A. Valentino, Gli insegnanti nell’organizzazione scolastica

valentinoAntonio Valentino, Gli insegnanti nell’organizzazione scolastica, consapevolezze e competenze di un professione che cambia, Edizioni Conoscenza, Roma, pagine 128, € 12,00

di Maurizio Tiriticco

Antonio Valentino è un attento osservatore dei cambiamenti in atto ormai da oltre un decennio nel nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione” (legge 53/03). Il passaggio da una scuola eterodiretta ad una scuola autonoma ha comportato e comporta tuttora anche profondi cambiamenti nel ruolo docente (profilo socio-istituzionale) e nel comportamento insegnante (la concreta conduzione delle attività dell’insegnare/apprendere).

L’insegnante di ieri doveva limitarsi all’istruzione. Non fu un caso la scelta di istituire fin dal secondo Ottocento un Ministero che si occupasse della pubblica istruzione. Forse è anche opportuno ricordare che non fu casuale che il fascismo nel 1929 lo rinominò come Ministero dell’Educazione Nazionale. In effetti, il concetto di educare implica finalità più ampie rispetto a quelle del semplice istruire, e quel regime dittatoriale tendeva in effetti a formare tutti gli italiani alla cultura e alla mistica fascista!

Dopo quel ventennio siamo ritornati, com’è noto, a un ministero che si occupasse solo di istruzione e che non si cimentasse in altri terreni. La scuola dell’immediato dopoguerra era ancora quella selettiva di sempre: e per i giovani da essa esclusi la prospettiva di un lavoro manuale non qualificato era sempre, per certi versi, aperta. In tale scuola era, per così dire, naturale, che un insegnante insistesse sulla “sua” materia di insegnamento e che su quella promuovesse o bocciasse. Da quegli anni le cose sono profondamente cambiate e non è un caso che oggi sia dominante il concetto della società della conoscenza, in cui non c’è più lavoro esecutivo manuale che non richieda anche conoscenze, abilità e competenze – come si suol dire – di tutto rispetto.

In tale scenario, le finalità stesse del Sistema scuola sono profondamente cambiate. Nel Regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche leggiamo tra l’altro: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche… si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, istruzione e formazione mirati allo sviluppo della persona umana… al fine di garantire ai soggetti coinvolti il successo formativo” (dpr 275/99, art. 1, c. 2). Il che significa essenzialmente due cose: a) che l’insegnante non può limitarsi ad “istruire” nella sua disciplina, ma deve anche adoperarsi per “educare” i suoi alunni alle esigenze che una società aperta e democratica richiede (di fatto, l’educazione alla Cittadinanza e alla Costituzione nonché alla dimensione sovranazionale) e a “formarli” in quanto persone; b) che le finalità di una scuola in un Paese avanzato non sono più quelle di promuovere o bocciare, ma di adoperarsi perché ciascuno contribuisca allo sviluppo sociale con le competenze che ha potuto acquisire in una scuola che non vuole escludere nessuno!

Corredo professionale dell’insegnante oggi non sono più i Programmi ministeriali di un tempo, da amministrare puntualmente in ordine ad un oculato elenco di contenuti disciplinari da erogare, ma le Indicazioni nazionali e le Linee guida, in cui si insiste ad ampio raggio su conoscenze, abilità e competenze come traguardi da perseguire. Si tratta di una svolta di grande rilievo a fronte della quale la competenza docente della scuola di ieri – per altro pur rispettabile e qualificata – deve essere assolutamente superata e implementata.

Quanto finora abbiamo detto costituisce la chiave di lettura del prezioso volume di Antonio Valentino. Ed è opportuno sottolineare che, tra i tanti testi che oggi, anche in occasione dei concorsi in atto, sono stati pubblicati per gli insegnanti, questo di Valentino si segnala per la sua originalità e la puntualità delle argomentazioni.

Il volume muove dalla svolta impressa dall’autonomia e dalle più recenti ricerche che sono state condotte in materia di professione docente (Treellle, Cisem, The Economist) e dalla contrattazione sindacale, in modo da dare un abbrivio significativo alle ulteriori riflessioni. Esplora anche l’ampliamento che è stato effettuato negli ultimi anni con le cosiddette attività aggiuntive e con le figure di sistema, cha hanno contribuito ad un arricchimento della competenza docente anche in materia di organizzazione della vita della scuola. Analizza, quindi, “sette consapevolezze”, come arricchimenti della competenza docente: non solo competenze disciplinari; collaborazione e coordinamento: la scuola come organizzazione e l’insegnante come risorsa; orientamento al risultato; fine della lezione e centralità dell’apprendimento; sapere che come si apprende non è competenza solo degli psicologi; le tecnologie non sono un optional.

