Il ministro Profumo: “I nuovi professori in aula a settembre”

da La Stampa

Il ministro Profumo: “I nuovi professori in aula a settembre”

«Credo che debba esserci una programmazione pluriennale che abbia come obiettivo finale un numero dei vincitori pari al numero dei posti disponibili per non creare altro precariato.

Flavia Amabile

Ministro Francesco Profumo, sono terminati gli scritti del concorsone per prof e avete promesso di correggerli al massimo entro tre mesi. Siete proprio sicuri?
«Già da domani (oggi n.d.r.) incominceremo le valutazioni e al massimo contiamo di chiudere quella fase entro la fine di maggio. L’obiettivo è far insediare i nuovi professori dall’inizio del prossimo anno scolastico. Concludere dopo nove-dieci mesi mi sembra un risultato importante. Alla fine mi sembra che sia andato tutto bene».
Non tutto, ministro. I Tar hanno accolto migliaia di ricorsi bocciando i vostri requisiti iniziali.
«Volevamo mettere in piedi un processo che avesse continuità nel tempo. È necessario stabilire delle regole e sulla loro base procedere. Ci sono stati ricorsi, è vero, ma non sono stati poi così importanti numericamente. Parliamo di alcune migliaia di persone, meno dell’1%».
Forse, se i requisiti fossero stati diversi, avrebbero potuto partecipare più persone.
«Non sono stati in molti ad aver rinunciato a partecipare, una media del 30%. E’ nella norma».
Il concorso è stato molto criticato anche durante la preselezione: sono stati eliminati tante persone valide soltanto sulla base di prove tra il nozionistico e l’enigmistico, basate sulla velocità e non sulla vera preparazione.
«Il processo che abbiamo costruito va visto nella sua interezza. La prima fase valutava le capacità logiche e deduttive di una persona. Credo che non si possa insegnare senza avere queste capacità. Poi abbiamo considerato che devono essere persone in grado di stare nelle scuole per 25-30 anni e quindi abbiamo valutato la base linguistica e la capacità di gestire i sistemi informatici e poi la conoscenza della propria materia. Infine, per la prima volta, sarà valutata la capacità effettiva delle persone di insegnare. Ma non abbiamo inventato nulla, è il modello che si applica in tutt’Europa».
State lavorando già al prossimo concorso: avrà le stesse caratteristiche?
«Credo che debba esserci una programmazione pluriennale che abbia come obiettivo finale un numero dei vincitori pari al numero dei posti disponibili per non creare altro precariato. Poi credo che si debba seguire un percorso molto chiaro che inizia con la laurea, prosegue con l’abilitazione e termina con il concorso. Soltanto rispettando in pieno i tre momenti le persone potranno programmare le loro vite. È questo il modello di concorso da conservare nel tempo».
Si conoscono già i tempi del prossimo concorso?
«Ci stiamo lavorando. Siamo pronti. Ma siamo in scadenza: spetterà al prossimo governo definire i tempi. A noi interessava dimostrare di poter gestire un modello applicabile anche ad altri settori della pubblica amministrazione come qualità delle prove. Le cose vanno progettate. E forse è preferibile che a progettarle sia un ingegnere invece di un giurista».