplina transitoria.
In particolare, con l’inserimento nell’articolo 15 del decreto ministeriale dei commi da 1-bis a 1-sexies, nonché del comma 16-bis (articolo 3, comma 1, lettere c) e i)), si dispone che, fino all’anno accademico 2014-2015, le università e le istituzioni AFAM sedi dei corsi biennali di secondo livello a indirizzo didattico di cui al decreto ministeriale n. 137 del 2007 (ossia, Conservatori e Istituti musicali pareggiati), purché sedi di Dipartimenti di didattica della musica, e di cui al decreto ministeriale n. 82 del 2004, ossia Accademie di belle arti, istituiscono percorsi formativi abilitanti speciali per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, nonché percorsi formativi abilitanti – anch’essi, quindi, di fatto, speciali – per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, ai quali si partecipa senza prova di accesso. I nuovi percorsi sono destinati agli insegnanti non di ruolo i quali – in possesso di determinati requisiti, ma sprovvisti di qualsiasi abilitazione – abbiano maturato, dall’anno scolastico 1999/2000 e fino all’anno scolastico 2011/2012 incluso, almeno 3 anni di servizio in scuole statali, in scuole paritarie, ovvero nei centri di formazione professionale, per questi ultimi, con le specifiche in seguito illustrate.
Ricorda che la relazione illustrativa evidenzia che il requisito di almeno 3 anni di servizio per l’accesso ai percorsi formativi abilitanti speciali «è in linea con il parametro di riferimento utilizzato dalle direttive comunitarie 2005/36/CE e 2006/100/CE, al fine di considerare l’esperienza lavorativa come equivalente al titolo di formazione o di qualificazione professionale richiesto negli ordinamenti interni per l’esercizio delle professioni». Inoltre, la stessa relazione fa presente che la previsione di iscrizione ai percorsi formativi speciali senza superamento di prove di accesso è determinata dal fatto che gli aspiranti, attraverso il servizio prestato, hanno già dato prova di possedere la competenza disciplinare che la stessa prova deve accertare. A sua volta, la premessa dello schema in esame ricorda che il Consiglio di Stato, nel parere interlocutorio reso il 18 gennaio 2010 sullo schema del decreto ministeriale n. 249 del 2010, aveva già rappresentato la necessità di tener conto, nella fase di passaggio al nuovo regime, dell’esperienza professionale maturata dai docenti a tempo determinato, ferma restando la possibilità di fissare presupposti e limiti di tale rilevanza e di graduarne gli effetti; ricorda, altresì, che lo stesso consesso, nel parere reso l’8 marzo 2010, pur avendo rimesso la questione al responsabile esercizio della discrezionalità spettante all’amministrazione, aveva ritenuto non del tutto persuasive le argomentazioni del Ministero circa l’impossibilità di prevedere, in via transitoria, un accesso automatico al TFA da parte di chi fosse in possesso di un’anzianità di servizio minima.
In particolare, per accedere ai percorsi formativi abilitanti speciali per l’insegnamento nella scuola secondaria – definiti dalla tabella 11-bis, introdotta dall’articolo 4, comma 2, dello schema –, ai quali possono partecipare anche gli insegnanti tecnico-pratici, è necessario il possesso dei requisiti indicati al comma 1 dell’articolo 15 del decreto ministeriale 249/2010. Peraltro, la norma richiamata – che stabilisce, per i soggetti indicati, la possibilità di conseguire l’abilitazione mediante il compimento del solo TFA – viene anch’essa modificata dallo schema in esame (articolo 3, comma 1, lettere a) e b)). Pertanto, la platea dei destinatari è costituita dai seguenti soggetti: i possessori dei requisiti previsti dal decreto ministeriale n. 22 del 2005, nonché – con la specifica ora introdotta – dal decreto ministeriale 39/1998 per l’accesso alle SSIS; i possessori di una laurea magistrale che, secondo l’allegato 2 del decreto ministeriale 26 luglio 2007, sia corrispondente ad una delle lauree specialistiche cui fa riferimento il decreto ministeriale 22/2005; per le classi di concorso A029 e A030, i possessori di diploma ISEF già valido per l’insegnamento di educazione fisica (rispettivamente, nella scuola secondaria di II grado e nella scuola secondaria di I grado); coloro che, «alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 249 del 2010» e – con la specifica introdotta ora – «fino all’attivazione dei percorsi formativi» per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado e dei percorsi formativi per l’insegnamento di discipline artistiche, musicali e coreutiche nei medesimi ordini e gradi di scuola – risultano iscritti a uno dei corsi universitari finalizzati al conseguimento dei titoli di cui ai due punti precedenti.
Al riguardo, ricorda che la relazione illustrativa evidenzia che la modifica – suggerita dal CUN – prevede la possibilità di conseguire l’abilitazione mediante il compimento del solo TFA sino all’attivazione dei percorsi delle lauree magistrali. La medesima relazione sottolinea, altresì, le difficoltà derivanti dalla mancata attivazione delle lauree magistrali e dei diplomi accademici di secondo livello validi ai fini dell’abilitazione nelle classi di concorso della scuola secondaria di secondo grado, nonché dalla mancata conclusione dell’iter volto alla revisione delle classi di concorso. In proposito, rileva che sembrerebbe necessario chiarire se il riferimento temporale utile per l’iscrizione sia comunque la data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 249 del 2010, ovvero – come si potrebbe intuire – l’arco temporale compreso tra quella data e la data di avvio dei nuovi percorsi. In tale secondo caso, la locuzione «alla» deve essere sostituita con la locuzione «dalla». Per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, si dispone ora che i soggetti in possesso dei requisiti (di servizio) ante indicati accedono – come già detto, senza prova preliminare – ai percorsi di cui all’articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale n. 249 citato, finalizzati esclusivamente al conseguimento della relativa abilitazione e destinati ai diplomati con titolo all’insegnamento nella scuola materna e nella scuola elementare ai sensi del decreto ministeriale 10 marzo 1997.
Segnala che il comma 16-bis, nel rinviare ai requisiti previsti dal comma 1-ter, dovrebbe specificare che si tratta solo del requisito di servizio triennale e non anche dei requisiti previsti al comma 1 dell’articolo 15, citati nello stesso comma 1-ter ma, evidentemente, riferibili solo ai soggetti che aspirano all’insegnamento nella scuola secondaria. Il decreto ministeriale 10 marzo 1997 – emanato in attuazione dell’articolo 3, comma 8, della legge n. 341 del 1990, che ha previsto l’istituzione di uno specifico corso di laurea in due indirizzi per la formazione degli insegnanti della scuola materna e della scuola elementare – ha disposto la soppressione, dall’anno scolastico 1998-99, dei corsi di studio triennali e quadriennali, rispettivamente, della scuola magistrale e dell’istituto magistrale, e la soppressione, dall’anno scolastico 2002-2003, dei corsi annuali integrativi dell’istituto magistrale. Inoltre, all’articolo 2 ha stabilito che i titoli di studio dei corsi indicati (nonché dei corsi quinquennali sperimentali), iniziati entro l’anno scolastico 1997-1998 o comunque conseguiti entro l’anno scolastico 2001-2002, conservano in via permanente valore legale e consentono di partecipare alle sessioni di abilitazione all’insegnamento nella scuola materna e ai concorsi ordinari per titoli e per esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare. Le caratteristiche delle modalità di svolgimento dei percorsi formativi di abilitazione per la scuola dell’infanzia e per la scuola materna di cui all’articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale n. 249 del 2010 (e delle relative prove di accesso) sono state definite con decreto ministeriale 11 novembre 2011. In particolare, il decreto ministeriale prevede l’attivazione di due distinti percorsi, ciascuno dei quali prevede il conseguimento di 60 CFU, da acquisire in non meno di otto mesi. I percorsi si concludono con un esame finale, per accedere al quale i candidati devono aver superato, con voto non inferiore a 18/30, le valutazioni riferite agli insegnamenti. L’esame finale, che ha valore abilitante per il rispettivo grado di scuola, consiste nella redazione e discussione di un elaborato originale. Il punteggio complessivo, espresso in centesimi, è il voto di abilitazione all’insegnamento. Un risultato inferiore a 60/100 comporta il non conseguimento dell’abilitazione.
Con riferimento al requisito dell’esperienza professionale, lo schema dispone che: per il computo del periodo richiesto, è considerato come anno intero il servizio prestato per ogni anno scolastico nella stessa classe di concorso o tipologia di posto per almeno 180 giorni, ovvero quello prestato ininterrottamente dal 1o febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale; è ritenuto valido anche il servizio prestato come docente di sostegno; il servizio svolto nei corsi dei centri di formazione professionale è valutabile solo se si tratta di servizio riconducibile a insegnamenti compresi in classi di concorso e prestato per garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009; è possibile cumulare i servizi prestati, nello stesso anno e per la stessa classe di concorso o per lo stesso posto, nelle scuole statali, in quelle paritarie e nei centri di formazione professionale; per i soggetti che hanno periodi di servizio utili in più di una classe di concorso, l’accesso ai percorsi speciali è consentito per una sola classe (è prevista l’opzione da parte dell’interessato), fermo restando che gli stessi possono acquisire ulteriori abilitazioni attraverso i percorsi ordinari; con riferimento ai percorsi per l’abilitazione per la scuola dell’infanzia ovvero primaria, gli anni di servizio prestati nella scuola dell’infanzia si possono cumulare con quelli prestati nella scuola primaria; inoltre, il candidato deve optare per il percorso relativo alla scuola dell’infanzia o per quello relativo alla scuola primaria.
Osserva che la frequenza dei percorsi speciali non è compatibile con la frequenza di corsi universitari che si concludano con il rilascio di titoli, inclusi i percorsi formativi finalizzati all’insegnamento previsti dallo stesso decreto ministeriale n. 249 del 2010. Nel gruppo di commi sopra indicati si prevede, infine, che, al fine di assicurare l’offerta formativa relativa ai percorsi abilitanti speciali, le università, ovvero le istituzioni AFAM, possono istituire ed attivare, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, strutture di servizi comuni o centri interateneo o interistituzionali di interesse regionale o interregionale che assicurino supporto tecnico, metodologico e organizzativo. Si prevede, altresì, che gli stessi soggetti, in caso di impossibilità o di difficoltà ad attivare i percorsi formativi «relativi alle classi di concorso previste dal vigente ordinamento», possono stipulare convenzioni con le scuole e con le fondazioni di partecipazione istitutive degli istituti tecnici superiori.
Rileva che sembrerebbe opportuno chiarire se quest’ultima previsione riguardi solo l’attivazione dei percorsi abilitanti speciali, ovvero l’attivazione di tutti i percorsi formativi per il conseguimento dell’abilitazione. Ricorda che la relazione illustrativa chiarisce che in tal modo si intende assicurare l’offerta formativa anche nei casi in cui nella regione in cui il candidato presta servizio non siano stati attivati i percorsi relativi alla classe di concorso o all’ambito disciplinare prescelti o nei casi in cui gli atenei o le istituzioni AFAM non siano in grado di assicurare comunque l’offerta formativa. Si prevede, infine, che con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è indicato un termine) sono emanate le disposizioni organizzative per l’accesso ai percorsi abilitanti speciali. La relazione illustrativa precisa che la norma – inserita a seguito di un’osservazione formulata dal CUN – si riferisce ad un successivo decreto direttoriale. La tabella 11-bis – da aggiungere, in base all’articolo 4, comma 2, dello schema, alle 11 tabelle già allegate al decreto ministeriale n. 249 del 2010 – definisce i contenuti dei percorsi speciali finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado, i requisiti necessari per accedere all’esame finale e la sua struttura, i requisiti per conseguire l’abilitazione, la composizione della commissione di abilitazione. In particolare, i percorsi formativi prevedono il conseguimento di 41 crediti formativi (universitari o accademici), di cui si stabilisce una rimodulazione rispetto a quanto previsto dalla tabella 11 allegata al decreto ministeriale 249/2010, considerando assolti i 19 crediti formativi relativi al tirocinio, «in virtù dei particolari requisiti di servizio di cui all’articolo 15, commi 3 e 4». Segnala che il riferimento corretto sembrerebbe essere all’articolo 15, comma 1-ter. In particolare, la tabella 11-bis evidenzia che i crediti formativi sono indirizzati al consolidamento della conoscenza delle discipline oggetto di insegnamento della classe di concorso e al perfezionamento delle relative competenze didattiche, anche alla luce della revisione dei percorsi ordinamentali. Al riguardo si fa riferimento, oltre che ai decreti del Presidente della Repubblica nn. 87, 88 e 89 del 2010, relativi al secondo ciclo, anche al decreto del Presidente della Repubblica 89 del 2009, relativo al primo ciclo. Rileva che sembrerebbe opportuno un chiarimento su tale ultimo richiamo. Ulteriori finalità ivi richiamate, quali l’acquisizione di competenze digitali e di competenze didattiche atte a favorire l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, sono le medesime già indicate, in linea generale, come facenti parte integrante dei percorsi formativi dall’articolo 3, comma 4, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, il quale, peraltro, fa riferimento anche all’acquisizione delle competenze di lingua inglese. In base al quadro dei crediti formativi di cui la tab. 11-bis è corredata, i CFU sono attribuiti in corrispondenza delle seguenti attività formative: Didattica generale e didattica speciale (15 CFU); Didattica delle discipline oggetto di insegnamento delle classi di concorso (18 CFU); Laboratori di tecnologie didattiche (3 CFU). Ai crediti formativi indicati si aggiungono 5 CFU relativi all’elaborato finale.
Con riferimento all’esame finale, osserva che la nuova tabella prevede che esso consiste nella redazione e discussione di un elaborato originale. Nel corso dell’esame il candidato deve dimostrare, altresì, piena padronanza delle discipline oggetto d’insegnamento e il possesso delle altre competenze indicate dalla tabella, anche con riferimento alle norme principali che governano le istituzioni scolastiche. Un risultato inferiore a 60 centesimi comporta il non conseguimento dell’abilitazione. Al riguardo, la relazione illustrativa evidenzia che l’esame finale con valore abilitante è rimodulato al fine di consentire anche la verifica della padronanza delle discipline oggetto di insegnamento che, a differenza dei percorsi ordinari, non è valutata attraverso la prova di accesso. Ulteriori modifiche all’articolo 15 del decreto ministeriale n. 249 del 2010 riguardano i commi da 3 a 7 (articolo 4, comma 1, lettere d), e), f), g) e h)). Con riferimento al comma 3 dell’articolo 15 del decreto ministeriale 249/2010, si stabilisce ora che i titoli di studio dei soggetti di cui alle lett. a) e c) del comma 1 (ossia, sostanzialmente, dei soggetti che li abbiano già conseguiti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto ministeriale) mantengono la loro validità ai fini dell’inserimento nella terza fascia delle graduatorie di istituto. Per i titoli di studio dei soggetti di cui alla lettera b) del comma 1 (ossia, sostanzialmente, quelli conseguiti dopo l’entrata in vigore del decreto ministeriale 249/2010) – che, in base alla norma vigente, consentono anch’essi l’iscrizione nella terza fascia – si stabilisce ora, invece, che essi sono integrati dal compimento del TFA e costituiscono titolo di accesso al concorso. Se ne dedurrebbe, dunque, che tale ultima categoria di soggetti non può più iscriversi nella terza fascia delle graduatorie di istituto. Ciò sembrerebbe confermato dall’AIR che sottolinea che l’intervento normativo è volto, oltre che a ridurre il ricorso a personale non abilitato, ad eliminare progressivamente la suddetta terza fascia. Inoltre, la previsione vigente in base alla quale le tabelle 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto ministeriale 249 del 2010, unitamente al compimento del TFA, sostituiscono, per tutti gli altri soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 dell’articolo 15 e per le relative classi di concorso, i titoli previsti dal decreto ministeriale n. 39 del 1998 – e dalle sue successive modifiche – è sostituita con la previsione che ciò avverrà, per tutti i soggetti interessati, a decorrere dall’istituzione dei relativi percorsi. Con riguardo al comma 4 dell’articolo 15 del decreto ministeriale n. 249 citato, relativo alla programmazione degli accessi diretti al TFA da parte dei soggetti in possesso dei requisiti indicati dal comma 1 del medesimo articolo, le modifiche introdotte mirano a rinviare alla disciplina generale del novellato articolo 5 (e non solo, dunque, a quella recata dal comma 1 dello stesso articolo 5). Le modifiche ai comma 5, 6 e 7 dell’articolo 15 del decreto ministeriale n. 249 del 2010 riguardano la prova di accesso al TFA, che – come già detto – si articola in un test preliminare, una prova scritta e una prova orale. In particolare, in base alle modifiche, si prevede che i programmi delle prove da sostenere e le modalità di svolgimento del test preliminare sono definiti annualmente con uno o più decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e sono apportate le conseguenti modifiche di coordinamento. Infine, con un’ulteriore modifica (articolo 4, comma 1, lettera j)), aggiungendo il comma 27-bis all’articolo 15 del decreto ministeriale 249/2010, si precisa che l’abilitazione conseguita al termine dei percorsi formativi previsti dall’intero decreto ministeriale n. 249 del 2010 non consente l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. Essa dà diritto esclusivamente all’inserimento nella II fascia delle graduatorie di istituto per la specifica classe di concorso o per il relativo ambito disciplinare, nonché alla partecipazione alle procedure di reclutamento disciplinate dal d.lgs. 297/1994. La relazione illustrativa evidenzia che si tratta di una norma di salvaguardia. Al riguardo, segnala l’opportunità di valutare se sia effettivamente necessario richiamare solo l’articolo 402 del d.lgs. 297/1994 e non, invece, gli artt. 399 e seguenti dello stesso decreto legislativo.
Tra le ragioni a favore del provvedimento, segnala come esso rappresenti la soluzione più incisiva al problema del precariato, aumentando il numero di precari che avrebbero la possibilità di accedere al percorso per l’abilitazione all’insegnamento; è un riconoscimento del diritto/opportunità di insegnare di docenti precari che per molti anni hanno svolto questa attività e che non hanno superato le selezioni per l’accesso al TFA ordinario – o non hanno partecipato a tali selezioni –, per i quali la prospettiva di poter diventare docenti di ruolo subirebbe un’ennesima battuta di arresto o quantomeno un rallentamento. Considera, poi, che i test per l’accesso al TFA ordinario hanno di fatto escluso un numero molto alto di docenti, anche a causa di domande mal formulate e pertanto oggetto di forti lamentele da più parti; va comunque considerato che per correggere questi limiti sono stati già effettuati dei «ripescaggi». Osserva, inoltre, che verrebbe allargata la possibilità di partecipare al TFA, ma ciò non implica un accesso automatico all’insegnamento e dunque non penalizza il merito di chi ha avuto accesso al TFA ordinario; un’ulteriore ed effettiva selezione sarà rappresentata dai concorsi nei quali sia coloro che sono stati ammessi al TFA ordinario, sia quelli che sarebbero eventualmente ammessi con il TFA speciale saranno valutati in base al merito.
Tra le ragioni che militano contro il provvedimento in esame, ricorda invece il rischio di ottenere un numero di abilitazioni superiore alla domanda, andando contro la logica di una maggiore corrispondenza tra domanda e offerta che ha ispirato il TFA ordinario. Ricorda, poi, che il TFA speciale viene visto da molti, in particolare da coloro che hanno superato le prove di accesso al TFA ordinario, come l’ennesima sanatoria che non riconosce il merito e va a discapito di chi ha studiato, regolarmente superato le prove e pagato per l’iscrizione al TFA. Stigmatizza, quindi, la scarsa tutela per chi sta seguendo il percorso del TFA ordinario, per il quale ci sono ancora nodi in sospeso, come il decreto per i tutor, a cui andrebbe dunque prestata attenzione per individuare soluzioni concrete e rapide. Evidenzia, poi, l’opportunità di evitare di mettere sullo stesso piano docenti che hanno superato una selezione e docenti ammessi senza selezione, nonché il fatto che il TFA speciale rischia di penalizzare ulteriormente i giovani, soprattutto neo-laureati e studenti, che stanno per conseguire la laurea, che nelle graduatorie avranno davanti una molteplicità di docenti con molti anni di servizio alle spalle. Illustra quindi, una proposta di parere favorevole con osservazioni.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) illustra una proposta di parere alternativa da lui presentata, e sottoscritta anche dal collega Granata, di cui raccomanda l’approvazione. Al riguardo, tiene a precisare che il provvedimento in esame non può essere definito come una sanatoria, in quanto l’illegalità è stata commessa piuttosto dal Ministero che ha chiamato a insegnare docenti non ancora abilitati. Rileva che proprio per tracciare una linea definitiva oltre la quale il Ministero non affidi più incarichi a soggetti non abilitati, è necessaria l’adozione del provvedimento in esame. Sottolinea, quindi, la necessità che il previsto esame finale sia serio e valuti nel merito le competenze dei candidati. Ricorda, quindi, che nel parere alternativo presentato sono state inserite le seguenti condizioni: che sia modificato il parametro numerico, necessario ad accedere a TFA speciali, orientandolo verso i cosiddetti «360 giorni» di servizio prestato, anziché i 540 richiesti, che sia preso in debita considerazione il pieno valore abilitante dei corsi d’istituto magistrale iniziati entro l’anno scolastico 1997-98 e conclusi entro l’anno scolastico 2001-2002; che siano attivati TFA speciali anche per gli insegnamenti afferenti all’AFAM ed in particolare per strumento musicale e cioè a chi è in possesso di diploma di conservatorio vecchio ordinamento e diploma accademico di II livello all’indirizzo didattico per la classe A077.

