Parere Consiglio di Stato 105/2010

Numero 00105/2010 e data 13/01/2010

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 21 dicembre 2009

NUMERO AFFARE 04597/2009

OGGETTO:

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti tecnici ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4791del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha chiesto il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;

Vista la relazione trasmessa con nota prot. A00/UffLeg/5344 del 15 dicembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha risposto al parere interlocutorio del Consiglio di Stato.

Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Francesco Bellomo.

Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti tecnici ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.

Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte modifiche alle norme generali relative gli istituti tecnici.

Lo schema è composto dal preambolo, da dieci articoli, da quattro allegati.

L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento. Al comma 1 sono richiamate le disposizioni normative che collocano gli istituti tecnici nell’ambito dell’istruzione secondaria superiore che fa parte del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. Il comma 2 stabilisce che la riorganizzazione degli istituti tecnici sia avviata a partire dalle classi prime e seconde funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011.

L’articolo 2 definisce l’identità degli istituti tecnici, con il fine di far acquisire agli studenti, in relazione all’esercizio di professioni tecniche, saperi e competenze fondati su una solida base culturale in cui l’asse scientifico-tecnologico degli apprendimenti interagisce con la cultura umanistica e con l’approfondimento delle competenze comunicativo-relazionali, attraverso lo studio, l’approfondimento e l’applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico, in linea con le indicazioni dell’Unione europea.

Gli articoli 3 e 4 delineano il quadro di riferimento dei due macro settori dell’istruzione tecnica, quello economico articolato in due indirizzi e quello tecnologico articolato in nove indirizzi, come descritti negli allegati B e C. Rispetto all’attuale ordinamento si determina una riduzione dei settori (da 10 a 2) e degli indirizzi (da 39 a 11).

L’articolo 5 delinea la struttura generale e l’organizzazione dei percorsi dell’istruzione tecnica, con indicazione del monte ore complessivo di lezioni previsto per ciascuno dei segmenti didattici in cui sono articolati i percorsi formativi, il rapporto tra l’area degli insegnamenti generali e le aree di indirizzo, gli spazi di autonomia e le quote di flessibilità riservate alle istituzioni scolastiche, le metodologie da attivare per migliorare l’efficacia dei risultati di apprendimento degli allievi. Si delineano i modelli organizzativi per ampliare la condivisione della progettazione educativa e il raccordo tra il Piano dell’offerta formativa adottato dall’istituto e le esigenze espresse dal territorio e dal mondo del lavoro e delle professioni.

I nuovi indirizzi degli istituti tecnici, ripartiti tra i due ampi settori di riferimento (economico e tecnologico), sono caratterizzati da un’area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in distinte aree di indirizzo, che possono essere ulteriormente specificate in un numero contenuto di opzioni, con riferimento a documentate esigenze del mondo del lavoro e del territorio, nell’ambito delle quote di flessibilità indicate nello schema di regolamento e secondo i criteri generali che saranno determinati con successivi decreti.

In particolare, gli spazi di flessibilità riservati agli istituti tecnici corrispondono, con riferimento all’orario annuale delle lezioni, alle seguenti aliquote: entro il 30% nel secondo biennio; entro il 35% nell’ultimo anno.

Gli istituti tecnici hanno, in questo modo, margini più ampi di autonomia non solo per l’individuazione degli obiettivi formativi correlati alle esigenze individuali e ambientali, per l’organizzazione della didattica, per la ricerca e la sperimentazione, ma, soprattutto, per l’organizzazione delle aree di indirizzo in risposta ai mutevoli e diversificati fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni.

Il percorso quinquennale degli istituti tecnici è strutturato in un primo biennio, dedicato all’acquisizione dei saperi e delle competenze previsti per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione e di apprendimenti che introducono progressivamente alle aree di indirizzo in funzione orientativa; un secondo biennio, in cui l’area di indirizzo può articolarsi in opzioni; un quinto anno, che si conclude con l’esame di Stato. La struttura oraria varia nel rapporto tra ore da destinare all’area di istruzione generale ed all’area di indirizzo secondo una proporzione superiore nel primo biennio a favore della prima e, nel secondo biennio e quinto anno, a favore della seconda.

L’articolo 6 affronta il tema della valutazione e dei titoli finali. Per quanto riguarda la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, nonché la certificazione delle competenze acquisite, si fa riferimento alla normativa vigente, ovvero all’art. 13, commi 1, 2 e 6 del decreto legislativo n. 226/2005 e dall’articolo 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169.

L’articolo 7 indica le modalità per il monitoraggio e la valutazione di sistema dei percorsi degli istituti tecnici, soprattutto ai fini della loro innovazione permanente. Per questo, è prevista la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale. E’ prevista l’individuazione di specifici indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici sulla base delle proposte del suddetto Comitato nazionale, anche con riferimento al Quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta, ogni tre anni, al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione dei percorsi formativi degli istituti tecnici.

L’articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, rinviando la disciplina di taluni aspetti a successivi decreti non regolamentari Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Gli istituti tecnici di ogni tipo e indirizzo confluiscono nel nuovo ordinamento a partire dall’anno scolastico 2010-2011, secondo quanto previsto nella tabella descritta nell’Allegato D.

