7 maggio Inizio della XVII Legislatura

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Il 7 maggio si sono riunite le Commissioni permanenti per l’elezione dei rispettivi Uffici di Presidenza. Nelle settime Commissioni sono eletti presidenti Andrea Marcucci al Senato, e Giancarlo Galan alla Camera.
Questa la composizione:

7a Commissione Senato (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport)
ANITORI Fabiola, BOCCHINO Fabrizio, BONAIUTI Paolo, CENTINAIO Gian Marco, DI GIORGI Rosa Maria, FERRARA Elena (in sostituzione del Ministro IDEM Josefa), GIANNINI Stefania, GIRO Francesco Maria, LIUZZI Pietro, MARCUCCI Andrea, MARIN Marco, MARTINI Claudio, MAZZONI Riccardo, MINEO Corradino, MONTEVECCHI Michela, NENCINI Riccardo, PETRAGLIA Alessia, PUGLISI Francesca, SCAVONE Antonio Fabio Maria, SERRA Manuela, SIBILIA Cosimo, TOCCI Walter, VILLARI Riccardo, ZAVOLI Sergio

7a Commissione Camera (Cultura, Scienza, Istruzione)
ASCANI Anna, BATTELLI Sergio, BLAZINA Tamara, BONAFE’ Simona, BOSSA Luisa, BRESCIA Giuseppe, BUONANNO Gianluca, CAPUA Ilaria, CAROCCI Mara, CENTEMERO Elena, COCCIA Laura, COSCIA Maria, COSTANTINO Celeste, DI BENEDETTO Chiara, DI LELLO Marco, D’OTTAVIO Umberto, D’UVA Francesco, FRATOIANNI Nicola, GALAN Giancarlo, GALLO Luigi, GHIZZONI Manuela, GIORDANO Giancarlo, LA MARCA Francesca, LAINATI Giorgio, LONGO Piero, MALISANI Gianna, MALPEZZI Simona Flavia, MANZI Irene, MARZANA Maria, MOLEA Bruno, NARDUOLO Giulia, ORFINI Matteo, PALMIERI Antonio, PES Caterina, PETRENGA Giovanna, PICCOLI NARDELLI Flavia, RACITI Fausto, RAMPI Roberto, ROCCHI Maria Grazia, SANTERINI Milena, VACCA Gianluca, VALENTE Simone, VEZZALI Maria Valentina, ZAMPA Sandra

Il 4 maggio il presidente del consiglio comunica che al sottosegretario alla presidenza del consiglio Michaela Biancofiore non verranno assegnati compiti nell’ambito delle deleghe per le Pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, bensì compiti nell’ambito delle deleghe per la Pubblica amministrazione e la semplificazione.

Il 3 maggio il presidente del Consiglio nomina Roberto Garofoli nuovo segretario generale della presidenza del Consiglio in sostituzione di Manlio Strano.

Il 2 maggio il Consiglio dei Ministri ha nominato 40 Sottosegretari, dieci dei quali assumono le funzioni di Viceministro.

Di seguito l’elenco dei nuovi Viceministri e Sottosegretari.

Presidenza del Consiglio

  • Giovanni Legnini (Editoria e Attuazione Programma)
  • Sesa Amici (Rapporti con il Parlamento e coordinamento attività di Governo)
  • Sabrina De Camillis (Rapporti con il Parlamento e coord. attività Governo)
  • Walter Ferrazza (Affari Regionali e Autonomie)
  • Micaela Biancofiore (Pari Opportunità)
  • Gianfranco Miccichè (Pubblica Amministrazione e Semplificazione)

Interno

  • Filippo Bubbico (Viceministro)
  • Domenico Manzione
  • Giampiero Bocci

Affari Esteri

  • Lapo Pistelli (Viceministro)
  • Bruno Archi (Viceministro)
  • Marta Dassù (Viceministro)
  • Mario Giro

Giustizia

  • Giuseppe Beretta
  • Cosimo Ferri

Difesa

  • Roberta Pinotti
  • Gioacchino Alfano

Economia e Finanze

  • Stefano Fassina (Viceministro)
  • Luigi Casero (Viceministro)
  • Pierpaolo Baretta
  • Alberto Giorgetti

Sviluppo Economico

  • Carlo Calenda (Viceministro)
  • Antonio Catricalà (Viceministro)
  • Simona Vicari
  • Claudio De Vincenti

Infrastrutture e Trasporti

  • Vincenzo De Luca (Viceministro)
  • Erasmo De Angelis
  • Rocco Girlanda

Politiche Agricole Forestali e Alimentari

  • Maurizio Martina
  • Giuseppe Castiglione

Ambiente, Tutela del territorio e del mare

  • Marco Flavio Cirillo

Lavoro e Politiche Sociali

  • Cecilia Guerra (Viceministro)
  • Jole Santelli
  • Carlo Dell’Aringa

Beni, Attività culturali e turismo

  • Simonetta Giordani
  • Ilaria Borletti Buitoni

Salute

  • Paolo Fadda

Istruzione, Università e Ricerca

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  • Gabriele Toccafondi
  • Marco Rossi Doria
  • Gianluca Galletti

Completata la “squadra” del MIUR

Il Consiglio dei ministri di giovedì 2 maggio ha completato la formazione del nuovo Governo nominando 40 nuovi Viceministri e Sottosegretari.
Al MIUR arrivano i Sottosegretari Gabriele Toccafondi, Marco Rossi Doria e Gianluca Galletti.
Toccafondi (Firenze, 15 aprile 1972), laureato in scienze politiche, è un dirigente di cooperativa. Eletto deputato con il Popolo delle Libertà nel 2008.
Rossi Doria (Napoli, 19 marzo 1954), già sottosegretario all’istruzione nel precedente Esecutivo, è laureato in Scienze dell’educazione ed è insegnante, maestro di strada e cofondatore del progetto Chance.
Galletti (Bologna, 15 luglio 1961), laurea in Economia e Commercio, è un politico dell’Udc, di cui è capogruppo presso la Camera dei Deputati.
A loro il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza dà il più sincero benvenuto, augurando a tutti buon lavoro.

Il 30 aprile il Senato esprime il voto di fiducia al Governo con 233 voti favorevoli, 59 contrari e 18 astenuti.

Il 29 aprile il nuovo esecutivo ottiene la fiducia dalla Camera con 453 voti a favore, 153 contrari e 17 astenuti.
Di seguito il discorso del Presidente del Consiglio dei Ministri:

(Camera, 29 aprile 2013) Signora Presidente,  Onorevoli Deputati,
appena una settimana fa il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, pronunciava il suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. A lui consentitemi di rivolgere nuovamente un sincero ringraziamento per lo straordinario spirito di dedizione alla nostra comunità nazionale con il quale ha accettato la rielezione per il secondo mandato.

Voglio inoltre ringraziare i Presidente del Senato, Pietro  Grasso, e della Camera, Laura Boldrini, per la collaborazione offerta nella fase di consultazione in questo primissimo avvio dell’esperienza di governo.

Quella del presidente Napolitano è stata – lo sappiamo – una «scelta eccezionale». Eccezionale perché tale è il momento che l’Italia e l’Europa si trovano a vivere oggi. Di fronte all’emergenza il presidente della Repubblica ci ha invitato a parlare il linguaggio della verità. Ci ha chiesto di offrire in extremis, al Paese e al mondo, una testimonianza di volontà di servizio e senso di responsabilità. Ci ha concesso un’ultima opportunità. L’opportunità di dimostrarci degni del ruolo che la Costituzione ci riconosce come rappresentanti della nazione. Degni di servire il Paese – attraverso l’esempio, il rigore, le competenze – in una delle stagioni più complesse e dolorose della storia unitaria.

Accogliendo il suo appello  intendo rivolgermi a voi proprio con il linguaggio “sovversivo” della verità. Confessandovi che avverto, fortissimi in questo momento la consapevolezza dei miei limiti e il peso della mia personale responsabilità, ma impegnandomi a fare di tutto affinché le mie spalle siano larghe e solide al punto da reggere, nelle vesti di presidente del Consiglio di un Governo che richiede, qui e oggi, la fiducia del Parlamento.

Infine, non potrei iniziare questo discorso, in un passaggio cosi impegnativo, senza un accenno personale ed esprimere un senso di gratitudine profonda verso chi con generosità e senso antico della parola “lealtà” mi sostiene anche in questo difficile passaggio: Pierluigi Bersani.

UN GOVERNO AL SERVIZIO DELL’ITALIA E DELL’EUROPA
La prima verità è che la situazione economica dell’Italia è ancora grave. Abbiamo accumulato in passato un debito pubblico che grava come una macina sulle generazioni presenti e future, e che rischia di schiacciare per sempre le prospettive economiche del Paese. Il grande sforzo di risanamento compiuto dal precedente Governo, guidato dal senatore Mario Monti, è stato premessa della crescita in quanto la disciplina della finanza pubblica era e resta indispensabile per contenere i tassi di interesse e sventare possibili attacchi finanziari. Il mantenimento degli impegni presi con il Documento di Economia e Finanza è necessario ad uscire, quanto prima, dalla procedura di disavanzo eccessivo e per recuperare margini di manovra all’interno dei vincoli europei. Nelle sedi europee e internazionali l’Italia si impegnerà poi per individuare strategie per ravvivare la crescita senza compromettere il processo di risanamento della finanza pubblica.

L’ Europa è in crisi di legittimità ed efficacia proprio quando tutti i Paesi membri e tutti i cittadini ne hanno più bisogno. L’Europa può tornare ad essere motore di sviluppo sostenibile – e quindi di speranza e di costruzione di futuro – solo se finalmente si apre. Il destino di tutto il continente è strettamente legato. Non ci possono essere vincitori e vinti se l’Europa fallisce questa prova. Saremmo tutti perdenti: sia nel Sud che nel Nord del continente.

E’ per questo che se otterrò la vostra fiducia, immediatamente visiterò in un unico viaggio Bruxelles, Berlino e Parigi per dare subito il segno che il nostro è un governo europeo ed europeista.

La risposta, dunque, è una maggiore integrazione verso un’Europa Federale. Altrimenti il costo della non-Europa, il peso della mancata integrazione, il rischio di un’unione monetaria senza unione politica e unione bancaria diventeranno insostenibili: come la crisi di questi cinque anni ci ha mostrato. Questo Parlamento ha già dimostrato di poter trovare intese per dare all’Europa un contributo italiano innovativo. Questo è avvenuto nel sostegno all’azione europea del governo Monti e nell’elaborazione di posizioni comuni come quella elaborata dai colleghi Baretta, Brunetta e Occhiuto in vista del Consiglio Europeo del Giugno scorso. Da quelle premesse politiche ripartiremo.

Le premesse macroeconomiche sono quelle dell’Euro e della Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi.

LE RISORSE PER LA CRESCITA: GIOVANI E TERRITORIO

Di solo risanamento l’Italia muore. Dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente: non c’è più tempo. Tanti cittadini e troppe famiglie sono in preda alla disperazione e allo scoramento. Pensiamo alla vulnerabilità individuale che nel disagio e nel vuoto di speranze rischia, di tramutarsi in rabbia e in conflitto, come ci ricorda lo sconcertante fatto avvenuto ieri stesso dinanzi a Palazzo Chigi. Ieri andando a visitare in ospedale il Brgadiere Giangrande ferito gravemente insieme al Carabiniere Scelto Negri, sono stato impressionato dalla forza e dalla fermezza della figlia Martina. Il Parlamento deve stringersi a lei in questo momento. E il Parlamento deve stringersi anche all’Arma dei Carabinieri e a tutte le forze dell’ordine per il servizio continuo, silenzioso, encomiabile, spesso in condizioni disagiate, svolto nell’interesse della nazione in Italia e all’este3ro.

Senza crescita e coesione l’Italia è perduta. Il Paese, invece, può farcela. Ma per farcela deve ripartire. E per ripartire tutti devono essere motori di questa nuova energia positiva. L’architrave dell’esecutivo sarà l’impegno a essere seri e credibili sul risanamento e la tenuta dei conti pubblici. Basta coi debiti che troppe volte il nostro Paese ha scaricato sulle spalle e la vita delle generazioni successive. Quelle nuove, di generazioni, hanno imparato sulla propria pelle e non faranno lo stesso con i propri figli.

Ecco perché la riduzione fiscale senza indebitamento sarà un obiettivo continuo e a tutto campo. Anzitutto, quindi, ridurre le tasse sul lavoro, in particolare su quello stabile e quello per i giovani neo assunti. Poi una politica fiscale della casa che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell’edilizia, con includere incentivi per ristrutturazioni ecologiche e affitti e mutui agevolati per giovani coppie. E poi bisogna superare l’attuale sistema di tassazione della prima casa: intanto con lo stop ai pagamenti di giugno per dare il tempo a Governo e Parlamento di elaborare insieme e applicare rapidamente una riforma complessiva che dia ossigeno alle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti.

Misure ulteriori dovrebbero essere il pagamento di parte dei debiti delle Amministrazioni pubbliche; l’allentamento del Patto di stabilità interno; la rinuncia all’inasprimento dell’IVA; l’aumento delle dotazioni del Fondo Centrale di Garanzie per le piccole e medie imprese e del Fondo di Solidarietà per i mutui. Ma questi provvedimenti – sebbene necessari nel breve termine – non sono sufficienti.

La crescita economica di un paese richiede una strategia complessa, che eviti dispersione a pioggia delle poche risorse e che possa innescare meccanismi virtuosi. Per questo è necessario una sintonia tra le azioni del Governo e quelle delle banche e delle imprese, che debbono essere mirate ad una crescita di lungo periodo degli attori economici per superare gli annosi ritardi dell’Italia in termini di crescita della produttività e della competitività. Il Governo deve accompagnare questa crescita e rimanere a fianco delle imprese anche e soprattutto quando queste si impegnano all’estero nell’arena globale.

