Caro Maurizio…

Caro Maurizio,

permettimi di dire che questa volta non mi ritrovo con le tue critiche al regolamento del Servizio Nazionale di Valutazione. Non voglio entrare nella discussione sulle modalità della sua promulgazione, che lascio commentare agli esperti di diritto amministrativo, ma mi focalizzo sul merito del provvedimento, che alla fine è quello che interessa a noi tutti che ci occupiamo di questo problema e aspettiamo l’istituzione del SNV ormai da troppo tempo.

Credo innanzitutto che questo provvedimento abbia un pregio importantissimo: esso delinea finalmente una strategia per la valutazione della scuola italiana, che va oltre la mera somministrazione di prove di apprendimento. Non identifica, come è accaduto negli ultimi 10 anni, la valutazione con la mera  somministrazione di test, ma detta le linee per un sistema complesso, nel quale, oltre alla rilevazione degli apprendimenti, gioca un ruolo importante la rilevazione e l’analisi di tutti quegli elementi, riguardanti il contesto, le risorse, i processi ed i prodotti che permettono di formulare un giudizio più complessivo sull’attività della scuola. Infatti i test Invalsi forniscono utili ed importanti informazioni sui risultati raggiunti dalle scuole, ma occorre andare oltre la fotografia che viene scattata ogni anno per interpretare i risultati alla luce dei diversi contesti di riferimento, e soprattutto utilizzarli per avviare delle azioni di miglioramento della qualità dell’offerta formativa, individuandone gli aspetti di forza e di debolezza, così da valorizzare i primi e risolvere i secondi.

Il Regolamento  imposta dunque una strategia di sistema che si basa, come le più valide iniziative internazionali e la metodologia sperimentata a suo tempo dal Comitato di valutazione di Trento, sull’intreccio tra autovalutazione di istituto e valutazione esterna e sull’integrazione tra analisi quantitativa e qualitativa e tra i diversi strumenti (test, indicatori, osservazione diretta, interviste, focus group, ecc.). Su questa linea si muovono i più avanzati paesi europei, come Inghilterra, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Ceca, che hanno regolarmente introdotto attività di autovalutazione e di valutazione esterna delle scuole, che hanno permesso di rafforzare la consapevolezza di presidi e docenti sui problemi da affrontare. Anche il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno formulato una Raccomandazione agli Stati membri perché venga garantita la qualità dell’istruzione e della formazione professionale, per mezzo della valutazione e perseguendo il miglioramento continuo. Il nostro Paese è tra i pochi che ancora non si erano mossi in questa direzione.

Altro aspetto importantissimo di questo provvedimento è la finalizzazione della valutazione al miglioramento della scuola: questa indicazione, espressa con chiarezza, sgombra finalmente il campo da dubbi e sospetti riguardo l’eventualità sull’uso punitivo o premiale dei dati della valutazione.

Infine finalmente viene impostato un raccordo funzionale tra i diversi organismi (Invalsi, Indire, Ispettori), che dovranno interagire sulla base di ruoli chiaramente definiti.

Non voglio affermare che questo provvedimento sia immune da aspetti critici: a parte il ricorrente problema del finanziamento di queste attività (la valutazione esterna costa!), credo che il problema più rilevante sia l’aver inserito in questa procedura anche la valutazione dei capi d’istituto. Se si vuole ottenere un’autovalutazione assolutamente libera da secondi fini non si può immaginare che i risultati di questa vengano utilizzati per valutare il lavoro dei Dirigenti scolastici, altrimenti il rischio di inquinamento dell’attività è molto forte.

Non sono invece d’accordo quando si lamenta l’insufficienza del dibattito in materia ed il mancato coinvolgimento del mondo della scuola: tu sai meglio di me che sono più di 20 anni che il mondo della scuola è stato coinvolto in questo dibattito, da quando Mattarella pose con forza il tema nella Conferenza Nazionale della scuola: da allora sono state istituite innumerevoli comitati e commissioni per discutere di questo tema, è stato più volte rinnovato l’Invalsi, con atti che hanno coinvolto pure il Parlamento, per non parlare dei convegni e di tutti gli altri dibattiti sull’argomento. Certo, non si può affermare che la cultura della valutazione sia diffusa tra tutti i docenti ed i dirigenti; l’applicazione del Regolamento andrà sostenuta da un’attività di accompagnamento, monitoraggio, sperimentazione e formazione, ed importantissimo sarà il ruolo che giocheranno Indire ed Invalsi sotto questo aspetto. Ma ritengo che questo provvedimento raccolga, pur con i limiti che ho rilevato, quanto di meglio è uscito dal dibattito e dalle esperienze nazionali ed internazionali sulla materia.

Giorgio Allulli