L’articolo 9 contiene le disposizioni finali.

L’articolo 10 indica le abrogazioni delle disposizioni relative agli istituti tecnici a partire dall’anno scolastico 2010-2011.

Gli allegati sono i seguenti:

Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per gli Istituti Tecnici.

Allegato B: Profili degli indirizzi degli istituti tecnici del settore economico.

B1 – Amministrazione, Finanza e Marketing;

B2 – Turismo.

Allegato C: Profili degli indirizzi degli istituti tecnici del settore tecnologico

C1 – Meccanica, Meccatronica ed Energia;

C2 – Trasporti e Logistica;

C3- Elettrotecnica ed Elettronica;

C4- Informatica e Telecomunicazioni;

C5 – Grafica e Comunicazione;

C6 -Chimica, Materiali e Biotecnologie;

C7 – Sistema Moda;

C8 – Agraria e Agroindustria;

C9 – Costruzioni, Ambiente e Territorio.

Allegato D: Tabella di confluenza degli attuali istituti tecnici di ogni tipo ed indirizzo nel nuovo ordinamento.

CONSIDERATO:

L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).

Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.

Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.

Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.

Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:

– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);

– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).

In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.

Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.

In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’ambito oggettivo del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.

Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:

– «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

– «Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze »

– «In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei «criteri» cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali».

Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le singole disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione tecnica.

Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.

Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.

Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale. Detto decreto prevedeva la confluenza degli istituti tecnici nel liceo tecnologico e nel liceo economico.

L’art. 13 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40, ha ripristinato l’istruzione tecnico-professionale, articolata negli istituti tecnici e negli istituti professionali di cui all’articolo 191, commi 2 e 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di titoli di studio quinquennali, caratterizzata da una forte area di istruzione generale comune ai due ordini di studi e da indirizzi ampi e flessibili. Il comma 8-bis, lettera a) di detto articolo ha novellato l’art. 1 del decreto legislativo n. 226/05, riconfigurando l’assetto del secondo ciclo, che risulta ora articolato nell’istruzione secondaria superiore, costituita dai licei, dagli istituti tecnici e dagli istituti professionali e nel sistema di istruzione e formazione professionale. L’art. 13, commi 1-bis e 1-ter della legge 2 aprile 2007, n. 40 prevede l’emanazione di regolamenti ministeriali per realizzare la riforma del sistema dell’istruzione tecnica e professionale, regolamenti mai adottati.

L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ribadisce l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle testi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”), con esplicito riferimento proprio agli istituti tecnici e degli istituti professionali. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”.

Ad avviso dell’Amministrazione nel regolamento in esame è confluita anche la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all’articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, che lo schema di regolamento si colloca nel vigente quadro di riferimento, rispondendo alle seguenti esigenze:

a) riconfermare l’identità degli istituti tecnici all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione;

b) fare acquisire ai giovani, attraverso la cultura scientifica, economico-giuridica e tecnica, la capacità di creare, progettare, contribuire a fare impresa per partecipare attivamente allo sviluppo economico del Paese;

c) dare risposte chiare ai giovani e alle famiglie, che si aspettano dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per l’inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai livelli superiori di istruzione e formazione, anche per l’esercizio di professioni tecniche regolamentate;

d) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono dagli attuali ordinamenti e dalle numerose sperimentazioni;

e) rendere più efficienti i servizi di istruzione e più efficace l’utilizzo delle risorse, coniugando qualità e risparmio.

La previsione di un numero contenuto di settori ed indirizzi, la declinazione delle materie di insegnamento riferite a risultati di apprendimento articolati in competenze, attività e conoscenze, la previsione di maggiori spazi di flessibilità nel quadro di criteri generali definiti a livello nazionale sono espressione di un modello didattico – organizzativo che intende superare l’attuale frammentazione dei percorsi ed offrire strumenti alle istituzioni scolastiche per una gestione efficiente ed efficace delle risorse loro assegnate. Non si tratta, quindi, di un riordino finalizzato unicamente al contenimento della spesa.

La Sezione ha invitato il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ad approfondire la questione relativa alla conformità del testo alla delega.

La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”. Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi agli istituti tecnici e professionali di cui alla legge 2 aprile 2007, n. 40, saranno anch’essi riveduti al fine di pervenire ad una ulteriore razionalizzazione e semplificazione. Per quanto riguarda l’istruzione tecnica, se ne definiranno gli indirizzi in un numero contenuto e adottando un carico orario annuale obbligatorio delle lezioni non superiore a 32 ore settimanali. Per i citati ordini di studio le suddette operazioni dovranno essere raccordate con i tempi previsti per la effettuazione delle iscrizioni e la determinazione degli organici”.