Un importante argomento di contesto concerne la giustizia, in quanto solo con la certezza del diritto gli investimenti possono prosperare. Questo riguarda la moralizzazione della vita pubblica e la lotta alla corruzione, che distorce regole e incentivi. Questo riguarda anche la giustizia nel suo complesso. La giustizia deve essere giustizia innanzitutto per i cittadini. La ripresa ritornerà anche se i cittadini e gli imprenditori italiani e stranieri  saranno convinti di potersi rimettere con fiducia ai tempi e al merito delle decisioni della giustizia italiana. E tutto questo funzionerà se la smetteremo di avere una situazione carceraria intollerabile ed eccessi di condanne da parte della Corte dei diritti dell’uomo. Ricordiamoci sempre che siamo il paese di Cesare Beccaria!

Dobbiamo liberare le energie migliori del Paese. Non partiamo da zero, ma da due grandi risorse. Prima di tutto, i giovani. “Scommettete su cose grandi” ha detto proprio ieri Papa Francesco rivolto a loro. E noi abbiamo gli strumenti per aiutarli. Quello generazionale non è certo solo un tema attinente al rinnovamento della classe dirigente, come troppo spesso emerge nel dibattito pubblico. È una questione drammatica che scontano sulla propria pelle milioni di giovani. Segnala bassi tassi di istruzione e di occupazione, porta con sé lo sconforto, e anche la rabbia, di chi non studia né lavora. Chiediamoci quanti bambini non nascono ogni anno, in Italia, per la precarietà che limita le scelte delle famiglie giovani. Non è solo demografia, è una ferita morale. Perché non devono esistere generazioni perdute, perché solo i giovani possono ricostruire questo Paese: le loro nuove esperienze e competenze ci raccontano un mondo che cambia, il loro mondo. Rinunciare ad investire su di loro è un suicidio economico. Ed è la certezza di decrescita, la più infelice.

Semplificheremo e rafforzeremo l’apprendistato, che ha dato buoni risultati in paesi vicini. Un aiuto può venire da modifiche alla legge 92/2012, quali suggerite dalla Commissione dei saggi istituita dal presidente della Repubblica, che riducano le restrizioni al contratto a termine, finché dura l’emergenza economica. Aiuteremo le imprese ad assumere giovani a tempo indeterminato, con defiscalizzazioni o con sostegni ai lavoratori con bassi salari, condizionati all’occupazione, in una politica generale di riduzione del costo del lavoro e del peso fiscale. Non bastano incentivi monetari. Occorre prendersi cura dei giovani, volgendo il disagio in speranza, puntando su orientamento e stimolo all’imprenditorialità. E occorre percorrere la strada europea tracciata dal programma Youth guarantee, per garantire effettivi sbocchi occupazionali.

Bisogna fare tesoro della voglia di fare dei nuovi italiani, così come bisogna valorizzare gli italiani all’estero. La nomina di Cecile Kyenge significa una nuova concezione di confine, da barriera a speranza, da limite invalicabile a ponte tra comunità diverse.

La società della conoscenza e dell’integrazione si costruisce sui banchi di scuola e nelle università. Dobbiamo ridare entusiasmo e mezzi idonei agli educatori che in tante classi volgono il disagio in speranza e dobbiamo ridurre il ritardo rispetto all’Europa nelle percentuali di laureati e nella dispersione scolastica. In Italia c’è una nuova questione sociale, segnata dall’aumento delle disuguaglianze. Solo il 10% dei giovani italiani con il padre non diplomato riesce a laurearsi, mentre sono il 40% in Gran Bretagna, il 35% in Francia, il 33% in Spagna. Bisogna finalmente dare piena attuazione all’art. 34 della Costituzione, per il quale «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». L’uguaglianza più piena e destinata a durare nelle generazioni è oggi più che mai l’uguaglianza delle opportunità.

Per rilanciare il futuro industriale del Paese, bisogna scommettere sullo spirito imprenditoriale e innovare e investire in ricerca e sviluppo. Per questo intendiamo lanciare un grande piano pluriennale per l’innovazione e la ricerca, finanziato tramite project bonds. La ricerca italiana può e deve rinascere nei nuovi settori di sviluppo, come ad esempio l’agenda digitale, lo sviluppo verde, le nanotecnologie, l’aerospaziale, il biomedicale. Si tratta di fare una politica industriale moderna, che valorizzi i grandi attori ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese che sono e rimarranno il vero motore dello sviluppo italiano. Oltre all’alta tecnologia bisogna investire su ambiente ed energia. Le nuove tecnologie – fonti rinnovabili ed efficienza energetica – vanno maggiormente integrate nel contesto esistente, migliorando la selettività degli strumenti esistenti di incentivazione, in un’ottica organica con visione di medio e lungo periodo. Sempre con riguardo ai settori energetici, va completato il processo di integrazione con i mercati geografici dei Paesi europei confinanti. Questo implica, per l’energia elettrica, il completamento del cosiddetto market coupling e, per il gas, il completo riallineamento dei nostri prezzi con quelli europei e la trasformazione del nostro Paese in un hub.E’ chiaro che episodi come quello dell’ILVA di Taranto non sono più tollerabili.

Tutta l’impresa italiana, per crescere, ha bisogno di più semplicità, di un’alleanza tra la pubblica amministrazione e la società, senza tollerare le sacche di privilegio. La burocrazia non deve opprimere la voglia creativa degli italiani ed è per questo che bisognerà rivedere l’intero sistema delle autorizzazioni. Bisogna snellire le procedure e avere fiducia in chi ha voglia di investire, creare, offrire posti di lavoro.

Non si possono più chiedere sacrifici sempre e soltanto ai «soliti noti». I sacrifici sono socialmente sostenibili solo se sono ispirati ad un principio di equità. Questo significa coniugare una ferrea lotta all’evasione con un fisco amico dei cittadini, senza che la parola Equitalia debba provocare dei brividi quando viene evocata.

L’altra grande risorsa è l’Italia stessa. Bellezza senza navigatore. La nostra tendenza all’autocommiserazione è pari solo all’ammirazione che l’Italia suscita all’estero. Molti stranieri vogliono bagnarsi nei nostri mari, visitare le nostre città, mangiare e vestire italiano. L’Italia e il made in Italy sono le nostre migliori ricchezze. E’ per questo che uno dei primi atti del Governo sarà quello di nominare il Commissario unico per l’Expo, una grande occasione che non dobbiamo mancare. A questo fine nei prossimi giorni sarò a Milano a presentare il decreto per partire per  l’ultimo miglio di questo evento strategico.

Per questo dobbiamo rilanciare il turismo e, soprattutto, attrarre investimenti. Rimuoviamo quegli ostacoli che fanno sì che l’Italia per molti non sia una scelta di vita. Questo significa puntare sulla cultura, motore e moltiplicatore dello sviluppo, o sulle straordinarie realtà dell’agro-alimentare. Questo significa valorizzare e custodire l’ambiente, il paesaggio, l’arte, l’architettura, le eccellenze enogastronomiche, le infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali.

Questo vuol dire anche valorizzare il nostro grande patrimonio sportivo. La pratica dello sport significa prevenzione dalle malattie, lotta contro l’obesità, formazione a stili di vita sani, lealtà e rispetto delle regole. Dobbiamo impegnarci per diffondere la pratica sportiva sin dalle scuole elementari con un piano di edilizia scolastica su tutto il territorio nazionale.

L’intraprendenza dei giovani e la bellezza dei territori sono d’altra parte due risorse cruciali per il Mezzogiorno. In entrambi i casi un patrimonio dissipato, un giacimento inutilizzato di potenzialità. Dobbiamo mettere in condizione il Sud di crescere da solo, annullando i divari infrastrutturali e di ordine pubblico che l’hanno frenato, puntando sulle nuove imprese, in particolare le industrie culturali e creative, e sulla buona gestione dei fondi europei, come quella che ha caratterizzato l’operato del governo Monti.
Dobbiamo, soprattutto, evitare di continuare a mettere la testa sotto la sabbia come struzzi e riconoscere che il divario tra Nord e Sud del Paese è non un accidente storico o una condanna, ma il prodotto di decenni di inadempienze da parte delle classi dirigenti, a livello nazionale come a livello locale. E’ il risultato dell’azione della criminalità organizzata che, certo presente anche nel resto del Paese – in larghe parti del Mezzogiorno ha i connotati del controllo arrogante e quasi militare del territorio. E questo nonostante lo spirito di servizio e il sacrificio di tanti servitori dello Stato – magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine anzitutto – che troppo spesso abbiamo avuto la responsabilità di lasciare soli. Anche per questo dobbiamo dare effettiva concretezza al valore della specificità della professione svolta dal personale in divisa delle Forze Armate e della Polizia.

PRIORITA’ LAVORO

Ma permettetemi di soffermarmi un attimo sulla grande tragedia di questi tempi che d’altronde al Sud tocca punte di desolazione e allarme sociale: la questione del lavoro. È e sarà la prima priorità del mio governo. Solo col lavoro si può uscire da quest’incubo di impoverimento e imboccare la via di una crescita non fine a se stessa, ma volta a superare le ingiustizie e riportare dignità e benessere. Senza crescita, anche gli interventi di urgenza su cui ci siamo impegnati e che qui ribadisco – rifinanziamento delle casse integrazioni in deroga, superamento del precariato anche nella pubblica amministrazione – sarebbero insufficienti. In particolare, con i lavoratori esodati la comunità nazionale ha rotto un patto, e la soluzione strutturale di questo tema è un impegno prioritario di questo Governo.

Mai come oggi occorre fiducia reciproca: imprese e lavoratori devono agire insieme e superare le contrapposizioni che in passato ci hanno frenato. Sono sicuro che come in tanti momenti critici della vita della Repubblica i sindacati saranno protagonisti. Il governo vuole aprire la strada con proposte che approfondiremo insieme: ampliare gli incentivi fiscali a chi investe in innovazione, sostenere l’aggregazione e internazionalizzazione delle PMI, dare più credito a chi lo merita, garantire il pagamento dei debiti alle imprese, semplificare e rimuovere gli ostacoli burocratici che frenano lo spirito d’impresa.

Dobbiamo anche valorizzare il lavoro autonomo e le libere professioni, che in una società postindustriale rappresentano la spina dorsale della nostra economia. Le misure di liberalizzazione orami sono state adottate. Ora bisogna lavorare tutti insieme per formare e dare opportunità ai giovani, innalzare la qualità, servire al meglio i clienti.

Anche sull’occupazione femminile occorre fare molto di più. La maggiore presenza delle donne nella vita economica, sociale e politica dà già straordinari contributi alla crescita del paese, ma siamo lontani dagli obiettivi europei. Non siamo ancora un paese delle pari opportunità. La carenza di servizi scarica sulle donne compiti insostenibili, aggravati in alcuni casi da una crescita insopportabile delle violenze contro le donne.

La riforma del nostro welfare richiede azioni di ampio respiro per rilanciare il modello sociale europeo. Il welfare tradizionale, schiacciato sul maschio adulto e su pensioni e sanità, non funziona più. Non stimola la crescita della persona e non basta a correggere le disuguaglianze. Non occorrono isterismi. Occorre un cambiamento radicale: un welfare più universalistico e meno corporativo, che sostenga tutti i bisognosi, aiutandoli a  rialzarsi e a riattivarsi. Per un welfare attivo, più giovane e al femminile, andranno migliorati gli ammortizzatori sociali, estendendoli a chi ne è privo, a partire dai precari; e si potranno studiare forme di reddito minimo, soprattutto per famiglie bisognose con figli.

Hanno trovato largo consenso parlamentare nei mesi passati le proposte su incentivi al pensionamento graduale con part time misto a pensione, con una «staffetta generazionale» per la parallela assunzione di giovani. Inoltre, per evitare il formarsi di bacini estesi di lavoratori anziani di difficile ricollocazione, studieremo forme circoscritte di gradualizzazione del pensionamento, come l’accesso con 3-4 anni di anticipo al pensionamento con una penalizzazione proporzionale.

Dobbiamo poi ricordarci che l’Italia migliore è un’Italia solidale. E’ per questo che il governo non può che valorizzare la rete di protezione dei cittadini e dei loro diritti, con misure tese al miglioramento dei servizi, da quelli sanitari a quelli del trasporto pubblico, locale e pendolare, con una particolare attenzione per i disabili e i non autosufficienti.

Vorrei a questo proposito rendere omaggio alle donne e agli uomini che ogni giorno consentono al nostro paese di godere di questa solidarietà e che mantengono unito il nostro tessuto sociale: i servitori dello Stato – quelli che rischiano la vita per proteggere le istituzioni, quelli che lavorano nella sanità per salvare delle vite, quelli che aiutano i nostri figli a crescere – ma anche gli operatori del volontariato, della cooperazione, del terzo settore e della galassia del 5 per 1000. E’ l’esempio che giornalmente viene dato da queste persone che ci fa riscoprire il valore del servizio pubblico.

Una speciale menzione merita la protezione civile, che ha dato una straordinaria prova nei terremoti in Abbruzzo e in Emilia e che ci ricorda che abbiamo un impegno alla prevenzione, con un piano di manutenzione contro il dissesto idrogeologico e la lotta all’abusivismo.

LA RIFORMA DELLA POLITICA

Vorrei che questo governo inaugurasse una fase nuova nella vita della Repubblica. Non il canto del cigno di un sistema imploso sulle sue troppe degenerazioni, ma un primo impegno per la ricostruzione della politica e del nostro modo di percepirci come comunità.

La ricostruzione però può partire solo da un esercizio autentico, non simulato, di autocritica. La verità è che la politica ha commesso troppi errori. Si è erosa, giorno dopo giorno, la credibilità della politica e delle istituzioni, vittime di un presentismo – vale a dire dell’ossessione del consenso immediato – che bloccato  il Paese.