Antonino RUSSO (PD) intende innanzitutto sottolineare che il problema da affrontare è molto complesso e meriterebbe un’attenzione molto più ampia. Al riguardo, osserva come il gruppo del PD non si sottrae a tale compito, essendo presente in modo compatto in Commissione, al contrario dei deputati del maggior parte in Parlamento in questa legislatura; auspica in ogni caso di arrivare all’approvazione di un parere condiviso. Non vorrebbe peraltro che fossero altri rispetto al merito della questione i motivi ad indurre alcuni rappresentanti di gruppo a sostenere questa battaglia, vista l’imminenza della tornata elettorale. Segnala quindi come il provvedimento contenga svariati elementi che non convincono il suo gruppo, l’inserimento dei quali nella proposta di parere del relatore costituisce il presupposto per l’espressione di un voto favorevole da parte del gruppo del Pd. Evidenzia, in particolare, che le previsioni recate dall’attuale provvedimento in esame non devono in alcun modo danneggiare coloro che stanno frequentando il TFA ordinario, i quali pretendono giustamente il rispetto del principio fondamentale del merito. In altre parole, non deve succedere che chi è stato bocciato in sede di TFA ordinario sopravanzi i vincitori di quella procedura mediante l’utilizzo del TFA speciale, solo in considerazione del maggior numero di anni di servizio prestati. Ricorda, poi, che era stata inoltrata da parte sua al ministero una richiesta di informazione su una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea in corso, proprio in riferimento al tema del parametro dei 360 giorni. A questa richiesta, precisa che non solo non è stata a lui fornita alcuna risposta, giustificando il diniego con il fatto che la richiesta doveva pervenire da un organo parlamentare e non da un solo componente, ma nemmeno è stato dato seguito alla richiesta in tal senso espressa dalla presidente Ghizzoni, con un atteggiamento assolutamente irrispettoso delle prerogative parlamentari. Invita, pertanto, il Governo a lasciare la definizione di tale percorso al nuovo Governo che sarà formato dopo le elezioni, precisando specificamente cosa intende fare in merito al rapporto tra iscritti al TFA ordinario e TFA speciale, precisando in ogni caso che tale procedura non potrà che partire dall’anno scolastico 2013-2014.