Il testo del regolamento in visione, pur apparendo più contenuto di quello relativo ai licei, presenta comunque un impatto significativo sull’ordinamento dell’istruzione tecnica, che nelle relazione di accompagnamento e nello stesso preambolo sembra legarsi anche ai criteri di cui all’articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

Tuttavia, la formulazione del preambolo (secondo cui “la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all’articolo 13 del decreto legge n. 7 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 2007 rientra in quella più ampia oggetto dei regolamenti governativi di cui all’articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) non risulta appropriata, indicando un assorbimento dei criteri, piuttosto che il loro utilizzo, per specificare quelli abbastanza generici contenuti nell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133

Inoltre si è posto il problema della corrispondenza del testo dello schema di regolamento ai criteri enunciati con riferimento ai regolamenti ministeriali previsti dal predetto art. 13 del decreto legge n. 7 del 2007.

Su tali questioni il Ministero ha forniti sufficienti chiarimenti, dichiarandosi disponibile a modificare la formulazione del preambolo. La Sezione, al riguardo, ritiene che la soluzione migliore sia quella dell’eliminazione del “Considerato” sopra citato, che è superfluo, una volta che l’articolo 13 del decreto legge n. 7 del 2007 sia stato già richiamato nel “Visto”.

Per quanto attiene all’ampiezza dell’intervento di delegificazione, che tocca i profili ordinamentali e didattici, valgono le considerazioni già svolte per i licei, atteso che la norma di delega si riferisce “in particolare” agli istituti tecnici e professionali, per cui se l’intervento riformatore è ammissibile per i licei, lo è a maggior ragione per gli istituti tecnici e professionali.

Ciò posto in termini generali, con riferimento alle singole disposizioni la Sezione si sofferma sui punti che non ritiene superati o assorbiti dalla risposta del Ministero.

L’articolo 1 stabilisce che “Il presente regolamento detta le norme generali relative al riordino degli istituti tecnici in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 9, comma 2 prevede che “All’attuazione del presente regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.

E’ quindi condivisibile la riformulazione suggerita dal Ministero del comma 1 dell’art. 16, per la quale “All’attuazione del presente decreto si provvede nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

L’art. 5, comma 3 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. b), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. c). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo più coerente con l’obiettivo di realizzare l’autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in ordine all’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto in cui operano. I chiarimenti forniti non appaiono sufficienti a superare tali perplessità con riguardo all’istituzione del Comitato scientifico.

L’art. 7, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio sugli istituti tecnici anche preordinato alla loro innovazione, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte dirigenti e docenti della scuola, esperti del mondo del lavoro e delle professioni, dell’università e della ricerca nonché esperti indicati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e dall’Unione Province d’Italia, dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero della gioventù. Il Comitato si articola in commissioni di settore e si avvale anche dell’assistenza tecnica dell’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia Scolastica (A.N.S.A.S.), dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL), di Italia Lavoro e dell’Istituto per la Promozione Industriale (IPI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. Il Ministero dell’istruzione non ha chiarito né la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, né la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate in detta delega, ribadendo invece la necessità dell’opera di monitoraggio e valutazione, che non era in discussione. Tuttavia il silenzio relativo all’istituzione del Comitato nazionale per l’istruzione liceale parrebbe intendere una rinuncia a tale proposito.

L’art. 8, comma 2 demanda a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare, adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, la definizione di aspetti che attuano e completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in esame, quali:

a) le indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e le conoscenze, con riferimento ai risultati di apprendimento di cui all’articolo 3, comma 1, e all’articolo 4, comma 1, in relazione agli insegnamenti di cui agli allegati B) e C);

b) gli ambiti, i criteri e le modalità per l’ulteriore articolazione delle aree di indirizzo di cui agli articoli 3 e 4 relativi agli spazi di flessibilità di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a) in un numero contenuto di opzioni, incluse in un apposito elenco nazionale, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente;

c) i criteri per il raccordo tra il previgente ordinamento e quello previsto dal presente regolamento per accompagnarne il passaggio nelle seconde classi funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011, nelle quali si completa l’assolvimento dell’obbligo di istruzione;

d) la rideterminazione dei quadri orario, comprensiva delle ore di compresenza degli insegnanti tecnico-pratici, a partire dalle terze e quarte classi degli istituti tecnici funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011, secondo il previgente ordinamento, con un orario complessivo annuale corrispondente a 32 ore settimanali.

L’art. 8, comma 3 demanda a decreti di natura non regolamentare, egualmente adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di definire:

a) le classi di concorso del personale docente, ivi compreso quello da destinare all’ufficio tecnico, e l’articolazione delle cattedre per ciascuno degli indirizzi di cui agli allegati B) e C);

b) i criteri generali per l’insegnamento, in lingua inglese, di una disciplina non linguistica compresa nell’area di indirizzo del quinto anno, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente;

c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici, in relazione alle proposte formulate del Comitato di cui all’articolo 7, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

In entrambi casi la natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo delle due disposizioni l’inciso “di natura non regolamentare”.

La Sezione prende atto che il Ministero ha raccolto tale suggerimento.

P.Q.M.

Esprime parere favorevole con le osservazioni di cui in motivazione.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Bellomo Giancarlo Coraggio

IL SEGRETARIO

Massimo Meli

Un commento su “Parere Consiglio di Stato 105/2010”

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