Ancora: non abbiamo compreso quanto le legittime istanze di innovazione, partecipazione, trasparenza, sottese alla rivoluzione del web, potessero tradursi in un oggettivo miglioramento della qualità della nostra democrazia rappresentativa anziché sfociare nel mito o nell’illusione della democrazia diretta.

Oggi abbiamo dinanzi un’altra sfida, ancora più complessa: quella dell’autorevolezza. L’autorevolezza del potere che non ha più, come in passato, il monopolio delle informazioni, ma deve avere il profilo e le competenze per discernere il vero dal falso nel flusso enorme di informazioni presenti nella Rete. L’autorevolezza di chi non si accontenta della verosimiglianza e del sentito dire, ma sceglie sempre e solo la verità e ha il coraggio e la pazienza di raccontarla ai cittadini, anche se dolorosa o brutale.

Per cominciare, bisogna recuperare decenza, sobrietà, scrupolo, senso dell’onore e del servizio e, infine, la banalità della gestione di un buon padre di famiglia. Ognuno deve fare la sua parte. A questo fine, per dare l’esempio, il primo atto del Governo sarà quello di eliminare con una norma d’urgenza lo stipendio dei ministri parlamentari che esiste da sempre in aggiunta alla loro indennità.

Nessuno, ripeto nessuno, può sentirsi esentato dal dovere dell’autorevolezza. Nessuno può considerarsi fino in fondo assolto dall’accusa di aver contaminato il confronto pubblico con gesti, parole, opere o omissioni.Con 11 milioni e mezzo di cittadini che hanno deciso di non votare, alle elezioni dello scorso febbraio, quello dell’astensione è risultato essere il primo partito. Non era mai accaduto prima: due milioni in più rispetto al 2008, quattro rispetto al 2006. Su questo sfondo la riduzione dei costi della politica diventa un dovere di credibilità. Pensate ai rimborsi elettorali: tutte le leggi introdotte dal 1994 ad oggi sono state ipocrite e fallimentari. Non rimborsi ma finanziamento mascherato. Per di più di ammontare decisamente troppo elevato, come la Corte dei Conti ha recentemente confermato: 2 miliardi e mezzo di euro dal 1994 al 2012, a fronte di spese certificate di circa mezzo miliardo.E’, questa , solo una delle conferme del fatto che il sistema va rivoluzionato. Partiamo dunque dal finanziamento pubblico ai partiti, abolendo la legge troppo timida approvata l’anno scorso e introducendo misure di controllo e di sanzione anche sui gruppi parlamentari e regionali. Occorre poi avviare percorsi che finalmente consegnino alla libera scelta dei cittadini, con opportuni interventi sul versante fiscale, la contribuzione all’attività politica dei partiti.
E’ però anche importante collegare il tema del finanziamento a quello della democrazia interna ai partiti, attuando finalmente i principi sulla democrazia interna incorporati nell’art. 49 della Costituzione, stimolando la partecipazione dei militanti e garantendo la trasparenza delle decisioni e delle procedure.Rivendico con forza l’importanza di un temporaneo «governo di servizio al paese» tra forze sicuramente lontane e diverse tra loro. Credo che non sia facile votare insieme da posizioni così eterogenee, ma proprio per questo credo che questa sia una scelta che meriti rispetto anche da chi non la condivide perché non è motivata dall’interesse particolare ma da principi più alti di coesione nazionale. Questo è il senso del messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere. Non dobbiamo avere paura di fare il nostro dovere per l’Italia. Noi dobbiamo dare il nostro contributo a ricostruire un patto di fiducia, a ritrovare il senso di una missione comune. Come italiani, si vince o si perde tutti insieme.

Sicuramente è e deve essere un’eccezione la convergenza di forze politiche che si sono presentate come alternative alle elezioni. Ma è eccezionale che dalle urne, anche a causa della legge elettorale, non sia uscita alcuna maggioranza; è eccezionale l’emergenza economica che il governo dovrà affrontare; è eccezionale il fatto che sia necessario riscrivere alcune regole costituzionali. Credo quindi che le forze politiche che sostengono il governo stiano dimostrando un grande senso di responsabilità e di attaccamento alle istituzioni. Vent’anni di attacchi e delegittimazioni reciproche hanno eroso ogni capitale di fiducia nei rapporti tra i partiti e l’opinione pubblica, che è esausta, sempre più esausta, delle risse inconcludenti.Ho imparato da Nino Andreatta la fondamentale distinzione tra politica, intesa come dialettica tra diverse fazioni, e politiche, intese come soluzioni concrete ai problemi comuni. Se in questo momento ci concentriamo sulla politica, le nostre differenze ci immobilizzeranno. Se invece ci concentriamo sulle politiche, allora potremo svolgere un servizio al paese migliorando la vita dei cittadini.

E‘ per questo che intendo appellarmi alla responsabilità dei partiti e dei movimenti perché ritengo centrale il ruolo del Parlamento, con una continua interlocuzione con le forze politiche che non sostengono il Governo e con la creazione di luoghi permanenti di codecisione, ai quali parteciperò personalmente, tra il governo e le forze politiche che lo sostengono.

LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI
L’appello alla responsabilità e alla capacità di trovare terreni di convergenza è ancora più pressante nel nostro compito di riformare le istituzioni, anche perché auspico che per la scrittura delle regole che riguardano la vita democratica di tutti il fronte si allarghi anche alle forze che non hanno intenzione di sostenere il governo in modo organico, che devono partecipare pienamente al processo costituente.Vedo oggi una via stretta, ma possibile, per una riforma anche radicale del sistema istituzionale e del sistema politico.Un imperativo deve essere chiaro a tutti noi fin dal primo momento: in questa materia negli ultimi decenni abbiamo assistito troppe volte all’avvio di percorsi riformatori che si presentavano come risolutori, che nelle intenzioni anche sincere di chi li proponeva, promettevano di regalarci istituzioni più efficienti e capaci di decidere, oltre che maggiormente vicine ai cittadini, e che invece si sono infranti contro veti reciproci, chiusure partigiane, prese di posizione strumentali e contrapposizioni dannose nonostante i reiterati richiami del Presidente della Repubblica.
Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi.

Dal momento che questa volta l’unico sbocco possibile per questo tema è il successo nell’approvazione delle riforme che il paese aspetta da troppo tempo, fra 18 mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti e incertezze dovessero minacciare di impantanare tutto per l’ennesima volta, non avrei esitazioni a trarne immediatamente le conseguenze.

La moralità della politica è quella di prendere le decisioni che i cittadini si attendono, e di rispettare gli impegni presi di fronte al paese e alle istituzioni.

L’obiettivo complessivo è quello di una riforma che riavvicini i cittadini alle istituzioni, rafforzando l’investitura popolare dell’esecutivo e migliorando efficienza ed efficacia del processo legislativo. I principi che devono guidarci sono quelli di una democrazia governante: la capacità degli elettori di scegliersi i propri rappresentanti e di decidere alle elezioni sui governi e le maggioranze che li sostengono.
Dobbiamo superare il bicameralismo paritario, per snellire il processo decisionale ed evitare ingorghi istituzionali come quello che abbiamo appena sperimentato, affidando ad una sola Camera il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo. Nessuna legge elettorale è infatti in grado di garantire il formarsi di una maggioranza identica in due diversi rami del Parlamento.Dobbiamo quindi istituire una seconda Camera – il Senato delle Regioni e delle Autonomie – con competenze differenziate e con l’obiettivo di realizzare compiutamente l’integrazione dello Stato centrale con le autonomie, anche sulla base di una più chiara ripartizione delle competenze tra i livelli di governo con il perfezionamento della riforma del Titolo V. Bisogna riordinare i livelli amministrativi e abolire le provincie. Semplificazione e sussidiarietà devono guidarci al fine di promuovere l’efficienza di tutti i livelli amministrativi e di ridurre i costi di funzionamento dello Stato. Questo non significa perseguire una politica di tagli indifferenziati, ma al contrario valorizzare comuni e regioni per rafforzare le loro responsabilità, in un’ottica di alleanza tra il governo e i territori e le autonomie, ordinarie e speciali. Bisogna altresì chiudere rapidamente la partita del Federalismo fiscale, rivedendo il rapporto fiscale tra centro e periferia salvaguardando la centralità dei territori e delle Regioni. Si può anche esplorare il suggerimento del Comitato di Saggi istituito dal Presidente della Repubblica per la eventuale riorganizzazione delle Regioni e dei rapporti tra loro.
Occorre poi riformare la forma di governo, e su questo punto bisogna anche prendere in considerazione scelte coraggiose, rifiutando piccole misure cosmetiche e respingendo i pregiudizi del passato.
La legge elettorale è naturalmente legata alla forma di governo, ma si possono sin da ora delineare gli obiettivi fondamentali. Innanzitutto, dobbiamo qui solennemente assumere l’impegno che quella dello scorso febbraio sia l’ultima consultazione elettorale che si svolge sulla base della legge elettorale vigente. Cambiarla serve non solamente per assicurare la formazione di maggioranze sufficientemente ampie e coese, in grado di garantire governi stabili; ma prima ancora per restituire legittimità al Parlamento ed ai singoli parlamentari. Non possiamo più accettare l’idea di parlamentari di fatto imposti con la stessa presentazione delle candidature, senza che i cittadini abbiano la possibilità di individuare il candidato più meritevole.

Sono certo che le forze politiche siano in grado di trovare delle ottime soluzioni. Permettetemi di esprimere a livello personale che certamente migliore della legge attuale sarebbe almeno il ripristino della legge elettorale precedente.

LA NUOVA EUROPA

Rappresentare l’intera nazione oggi significa prima di tutto sapere e ribadire che le sorti dell’Italia sono intimamente correlate a quelle dell’Unione europea. Due destini che si uniscono.

Nel 2012 tutti noi abbiamo vinto il premio Nobel anche se forse non ce ne siamo pienamente accorti. L’Unione Europea è stata premiata per un’alchimia politica senza precedenti: la trasformazione delle macerie di un continente di guerra in uno spazio di pace. Allora i nemici decisero di vivere insieme. Dopo insieme abbiamo promosso la democrazia e riunificato il continente dalle ferite della cortina di ferro. Insieme abbiamo dato vita al mercato unico. Insieme abbiamo concepito la cooperazione allo sviluppo, di cui siamo leader al mondo. Insieme ai ragazzi partiti nel 1987 per il primo Erasmus, abbiamo scoperto di avere nuove case e nuove famiglie. E insieme, nella crisi, dobbiamo ripartire da alcune verità, perché della verità non bisogna mai avere paura.

Primo: il Nobel non è alla memoria. L’Europa non è il passato, è il viaggio nel quale ci siamo imbarcati per arrivare nel futuro. L’Europa è lo spazio politico con cui rilanciare la speranza che ha animato la nostra società nella ricostruzione del dopoguerra. È lo spazio politico con cui mettere fine a questa guerra di stereotipi, di sfiducia e di timidezza, mentre la tragedia della disoccupazione giovanile mette un’intera generazione in trincea. L’Europa esiste solo al presente e al futuro, solo se alla storia scritta dai nonni e dai padri si affiancano le azioni dei figli e dei nipoti.

Secondo: l’Europa è il nostro viaggio. La sua storia non è scritta malgrado noi. È scritta da noi. L’orizzonte è europeo, con le università che devono diplomare laureati in grado di lavorare ovunque in Europa, e le imprese che devono inventare prodotti che siano competitivi a livello continentale se non globale. Pensare l’Italia senza l’Europa è la vera limitazione della nostra sovranità, perché porta alla svalutazione più pericolosa, quella di noi stessi. Vivere in questo secolo vuol dire non separare le domande italiane e le risposte europee, nella lotta alla disoccupazione e alla disuguaglianza, nella difesa e nella promozione di tutti i diritti. E soprattutto, l’abbattimento dei muri tra il Nord e il Sud del continente, così come tra il Nord e il Sud dell’Italia.

Terzo: il porto a cui il nostro viaggio è rivolto sono gli Stati Uniti d’Europa e la nostra nave si chiama democrazia. Guardiamo con ammirazione lo sviluppo delle altre nazioni, in particolare in Asia e in Africa, ma non vogliamo sognare i sogni degli altri. Abbiamo il diritto a sogno che si chiama Unione Politica e abbiamo il dovere di renderlo più chiaro. Possiamo avere «più Europa» soltanto con «più democrazia»: con partiti europei, con l’elezione diretta del Presidente della Commissione, con un bilancio coraggioso e concreto come devono essere i sogni che vogliono diventare realtà.

L’Italia vive in un mondo sempre più grande, caratterizzato dall’arrivo sulla scena di nuove potenze emergenti che stanno modificando gli equilibri mondiali. Di fronte a giganti come Cina, India e Brasile, i singoli Stati europei non possono che sviluppare una politica comune per raggiungere la massa critica necessaria ad interagire con questi nuovi attori e influire sui processi globali.

Questo significa un rinnovato impegno per una politica estera e di difesa comuni, tese a rinnovare l’impegno per il consolidamento dell’ordine internazionale, un impegno che vede le nostre Forze Armate in prima linea, con una professionalità e un’abnegazione seconda a nessuno. Lavoreremo per trovare una soluzione equa e rapida alla dolorosa vicenda dei due Fucilieri di Marina trattenuti in India, che ne consenta il legittimo rientro in Italia nel più breve tempo possibile.

L’Italia è saldamente collocata nel campo occidentale, ma la sua posizione geopolitica proiettata verso altre civiltà, la sua cultura abituata al dialogo e la sua economia vocata all’esportazione possono consegnarle un ruolo di ponte tra l’Occidente e le nuove potenze emergenti.

Questo è importante soprattutto nel Mediterraneo, dove il consolidamento delle primavere arabe, la risoluzione politica della crisi in Siria e la prosecuzione del processo di pace in Medio Oriente sono le questioni più urgenti.