Benedetto Fabio GRANATA (FLpTP), apprezzando l’equilibrio della relazione dell’onorevole Carra, evidenzia l’opportunità dell’esistenza di un canale privilegiato per il conseguimento dell’abilitazione per quanti hanno prestato il servizio dell’insegnamento e sono la colonna portante della scuola italiana. Rispondendo all’onorevole Russo, ricorda che la battaglia in questione è sostenuta da epoca non sospetta dal suo gruppo. In particolare, egli stesso ha da tempo sollevato il problema che TFA ordinario e TFA speciale dovessero essere espletati contemporaneamente, cosa che il Governo Berlusconi si è ben guardato di fare. Osserva, quindi, come il vero problema consista nel fatto che il TFA speciale è stato fermo per lungo tempo all’esame del Consiglio di Stato e responsabilmente oggi il Governo in carica lo ha portato all’esame del Parlamento. Ribadisce quindi che la sua posizione politica è coerente con quanto sostenuto in materia nel corso della legislatura, auspicando pertanto che il Governo Monti proceda con l’adozione definitiva del provvedimento in esame, tenendo conto del parere espresso dalla Commissione, allo scopo di risolvere, secondo principi di giustizia, una situazione che coinvolge una categoria da anni in attesa di un intervento del legislatore.

Alessandra SIRAGUSA (PD) ricorda come il PD ha dato parere negativo al decreto sul TFA perché ritiene inscindibile il binomio formazione iniziale – reclutamento: occuparsi solo del primo aspetto senza collegarlo con il secondo rischia di creare solo inutili illusioni, continuando ad alimentare il precariato. Non si sofferma nel merito della questione, per brevità di tempo, rinviando alla proposta di legge a prima firma dell’onorevole De Pasquale, recante la proposta del PD su formazione iniziale e reclutamento. Condivide peraltro le considerazioni dell’onorevole Russo sul fatto che occorra separare i percorsi di chi sta facendo il TFA ordinario e di chi farà il TFA speciale, valutandoli in modo diverso. Ritiene in ogni caso – sebbene basterebbero 360 giorni anche non consecutivi – che sia comunque indispensabile che sia valutato nel computo dei giorni anche l’anno scolastico in corso. Occorre poi riconoscere il valore abilitante dei diplomi magistrali ottenuti entro l’anno scolastico 1999-2000.
Segnala, infine, che un gruppo di docenti ha partecipato al corso abilitante speciale indetto dal ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca ex lege n. 143 del 2004 e del decreto ministeriale n. 85 del 2005, giusto provvedimento del giudice amministrativo, ed è stato inserito con riserva nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, poiché al momento della presentazione della domanda di partecipazione al corso, al 22 dicembre 2005, non erano stati maturati i 360 giorni di servizio, come previsto dall’articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge 27 febbraio 2009, n. 14. Precisa che i medesimi giorni erano stati maturati successivamente e comunque prima dell’inizio dei corsi e i docenti indicati, pur essendo stati ammessi con riserva, hanno frequentato i corsi, per un totale di 600 ore, suddivise in moduli di didattica frontale ai laboratori, pagando una tassa di iscrizione di 1.750 euro, dopo aver sostenuto con profitto gli esami in itinere (diciannove), nonché l’esame finale di Stato. Ricorda dunque che questi docenti, che hanno concluso il percorso di formazione all’insegnamento, seppure senza un’abilitazione riconosciuta, oggi sarebbero costretti a concorrere per il tirocinio formativo attivo, ricominciando un percorso formativo già completato. Chiede, quindi, al relatore di inserire nel parere la previsione della possibilità che queste persone possano sostenere l’esame finale senza dover partecipare all’intero percorso formativo, posto che ne hanno già superato uno.

