Reggio Calabria: cronaca di una morte annunciata

Reggio Calabria: cronaca di una morte annunciata
Il dramma che sta consumandosi a Reggio Calabria.

Vorrei potervi augurare una Pasqua di speranza e resurrezione, ma purtroppo debbo ancora parlarvi di calvario e passione.
Ieri siamo stati costretti a scendere ancora una volta in piazza per salvaguardare i livelli minimi di assistenza sociale nel comune di Reggio Calabria. Da ormai tre anni infatti le organizzazioni del terzo settore di Reggio conducono una battaglia senza quartiere per garantire continuità a servizi essenziali in favore di minori, disabili, anziani, famiglie in difficoltà. Ormai i crediti del Terzo Settore superano i 7 milioni di euro, pari a circa due annualità di spettanze arretrate, e gli operatori in media vantano 10-12 mensilità di ritardo. Oggi a tale situazione già drammatica, si è aggiunta un ulteriore tragedia. Come sapete il nostro Comune è commissariato per infiltrazioni mafiose ed in stato di pre-dissesto, con un buco che si aggira intorno ai 300 milioni di euro. Una situazione deficitaria che i Commissari hanno deciso di affrontare, oltre che attraverso un massiccio aumento delle tasse, decretando una riduzione del 30 percento di tutti i servizi in essere. In altre parole si prospettano tagli lineari che non fanno alcuna differenza tra servizi diversi e che coinvolgono inesorabilmente anche i servizi sociali. Tagli lineari che non tengono conto dei bisogni della gente, che non rammentano che negli ultimi due anni il settore politiche sociali a Reggio ha già dovuto sopportare (nel totale silenzio) un taglio effettivo di risorse pari al 30%, che non considerano che tale contrazione andrebbe a ricadere su organizzazioni già allo stremo che operano con tariffe vecchie di oltre 10 anni e mai rivalutate e che una riduzione economica si concretizza in una sostanziale riduzione dei diritti dei più deboli. Una situazione che ha costretto le organizzazioni del terzo settore a dire basta. Non è possibile continuare a garantire i servizi sulle spalle di operatori ormai ridotti al di sotto della soglia di povertà. Per tali motivi ieri abbiamo stabilito lo stato di agitazione e siamo scesi in piazza per l’ennesima volta.  Per la prima volta però lo abbiamo fatto chiudendo per l’intera giornata i servizi, fatto mai successo in oltre 30 anni. Con noi erano in piazza molte famiglie dei nostri utenti che, più di ogni altro, possono comprendere cosa significhi la chiusura dei servizi. Storie drammatiche che sono uscite per la prima volta dal silenzio delle case e si sono riversate i piazza con dignitosa rabbia. Ieri abbiamo ufficializzato ai Commissari che tra 10 giorni, se non interverranno risposte concrete, saremo costretti a chiudere i servizi a tempo indeterminato. Una chiusura che di fatto decreterebbe la fine dello stato sociale  a Reggio Calabria, la morte di esperienze che da anni rappresentano l’unica risposta per i cittadini più deboli e fragili, in un territorio già di per sé storicamente deprivato. Questo è quanto sta accadendo a Reggio. Una passione che si traduce in lacrime e sangue per le oltre 10 mila persone che ogni giorno vengono accolte nei nostri servizi. Nonostante tutto però, nonostante la stanchezza di anni di battaglie contro muri di gomma, nonostante il totale abbandono in cui versano le nostre organizzazioni, insieme alle famiglie, abbiamo deciso di lottare sino all’ultimo istante. Non possiamo tirarci indietro, si tratta di una battaglia per i diritti di tutti, non solo dei più deboli. Se oggi accettiamo in silenzio la morte dello stato sociale a Reggio, nulla sarà più garantito, per nessuno di noi. Un società che non riesce a prendersi cura dei suoi figli più deboli è una società che non ha futuro. Chiedo a tutti voi di starci vicino, divulgando il più possibile la notizia di quanto sta succedendo a Reggio, perché l’unico modo per sollecitare risposte concrete è stimolare l’opinione pubblica a prendere posizione, ma soprattutto perché riteniamo un nostro preciso dovere informare tutti di questo ennesimo scempio, di questa novella Sparta, di questo omicidio di Stato.

Luciano Squillaci