Dopo un excursus, non privo di giudizi critici, sul quadro normativo che configura e veicola la professionalità e la funzione docente, l’autore affronta una delle questioni più spinose che sono oggi all’ordine del giorno: la competenza valutativa. In una scuola in cui, da un lato si ritorna ai voti e al voto in condotta e dall’altro si vuole avviare un sistema di valutazione nazionale – con tutte le polemiche che le prove Invalsi hanno suscitato e suscitano – è assolutamente prioritario far crescere una vera cultura della valutazione, sulla quale c’è a tutt’oggi un arretrato su cui occorre discutere e intervenire con opportune misure. Anche perché gli obiettivi della rendicontazione sociale, da un lato, e della certificazione delle competenze, dall’altro, sulla quale siamo ancora all’abbiccì, richiedono strategie e processi valutativi complessi, a fronte dei quali la nostra scuola militante si trova a fare soltanto i primi passi, e con grande difficoltà.

Segue un’analisi affatto benevola e puntuale sulla progettazione curricolare, che Valentino definisce come l’araba fenice della nostra scuola. Nonostante le riforme dei primi anni del 2000 e i recenti riordini, “sebbene si parli di progettazione didattica da almeno un ventennio, non si può ancora dire che questa nozione e le pratiche – e competenze – conseguenti siano merce comune nelle nostre scuole. Finora – è questa la percezione più diffusa e condivisa – solo raramente la dimensione progettuale ha di fatto caratterizzato il funzionamento didattico e la vita delle scuola. Molte le iniziative e le attività indicate come ‘progetti’, ma pochi i progetti degni di questo nome” (p. 77). L’autore conduce un’attenta disamina dei documenti normativi, Indicazioni nazionali e Linee guida, e dello stesso dpr 275/99, in cui i termini/concetti di progettazione e di competenze ricorrono ad abundantiam, ma sono altrettanto generici rispetto al chi, al senso, al cosa, alla fattibilità, alla continuità educativa e didattica, alla sequenzialità, all’integrazione tra i saperi. Si tratta di una serie di condizioni sulle quali occorrerebbe una grande chiarezza sia concettuale che normativa e operativa, chiarezza che invece appare in larga parte carente.

E tutto ciò pesa negativamente in una scuola – pardon – in un Sistema nazionale educativo di istruzione e formazione, che dovrebbe “promuovere” non solo cultura e conoscenze, ma che dovrebbe anche “certificare competenze”! E su questa questione Valentino cita Castoldi, il quale afferma che “l’assumere il costrutto della competenza come baricentro dell’azione formativa significa in primo luogo riconcettualizzare i risultati di apprendimento in termini di competenze, anziché limitarli all’analitica identificazione di conoscenze, abilità o atteggiamenti” (p. 90). Per gli insegnanti “si tratta quindi di recuperare una visione di insieme (complessiva) e integrata del processo di apprendimento in chiave operativa tale da permettere la trasferibilità del sapere in contesti reali” (p. 90). Su tutta la questione delle competenze e sulla loro certificazione occorre ancora fare molta chiarezza (si veda il capitolo 6, Le competenze chiave. I dubbi da superare). Nonostante queste difficoltà e quelle che il volume ha evidenziato nella pagine precedenti, Valentino conclude con due note di ottimismo.

La prima la ritroviamo alla pagina 93: “Un tempo si delegava ai programmi ministeriali e ai libri di testo, alle riviste e alle esperienze pregresse la proposta di un filo che desse coerenza e continuità all’azione formativa. Oggi la complessità richiede una progettazione esplicita e ‘situata’ – e più libera e creativa – e una consapevolezza globale del processo e della propria professionalità. Il modello dell’insegnante bricoleur e della saggezza pratica non basta più. Esso va superato in due direzioni: la ricerca consapevole del senso pedagogico che orienti il docente anche nelle micropratiche; un approccio non lineare ma comunque progettuale con cui il docente organizza la sua azine nel sistema classe”.

La seconda la ritroviamo nel capitolo 7, “Una nuova cittadinanza. Per un’identità planetaria”. I richiami ad autori come Bernfeld, Bruner, Morin, Augé, Nussbaum e financo Pasolini ci insegnano che oggi la scuola non è più la scuola di sempre, solo appannaggio del pedagogista e/o del pedagogo, ma costituisce l’insieme di tutte le occasioni civili e culturali formali, non formali e informali – ecco perché Sistema educativo di istruzione e formazione” – che investe tutti e per tutta la vita. In tale contesto/scenario l’insegnante non è né può essere più quello di sempre, una sorta di “addetto ai lavori”, ma un intellettuale attivo il cui ruolo è determinante ai fini dello sviluppo complessivo di una società che apprende, conosce, è competente.

Del resto è stato necessario un Centauro, Chirone, un superman di allora, per la formazione di alunni quali Achille, Aiace, Enea! Pertanto, per essere insegnanti oggi occorre in primo luogo “avere consapevolezza dei cambiamenti del mondo e della propria professionalità, ritrovare l’orgoglio del proprio ruolo. In una parola essere insegnanti non solo insegnanti. Questo libro dimostra che è possibile”(quarta di copertina).

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