CONCLUSIONE

In questi giorni ho pensato al personaggio biblico di Davide.
Come lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.
Nella valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono gigantesche. Anche la sfida di metterci insieme per affrontarle. Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero.

Davide “prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese in mano la fionda e si avvicinò a Golia”. Noi, dal “torrente” delle idee sulle quali ci siamo confrontati abbiamo scelto i nostri “ciottoli”, le nostre proposte di programma. La “fionda” l’abbiamo in mano insieme, governo e Parlamento. Ma di Davide ci servono il coraggio e la fiducia. Il coraggio di mettere da parte quella “prudenza politica” che spinge a evitare il confronto con le nostre paure, a rimanere nella valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con indosso l’armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell’armatura, forse  lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che chiediamo al Parlamento e agli italiani.

Il 28 aprile, alle ore 11.30 al Palazzo del Quirinale, nel Salone delle Feste, si svolge la cerimonia del giuramento dei componenti il nuovo Governo e, subito dopo, a Palazzo Chigi, la tradizionale cerimonia del campanello con il passaggio di consegne tra il presidente Monti e il nuovo premier Letta; segue il primo Consiglio dei Ministri.

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Il 27 aprile il Presidente della Repubblica riceve al Palazzo del Quirinale, l’onorevole Enrico Letta, il quale, sciogliendo la riserva formulata il 24 aprile, accetta di formare il nuovo Governo.

Questi i componenti:

  • Presidente Enrico Letta
  • Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi
  • Interno e vicepremier Angelino Alfano
  • Economia Fabrizio Saccomanni
  • Esteri Emma Bonino
  • Difesa Mario Mauro
  • Giustizia Annamaria Cancellieri
  • Affari europei Enzo Moavero
  • Affari regionali Graziano Delrio
  • Infrastrutture Maurizio Lupi
  • Lavoro Enrico Giovannini
  • Coesione territoriale Carlo Trigilia
  • Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini
  • Pari opportunità Iosefa Idem
  • Semplificazione Giampiero D’Alia
  • Sviluppo economico Flavio Zanonato
  • Politiche agricole Nunzia De Girolamo
  • Istruzione Università e Ricerca Mariachiara Carrozza
    carrozza
  • Salute Beatrice Lorenzin
  • Affari costituzionali Gaetano Quagliariello
  • Ambiente Andrea Orlando
  • Integrazione Cecile Kyenge
  • Beni culturali Massimo Bray

Dichiarazione del Presidente Napolitano al termine dell’incontro con il Presidente incaricato Enrico Letta

(Palazzo del Quirinale, 27/04/2013) Vorrei dire solo semplicissime parole a commento della presentazione del governo fatta dal Presidente Enrico Letta. Innanzitutto non c’è bisogno di alcuna formula speciale per definire la natura di questo governo : è un governo politico, formato nella cornice istituzionale e secondo la prassi della nostra democrazia parlamentare; è un governo nato dall’intesa politica fra le forze parlamentari che insieme potevano garantire e garantiranno al governo la fiducia nelle due Camere, come prescrive la nostra Costituzione ; era ed è l’unico governo possibile, un governo la cui costituzione non poteva tardare oltre nell’interesse del nostro paese e nell’interesse dell’Europa; infine è il frutto di uno sforzo paziente e tenace del Presidente incaricato e dei leader delle forze politiche che hanno scelto la strada della collaborazione, nonostante tutte le difficoltà incontrate e prevedibili, e nonostante l’indispensabile supplemento di volontà di seria collaborazione da tutte le parti.
Le caratteristiche di novità, di freschezza, di competenza che questo governo offre vi sono state già rappresentate dall’Onorevole Letta. Voglio ringraziarlo vivamente, perché è stato il Presidente incaricato l’artefice della nascita di questo governo, e ho assecondato il suo tentativo, il suo impegno, dopo averne dato le motivazioni nel mio discorso dinanzi alle Camere riunite lunedì scorso.
Concludo con un auspicio che è anche una certezza, non soltanto un atto di fiducia: l’auspicio che questo governo si metta a lavorare rapidamente in spirito di fervida coesione. Credo che tutte le persone chiamate a farne parte diano a noi tutti la garanzia di voler lavorare insieme, senza conflittualità pregiudiziali e con il massimo impegno a trovare le soluzioni giuste ai problemi, rispondenti all’interesse generale. A ciascuno spetterà dare il contributo dal proprio punto di vista, ma – ripeto – in uno spirito di assoluta indispensabile coesione e reciproco rispetto.
Grazie, buon lavoro a tutti, e buon lavoro soprattutto al Presidente del Consiglio, Onorevole Enrico Letta.

Il 26 aprile il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto questa mattina al Quirinale il Presidente del Consiglio incaricato, Enrico Letta, che lo ha informato sullo svolgimento dell’incarico ricevuto.

Il 25 aprile si svolgono le consultazioni delle forze politiche da parte dell’on. Enrico Letta, incaricato per la formazione del nuovo esecutivo.

Il 24 aprile il Presidente della Repubblica ha conferito all’on. Enrico Letta l’incarico di formare il nuovo governo. L’on. Letta si è riservato di accettare.

Dichiarazione del Presidente Napolitano in occasione del conferimento dell’incarico all’on. Enrico Letta

(Palazzo del Quirinale, 24/04/2013) Avete ascoltato le notizie e anche la voce del Presidente incaricato.
Mi limiterò a esprimere solo brevi parole di soddisfazione e di serenità : di soddisfazione perché si è aperta la strada alla formazione del governo di cui ha urgente bisogno il paese, di un governo già troppo lungamente atteso, e si è aperta la sola prospettiva possibile, quella cioè di una larga convergenza tra le forze politiche che possono assicurare al governo la maggioranza in entrambe le camere.
La scelta che mi toccava fare l’ho compiuta tenendo conto delle consultazioni di ieri con tutti i gruppi, con tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. Nel corso delle consultazioni, in modo particolare da parte delle forze politiche già predisposte a collaborare alla formazione del nuovo governo, non sono state poste pregiudiziali circa il nome della persona a cui dare l’incarico : è stata data a me la più assoluta libertà e autonomia – come è d’altronde nella nostra prassi costituzionale per l’affidamento dell’incarico – e sono stati anche espressi apertamente apprezzamenti per la persona dell’onorevole Enrico Letta. E la mia scelta è caduta su di lui tenendo conto del fatto che, pur appartenendo egli a una generazione giovane (anzi, secondo i precedenti e gli standard italiani, molto giovane), ha già accumulato importanti esperienze nell’attività parlamentare a contatto con le nuove leve delle ultime legislature, nell’attività di governo, nel campo culturale : voglio ricordare l’Associazione di cultura politica molto significativa, Arel, che l’onorevole Letta ha seguito e ha guidato in questi anni e che fu fondata dal nostro grande amico scomparso Nino Andreatta. E infine egli è stato molto presente anche in numerosi fori europei e internazionali.
Credo che queste siano caratteristiche eccellenti per l’assunzione di un compito così delicato come quello di formare, e domani di guidare, un governo per il nostro paese in una situazione complessa difficile, sulle cui connotazioni non starò a tornare perché ne ho già parlato ampiamente.
Ho piena fiducia nel tentativo, nello sforzo a cui si accinge l’onorevole Letta e confido nel successo che è indispensabile perché la prospettiva che si è aperta non ha alternative. Credo che questo sia risultato, come mio convincimento, molto chiaramente dal messaggio che ho rivolto al Parlamento in seduta comune con i delegati delle Regioni lunedì scorso.
Desidero anche aggiungere che è essenziale si affermi in questa fase, nella quale ci sono ancora ricadute polemiche di stagioni immediatamente precedenti, un clima di massimo rispetto reciproco tra le forze politiche; soprattutto tra le forze politiche impegnate a collaborare per la formazione di questo governo, riconoscendo il ruolo che ciascuna di esse deve avere in un governo di così larga convergenza. E’ stato molto importante che ieri la direzione del Partito Democratico abbia assunto la decisione che l’onorevole Letta poco fa ha ricordato. Sappiamo anche quale sia l’impegno del partito del Popolo della Libertà che nell’incontro di ieri è stato ribadito a me nel modo più categorico dal Presidente Berlusconi.
Confido che tutti cooperino – e quando dico tutti mi riferisco anche, in particolare, ai mezzi di informazione – a favorire il massimo di distensione piuttosto che il rinfocolare vecchie tensioni. Penso che questo potrebbe davvero fare bene al paese e ve ne ringrazio fin d’ora.

Il 23 aprile il Presidente della Repubblica svolge un rapido giro di consultazioni con le rappresentanze parlamentari per verificare ogni eventuale aggiornamento delle posizioni già illustrate nelle precedenti consultazioni per la formazione del nuovo Governo.

Calendario consultazioni per la formazione del nuovo governo

10,30 Presidente del Senato della Repubblica: Pietro Grasso

11,00 Presidente della Camera dei Deputati: Laura Boldrini

11,30 Presidente del Gruppo parlamentare Misto del Senato della Repubblica: Loredana De Petris

11,40 Presidente del Gruppo parlamentare Misto della Camera dei Deputati: Pino Pisicchio

11,50 Rappresentanza parlamentare della Südtiroler Volkspartei

12,10 Gruppo parlamentare della Camera dei Deputati “Fratelli d’Italia”

12,20 Presidente del Gruppo parlamentare del Senato della Repubblica “Grandi Autonomie e Libertà”: Mario Ferrara

12,30 Gruppo parlamentare del Senato della Repubblica “Per le Autonomie (SVP, UV, PATT, UPT) – PSI”

12,50 Gruppo parlamentare della Camera dei Deputati “Sinistra Ecologia Libertà”

16,30 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati “Lega Nord e Autonomie”

17,00 Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati “Scelta Civica per l’Italia”: Mario Mauro e Lorenzo Dellai

17,30 Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati “MoVimento 5 Stelle”: Vito Claudio Crimi e Roberta Lombardi

18,00 Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati “Il Popolo della Libertà”: Renato Schifani e Renato Brunetta

18,30 Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati “Partito Democratico”: Luigi Zanda e Roberto Speranza

Il Presidente Napolitano consulterà nel corso della giornata il Presidente Emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono convocati, in seduta comune, lunedì 22 aprile 2013, alle ore 17, con il seguente ordine del giorno: Giuramento e messaggio del Presidente della Repubblica.

Messaggio e giuramento davanti alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