Rosa DE PASQUALE (PD) rileva che l’atto Governativo risponde alle osservazioni formulate dagli organi consultivi CNPI, Consiglio di Stato e Commissioni parlamentari che avevano già rilevato l’opportunità di tener conto, in qualche modo, nella fase transitoria dal vecchio al nuovo regime dettata dal provvedimento n. 249 del 2010, dell’esperienza professionale maturata, con il servizio prestato, dai docenti, come risulta dalle pagine 1 e 2 della relazione illustrativa dell’atto governativo, e dalla pagina n. 5 del dossier redatto dalla Camera in occasione del presente atto. Inoltre ritiene rilevante richiamare quello che pone in evidenza la relazione illustrativa circa il fabbisogno di docenti che da anni, di fatto, è numericamente molto più rilevante rispetto a quello previsto dall’organico di diritto, anche rispetto alla risposta che può essere data dai docenti con abilitazione. Detta realtà è in modo molto evidente testimoniata dalle migliaia di docenti senza abilitazione chiamati, ad insegnare, dalla terza fascia di Istituto. In questo senso appare convincente quanto sostenuto ancora dalla relazione illustrativa, e cioè che il TFA speciale è stato anche istituito per ridurre progressivamente il ricorso a personale non abilitato, al fine così di poter eliminare le cosiddette «terze fasce d’istituto». Ciò anche con l’intento di formare ed abilitare il più alto numero di docenti, visto che la normativa vigente richiede il possesso dell’abilitazione quale requisito necessario per l’esercizio della funzione docente, e di consentire finalmente una valutazione dei docenti senza abilitazione che già insegnano da molti anni – alcuni addirittura da oltre dieci – e che non sono mai stati in alcun modo ne formati né valutati. Sottolinea infatti che in questo senso il TFA speciale prevede che i 19 crediti per il tirocinio si diano per assolti in virtù dei tre anni di insegnamento già effettuato, mentre i 41 crediti restanti siano rimodulati proprio al fine di consolidare le conoscenze disciplinari. Ritiene molto importante inoltre la previsione che l’esame finale verrà rimodulato, rispetto a quello previsto per il TFA ordinario, al fine di consentire di meglio valutare la padronanza delle discipline oggetto di insegnamento che, a differenza dei percorsi ordinari, non è stata valutata con la prova di accesso, con un esame più corposo rispetto a quello per il TFA ordinario. Inoltre è rilevante che si preveda che tutti coloro che risulteranno abilitati con il TFA speciale confluiscano nella graduatoria di II fascia di istituto, anche se occorrerà tener conto, nel punteggio da attribuire, che la mera anzianità di servizio non abbia prevalenza rispetto alla posizione in graduatoria di coloro che avranno sostenuto il TFA ordinario, e non confluiscano invece nella graduatoria ad esaurimento della I fascia provinciale, che deve rimanere tale per consentire un effettivo esaurimento di detta graduatoria. Ritiene tanto più corretto e segno di serietà, la previsione dell’accesso ai TFA speciali da parte di coloro che insegnano da più di tre anni con almeno 180 giorni di servizio per anno, in base a parametri europei.
Considera d’altra parte indispensabile evidenziare che la materia in esame riguarda esclusivamente le modalità di formazione iniziale dei docenti e di acquisizione dell’abilitazione all’insegnamento, ma non affronta in alcun modo le modalità di reclutamento a tempo indeterminato degli stessi. Si tratta di un vulnus molto rilevante e che non consente di chiarire in modo definitivo e costruttivo l’assetto fondamentale della scuola italiana. Sottolinea che alle domande come si diventa insegnate e come la formazione di un insegnante si interseca e diventa base del suo reclutamento e del suo percorso professionale e formativo in servizio, il Partito democratico ha dato delle lungimiranti e precise risposte con il progetto di legge depositato, ancora nel 2008, e che non solo non è stato preso in considerazione dal Ministro Gelmini nel momento in cui ha normato la formazione iniziale dei docenti, ma nemmeno il Parlamento lo ha ritenuto un argomento prioritario da affrontare. Al fine di testimoniare che non da ora i membri della VII Commissione, appartenenti al gruppo del PD, sostengono quanto evidenziato, rinvia al parere contrario ed alternativo a quello espresso dalla maggioranza della Commissione VII, nel 2010 – pubblicato nel resoconto della Commissione cultura del 26 maggio 2010, in occasione del passaggio alla Camera del provvedimento n. 205 dell’allora Governo Berlusconi, relativo alla formazione iniziale dei docenti – il quale prevedeva appunto di considerare congiuntamente il TFA ordinario e il TFA speciale; poca o nessuna essendo la soddisfazione di vantare il merito di averlo detto, rimanendo inascoltati.
Evidenzia in ogni caso che il contrasto fra poveri al quale in questi giorni si sta assistendo tra il personale docente precario che ha avuto accesso al TFA ordinario – che ritiene, a torto o a ragione, di avere diritto, attualmente lui solo, ad abilitarsi – e gli altri precari – che, secondo i primi, questo diritto non dovrebbero avere o per lo meno non con le modalità previste dall’atto governativo in esame –, trova radici nell’incapacità dell’ultimo Governo Berlusconi di normare una materia così delicata, tenendo congiunti formazione iniziale e reclutamento. Ribadisce che esso è anche il frutto dell’incapacità dello stesso Governo di riconoscere l’istruzione quale settore strategico per il Paese, come accaduto in tanti altri Paesi europei. Un settore nel quale andavano investite risorse invece di operare destabilizzanti tagli lineari che non solo hanno abbassato qualitativamente la proposta del sistema scolastico, ma lo hanno privato di prezioso capitale umano, generando caos e demotivazione.

Francesco Paolo LUCCHESE (Misto-MpA-Sud) intende formulare alcune considerazioni di buon senso, osservando innanzitutto come il provvedimento in esame appare molto importante per la formazione scolastica degli studenti. Ritiene, quindi, come non si tratti assolutamente di una sanatoria, poiché non vi è stato né dolo né colpa degli insegnanti che sono stati invece chiamati direttamente dal Ministero a svolgere funzioni essenziali, senza le quali gli alunni non avrebbero potuto vedere esaudito il proprio diritto alla formazione scolastica. Condivide quindi le osservazioni dei colleghi Carra, Zazzera, Russo e Granata, ritenendo opportuno che il Governo adotti il provvedimento in esame.

Maria Letizia DE TORRE (PD) ritiene opportuno che l’adozione del provvedimento in esame venga lasciata al prossimo Governo, evidenziando l’opportunità di un’attenta riflessione tra la formazione degli insegnanti e il loro reclutamento. Osserva, più in generale, come il settore della scuola, strategico per lo sviluppo di tutto il Paese, non abbia ancora visto l’elaborazione di un disegno condiviso di riforme che tenga conto del progredire sempre più di un sapere interculturale. Sottolinea il fatto che gli insegnanti meritano l’elaborazione di una visione riformatrice di medio e lungo periodo che individui la loro missione nel mondo della scuola. Fa quindi appello a tutte le forze politiche affinché il provvedimento in esame sia affrontato dal nuovo Governo nell’ambito di una riforma di tutto il settore della scuola.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP), rispondendo all’onorevole De Torre, ricorda che il parere della Commissione non è vincolante nei confronti del Governo, che ha il diritto e il dovere di procedere. Ritiene, anzi, un errore l’eventualità che la Commissione non esprima parere, perché in tal caso si conferirebbe al Governo una delega in bianco. Segnala quindi la propria preoccupazione per il fatto che il provvedimento in esame preveda che con decreto del Ministero siano emanate disposizioni organizzative atte a garantire, nel rispetto dell’invarianza di spesa, e dei generali vincoli di finanza pubblica, l’accesso ai percorsi abilitanti speciali aperti a tutti i soggetti aventi titolo e tenuto conto anche della disponibilità ricettiva sostenibile dalle università. Auspica come tale ultima condizione non diventi ostativa al percorso abilitante. Ritiene, inoltre, utile indicare una data di inizio allo stesso percorso abilitante.

Giovanni Battista BACHELET (PD), ricordando che si accinge a svolgere, con emozione, il suo ultimo intervento in Parlamento, un’ultima battaglia a favore della scuola, si rammarica che la sua posizione politica sul provvedimento in questione, dopo essere stata ripresa la settimana scorsa dal Corriere della sera e dal Sole 24-ore, non abbia ricevuto attenzione dai colleghi del suo e di altri partiti, e solo ieri dagli onorevoli Gelmini e Centemero del PdL. Il merito della questione da lui sollevata è rimasta sotto traccia; sembra che nessuno si voglia assumere la responsabilità di votare contro un provvedimento di cui si dà per scontata l’approvazione. Non vorrebbe che, dimenticando l’adagio inglese two wrongs don’t make a right, si danneggiassero i bisogni formativi primari degli studenti, aggravando errori fatti in passato con un ulteriore errore. Condivide, in pieno, le considerazioni dell’onorevole Russo: anzitutto che sia tutelato l’esito delle selezioni del TFA ordinario, per un elementare principio di equità e di riconoscimento del merito. Non vorrebbe, infatti, che il provvedimento in esame divenisse lo strumento per consentire ai bocciati del TFA ordinario non solo di rientrare dalla finestra attraverso il TFA speciale, ma addirittura di superare quanti erano stati invece promossi, dei quali un terzo sono anch’essi veterani che hanno però umilmente affrontato e passato tutte le prove di quel concorso. Poiché la nuova procedura parte comunque dall’anno scolastico 2013/2014, dà ragione a Russo anche quando dice che è meglio affidare al nuovo Governo il compito di una riforma complessiva del sistema di formazione iniziale e reclutamento degli insegnanti. Invita quindi espressamente l’attuale Esecutivo a non procedere all’adozione definitiva del provvedimento in esame. Aggiunge, nel merito, che considera non condivisibile la proposta della collega Siragusa di fissare a 360 giorni, in media 30 giorni per ognuno degli ultimi 12 anni, il parametro per accedere ai TFA speciali; né condivide la teoria della collega De Pasquale sull’esaurimento delle graduatorie. A riguardo, ricorda di avere presentato in Commissione, inutilmente, una interrogazione rivolta a suggerire una diversa soluzione: l’applicazione dell’articolo 4 che in riferimento ai non abilitati prevedeva la riapertura dei concorsi per le graduatorie esaurite. Ribadisce in conclusione l’esigenza che si agisca secondo equità nei confronti di tutti gli aspiranti all’insegnamento e soprattutto agli studenti e alla qualità della scuola.

