Ma che Storia è… questa? Riparliamone

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Ma che Storia è… questa?

Riparliamone

di Claudia Fanti

Una delle materie più bistrattate e strapazzate dai programmi, pardon, Indicazioni Nazionali, è la Storia nel primo ciclo di istruzione. Sono sicura che tra gli estensori del documento qualcuno avrebbe compiuto scelte diverse, ma si è trovato in minoranza. Tuttavia in questo campo tanto importante per la formazione dei cittadini e delle cittadine, non dovrebbe contare la contrapposizione minoranza/maggioranza in un gruppo ristretto, bensì sarebbe auspicabile un’indagine a tappeto nelle scuole. Vogliamo riparlarne?

Da maestra mordo il freno e dico soltanto che trovo limitativa la scelta voluta dagli estensori del documento ormai divenuto legge. Non voglio entrare in polemica con alcuni colleghi che vi si ritrovano, tuttavia molti/e tra noi avrebbero preteso rispetto per la convinzione che abbiamo che sia importante che i bambini della primaria possano affrontare in modo quotidiano a partire dalla classe terza una periodizzazione storica che parta dalla preistoria per arrivare alla Costituzione della Repubblica.

Molti/e di noi ritengono che lo si possa e debba fare per potersi agganciare al vissuto della contemporaneità dei bambini e delle bambine. Essi infatti a un certo punto, intorno alla fine della quarta e in quinta in modo più pressante, chiedono spiegazioni su ciò che avviene nel mondo e sulle radici vicine di ciò che avviene, parlano in famiglia di antenati e di vite degli stessi, portando a scuola alberi genealogici che risalgono all’800. Per cui, sul territorio fatto di carne e cose, i segni più evidenti della storia sono da contestualizzare e spiegare in modo il più possibile rigoroso e non casuale ed estemporaneo come dicono le Indicazioni, le quali chiedono en passant, come fosse una bazzecola, alla scuola primaria, di tener conto degli eventuali collegamenti e legami della storia antica con il presente!

C’è poi una considerazione tutta psicologica da tener presente: i bambini della primaria sono curiosissimi su tutto, indagano e domandano, si incantano ad ascoltare e a guardare ciò che vien loro mostrato. E’ il periodo migliore per certi apprendimenti che prevedono anche un insegnamento basato sulla narrazione. E la narrazione non deve assolutamente venir sottovalutata se vogliamo che i bambini amino la Storia, così come le testimonianze dei sopravissuti.

Non mi si dica che bastano momenti per ricordare, perché ciò non risponde a verità. Le commemorazioni hanno un grande valore per i bambini e le bambine, ma devono poter essere contestualizzate in un percorso preparato ad hoc dall’insegnante.

Ci sono stati e ci sono Movimenti che hanno svolto attività preziose in difesa dei programmi di Storia. Uno, in particolare, è “Il Manifesto dei 500”, al quale va tutta la mia solidarietà e quella dei colleghi che l’hanno conosciuto, così vorremmo che si cominciasse a riflettere di nuovo sullo smottamento culturale a tutto tondo (radici familiari sconosciute, musei della storia recente disertati, scelta di testi letterari e poetici condizionata, rapporto interrotto con la memoria tramandata oralmente dai bisnonni, ai nonni e poi ai genitori, mancanza di strumenti per la decodifica dei messaggi televisivi sulla politica, il Parlamento, le Istituzioni…).

Ora molti/e di noi ritengono che si debba riportare l’attenzione degli esperti e del ministero su un argomento di capitale importanza come quello della memoria, delle radici e del rapporto col territorio.

Ovviamente, il tema della Storia trascina quello della Geografia, cenerentola dei nostri tempi: contestualizzare la Storia nello spazio, che è sempre più vasto ma al contempo più vicino e influente sui destini dell’umanità e delle sue scelte, è fondamentale. Rivedere il percorso scolastico della Geografia intesa sia come conoscenza del territorio, ma anche delle problematiche legate all’ambiente e allo sfruttamento di esso, alle condizioni economiche delle zone del mondo, permetterebbe di iniziare a “conoscere” lo “straniero” e di immaginarlo nel contesto, se pur “lontano” di provenienza, abbattendo pregiudizi e credenze senza alcun riferimento reale.

Storia e Geografia dovrebbero essere interconnesse nel corso della primaria e la ripetizione dei percorsi delle due discipline alla scuola secondaria di primo grado non sarebbe certo dannosa. Anzi, sarebbe provvidenziale per consolidare apprendimenti avvenuti doverosamente in modo più “leggero” e “narrato” senza la pretesa di precoci disciplinarismi, rischio da evitare come la peste con bambini e bambine della primaria, i quali certo non dovranno diventare tutti degli storici, epperò dovranno pure avere il diritto di cercare risposte possibili all’esigenza di esplorare anche intellettualmente il luogo da cui provengono e in cui vivono e il perché nel loro ambiente si sono determinate alcune condizioni e non altre.

Io credo che il mondo adulto si stia accorgendo da parecchio tempo di quali pericoli si annidino in una società senza memoria e senza curiosità storica! Credo che un cittadino giovane abbia tra tutti i diritti e i doveri della Costituzione quello di intuirne almeno la provenienza. Almeno intuirne, se non possederne la piena consapevolezza! Inoltre mi piacerebbe che si affermasse la imprescindibiltà di un uso consapevole di atlanti geografici e storici accanto a quello dei dizionari, siano essi online o cartacei, non importa… e vedrei essenziale fornirne, in numerose copie, biblioteche scolastiche e territoriali unitamente a una distribuzione cartacea ai singoli della nostra carta costituzionale.