(Aula della Camera dei Deputati, 22/04/2013) Signora Presidente, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori delegati delle Regioni,
lasciatemi innanzitutto esprimere – insieme con un omaggio che in me viene da molto lontano alle istituzioni che voi rappresentate – la gratitudine che vi debbo per avermi con così largo suffragio eletto Presidente della Repubblica. E’ un segno di rinnovata fiducia che raccolgo comprendendone il senso, anche se sottopone a seria prova le mie forze : e apprezzo in modo particolare che mi sia venuto da tante e tanti nuovi eletti in Parlamento, che appartengono a una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia.
So che in tutto ciò si è riflesso qualcosa che mi tocca ancora più profondamente : e cioè la fiducia e l’affetto che ho visto in questi anni crescere verso di me e verso l’istituzione che rappresentavo tra grandi masse di cittadini, di italiani – uomini e donne di ogni età e di ogni regione – a cominciare da quanti ho incontrato nelle strade, nelle piazze, nei più diversi ambiti sociali e culturali, per rivivere insieme il farsi della nostra unità nazionale.
Come voi tutti sapete, non prevedevo di tornare in quest’aula per pronunciare un nuovo giuramento e messaggio da Presidente della Repubblica.
Avevo già nello scorso dicembre pubblicamente dichiarato di condividere l’autorevole convinzione che la non rielezione, al termine del settennato, è “l’alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica”. Avevo egualmente messo l’accento sull’esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell’incarico di Capo dello Stato.
A queste ragioni e a quelle più strettamente personali, legate all’ovvio dato dell’età, se ne sono infine sovrapposte altre, rappresentatemi – dopo l’esito nullo di cinque votazioni in quest’aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso – dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei Presidenti delle Regioni. Ed è vero che questi mi sono apparsi particolarmente sensibili alle incognite che possono percepirsi al livello delle istituzioni locali, maggiormente vicine ai cittadini, benché ora alle prese con pesanti ombre di corruzione e di lassismo. Istituzioni che ascolto e rispetto, Signori delegati delle Regioni, in quanto portatrici di una visione non accentratrice dello Stato, già presente nel Risorgimento e da perseguire finalmente con serietà e coerenza.
E’ emerso da tali incontri, nella mattinata di sabato, un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell’inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell’elezione del Capo dello Stato. Di qui l’appello che ho ritenuto di non poter declinare – per quanto potesse costarmi l’accoglierlo – mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese.
La rielezione, per un secondo mandato, del Presidente uscente, non si era mai verificata nella storia della Repubblica, pur non essendo esclusa dal dettato costituzionale, che in questo senso aveva lasciato – come si è significativamente notato – “schiusa una finestra per tempi eccezionali”. Ci siamo dunque ritrovati insieme in una scelta pienamente legittima, ma eccezionale. Perché senza precedenti è apparso il rischio che ho appena richiamato : senza precedenti e tanto più grave nella condizione di acuta difficoltà e perfino di emergenza che l’Italia sta vivendo in un contesto europeo e internazionale assai critico e per noi sempre più stringente.
Bisognava dunque offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi : passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l’Italia.
E’ a questa prova che non mi sono sottratto. Ma sapendo che quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Ne propongo una rapida sintesi, una sommaria rassegna. Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti – che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale – non si sono date soluzioni soddisfacenti : hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento.
Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato : e l’insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono. Attenzione : quest’ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell’amministrazione, ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme.
Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all’attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi.
La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell’abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti.
Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario.
Molto si potrebbe aggiungere, ma mi fermo qui, perché su quei temi specifici ho speso tutti i possibili sforzi di persuasione, vanificati dalla sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale. Ma ho il dovere di essere franco : se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese.
Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana.
Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell’agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario : l’impegno a trasmettere piena coscienza di “quel che l’Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato”, e delle “grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo”. E aggiunsi di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia “perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto. Questo ci dice la crisi che stiamo attraversando. Crisi mondiale, crisi europea, e dentro questo quadro l’Italia, con i suoi punti di forza e con le sue debolezze, con il suo bagaglio di problemi antichi e recenti, di ordine istituzionale e politico, di ordine strutturale, sociale e civile.”
Ecco, posso ripetere quelle parole di un anno e mezzo fa, sia per sollecitare tutti a parlare il linguaggio della verità – fuori di ogni banale distinzione e disputa tra pessimisti e ottimisti – sia per introdurre il discorso su un insieme di obbiettivi in materia di riforme istituzionali e di proposte per l’avvio di un nuovo sviluppo economico, più equo e sostenibile.
E’ un discorso che – anche per ovvie ragioni di misura di questo mio messaggio – posso solo rinviare ai documenti dei due gruppi di lavoro da me istituiti il 30 marzo scorso. Documenti di cui non si può negare – se non per gusto di polemica intellettuale – la serietà e concretezza. Anche perché essi hanno alle spalle elaborazioni sistematiche non solo delle istituzioni in cui operano i componenti dei due gruppi, ma anche di altre istituzioni e associazioni qualificate. Se poi si ritiene che molte delle indicazioni contenute in quei testi fossero già acquisite, vuol dire che è tempo di passare, in sede politica, ai fatti; se si nota che, specie in materia istituzionale, sono state lasciate aperte diverse opzioni su varii temi, vuol dire che è tempo di fare delle scelte conclusive. E si può, naturalmente, andare anche oltre, se si vuole, con il contributo di tutti.
Vorrei solo formulare, a commento, due osservazioni. La prima riguarda la necessità che al perseguimento di obbiettivi essenziali di riforma dei canali di partecipazione democratica e dei partiti politici, e di riforma delle istituzioni rappresentative, dei rapporti tra Parlamento e governo, tra Stato e Regioni, si associ una forte attenzione per il rafforzamento e rinnovamento degli organi e dei poteri dello Stato. A questi sono stato molto vicino negli ultimi sette anni, e non occorre perciò che rinnovi oggi un formale omaggio, si tratti di forze armate o di forze dell’ordine, della magistratura o di quella Corte che è suprema garanzia di costituzionalità delle leggi. Occorre grande attenzione di fronte a esigenze di tutela della libertà e della sicurezza da nuove articolazioni criminali e da nuove pulsioni eversive, e anche di fronte a fenomeni di tensione e disordine nei rapporti tra diversi poteri dello Stato e diverse istituzioni costituzionalmente rilevanti.
Né si trascuri di reagire a disinformazioni e polemiche che colpiscono lo strumento militare, giustamente avviato a una seria riforma, ma sempre posto, nello spirito della Costituzione, a presidio della partecipazione italiana – anche col generoso sacrificio di non pochi nostri ragazzi – alle missioni di stabilizzazione e di pace della comunità internazionale.
La seconda osservazione riguarda il valore delle proposte ampiamente sviluppate nel documento da me già citato, per “affrontare la recessione e cogliere le opportunità” che ci si presentano, per “influire sulle prossime opzioni dell’Unione Europea”, “per creare e sostenere il lavoro”, “per potenziare l’istruzione e il capitale umano, per favorire la ricerca, l’innovazione e la crescita delle imprese”.
Nel sottolineare questi ultimi punti, osservo che su di essi mi sono fortemente impegnato in ogni sede istituzionale e occasione di confronto, e continuerò a farlo. Essi sono nodi essenziali al fine di qualificare il nostro rinnovato e irrinunciabile impegno a far progredire l’Europa unita, contribuendo a definirne e rispettarne i vincoli di sostenibilità finanziaria e stabilità monetaria, e insieme a rilanciarne il dinamismo e lo spirito di solidarietà, a coglierne al meglio gli insostituibili stimoli e benefici.
E sono anche i nodi – innanzitutto, di fronte a un angoscioso crescere della disoccupazione, quelli della creazione di lavoro e della qualità delle occasioni di lavoro – attorno a cui ruota la grande questione sociale che ormai si impone all’ordine del giorno in Italia e in Europa. E’ la questione della prospettiva di futuro per un’intera generazione, è la questione di un’effettiva e piena valorizzazione delle risorse e delle energie femminili. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a costruttori di impresa e lavoratori che giungono a gesti disperati, a giovani che si perdono, a donne che vivono come inaccettabile la loro emarginazione o subalternità.
Volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se non ci si misura su problemi come quelli che ho citato e che sono stati di recente puntualizzati in modo obbiettivo, in modo non partigiano. Misurarsi su quei problemi perché diventino programma di azione del governo che deve nascere e oggetti di deliberazione del Parlamento che sta avviando la sua attività. E perché diventino fulcro di nuovi comportamenti collettivi, da parte di forze – in primo luogo nel mondo del lavoro e dell’impresa – che “appaiono bloccate, impaurite, arroccate in difesa e a disagio di fronte all’innovazione che è invece il motore dello sviluppo”. Occorre un’apertura nuova, un nuovo slancio nella società ; occorre un colpo di reni, nel Mezzogiorno stesso, per sollevare il Mezzogiorno da una spirale di arretramento e impoverimento.
Il Parlamento ha di recente deliberato addirittura all’unanimità il suo contributo su provvedimenti urgenti che al governo Monti ancora in carica toccava adottare, e che esso ha adottato, nel solco di uno sforzo di politica economico-finanziaria ed europea che meriterà certamente un giudizio più equanime, quanto più si allontanerà il clima dello scontro elettorale e si trarrà il bilancio del ruolo acquisito nel corso del 2012 in seno all’Unione europea.
Apprezzo l’impegno con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico-parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l’influenza che gli spetta : quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento. Non può, d’altronde, reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti.
La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all’aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c’è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all’imperativo costituzionale del “metodo democratico”.
Le forze rappresentate in Parlamento, senza alcuna eccezione, debbono comunque dare ora – nella fase cruciale che l’Italia e l’Europa attraversano – il loro apporto alle decisioni da prendere per il rinnovamento del paese. Senza temere di convergere su delle soluzioni, dal momento che di recente nelle due Camere non si è temuto di votare all’unanimità. Sentendo voi tutti – onorevoli deputati e senatori – di far parte dell’istituzione parlamentare non come esponenti di una fazione ma come depositari della volontà popolare. C’è da lavorare concretamente, con pazienza e spirito costruttivo, spendendo e acquisendo competenze, innanzitutto nelle Commissioni di Camera e Senato. Permettete che ve lo dica uno che entrò qui da deputato all’età di 28 anni e portò giorno per giorno la sua pietra allo sviluppo della vita politica democratica.
Lavorare in Parlamento sui problemi scottanti del paese non è possibile se non nel confronto con un governo come interlocutore essenziale sia della maggioranza sia dell’opposizione. A 56 giorni dalle elezioni del 24-25 febbraio – dopo che ci si è dovuti dedicare all’elezione del Capo dello Stato – si deve senza indugio procedere alla formazione dell’Esecutivo. Non corriamo dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera. Al Presidente non tocca dare mandati, per la formazione del governo, che siano vincolati a qualsiasi prescrizione se non quella voluta dall’art. 94 della Costituzione : un governo che abbia la fiducia delle due Camere. Ad esso spetta darsi un programma, secondo le priorità e la prospettiva temporale che riterrà opportune.
E la condizione è dunque una sola : fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto, sapendo quali prove aspettino il governo e quali siano le esigenze e l’interesse generale del paese. Sulla base dei risultati elettorali – di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no – non c’è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto – se si preferisce questa espressione – si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie, e cioè anche tra maggioranza e opposizione, per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale.
D’altronde, non c’è oggi in Europa nessun paese di consolidata tradizione democratica governato da un solo partito – nemmeno più il Regno Unito – operando dovunque governi formati o almeno sostenuti da più partiti, tra loro affini o abitualmente distanti e perfino aspramente concorrenti.
Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell’idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche. O forse tutto questo è più concretamente il riflesso di un paio di decenni di contrapposizione – fino allo smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile – come non mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti.
Lo dicevo già sette anni fa in quest’aula, nella medesima occasione di oggi, auspicando che fosse finalmente vicino “il tempo della maturità per la democrazia dell’alternanza” : che significa anche il tempo della maturità per la ricerca di soluzioni di governo condivise quando se ne imponga la necessità. Altrimenti, si dovrebbe prendere atto dell’ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata.
Ma non è per prendere atto di questo che ho accolto l’invito a prestare di nuovo giuramento come Presidente della Repubblica. L’ho accolto anche perché l’Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno. E farò a tal fine ciò che mi compete : non andando oltre i limiti del mio ruolo costituzionale, fungendo tutt’al più, per usare un’espressione di scuola, “da fattore di coagulazione”. Ma tutte le forze politiche si prendano con realismo le loro responsabilità : era questa la posta implicita dell’appello rivoltomi due giorni or sono.
Mi accingo al mio secondo mandato, senza illusioni e tanto meno pretese di amplificazione “salvifica” delle mie funzioni ; eserciterò piuttosto con accresciuto senso del limite, oltre che con immutata imparzialità, quelle che la Costituzione mi attribuisce. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno. Inizia oggi per me questo non previsto ulteriore impegno pubblico in una fase di vita già molto avanzata ; inizia per voi un lungo cammino da percorrere, con passione, con rigore, con umiltà. Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio.
Viva il Parlamento! Viva la Repubblica! Viva l’Italia!

Il 20 aprile, al sesto scrutinio, Giorgio Napolitano è eletto al suo secondo mandato come Presidente della Repubblica con 738 voti.

Dichiarazione del Presidente Napolitano dopo la comunicazione dell’esito del voto

(Palazzo del Quirinale, 20/04/2013) Desidero innanzitutto rivolgere il mio saluto e il mio omaggio alla Presidente della Camera e, con lei, al Presidente del Senato che hanno sperimentato la fatica e la tensione del presiedere una seduta comune insieme con i delegati regionali: una seduta comune che già di per sé, per la sua stessa natura, è altamente impegnativa e che è risultata particolarmente tormentosa. Li ringrazio, quindi, di questa loro dedizione.
Potete immaginare come io abbia accolto, con animo grato, la fiducia espressa liberamente sul mio nome dalla grande maggioranza degli appartenenti dei componenti l’Assemblea dei Parlamentari e dei delegati regionali. E come abbia egualmente accolto la fiducia con cui tanti cittadini hanno ansiosamente atteso una positiva conclusione della prova cruciale e difficile dell’elezione del Presidente della Repubblica.
Ringrazio la stampa per come ha seguito e per come è chiamata a raccontare con obiettività i fatti di questa speciale giornata.
Lunedì dinanzi alle Camere, concordando in questo senso la convocazione della seduta comune, avrò modo di dire quali sono i termini entro i quali ho ritenuto di potere accogliere in assoluta limpidezza l’appello rivoltomi ad assumere ancora l’incarico di Presidente. E preciserò come intenda attenermi rigorosamente all’esercizio delle mie funzioni istituzionali.
Auspico fortemente che tutti sapranno nelle prossime settimane, a partire dai prossimi giorni, onorare i loro doveri concorrendo al rafforzamento delle istituzioni repubblicane.
Dobbiamo guardare tutti, come io ho cercato di fare in queste ore, alla situazione difficile del Paese, ai problemi dell’Italia e degli italiani, all’immagine e al ruolo internazionale del nostro Paese.

Il 18 ed il 19 aprile nei primi quattro scrutini nessuno ottiene il quorum richiesto.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica sono convocati, in seduta comune, con la partecipazione dei delegati regionali giovedì 18 aprile 2013, alle ore 10, per l’elezione del Presidente della Repubblica. – Convocazione del Parlamento in seduta comune (13A03426) (GU n.88 del 15-4-2013) –

L’elezione ha luogo per scrutinio segreto. Nei primi tre scrutini è necessaria la maggioranza dei due terzi, pari a 672 voti, dei 1007 elettori, dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza semplice, pari a 504 voti.

Il 12 aprile i due gruppi di lavoro individuati dal Presidente della Repubblica presentano l’esito delle loro riflessioni.