Il sottosegretario Elena UGOLINI, ringraziando i membri della Commissione per l’utile discussione, precisa innanzitutto che il TFA speciale non si può configurare come una sanatoria poiché prevede una relazione di tirocinio e un esame finale, all’esito del quale i candidati potrebbero essere anche bocciati. Esprime, poi, l’avviso contrario del Governo sulla richiesta di orientare il parametro numerico per accedere ai TFA speciali verso i 360 giorni di servizio prestato, rifacendosi anche a quanto previsto dalle direttive comunitarie in materia. Precisa, poi, che le condizioni n. 2 e n. 3 contenute nella proposta di parere alternativo presentata dall’onorevole Zazzera, nonché la richiesta di non penalizzare coloro che frequentano il TFA ordinario, sono preoccupazioni condivise dal dicastero le quali, ove rappresentate dalla Commissione, verranno valutate debitamente. Ricorda infine che la data di avvio del percorso abilitante non è stata prevista perché il provvedimento è stato adottato dal Ministero all’inizio dell’estate del 2012 e ha avuto un lungo iter procedurale presso gli altri organi competenti, per cui non era possibile specificare il termine indicato.

Antonino RUSSO (PD) ritiene assolutamente necessario che il rappresentante del Governo si esprima in ordine alla salvaguardia delle posizioni di coloro che già frequentano il TFA ordinario per non violare il principio del merito. Ribadisce l’esigenza che sia il prossimo Governo ad adottare in via definitiva il provvedimento in discussione.

Manuela GHIZZONI, presidente, preso atto dell’orientamento favorevole di tutti i gruppi presenti, sospende quindi brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 14.30, è ripresa alle 14.45.

Enzo CARRA (UdCpTP), relatore, segnalando che è stato trovato un accordo fra i gruppi, illustra una nuova proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni volta a recepire alcune delle indicazioni contenute nella proposta di parere alternativo dei deputati Zazzera e Granata, nonché quelle di altri colleghi.

Maria Letizia DE TORRE (PD) preannuncia il suo voto contrario sulla proposta di parere, per ricordare che i problemi della scuola vanno affrontati in modo serio e non con provvedimenti che creano ulteriore disagio e che diventano ostativi di una complessiva riforma del settore.

Giovanni Battista BACHELET (PD) ripropone la richiesta di verifica del numero legale, non perché non apprezzi il lavoro svolto dai colleghi ma perché ritiene giusto che le questioni di merito siano affrontate dal prossimo Esecutivo. Chiede quindi se altri membri della Commissione intendano associarsi a tale richiesta.

Manuela GHIZZONI, presidente, dopo aver constatato che non vi sono altri deputati a sostegno della richiesta del collega Bachelet, ribadisce quanto indicato circa le condizioni previste al riguardo dal regolamento della Camera.

Francesco Paolo LUCCHESE (Misto-MpA-Sud) esprime soddisfazione per l’accordo raggiunto fra i gruppi che ha portato alla formulazione di una nuova proposta di parere condivisa, anche perché il problema è serio e va affrontato senza ulteriori dilazioni. Preannuncia quindi il proprio parere favorevole.

Maria COSCIA (PD) preannuncia, a nome del gruppo del PD, il voto favorevole sulla proposta di parere in esame. Intende sottolineare l’assenza dei deputati del gruppo del PdL, partito al quale si devono imputare molte delle gravi difficoltà in cui oggi si dibatte il mondo della scuola.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), ritirando la proposta di parere alternativo presentata, preannuncia il suo voto favorevole sulla proposta di parere in esame, osservando come il provvedimento del Governo sia al momento la migliore soluzione possibile, con i correttivi che sono stati indicati.

Benedetto Fabio GRANATA (FLpTP) preannuncia, a nome del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere in esame, ringraziando ancora una volta la presidente per l’atto di responsabilità di convocare la Commissione su un problema così sentito nel mondo della scuola. Sottolinea il fatto che la specificazione in premessa al parere del fatto che siano giunte molte richieste per portare a trecentosessanta giorni il termine per accedere al TFA speciale, rappresenti un segnale forte al Governo, frutto di mediazione fra i gruppi, punto di partenza per successivi interventi.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP), ricordando come anche per lei si tratta dell’ultimo intervento in Commissione, intende ringraziare tutti i colleghi e la presidente Ghizzoni per l’equilibrio dimostrato, unitamente al ringraziamento alla già presidente Aprea. Preannuncia, quindi, anche a nome del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere in esame, auspicando la valorizzazione della scuola quale bene primario per lo sviluppo di tutto il Paese.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni, come riformulata dal relatore.

Manuela GHIZZONI (PD), presidente, rivolge un ringraziamento a tutti i membri della Commissione, augurando un buon lavoro per la prossima legislatura.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca recante modifiche al regolamento di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado (atto n. 535);
considerato che l’obiettivo è quello di fare riferimento alle scuole del sistema nazionale di istruzione e ai percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;
considerato che giungono molte richieste di portare a trecentosessanta giorni il termine per accedere al TFA speciale,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1. occorre differenziare attraverso i punteggi da attribuire, la condizione di coloro che sosterranno il TFA speciale, da quella di coloro che stanno partecipando al TFA ordinario, onde evitare che la mera anzianità possa valere più del merito;
2. sia chiaramente riconosciuto nel provvedimento governativo il pieno valore abilitante dei diplomi di istituto magistrale conseguiti entro l’anno scolastico 2001-02;
3. siano attivati anche i TFA speciali per gli insegnanti di strumento musicale e cioè per chi è in possesso di diploma di conservatorio vecchio ordinamento e diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico per la classe A077;
4. sia considerato valido per il raggiungimento dei cinquecentoquaranta giorni il servizio scolastico prestato nell’anno scolastico 2012/2013;
5. si prevedano adeguate forme di compensazione nella determinazione del contingente di tutor anche attraverso appositi accordi con la CRUI affinché non si verifichi un aggravio della contribuzione a carico dei tirocinanti;

e con le seguenti osservazioni:
   a) all’articolo 2, comma 1, lettera a), si valuti l’opportunità di sostituire le parole «nelle scuole del sistema nazionale di istruzione e formazione professionale» con le parole «nelle scuole del sistema nazionale di istruzione e nei percorsi del sistema di istruzione e formazione professionale»;
   b) all’articolo 4, comma 1, lettera b), si valuti l’opportunità di chiarire se il riferimento temporale utile per l’iscrizione a uno dei corsi universitari finalizzati al conseguimento dei titoli sia comunque la data di entrata in vigore del decreto ministeriale 249/2010, ovvero l’arco temporale compreso tra quella data e la data di avvio dei nuovi percorsi. In tale secondo caso, la locuzione «alla» deve essere sostituita con la locuzione «dalla»;
   c) si valuti l’opportunità che il comma 16-bis dell’articolo 15 del decreto ministeriale 249/2010, nel rinviare ai requisiti previsti dal comma 1-ter, specifichi che si tratta solo del requisito di servizio triennale e non anche dei requisiti previsti al comma 1 dell’articolo 15, citati nello stesso comma 1-ter ma, evidentemente, riferibili solo ai soggetti che aspirano all’insegnamento nella scuola secondaria;
   d) con riguardo alla possibilità di istituire ed attivare, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, del decreto ministeriale 249/2010, strutture di servizi comuni o centri interateneo o interistituzionali di interesse regionale o interregionale che assicurino supporto tecnico, metodologico e organizzativo ovvero, in caso di impossibilità o di difficoltà ad attivare i percorsi formativi «relativi alle classi di concorso previste dal vigente ordinamento», di stipulare convenzioni con le scuole e con le fondazioni di partecipazione istitutive degli istituti tecnici superiori, si valuti l’opportunità di chiarire se quest’ultima previsione riguardi solo l’attivazione dei percorsi abilitanti speciali, ovvero l’attivazione di tutti i percorsi formativi per il conseguimento dell’abilitazione;
   e) si valuti l’opportunità di un chiarimento sul richiamo al D.P.R. n. 89 del 2009, relativo al primo ciclo, contenuto nella tabella 11-bis;
   f) con riguardo all’articolo 4, comma 1, lettera j), si consideri se sia necessario richiamare solo l’articolo 402 del decreto legislativo n. 297 del 1994 e non, invece, gli articoli 399 e seguenti dello stesso decreto legislativo;
   g) si valuti infine l’opportunità che abbiano la possibilità di sostenere l’esame finale senza dover partecipare all’intero percorso formativo, posto che ne hanno già superato uno, i docenti che hanno partecipato al corso abilitante speciale indetto dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca ex lege n. 143 del 2004 – decreto ministeriale 85 del 2005, giusto provvedimento del giudice amministrativo, essendo stati inseriti con riserva nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, poiché al momento della presentazione della domanda di partecipazione al corso (22 dicembre 2005), non avevano maturato i 360 giorni di servizio, come previsto dall’articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge 27 febbraio 2009, n. 14, ma li avevano maturati successivamente e comunque prima dell’inizio dei corsi, e che pur essendo stati ammessi con riserva, hanno frequentato i corsi, per un totale di 600 ore, suddivise in moduli di didattica frontale e laboratori.