Intervento del Presidente Napolitano
alla Riunione per la consegna delle relazioni conclusive dei Gruppi di lavoro

(Palazzo del Quirinale, 12/04/2013) Mi si lasci innanzitutto ringraziare grandemente le personalità politiche e istituzionali che hanno accettato di far parte dei due gruppi di lavoro da me chiamati il 30 marzo a mettere a fuoco temi di estrema attualità e importanza in campo istituzionale e in campo economico-sociale ed europeo. Vi ringrazio per la pronta disponibilità, e per l’impegno intenso e disinteressato con cui avete assolto il mandato ricevuto in un tempo così ristretto.
Nelle premesse alle due relazioni si richiama con assoluta correttezza il senso e il limite del compito da assolvere, con la giusta attenzione a non interferire né con l’attività del Parlamento né con le decisioni che spettano alle forze politiche. Una selezione delle questioni di maggior rilievo da affrontare nell’uno e nell’altro campo, un elenco ragionato di possibili linee di azione, lasciando alle forze politiche l’apprezzamento dei margini di convergenza e di divergenza su proposte da considerare ai fini di un impegno di governo.
Le relazioni che mi sono state presentate questa mattina faranno parte delle mie consegne al nuovo Presidente della Repubblica, oltre che essere oggetto, in questi giorni, della mia personale, ulteriore riflessione. Esse saranno rese subito disponibili sul sito del Quirinale e potranno essere dunque valutate obbiettivamente da tutti. Mi auguro che al di là di dubbi e riserve che hanno accompagnato lo stesso annuncio della istituzione dei due gruppi, si riconosca la serietà del lavoro compiuto, pur nella piena libertà, com’è ovvio, di giudizio critico da parte di chiunque.
Insieme con la serietà dell’impegno esplicato dai componenti dei due gruppi, la cui esperienza – anche in posizioni di vertice – in prestigiose istituzioni indipendenti e in Parlamento, costituivano già in partenza un’indubbia garanzia, vorrei mettere in rilievo la prova di attitudine al dialogo, al confronto, alla condivisione che ci è stata fornita. Sono state largamente espresse posizioni comuni a conclusione del lavoro, pur non trascurando diversità di opinione rimaste tali su taluni punti. Un metodo e un clima, insomma, che ci incoraggiano nell’auspicio di analoghi sforzi di buona volontà e d’intesa anche nei luoghi della politica e nelle assemblee rappresentative.
L’iniziativa di istituire questi gruppi di lavoro, il mandato ad essi affidato, le relazioni che ne sono scaturite, rappresentano il contributo conclusivo – alla vigilia del compimento del mio mandato e della scelta del nuovo Presidente – che sono stato in grado di dare alla soluzione del problema del governo dopo le elezioni del 24 febbraio. Le due relazioni valgono a porre più che mai al centro dell’attenzione delle forze politiche i problemi essenziali cui sono legati sia il soddisfacimento delle attese e dei bisogni più urgenti dei cittadini e del paese e lo sviluppo futuro dell’Italia, e della società e della democrazia italiana. E sviluppo futuro significa prospettiva per un’intera giovane generazione, oggi fortemente inquieta. Una seria considerazione – anche con l’ausilio delle analisi e delle indicazioni fornite dai due gruppi di lavoro – dei problemi da affrontare, delle situazioni critiche da superare, delle potenzialità da cogliere e mettere a frutto, può stimolare la ricerca di convergenze tra le forze politiche, può favorire un clima costruttivo nel nuovo Parlamento, suggerire forme praticabili – nel quadro segnato dai risultati elettorali – di condivisione delle responsabilità di governo e dei percorsi di riforma necessari. Quel che trasmetto è dunque, credo, un testimone concreto e significativo.
Dai due cicli di consultazioni da me tenuti – senza perdere nemmeno un giorno dopo l’insediamento delle nuove Camere – tra il 20 e il 30 marzo, è risultato chiaramente che solo da scelte di collaborazione che spetta alle forze politiche compiere, segnandone i termini e i confini, può scaturire la formazione del nuovo governo di cui il paese ha urgente bisogno. Tale soluzione non poteva dunque nascere per impulso del Presidente della Repubblica uscente ripercorrendo un sentiero analogo a quello battuto con successo nel novembre del 2011. La parola e le decisioni toccano alle forze politiche, e starà al mio successore trarne le conclusioni.

Il 3 aprile viene reso noto che la seduta del Parlamento per l’elezione del nuovo Capo dello Stato potrà aver luogo a partire dal 18 aprile 2013

La seduta comune del Parlamento, integrato dai delegati regionali, per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, potrà aver luogo già a partire da giovedì 18 aprile. Il Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, nella sua qualità di Presidente del Parlamento, nel comunicare che provvederà lunedì 15 aprile a diramare le convocazioni previste dal secondo comma dell’art. 85 della Costituzione, ha precisato che “su invito” del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e “sentito” il Presidente del Senato, Pietro Grasso, la seduta potrà aver luogo appunto già a partire da giovedì 18 aprile, “confidando che gli adempimenti relativi alla designazione da parte delle Regioni dei propri delegati si svolgano con la massima tempestività”.
Nella stessa comunicazione del Presidente della Camera si ricorda che, per quanto concerne il Friuli Venezia Giulia il cui Consiglio regionale è in corso di rinnovo, come avvenuto in altre analoghe occasioni, il Consiglio uscente ha già provveduto alle designazioni.

Il 2 aprile 2013 si è svolto un incontro tra il Presidente della Repubblica ed i componenti dei gruppi di lavoro in materia economico-finanziaria ed europea e sulle materie istituzionali.

“Il tempo giusto per i due gruppi di lavoro è tra otto e dieci giorni”

“Sabato ho proceduto in condizioni di particolare urgenza e difficoltà, data anche la coincidenza festiva, alla ricerca di persone che per funzioni di vertice in varie istituzioni e per esperienze concrete compiute in rapporto ad alcuni temi essenziali potessero dare il contributo richiesto. L’indubbio valore dei nomi da me subito resi noti, non mi ha messo al riparo da equivoci e dubbi circa i criteri della scelta o la non presenza di altri nomi certamente validi”. Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è rivolto prima al gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea – composto dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, dal presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella, dal membro del Direttorio della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, dall’on. Giancarlo Giorgetti e dal sen. Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali operanti alla Camera e al Senato, e dal ministro Enzo Moavero Milanesi – e poi a quello in materia istituzionale – di cui fanno parte il presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida, il sen. Mario Mauro, il sen. Gaetano Quagliariello e il prof. Luciano Violante – nelle rispettive riunioni odierne al Quirinale.
“Comprendo – ha continuato il Presidente Napolitano – il disappunto che con accenti polemici si è espresso per non aver inserito in quella rosa delle personalità femminili, anche individuandole al di fuori di vertici istituzionali cui non abbiano avuto finora accesso. Mi dispiace e me ne scuso, pur trattandosi di organismi non formalizzati e di breve durata cui ho dato vita con obbligata estrema rapidità. Per nomine più sostanziali e di lungo periodo, come quelle che mi è spettato fare per la Corte Costituzionale e per il CNEL, ho dato il giusto peso alla componente femminile. E ai gruppi di lavoro ora istituiti saranno certamente ben presenti gli apporti venuti su molteplici temi da personalità femminili”.
“Vorrei però – ha affermato a questo punto il Capo dello Stato – soprattutto cogliere l’occasione, visto che questa modesta decisione – perché si tratta di una decisione di portata assai limitata – ha dato luogo anche a reazioni di sospetto e interpretazioni francamente sconcertanti, per osservare che è del tutto ovvio che qui non si crea nulla che possa interferire né nell’attività del Parlamento, anche in questa fase in cui lavora nei limiti noti, né nelle decisioni che spettano alle forze politiche. Io mi sono trovato in una condizione di impossibilità a proseguire nella ricerca di una soluzione alla crisi di governo, data la rigidità delle posizioni delle principali forze politiche. E ho detto chiaramente che attraverso questi gruppi si può concorrere almeno a creare condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare una situazione politica irrigidita in posizioni inconciliabili. Questo non significa, se mi permettete, che questi gruppi di lavoro indicheranno un tipo o un altro di soluzioni di governo. Indicheranno quali sono, rimettendo un po’ al centro dell’attenzione problemi seri, urgenti e di fondo del paese, questioni da affrontare – sia di carattere istituzionale sia di carattere economico-sociale nel contesto europeo – anche permettendo una misurazione delle divergenze e convergenze in proposito”.
Nell’incontro con i componenti del gruppo di lavoro sulle materie istituzionali, svoltosi dopo la riunione del gruppo in materia economico-finanziario ed europeo, il presidente Napolitano ha affermato di aver “molto apprezzato il contributo che già questa mattina hanno cominciato a dare i Presidenti delle Commissioni speciali del Senato e della Camera per l’esame di atti di governo che sono strumenti previsti dai regolamenti quando ci sia una situazione di crisi di governo in atto e il Parlamento debba comunque pronunciarsi anche su provvedimenti legittimi del governo dimissionario in carica. Perché anche attraverso quello che ci hanno detto i due presidenti – l’on. Giorgetti e il sen. Bubbico – e come ho potuto vedere dai resoconti delle due Commissioni, si è lavorato in modo molto dialogante e costruttivo. Quindi, spero di aver chiarito così anche la questione della durata temporale dei gruppi di lavoro. Essa è segnata intanto dal fatto che sono gruppi che ho preso l’iniziativa di creare avendo io stesso un tempo segnato, come tutti sanno, e non pensando che siano gruppi di lavoro che scavalchino il tempo della mia presidenza”.
E il Presidente Napolitano ha precisato: “Per essere utili, il tempo giusto è tra otto e dieci giorni”.

Il 30 marzo 2013 il Presidente della Repubblica conferma lo ‘stallo’ delle posizioni politiche ed il suo impegno a trovare una soluzione per il prossimo esecutivo.
Vengono definiti i due gruppi di lavoro che, su invito del Presidente della Repubblica, si riuniranno nel corso della prossima settimana, stabilendo contatti con i presidenti di tutti i gruppi parlamentari, su temi di carattere
– istituzionale
(prof. Valerio Onida, sen. Mario Mauro, sen. Gaetano Quagliariello, prof. Luciano Violante)
– economico-sociale ed europeo
(prof. Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, prof. Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dottor Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca d’Italia, on. Giancarlo Giorgetti e sen. Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali operanti alla Camera e al Senato, e il ministro Enzo Moavero Milanesi).

Dichiarazione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

(Palazzo del Quirinale, 30/03/2013) Gli incontri svoltisi in Quirinale nella giornata di ieri con i rappresentanti delle forze politiche presenti in Parlamento mi hanno permesso di accertare la persistenza di posizioni nettamente diverse rispetto alle possibili soluzioni da dare al problema della formazione del nuovo governo. Ciò è d’altronde risultato chiaro pubblicamente attraverso le dichiarazioni rese al termine da ciascun gruppo.
Ritengo di dover ancora una volta sottolineare l’esigenza che da parte di tutti i soggetti politici si esprima piena consapevolezza della gravità e urgenza dei problemi del paese e quindi un accentuato senso di responsabilità al fine di rendere possibile la costituzione di un valido governo in tempi che non si prolunghino insostenibilmente, essendo ormai trascorso un mese dalle elezioni del nuovo Parlamento.
Tuttavia, non può sfuggire agli italiani e all’opinione internazionale che un elemento di concreta certezza nell’attuale situazione del nostro paese è rappresentato dalla operatività del governo tuttora in carica, benché dimissionario e peraltro non sfiduciato dal Parlamento : esso ha annunciato e sta per adottare provvedimenti urgenti per l’economia, d’intesa con le istituzioni europee e con l’essenziale contributo del nuovo Parlamento attraverso i lavori della Commissione speciale presieduta dall’on. Giorgetti.
Nella prospettiva ormai ravvicinata dell’elezione del nuovo Capo dello Stato – che mi auguro veda un’ampia intesa tra le forze politiche – sono giunto alla conclusione che, pur essendo ormai assai limitate le mie possibilità di ulteriore iniziativa sul tema della formazione del governo, posso fino all’ultimo giorno concorrere almeno a creare condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare una situazione politica irrigidita tra posizioni inconciliabili.
In questo senso mi accingo a chiedere a due gruppi ristretti di personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze di formulare – su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo – precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche. Ciò potrà costituire comunque materiale utile : voglio dire anche per i compiti che spetteranno al nuovo Presidente della Repubblica nella pienezza dei suoi poteri.
Continuo dunque a esercitare fino all’ultimo giorno il mio mandato, come il senso dell’interesse nazionale mi suggerisce: non nascondendo al paese le difficoltà che sto ancora incontrando e ribadendo operosamente la mia fiducia nella possibilità di responsabile superamento del momento cruciale che l’Italia attraversa.

Il 29 marzo 2013 si svolgono nuove consultazioni del Presidente della Repubblica con i Gruppi parlamentari secondo il calendario di seguito riportato:

– Ore 11.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Il Popolo della Libertà
Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Lega Nord e Autonomie
– Ore 16.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati MoVimento 5 Stelle
– Ore 17.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica Scelta Civica per l’Italia e della Camera dei Deputati Lista Civica per l’Italia
– Ore 18.00 Gruppo parlamentare della Camera dei Deputati Sinistra Ecologia e Libertà
-Ore 18.30 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Partito Democratico

Riflessione del Presidente dopo l’accertamento personale degli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale

Il Presidente della Repubblica ha avuto una serie di incontri nel quadro delle iniziative che senza indugio aveva deciso di svolgere per “accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale” dopo che l’on. Pier Luigi Bersani gli aveva riferito dell’esito non risolutivo delle consultazioni svolte a seguito dell’incarico conferitogli lo scorso 22 marzo.
Le consultazioni al Quirinale sono iniziate in mattinata con la delegazione del Popolo della Libertà e della Lega, sono proseguite nel pomeriggio con gli incontri con i rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, di Scelta Civica per l’Italia e di Sinistra Ecologia e Libertà, e si sono concluse con il Partito Democratico.
Al termine degli incontri, il Presidente Napolitano si è riservato una riflessione su quanto emerso.

Il 28 marzo 2013 l’onorevole Bersani riferisce al Capo dello Stato che le consultazioni da lui effettuate con le forze politiche non hanno dato esito risolutivo.

Iniziative senza indugio del Presidente per accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al palazzo del Quirinale l’on. Pier Luigi Bersani, che gli ha riferito l’esito delle consultazioni svolte a seguito dell’incarico conferitogli lo scorso 22 marzo, consultazioni il cui esito non è stato risolutivo.
Il Presidente della Repubblica si è riservato di prendere senza indugio iniziative che gli consentano di accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale.

Il 22 marzo 2013 il Presidente della Repubblica conferisce madato all’onorevole Pier Luigi Bersani per la formazione del Governo.

Conferito l’incarico per la formazione del governo all’onorevole Bersani

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto questo pomeriggio, al Palazzo del Quirinale, l’onorevole dottor Pier Luigi Bersani, al quale ha conferito l’incarico di verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, che consenta la formazione del Governo. Il Capo dello Stato ha invitato l’onorevole Bersani a riferire appena possibile.

“L’Italia deve darsi un governo operante nella pienezza dei suoi poteri; occorre assicurare la vitalità della nuova legislatura”

“Si apre oggi una fase decisiva per dare all’Italia un nuovo governo sulla base dei risultati elettorali : l’incarico che sto per dare costituisce il primo passo del cammino che dovrà condurci al più presto al raggiungimento dell’obbiettivo”. Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontrando i giornalisti prima di affidare all’on. Pierluigi Bersani l’incarico.

“Dico ‘al più presto’ – ha aggiunto il Capo dello Stato – perché il paese è premuto da problemi che esigono la nascita di un esecutivo e l’avvio di una normale e piena attività legislativa, al di là dei provvedimenti urgenti che il governo dimissionario riterrà di adottare ed è in grado di adottare”.

“Ma reagisco – ha sostenuto il Presidente Napolitano – a certe affermazioni che si ascoltano nel dibattito pubblico, infondatamente polemiche per il tempo che stanno prendendo gli adempimenti post-elettorali : non è ancora trascorso un mese dalle elezioni del 24 febbraio, da una settimana si sono insediate le nuove Camere, e mi complimento per il fatto che da ieri si sono definiti i rispettivi Uffici di Presidenza, significativamente rappresentativi di tutte le componenti politiche. Nella fase che ora si apre occorre procedere senza sterili lungaggini ma con grande ponderazione ed equilibrio. A chi se la prende con le presunte lentezze italiane, segnalo che nei due paesi di democrazia parlamentare in cui si sono svolte delicate consultazioni elettorali tra l’autunno scorso e l’inizio di quest’anno, sono occorsi, per la formazione dei nuovi governi, circa due mesi, in Olanda 54 giorni e in Israele 55 giorni”.

“L’essenziale è mostrare a noi stessi, all’Europa e alla comunità internazionale – ha sottolineato il Capo dello Stato – quanto apprezziamo e coltiviamo il valore della stabilità istituzionale, non minore di quello della stabilità finanziaria : da entrambi dipende il grado di affidabilità del nostro paese. L’Italia deve darsi un governo operante nella pienezza dei suoi poteri ; occorre assicurare la vitalità e fecondità della nuova legislatura, del nuovo Parlamento. E’ così che possiamo contribuire anche al consolidamento delle istituzioni europee, del loro impegno e del loro ruolo in un periodo così difficile e decisivo per il nostro comune futuro : ci assumeremmo altrimenti una grave responsabilità, tradiremmo le attese che ci sono state manifestate anche nei giorni scorsi dai rappresentanti di paesi amici, in primo luogo ma non solo europei, convenuti a Roma per rendere omaggio al nuovo Pontefice”.

Dalle consultazioni condotte al Quirinale con esponenti di tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, già nel passato scese in campo o di nuova formazione – partiti, movimenti, liste – il Capo dello Stato ha tratto “il senso di una larga condivisione della necessità istituzionale di fondo che ho ricordato. Diverse sono state naturalmente le indicazioni che mi sono state prospettate circa il modo di risolvere la crisi di governo e di aprire senza indugio il confronto in Parlamento sulle questioni che sono state al centro delle preoccupazioni e delle scelte dei cittadini elettori. Non si può ignorare la vastità e acutezza del malessere sociale che si è manifestato nel voto, insieme con l’asprezza dell’insoddisfazione e della polemica nei confronti del sistema dei partiti e dei vigenti meccanismi politico-istituzionali. Di qui istanze di radicale cambiamento che mi sono state manifestate dal ‘Movimento 5 Stelle’, confortato da un rilevante successo elettorale. Altre, importanti forze politiche hanno, nel corso delle consultazioni, espresso a loro volta una volontà di deciso cambiamento da perseguire attraverso riforme solo avviate o da tempo invano attese. Ma non tocca certo a me – ha sostenuto il Presidente Napolitano – vagliare piattaforme programmatiche, su cui dovranno pronunciarsi partiti e gruppi parlamentari nelle prossime discussioni finalizzate alla formazione del governo. A tutti, credo di poter dire, è apparsa chiara la portata delle sfide da affrontare. In considerazione di ciò, si è ricavata – da parte della coalizione guidata dall’on. Berlusconi ma anche da parte di altri – l’esigenza di un governo di vasta unione, che conti innanzitutto sulle due maggiori forze parlamentari, ovvero – come si dice in linguaggio europeo – di grande coalizione. Ma le difficoltà a procedere in questo senso sono apparse rilevanti : per effetto di antiche e profonde divergenze e contrapposizioni, che si erano attenuate nel corso del 2012 in funzione del sostegno al governo Monti ma sono riesplose con la rottura di fine anno. E’ un fatto che, se si erano realizzate importanti convergenze, ad esempio con la riforma dell’art. 81 della Costituzione, sono rimaste bloccate proposte pur concordate di modifica di vari punti della seconda parte della Carta e intenzioni dichiarate di riforma della legge elettorale. Peraltro, anche negli scorsi anni, caratterizzati da una dialettica bipolare tra coalizioni di governo e di opposizione, avevo sempre messo in luce l’esigenza di larghe intese tra gli opposti schieramenti su scelte di interesse generale, da quelle relative a garanzie di equilibrio istituzionale alle riforme del sistema politico-costituzionale, agli impegni di politica europea, internazionale e di sicurezza. Insisto – ha detto il Capo dello Stato – sulla necessità di larghe intese di quella natura, a complemento del processo di formazione del governo che potrebbe concludersi anche entro ambiti più caratterizzati e ristretti. Occorrerà comunque – per salvaguardare la posizione dell’Italia e anche per rafforzarne l’assertività e capacità di spinta innovativa nel concerto europeo – forte spirito di coesione nazionale. Al di là di quelle che potranno essere normali dialettiche maggioranza di governo/opposizione. Anche quella parte della popolazione che più soffre per la crisi economica e sociale e che più sollecita cambiamenti effettivi è interessata allo sviluppo di confronti concreti e costruttivi, piuttosto che a scontri totali e paralizzanti”.

“Si parta intanto – ha rilevato il Presidente Napolitano – con l’impegno a far nascere un nuovo governo. Ho ripercorso la prassi costituzionale quale si è venuta consolidando ed evolvendo per ciò che concerne il procedimento volto alla formazione del governo. Come ha scritto un autorevole studioso e interprete della nostra Legge fondamentale (Enzo Cheli), ‘particolare stringatezza’ presenta in essa ‘la disciplina relativa alla nomina del Presidente del Consiglio, che la Costituzione subordina soltanto al fine della formazione di un governo in grado di ottenere la fiducia delle Camere’, consentendo quindi al Capo dello Stato – specie in assenza di risolutivi risultati elettorali – la necessaria discrezionalità anche attraverso la creazione di diverse figure di incarico. Dinanzi alla complessa articolazione delle posizioni emerse nelle consultazioni, sono giunto alla conclusione che il destinatario dell’incarico, nei termini che preciserò, vada individuato nel capo della coalizione di centro-sinistra, da essa designato anche con una procedura di partecipazione democratica nella persona dell’on. Bersani. Tale coalizione, avendo ottenuto – sia pure grazie a un margine di vantaggio assai ristretto sulla coalizione di centro-destra – la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e una posizione di maggioranza relativa al Senato, è obbiettivamente in condizioni più favorevoli per ricercare una pur difficile soluzione al problema del governo, attraverso tutti gli opportuni contatti con le altre forze politiche rappresentate in Parlamento, e non solo con esse”.

“Ho pertanto conferito – ha concluso il Presidente della Repubblica – in continuità con eloquenti, appropriati e non lontani precedenti – all’on. Pierluigi Bersani l’incarico di verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, tale da consentire la formazione di un governo che ai sensi del 1° comma dell’art. 94 della Costituzione abbia la fiducia delle due Camere. Egli mi riferirà, sull’esito della verifica compiuta, appena possibile”.

Le consultazioni al Quirinale per il nuovo esecutivo si svolgono il 20 e 21 marzo 2013.

Si riporta di seguito il calendario:

Giornata di mercoledì 20 marzo 2013

ORE 10.00 Presidente del Senato della Repubblica: Pietro Grasso
ORE 10.45 Presidente della Camera dei Deputati: Laura Boldrini
ORE 11.30 Gruppo Parlamentare Misto del Senato della Repubblica
ORE 12.00 Gruppo Parlamentare Misto della Camera dei Deputati
ORE 12.30 Rappresentanza della Südtiroler Volkspartei
ORE 12.50 Rappresentanza parlamentare della minoranza linguistica della Valle d’Aosta
ORE 16.30 Gruppo parlamentare del Senato della Repubblica Per le Autonomie-PSI
ORE 17.00 Gruppo parlamentare della Camera dei Deputati Sinistra Ecologia Libertà
ORE 18.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Scelta Civica per l’Italia

Giornata di giovedì 21 marzo 2013

ORE 9.30 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Movimento 5 Stelle
ORE 10.30 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Il Popolo delle Libertà
Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Lega Nord e Autonomie
ORE 12.15 Presidente Emerito della Repubblica, Senatore Carlo Azeglio Ciampi
ORE 18.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Partito Democratico

Le Camere il 21 marzo 2013 eleggono il proprio Consiglio di Presidenza (quattro Vicepresidenti, tre Questori e otto Segretari).

Sabato 16 marzo 2013 sono eletti alla quarta votazione i presidenti della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, e del Senato della Repubblica, Piero Grasso.

 PRESIDENTE. (Pronunzia, stando in piedi, il seguente discorso). Care deputate e cari deputati, permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e la responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa Assemblea.
Vorrei, innanzitutto, rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’Assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Applausi – I deputati si levano in piedi), che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei valori della Costituzione repubblicana.
Vorrei, inoltre, inviare un saluto cordiale al Presidente della Corte costituzionale e al Presidente del Consiglio. Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’Aula (Applausi).
Sono sicura che, in un momento così difficile per il nostro Paese, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.
Vorrei rivolgere, inoltre, un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al Presidente Gianfranco Fini, che ha svolto con responsabilità la sua funzione istituzionale (Applausi).
Arrivo a questo incarico dopo avere trascorso tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno (Applausi).
Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno. Questa Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia (Applausi).
Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore (Prolungati applausi), ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento.
Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante (Applausi), come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato (Applausi), ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana (Applausi) e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio (Applausi).
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti (Applausi).
Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore e inesplorata di un disabile.
In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo (Prolungati applausi).
Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi, a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa (Prolungati applausi). Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto. E molto, molto, dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta (Applausi), che ricordiamo con commozione oggi, nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.
Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio nel dare piena dignità alla nostra istituzione, che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica (Applausi), rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani (Prolungati applausi).
Sarò la Presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato. Mi impegnerò perché la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese. L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea. Dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate con lungimiranza da Altiero Spinelli (Applausi). Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, appunto un luogo della libertà, della fraternità e della pace.
Anche i protagonisti della vita spirituale e religiosa ci spronano ad osare di più. Per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice (Generali applausi), venuto emblematicamente dalla fine del mondo.
A Papa Francesco il saluto carico di speranza di tutti noi.
Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite, in cui ho lavorato per 24 anni, e permettetemi, visto che questo è stato fino ad oggi il mio impegno, un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce (Applausi). Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni.
Sento forte l’alto richiamo del Presidente della Repubblica all’unità del Paese. Un richiamo che quest’Aula è chiamata a raccogliere con pienezza e convinzione. La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione (Prolungati applausi).
Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio: cercherò di portare, assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà, la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto i nostri figli. Grazie (Vivi, prolungati applausi).

 

 

PRESIDENTE. (Si leva in piedi). Care senatrici, cari senatori, mi scuserete ma voglio rivolgere questo primo discorso soprattutto a quei cittadini che stanno seguendo i lavori di quest’Aula con apprensione e con speranza per il futuro di questo Paese.

Il Paese mai come oggi ha bisogno di risposte rapide ed efficaci, all’altezza della crisi economica, sociale e politica che sta vivendo. Mai come ora, la storia italiana si intreccia con quella europea, e i destini sono comuni. Mai come oggi il compito della politica è quello di restituire ai cittadini la coscienza di questa sfida.

Quando ieri sono entrato per la prima volta da senatore in quest’Aula mi ha colpito l’affresco sul soffitto, che vi invito a guardare. Riporta quattro parole, che sono state sempre di grande ispirazione per la mia vita e che spero lo saranno ogni giorno per ciascuno di noi nei lavori che andremo ad affrontare: giustizia, diritto, fortezza e concordia. Quella concordia, quella pace sociale di cui il Paese ha ora disperatamente bisogno.

Domani è l’anniversario dell’Unità d’Italia, quel 17 marzo di 152 anni fa in cui è cominciata la nostra storia come comunità nazionale dopo un lungo e difficile cammino di unificazione. Nei 152 anni della nostra storia, soprattutto nei momenti più difficili, abbiamo saputo unirci, superare le differenze, affermare con fermezza i nostri valori comuni e trovare insieme un sentiero condiviso.

Il primo pensiero va sicuramente alla fase costituente della nostra Repubblica, quando uomini e donne di diversa cultura hanno saputo darci quella che ancora oggi è considerata una delle Carte costituzionali più belle e più moderne del mondo. (Applausi).

Lasciatemi in questo momento ricordare Teresa Mattei. (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi). Teresa Mattei, che ci ha lasciato pochi giorni fa e che dell’Assemblea costituente fu la più giovane donna eletta, per tutta la vita è stata attiva per affermare e difendere i diritti delle donne, troppo spesso calpestati anche nel nostro Paese.

Siamo davanti a un passaggio storico straordinario: abbiamo il dovere di esserne consapevoli, il diritto e la responsabilità di indicare un cambiamento possibile, perché è in gioco la qualità della democrazia che stiamo vivendo. Allo stesso tempo dobbiamo avviare un cammino a lungo termine, dobbiamo davvero iniziare una nuova fase costituente che sappia stupire e stupirci.