La 7a Commissione Senato, nel corso della riunione del 29 gennaio, esprime parere favorevole con osservazioni sullo Schema di decreto ministeriale recante modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, concernente definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e di secondo grado

Riferisce alla Commissione il relatore RUSCONI (PD), il quale osserva anzitutto che lo schema di regolamento in esame modifica il regolamento sulla formazione degli insegnanti approvato con decreto ministeriale n. 249 del 2010 sotto due importanti profili.

Il primo riguarda la programmazione degli accessi alla professione insegnante che, ferma restando la centralità delle competenze regionali, non avverrà più solo in base ai posti vacanti in organico, bensì tenendo conto anche dei posti di fatto disponibili ancorché non vacanti (ad esempio per distacco, comando o assenza del titolare), su cui attualmente vengono nominati docenti precari non abilitati, inseriti nella III fascia delle graduatorie di istituto. Afferma dunque che in tal modo viene abolita una limitazione (finora vigente per le Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario – SSIS) che ha consentito l’abilitazione di un numero di docenti inferiore alle effettive esigenze, con conseguente, massiccio ricorso a personale non abilitato. Fa notare pertanto come questa significativa modifica consentirà di ridurre la necessità di ricorrere a siffatto personale. Resta peraltro ferma la maggiorazione del 30 per cento già vigente per la copertura delle esigenze delle scuole paritarie e dei percorsi di istruzione e formazione professionale.

Il secondo profilo di impatto attiene alla istituzione di un percorso abilitante speciale per coloro i quali abbiano svolto supplenze con contratto a tempo determinato per almeno 3 anni nel periodo compreso fra l’anno scolastico 1999-2000 e l’anno scolastico 2011-2012, onde valorizzarne la professionalità acquisita. In particolare, prosegue il relatore, la norma si rivolge ai docenti non di ruolo, sprovvisti di abilitazione. Ritiene tuttavia che il limite del provvedimento risieda nella sfasatura temporale tra l’avvio dei TFA ordinari e quello dei TFA speciali, che avrebbero dovuto invece aver luogo contemporaneamente. Paventa infatti il rischio che si riammettano in un percorso privilegiato coloro i quali non hanno superato il percorso ordinario, in quanto non hanno superato la prova preselettiva. Puntualizza comunque che il requisito dei 3 anni è stato posto in quanto in linea con il parametro di riferimento fissato da due direttive comunitarie, al fine di equiparare l’esperienza lavorativa al titolo formativo. Sottolinea altresì che la specialità del percorso è data da due fattori: i particolari contenuti didattici previsti dalla Tabella 11-bis allegata allo schema di decreto, che escludono lo svolgimento del tirocinio (dando per assolti i 19 crediti ad esso relativi) e rimodulano i restanti 41 crediti al fine di consolidare le conoscenze delle discipline oggetto di insegnamento, nonché di acquisire, da un lato, le competenze digitali e, dall’altro, quelle necessarie per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità; l’assenza di test d’accesso, in considerazione del fatto che, attraverso il servizio prestato, questi docenti hanno già dato prova di quelle competenze disciplinari che la prova d’accesso è volta ad accertare. Il relatore evidenzia poi che l’esame finale, avente valore abilitante, è tuttavia rimodulato per consentire anche la verifica della piena padronanza delle discipline oggetto di insegnamento, vista appunto l’assenza di test d’accesso. Proprio per le particolari caratteristiche dei docenti cui sono rivolti i TFA speciali – che non avrebbe avuto senso risottoporre al tirocinio – è stata del resto scartata l’ipotesi di un accesso in soprannumero ai TFA ordinari, ovvero una riapertura del bando relativo a questi ultimi. Segnala inoltre che i percorsi in questione riguardano sia gli aspiranti docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, sia quelli della scuola dell’infanzia e primaria.

Fa presente indi che sul provvedimento si sono espressi il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), il Consiglio universitario nazionale (CUN), il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), il Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale (CNAM) e il Consiglio di Stato, i cui pareri sono stati pressocché tutti accolti dal Ministero.

Riferisce dunque in dettaglio che il CNPI ha chiesto (ed ottenuto) una maggiore cumulabilità del servizio prestato (anche se non su diverse classi di concorso), la possibilità di partecipare ai TFA speciali anche per gli insegnanti tecnico-pratici, nonché la garanzia che i predetti TFA possano essere attivati per tutte le classi di concorso, eventualmente attraverso convenzioni con le istituzioni scolastiche autonome e con gli istituti tecnici superiori. Il Consiglio ha inoltre auspicato un riesame del requisito di servizio per accedere ai TFA speciali (pari a 3 anni, in luogo dei 360 giorni da più parti richiesti), anche se ha riconosciuto che l’ampio arco temporale in cui è possibile averli acquisiti (fra il 1999-2000 e il 2011-2012) è tale da attenuare l’opposizione alla norma.

Il relatore dà altresì conto dell’orientamento del CUN, che ha chiesto (ed ottenuto) la previsione di un decreto ministeriale per definire la procedura di programmazione dell’offerta formativa degli atenei, l’abilitazione tramite il solo TFA sino all’effettivo avvio delle lauree magistrali o diplomi accademici di II livello (onde assicurare un collegamento più funzionale fra la disciplina a regime e la fase transitoria in corso, che rischia di determinare la formazione di una categoria di aspiranti docenti privi di prospettive definite per l’insegnamento), nonché l’attribuzione ad un altro decreto con cadenza annuale della definizione delle prove di accesso ai TFA ordinari, in analogia ai test preliminari delle facoltà a numero chiuso. Comunica peraltro che non è stata invece accolta la richiesta di una revisione della valutazione del servizio ai fini dell’accesso ai TFA ordinari, con la motivazione che sia preferibile definire le modifiche a regime in un momento successivo e in modo più organico. Al riguardo, rileva però che anche le ulteriori correzioni richieste ed ottenute dal CUN riguardavano modifiche alla disciplina dei TFA ordinari e non di quelli speciali.

Illustra poi la posizione espressa dal CNSU, che non ha avanzato specifiche richieste, condividendo la proposta del Governo con particolare riguardo alle diverse modalità di calcolo del fabbisogno di insegnanti e al diverso percorso formativo per gli insegnanti non abilitati. Tale organo ha tuttavia auspicato una riconsiderazione circa il divieto di cumulare il servizio prestato su classi di concorso diverse.

Menziona successivamente il parere del CNAM, che ha richiesto alcune correzioni soprattutto relative alla Tabella dei contenuti didattici (prevalentemente accolte), con specifico riguardo al settore dell’alta formazione artistica e musicale.

In ultima analisi, il relatore precisa che il Consiglio di Stato, oltre ad una serie di rilievi formali, ha eccepito – con riferimento alle diverse modalità di calcolo del fabbisogno – che, ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge n. 95 del 2012 (spending review), il personale di ruolo in esubero nella propria classe di concorso è assegnato su un posto della stessa provincia ma di altro grado di istruzione o di altra classe di concorso, ancorché sprovvisto della relativa abilitazione, purché in possesso del titolo di studio valido per quell’insegnamento. Il Consiglio di Stato ha perciò espresso il timore che tale norma potesse confliggere con una determinazione del fabbisogno che comprendesse anche i posti su cui poi sono assegnati docenti di ruolo in esubero. In proposito, riferisce che il Ministero ha tuttavia chiarito che i docenti in esubero sono assegnati con assoluta priorità e che la determinazione del fabbisogno è successiva rispetto a tale assegnazione. Fa notare pertanto che, sulla base di questi chiarimenti, e dell’intesa nel frattempo accordata dalla Funzione pubblica e dall’Economia, il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole sull’atto.

Il relatore fornisce quindi alcuni ragguagli sulle procedure di consultazione tenute dal Ministero, all’esito delle quali da parte sindacale vi è stata una sostanziale condivisione del provvedimento, mentre da parte delle associazioni professionali è stata manifestata perplessità circa l’istituzione di percorsi abilitanti speciali privi delle prove d’accesso. A fronte dell’indiscutibile difficoltà di porre sullo stesso piano soggetti che si sono abilitati attraverso il superamento di prove selettive e soggetti che hanno acquisito il medesimo titolo senza procedure di quel genere, il Ministero ha tuttavia valutato che i vantaggi – in termini di maggiore qualificazione del personale docente, di tutela preventiva rispetto al possibile contenzioso da parte dei non abilitati comunque molto utilizzati nella scuola e di definizione di un quadro giuridico certo e completo – fossero di gran lunga maggiori rispetto agli svantaggi ed ha perciò sottoposto lo schema di decreto alle Camere, chiedendo l’espressione di un parere urgente. Le disposizioni ivi contenute devono infatti trovare attuazione già nell’anno accademico 2012-2013, attualmente in corso, al fine di consentire il contestuale svolgimento dei TFA sia ordinari sia speciali. Il relatore ribadisce comunque le critiche al ritardo con cui il provvedimento è giunto alle Camere, atteso che entrambi i percorsi formativi avrebbero dovuto tenersi contestualmente.

Il PRESIDENTE segnala che il Governo ha richiesto con urgenza l’assegnazione dell’atto alle Commissioni competenti dei due rami del Parlamento, anche in periodo di scioglimento, proprio al fine di consentire un rapido esame volto a consentire il contestuale svolgimento dei TFA ordinari e di quelli speciali.

Nel dibattito interviene la senatrice Mariapia GARAVAGLIA (PD) la quale, nel concordare con l’esposizione introduttiva del relatore, prende anzitutto atto della richiesta di urgenza riformulata dal Ministro per i rapporti con il Parlamento. Segnala comunque che alcune università si sono attivate già prima dell’approvazione del regolamento, tenuto conto che è in corso lo svolgimento dei tirocini. Si domanda tuttavia se i tempi consentano effettivamente l’avvio dei TFA speciali a partire già da questo anno. Invita poi l’Esecutivo a semplificare gli adempimenti richiesti, considerata l’urgenza di intervenire per assicurare la qualità degli insegnanti delle scuole.

Con riferimento allo schema di decreto, ritiene che l’introduzione del comma 5-bis nell’articolo 11 del decreto ministeriale n. 249 del 2010 renda di fatto inattuabile l’intero provvedimento. Fa notare infatti che la determinazione dei contingenti dei tutor coordinatori e organizzatori non può avvenire senza oneri, data la necessità di attribuire a tali soggetti l’esonero totale o parziale dall’attività svolta, individuando dunque dei supplenti. Inoltre nel provvedimento si stabilisce l’invarianza della spesa con riferimento ai parametri di assegnazione, con la conseguenza di dover assegnare ai tutor un numero superiore ai 15 tirocinanti previsti dalla normativa vigente. Ritiene dunque indispensabile eliminare tali previsioni dal testo del decreto, pena – ribadisce – la sua inapplicabilità.

Il senatore PITTONI (LNP) fa presente che iTFA prevedono che gli aspiranti docenti si formino a partire dalla possibilità di trasferire il sapere in saper fare. Per questo, parte integrante del percorso formativo è un anno di tirocinio, sotto la supervisione di un tutor, che permetta all’aspirante di imparare a insegnare. Afferma perciò che i docenti con almeno 360 giorni di servizio hanno già esercitato la professione a pieno titolo e per un periodo superiore all’anno di tirocinio previsto dalla normativa vigente. Fa notare infatti che 360 giorni equivalgono ad almeno 2 anni di servizio poiché, secondo quanto stabilito dalla stessa Amministrazione, si considera equivalente a un anno scolastico, anche ai fini dell’attribuzione del punteggio, un periodo di insegnamento di almeno 180 giorni. Non a caso, puntualizza, nella prassi che si è conclusa nel 2005 con l’ultimo corso abilitante riservato ai docenti in servizio, il Ministero ha assunto i 180 giorni come parametro sufficiente a riconoscere un’esperienza di cui tener conto anche al fine di definire formalmente il profilo professionale del docente.

Ritiene pertanto che altri parametri, se assunti senza cautele, potrebbero alimentare il rischio di contenziosi volti a far risaltare il profilo professionale definito dai contratti stipulati con i docenti delle graduatorie della III fascia d’istituto. Rammenta poi che la normativa europea qualifica come “esperienza professionale” l’esercizio effettivo e legittimo della professione e che, secondo la direttiva europea 36/2005/CE, tre anni di esperienza professionale sono assimilati a un titolo di formazione, non all’accesso a un anno di tirocinio per ottenere il titolo abilitante. Ciò significa che con tre anni di servizio a pieno titolo il lavoratore dovrebbe accedere direttamente al titolo di formazione. Reputa dunque che, pur volendo far sostenere degli esami disciplinari a docenti “di fatto”, si debba necessariamente richiedere un periodo di servizio inferiore ai tre anni perché, appunto, con i tre anni si può far valere il diritto al riconoscimento professionale, ossia all’abilitazione.

Rimarca poi che dal 1971 al 2004 i docenti “utilizzati” per sopperire alla carenza strutturale di abilitati si potevano abilitare iscrivendosi automaticamente a corsi riservati a chi aveva maturato 360 giorni di servizio. Segnala peraltro che il ricorso ai docenti “non abilitati” evidentemente testimonia le carenze di tutti i sistemi di abilitazione attivati fino ad ora. Lo stesso Ministero riconosce del resto che questi docenti “hanno permesso negli ultimi anni alle scuole statali e paritarie di funzionare nonostante l’assenza di abilitati”.

Lamenta altresì che i docenti italiani definiti “non abilitati” siano discriminati rispetto ai loro colleghi europei perché l’Italia, mentre riconosce l’esperienza professionale come formativa per chi proviene dall’estero anche se svolta per periodi inferiori ai tre anni, non riconosce l’analoga esperienza professionale maturata dal proprio personale. Reputa quindi essenziale, onde evitare l’ostruzionismo di chi sta attualmente frequentando i TFA ordinari e per riconoscere un diritto a chi lo ha maturato nonostante sia già in possesso di abilitazione, allargare la possibilità di iscriversi al TFA speciale a tutti i docenti che abbiano maturato i 360 giorni di servizio. Nega infatti che la normativa vigente richieda il possesso dell’abilitazione quale requisito necessario per l’esercizio della funzione docente; afferma infatti che se ciò fosse vero le graduatorie di III fascia d’istituto istituite dal Ministero sarebbero illegali, al pari dell’attività svolta attualmente da migliaia di docenti. Rimarca peraltro che i titoli di studio e culturali posseduti dai docenti di III fascia sono definiti validi all’insegnamento dallo stesso Ministero che ha, appunto, istituito le graduatorie di merito nelle quali questi docenti sono iscritti e che ha sottoscritto i contratti stipulati per attribuire loro incarichi di docenza. Nè va dimenticato, prosegue l’oratore, che i titoli di studio che danno accesso alle suddette graduatorie sono tuttora validi per l’accesso ai concorsi per l’immissione in ruolo. L’abilitazione, infatti, dà accesso all’insegnamento, come dimostra l’istituzione delle graduatorie d’istituto, ma non alla stabilizzazione, cioè agli incarichi a tempo indeterminato.

Critica altresì il comma 2-bis dell’articolo 2, che stabilisce i criteri per la determinazione del fabbisogno con riferimento alle sole scuole statali italiane, aumentati del 30 per cento per le esigenze delle scuole paritarie, quando invece la normativa europea prevede la libera circolazione delle persone e della loro professionalità all’interno dei Paesi membri.

Ravvisa altresì un’evidente contraddizione laddove, da un lato, si afferma che l’esame finale previsto per i TFA speciali deve essere rimodulato rispetto ai TFA ordinari per la verifica della padronanza delle discipline e, dall’altro, si prevede che l’iscrizione ai percorsi “non necessiti del superamento di prove di accesso, in considerazione del fatto che gli aspiranti hanno già dato prova, attraverso il servizio prestato, di possedere la competenza disciplinare che la medesima prova deve accertare”.

Ribadisce poi la necessità, ai fini dell’accesso a percorsi formativi abilitanti, di rivedere il parametro della continuità, tenuto conto che l’esperienza professionale non viene meno se riferita alla somma di periodi di insegnamento successivi e in classi di concorso diverse, come del resto già inizialmente considerato nel cosiddetto “decreto salvaprecari”.

Rileva peraltro un’ulteriore lacuna nel testo laddove manca un’adeguata valutazione del titolo di dottore di ricerca, soprattutto se associato al servizio nelle scuole. Ricorda in merito che il dottorato di ricerca è dal 1998 requisito preferenziale per il conferimento da parte delle università di incarichi di docenza o di contratti di ricerca, al punto che molti dottori di ricerca hanno potuto ricoprire ruoli formativi anche nelle scuole di specializzazione che conferivano l’abilitazione. Nel momento in cui tale titolo – precisa – si associa ad una comprovata esperienza di docenza nelle scuole e a numerose pubblicazioni scientifiche negli stessi ambiti disciplinari per i quali li si vorrebbe formare, giudica paradossale prevedere per loro un corso di formazione iniziale per insegnanti.

Lamenta altresì che nel provvedimento non è previsto l’accesso agli istituendi TFA speciali da parte di chi è già in possesso di una abilitazione (e al limite anche già in ruolo), anche nei casi in cui un docente abbia maturato l’anzianità di servizio prevista per entrare in una determinata classe di concorso. In conclusione, nell’esprimere il proprio disappunto per i ritardi che hanno caratterizzato l’elaborazione dell’atto in esame, non certo imputabili ai docenti di III fascia, ritiene che coloro i quali risultano iscritti ai TFA ordinari pur avendo i requisiti per accedere ai TFA speciali dovrebbero avere la possibilità di trasferire l’iscrizione dal TFA ordinario a quello speciale.

Prende la parola il senatore PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI) il quale sottolinea preliminarmente le grandi attese attorno al provvedimento in esame, specialmente in merito alla definizione dei requisiti per l’accesso. Reputa in proposito saggio raggiungere una mediazione tenuto conto che i posti disponibili per accedere ai TFA sono comunque limitati. Invita peraltro a tener conto delle differenze tra il tirocinio svolto nell’ambito dei TFA e l’attività di servizio resa dai docenti precari; sulla questione dichiara perciò di preferire la soluzione scelta dal Governo, ossia il limite dei tre anni di insegnamento già svolto, tanto più che si tratta di un periodo sufficientemente ampio. Evidenzia del resto che tali soglie di accesso consentono solo di evitare l’esame di ammissione mentre non danno alcuna garanzia per il conseguimento effettivo dell’abilitazione.