Oggi è il 16 marzo, e non posso che ringraziare il presidente Colombo che stamattina ci ha commosso con il ricordo dell’anniversario del rapimento di Aldo Moro (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi) e della strage di via Fani dove trovarono la morte – come lui stesso ha ricordato – i cinque agenti di scorta Raffaele Jozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Al loro sacrificio di servitori dello Stato va il nostro omaggio deferente e commosso.(Generali applausi).

Oggi bisogna ridare dignità e risorse alle forze dell’ordine e alla magistratura. Sono trascorsi 35 anni da quel tragico giorno, che non fu solo il dramma di un uomo e di una famiglia, ma dell’intero Paese. In Aldo Moro il terrorismo brigatista individuò il nemico più consapevole di un progetto davvero riformatore: l’uomo e il dirigente politico che aveva compreso il bisogno e le speranze di rigenerazione che animavano dal profondo e tormentavano la società italiana.

Come Moro scrisse in un suo saggio giovanile, «Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino».

Oggi, inoltre, migliaia di giovani a Firenze hanno partecipato alla Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia. (Applausi). Vi confesso che mi è molto dispiaciuto non poter essere con loro, come ogni anno. Hanno pronunciato e ascoltato gli oltre 900 nomi di vittime della criminalità organizzata: nomi di cittadini, appartenenti alle forze dell’ordine, sindacalisti, politici, amministratori locali, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, magistrati, persone innocenti uccise nel pieno della loro vita. Il loro impegno, il loro sacrificio, il loro esempio dovrà essere il nostro faro.

Ho dedicato la mia vita alla lotta alla mafia in qualità di magistrato e devo dirvi che, dopo essermi dimesso dalla magistratura, pensavo di poter essere utile al Paese in forza della mia esperienza professionale nel mondo della giustizia. Ma la vita riserva sempre delle sorprese.

Oggi interpreto questo mio nuovo e imprevisto impegno con spirito di servizio, per contribuire alla soluzione dei problemi di questo Paese.

Ho sempre cercato verità e giustizia e continuerò a cercarle da questo scranno, auspicando che venga istituita una nuova Commissione d’inchiesta su tutte le stragi irrisolte del nostro Paese. (Applausi).

Se oggi, davanti a voi, dovessi scegliere un momento in cui raccogliere la storia della mia vita professionale precedente non vorrei limitarmi a menzionare gli amici e i colleghi caduti in difesa della democrazia e dello Stato di diritto, che io ho conosciuto: non c’è, infatti, un solo nome, un volto, che può racchiuderli tutti e purtroppo, se dovessi citarli tutti, la lista sarebbe – ahimè! – troppo lunga.

Mi viene, piuttosto, in mente e nel cuore un momento che li abbraccia a uno a uno: è il ricordo della voce e delle parole di una giovane donna. Mi riferisco al dolore straziato di Rosaria Costa, la moglie dell’agente Vito Schifani, morto insieme ai colleghi Rocco Dicillo e Antonino Montinaro nella strage di Capaci del 22 maggio 1992, in cui persero la vita anche Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Non ho dimenticato le sue parole il giorno dei funerali del marito, quel microfono strappato ai riti e alle convenzioni delle cerimonie. (I senatori eletti nelle liste «Movimento 5 Stelle Grillo» si levano in piedi). «Chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare. (…) loro non cambiano (…) loro non vogliono cambiare. (…) Vi chiediamo (…) di operare anche voi per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti (…)». (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi).

Giustizia e cambiamento: questa è la sfida che abbiamo davanti. Ci attende un intenso lavoro comune, per rispondere con i fatti alle attese dei cittadini che chiedono anzitutto più giustizia sociale, più etica, nella consapevolezza che il lavoro è uno dei principali problemi di questo Paese. Penso alle risposte che al più presto – ed è già tardi – dovremo dare ai disoccupati, ai cassaintegrati, agli esodati, alle imprese, a tutti quei giovani che vivono una vita a metà, hanno prospettive incerte, lavori (chi ce l’ha) poco retribuiti. Quando riescono a uscire dalla casa dei genitori, vivono in appartamenti che non possono comprare, cercando di costruire una famiglia che non sanno come sostenere.

Penso all’insostenibile situazione delle carceri del nostro Paese, che hanno bisogno di interventi prioritari. (Applausi). Penso a una giustizia che oggi va riformata in modo organico, agli immigrati che cercano qui da noi una speranza di futuro, ai diritti in quanto tali che non possono essere elargiti col ricatto del dovere e che non possono conoscere limiti, altrimenti diventano privilegi. (Applausi).

Penso alle istituzioni sul territorio, ai sindaci dei Comuni che stanno soffrendo e faticano per garantire i servizi essenziali ai loro cittadini. (Applausi). Sappiano che lo Stato è dalla loro parte e che il nostro impegno sarà di fare il massimo sforzo per garantire loro l’ossigeno di cui hanno bisogno.

Penso al mondo della scuola, nelle cui aule ogni giorno si affaccia il futuro del nostro Paese, e agli insegnanti che fra mille difficoltà si impegnano a formare cittadini attivi e responsabili.

Penso alla nostra posizione sullo scenario europeo. Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione e il nostro compito è portare nelle istituzioni comunitarie le esigenze e i bisogni dei cittadini. L’Europa non è solo moneta ed economia: deve essere anche l’incontro di popoli e di culture. (Applausi dei senatori eletti nelle liste «Partito Democratico»).

Penso a questa politica, alla quale mi sono appena avvicinato, che ha bisogno di essere cambiata e ripensata dal profondo nei suoi costi, nelle sue regole, nei suoi riti, nelle sue consuetudini, nella sua immagine, rispondendo ai segnali che i cittadini ci hanno mandato, ci mandano e ci continuano a mandare in ogni occasione. Sogno che quest’Aula diventi una casa di vetro e che questa scelta possa contagiare tutte quante le altre istituzioni. (Applausi).

Quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo Pontefice, Papa Francesco (L’Assemblea si leva in piedi. Prolungati applausi), i cui primi atti hanno evidenziato un’attenzione prioritaria verso i bisogni reali delle persone.

Voglio, in conclusione, rivolgere a nome dell’Assemblea dei senatori e mio personale un deferente saluto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (L’Assemblea si leva in piedi ed applaude, ad eccezione dei senatori eletti nelle liste «Movimento 5 Stelle Grillo»), supremo garante della Costituzione e dell’unità italiana, che con saggezza e salda cultura istituzionale esercita il suo mandato di Capo dello Stato.

Desidero anche ringraziare il mio predecessore, il senatore Renato Schifani, per l’impegno profuso al servizio di questa Assemblea. (L’Assemblea si leva in piedi, ad eccezione dei senatori eletti nelle liste «Movimento 5 Stelle Grillo». Applausi all’indirizzo del senatore Schifani).

Un omaggio speciale e un indirizzo di saluto al Presidente emerito della Repubblica, agli altri senatori a vita, fra cui Emilio Colombo (L’Assemblea si leva in piedi. Applausi all’indirizzo del senatore Colombo), che ha presieduto con inesauribile energia la fase iniziale di questa XVII legislatura: lui, che ha visto nascere la Repubblica partecipando ai lavori dell’Assemblea costituente.

Concludo ricordando cosa mi disse il capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto (Applausi), poco prima di entrare nell’aula del maxiprocesso contro la mafia: «Fatti forza, ragazzo, vai avanti a schiena diritta e testa alta e segui soltanto la voce della tua coscienza». Sono certo che in questo momento e in quest’Aula l’avrebbe ripetuto anche a tutti noi. (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi).

Venerdì 15 marzo 2013, con la prima riunione delle Camere, ha inizio la XVII Legislatura.

Al via la XVII Legislatura: la prima riunione dell’Assemblea il 15 marzo

(Camera, 27.2.13) Venerdì 15 marzo è fissata la prima riunione delle nuove Camere. Con la proclamazione dei deputati, che entrano così nel pieno esercizio delle loro funzioni, avrà inizio la XVII Legislatura. L’Assemblea procederà quindi all’elezione del proprio Presidente che avrà luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti la Camera. Dal secondo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti computando tra i voti anche le schede bianche. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti. L’articolo 61 della Costituzione stabilisce che fino a quando non saranno riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.

L’elezione del Presidente del Senato e gli altri adempimenti parlamentari di inizio legislatura

(Senato, 27.2.13) L’Assemblea si riunirà per la prima seduta della XVII legislatura il 15 marzo 2013.

1° adempimento: costituzione dell’Ufficio di Presidenza provvisorio
«Nella prima seduta dopo le elezioni il Senato è presieduto provvisoriamente dal più anziano di età. I sei senatori più giovani presenti alla seduta sono chiamati ad esercitare le funzioni di Segretari» (art. 2 del Regolamento del Senato).

2° adempimento: convocazione della Giunta provvisoria per la verifica dei poteri
Il Presidente provvisorio proclama eletti senatori i candidati che subentrano agli optanti eletti in più circoscrizioni del Senato. Per i relativi accertamenti, il Presidente convoca immediatamente una Giunta provvisoria per la verifica dei poteri.

3: elezione del Presidente
Il Senato procede alla elezione del Presidente con votazione a scrutinio segreto. Secondo la procedura, i senatori passano davanti al banco della Presidenza dove viene approntata una cabina che garantisce la segretezza del voto. Prima di entrare nella cabina, i senatori ricevono dagli assistenti parlamentari una scheda. All’interno della cabina, il senatore scrive il nome del candidato sulla scheda. All’uscita dalla cabina la scheda viene depositata nell’apposita urna. Nell’appello sono chiamati per primi i senatori a vita. La chiama prosegue quindi con gli altri senatori in ordine alfabetico.
Per quanto riguarda il numero dei voti richiesto, ecco cosa prescrive il Regolamento: «E’ eletto chi raggiunge la maggioranza assoluta dei voti dei componenti del Senato. Qualora non si raggiunga questa maggioranza neanche con un secondo scrutinio, si procede, nel giorno successivo, ad una terza votazione nella quale è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, computando tra i voti anche le schede bianche. Qualora nella terza votazione nessuno abbia riportato detta maggioranza, il Senato procede nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e viene proclamato eletto quello che consegue la maggioranza, anche se relativa. A parità di voti è eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età» (art. 4).

4: costituzione dei Gruppi Parlamentari
L’adempimento successivo, dopo la prima seduta, riguarda la costituzione dei Gruppi parlamentari.
Infatti «entro tre giorni dalla prima seduta, ogni senatore è tenuto ad indicare alla Presidenza del Senato il Gruppo del quale intende far parte» (art. 14, comma 2, Regolamento).
«Ciascun Gruppo dev’essere composto da almeno dieci senatori. I senatori che non abbiano dichiarato di voler appartenere ad un Gruppo formano il Gruppo misto» (art. 14).
«Entro sette giorni dalla prima seduta, il Presidente del Senato indìce, per ogni Gruppo da costituire, la convocazione dei senatori che hanno dichiarato di volerne far parte e la convocazione dei senatori da iscrivere nel Gruppo misto» (art. 15, comma 1).

5: elezione del Consiglio di Presidenza
La costituzione dei Gruppi parlamentari è necessaria ad un altro adempimento: «Eletto il Presidente, nella seduta successiva si procede alla elezione di quattro Vice Presidenti, di tre Questori e di otto Segretari (…). Ciascun Senatore scrive sulla propria scheda due nomi per i Vice Presidenti, due per i Questori, quattro per i Segretari. Sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti». (art. 5).

6: formazione delle Commissioni
L’ultimo adempimento di inizio legislatura riguarda la formazione delle Commissioni permanenti.
«Ciascun Gruppo, entro cinque giorni dalla propria costituzione, procede, dandone comunicazione alla Presidenza del Senato, alla designazione dei propri rappresentanti nelle singole Commissioni permanenti di cui all’articolo 22, in ragione di uno ogni tredici iscritti». (art. 21).

L’inizio della XVI Legislatura
Può essere utile, a questo punto, un confronto con le fasi iniziali della XVI Legislatura:
– Il 29 aprile 2008 ebbe luogo la prima seduta con l’elezione del Presidente Renato Schifani (alla prima votazione).
– Dopo aver pronunciato il discorso di insediamento, il Presidente invitò i senatori a indicare entro le ore 13 di venerdì 2 maggio il Gruppo parlamentare di appartenenza e convocò i Gruppi parlamentari per lunedì 5 maggio alle ore 18, per procedere, ove non lo avessero fatto in precedenza, alla propria costituzione.
– Infine, nel corso della stessa prima seduta, il Presidente convocò la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari per la giornata di martedì 6 maggio alle ore 9,30.
– L’Assemblea tornò a riunirsi martedì 6 maggio alle ore 10,30; in quella sede fu comunicata l’avvenuta costituzione dei Gruppi parlamentari e la composizione dei relativi Uffici di Presidenza; subito dopo si procedette all’elezione dei Vice Presidenti, dei Questori e dei Segretari. Nel corso della stessa seduta, il Presidente ricordò ai Gruppi l’obbligo di procedere, entro cinque giorni, alla designazione dei propri rappresentanti nelle Commissioni permanenti, dandone comunicazione alla Presidenza entro le ore 17 di lunedì 12 maggio.
– La terza seduta, martedì 13 maggio, fu dedicata all’accettazione delle dimissioni del II Governo Prodi e alle dichiarazioni programmatiche del IV Governo Berlusconi.
– Nel corso della seduta del 13 maggio, venne decisa la nomina di una Commissione speciale, composta di ventisette membri in rappresentanza proporzionale di tutti i Gruppi, per l’esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
– Nel corso della sesta seduta di mercoledì 21 maggio, fu annunciata per l’indomani, ovvero giovedì 22 maggio, la convocazione delle Commissioni per la loro costituzione, cioè per l’elezione di Presidente, Vice Presidenti e Segretari.