Condivide comunque le perplessità del senatore Pittoni circa l’abilitazione conseguita all’estero e riconosciuta in Italia, invocando un chiarimento da parte del Governo.

Concorda conclusivamente sull’esigenza di valorizzare il dottorato ai fini della ammissione, tenuto conto che i dottori di ricerca dovrebbero avere a suo avviso un percorso preferenziale in questo canale formativo.

La senatrice SOLIANI (PD) si rammarica che il provvedimento giunga ormai a fine legislatura, poiché tale ritardo non consente di discuterne in una prospettiva di sistema. Ciò risulta a suo giudizio ulteriormente aggravato da una serie di problemi ereditati dal passato che hanno impedito un canale fisiologico di reclutamento per i giovani nella scuola. Rileva infatti criticamente la presenza di docenti abilitati e non abilitati nelle scuole, verso i quali il provvedimento in titolo non offre una soluzione definitiva.

Dopo essersi soffermata sui compiti che spettano alle università, ritiene non semplice la questione degli esoneri per i tutor coordinatori e organizzatori, sollevata dalla senatrice Garavaglia. Al riguardo afferma che l’insistenza sull’assenza di oneri mortifica alla radice la possibilità di imprimere una svolta qualitativa alla scuola.

Ravvisa poi la mancanza di una visione unitaria, che non permette di affrontare una volta per tutte il tema della scuola del futuro. Occorre invece a suo avviso superare il problema del precariato e dare regole certe ai giovani, senza che queste vengano smentite periodicamente.

Quanto ai requisiti di accesso, reputa preferibile la scelta dei tre anni di insegnamento, in linea peraltro con le indicazioni europee.

Domanda altresì un chiarimento circa la presunta sovrapposizione con i percorsi consolidati nell’ambito della Facoltà di scienze della formazione primaria, che hanno dato finora buoni risultati. Invoca dunque continuità con tale segmento formativo, che deve essere preservato nella sua stabilità. Ribadisce infine le sue perplessità circa la previsione di totale assenza di oneri con riferimento alla determinazione dei tutor.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) ripercorre l’istituzione delle graduatorie permanenti nel 1999, da cui hanno avuto origine a suo avviso l’incertezza del mondo scolastico e il declino della qualità della scuola. Afferma al riguardo che non è possibile entrare in ruolo solo per anzianità di servizio, in quanto occorre un preciso percorso formativo.

Riconosce peraltro la difficoltà di stabilire un giusto discrimine per l’accesso, che rischia tuttavia di scontentare i diversi soggetti interessati. Si dichiara perciò concorde con la senatrice Soliani laddove ella afferma l’esigenza di stabilire diritti costanti e certi per tutti gli aspiranti candidati.

Si domanda poi le ragioni che hanno indotto a stabilire come termine a quo l’anno scolastico 1999-2000, sottolineando che molti aspiranti docenti non sono riusciti ad entrare nelle SSIS ed ora possono accedere ai TFA speciali avendo tre anni di servizio. Nell’auspicio che le decisioni assunte in quest’ambito non risentano di una corsa al consenso elettorale reputa indispensabile l’abolizione definitiva delle graduatorie permanenti. Infine, pur sottolineando le criticità sottese alla definizione dei parametri d’accesso, giudica preferibile mantenere il requisito dei tre anni.

Il senatore PROCACCI (PD) condivide le critiche al ritardo con cui il provvedimento è giunto in Parlamento, si augura peraltro che non venga affatto posto il problema del consenso ma prevalga il senso di giustizia. In tale ottica, ritiene equilibrato il requisito dei tre anni di servizio, tanto più che spesso le selezioni non riescono ad esprimere le giuste qualità dei formatori. Afferma perciò che un anno di servizio rappresenta un tempo troppo breve, mentre un triennio consente di acquisire maggiori competenze sul piano didattico.

Invita poi a tener conto che nei TFA verrà comunque valutata la qualità degli aspiranti docenti, auspicando che il percorso avvenga in modo rigoroso tenuto conto che i corsi abilitanti non devono essere affatto considerati come una sanatoria.

Replica indi il relatore RUSCONI (PD) il quale prende anzitutto atto delle posizioni personali espresse dal senatore Pittoni. Ritiene poi che il Parlamento debba dare il suo contributo equilibrando il buonsenso con la giustizia. Ricorda peraltro che la legge finanziaria 2007 aveva di fatto chiuso le graduatorie permanenti portandole ad esaurimento con l’obiettivo di avviare una stagione dai concorsi, sostenuta dall’esperienza delle SSIS. Ritiene tuttavia che la situazione attuale sia al di fuori della normalità e che dunque occorra intervenire.

Dopo aver precisato che troppo spesso la parola “merito” è utilizzata fuori luogo, fa presente che dal 1999 ad oggi è stato possibile maturare molti anni di servizio. Per tali docenti non dovrebbe dunque essere previsto il tirocinio, mentre non è affatto scontato il conseguimento dell’abilitazione. Dichiara perciò di attenersi alla proposta governativa dei tre anni di servizio per l’accesso ai TFA speciali, in linea con le indicazioni europee.

Preannuncia poi che intende recepire le osservazioni della senatrice Garavaglia circa la difficoltà di garantire l’assenza di oneri, il rilievo della senatrice Soliani sulla necessità di assicurare la continuità dei percorsi di Scienze della formazione, nonché l’auspicio del senatore Asciutti affinché si giunga in tempi rapidi e graduali ad una situazione di normalità. Invocando il comune senso di serietà, rifiuta infine qualsiasi sanatoria, che giudica in ogni caso irrispettosa per tutti i soggetti coinvolti.

Agli intervenuti replica a sua volta il sottosegretario Elena UGOLINI, la quale ricorda che l’iter del provvedimento è iniziato lo scorso luglio e avrebbe dovuto, giungere a conclusione, con l’espressione di tutti i pareri, entro settembre. Tuttavia gli auspici del Governo sono stati vanificati in quanto la fase consultiva ha richiesto un tempo più ampio, tenuto conto che l’ultimo parere del Consiglio di Stato è stato reso il 16 gennaio scorso.

Con riferimento alle osservazioni della senatrice Garavaglia, segnala che la clausola dell’invarianza di oneri è stata esplicitamente richiesta dal Ministero dell’economia quale condizione per l’ulteriore corso del provvedimento. Assicura tuttavia che il Ministero si impegnerà per conseguire adeguate forme di compensazione, tenuto conto che i candidati devono corrispondere un contributo di iscrizione. Il Dicastero potrebbe dunque attivarsi con la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per stabilire un tetto massimo di contribuzione, su cui auspica un sostegno da parte del Parlamento.

Quanto ai requisiti di accesso, difende la scelta del Ministro di propendere per i tre anni di insegnamento, secondo quanto contenuto nello schema di decreto.

Garantisce altresì che le positive esperienze della Facoltà di scienze della formazione proseguiranno nella direzione già intrapresa. Concorda peraltro con l’esigenza di stabilire nuove modalità di reclutamento che a regime consentano l’ingresso dei giovani docenti nelle scuole, scongiurando il formarsi di nuovo precariato. Rivendica in proposito i tentativi fatti dall’Esecutivo in carica, augurandosi che il prossimo Governo affronti come prioritaria tale questione.

In ordine alla valorizzazione del dottorato, potrebbe essere valutata una soluzione per potenziarne il ruolo ai fini dell’accesso.

Il presidente POSSA (PdL) fa notare che il titolo di dottore di ricerca è conferito in base alla capacità di ricerca acquisita, la quale è assai differente dalla capacità di insegnamento.

Il senatore PITTONI (LNP) ribadisce la sua richiesta di chiarimento circa i docenti che conseguono l’abilitazione all’estero.

Il relatore RUSCONI (PD), alla luce della replica del Sottosegretario, dichiara di inserire tra le osservazioni anche il riferimento ad un eventuale tetto per la contribuzione dei tirocinanti all’atto dell’iscrizione e di recepire le ulteriori considerazioni del Sottosegretario. Risponde al senatore Pittoni affermando che la normativa è alquanto rigorosa sul riconoscimento dei titoli.

Si passa indi alle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato al relatore a redigere un parere favorevole con le summenzionate osservazioni.

Dichiarano il voto favorevole a nome dei rispettivi Gruppi i senatori ASCIUTTI (PdL), SOLIANI (PD) e PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).

Il senatore PITTONI (LNP) dichiara che il suo voto non può non essere favorevole, tenuto conto che ha da tempo sostenuto la necessità di tale provvedimento. Lamenta tuttavia che, se fosse stato approvato il disegno di legge a sua firma sul reclutamento, sarebbero state risolte in anticipo molte questioni. Ribadisce peraltro le critiche al requisito dei tre anni di servizio, stigmatizzando che i cittadini italiani devono affrontare un percorso più gravoso rispetto a coloro i quali si abilitano all’estero.

La Commissione, previa verifica del numero legale, conferisce mandato al relatore a redigere un parere favorevole con osservazioni nel senso indicato.