27 gennaio 7a Senato approva riordino Cicli

La 7a Commissione del Senato, nella seduta del 27 gennaio 2010, esprime parere favorevole con condizioni e osservazioni al Governo su:

Di seguito le proposte di parere:

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI BIANCHI E D’ALIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 132

“La Commissione,

visto lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di riforma dei licei, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009

visto l’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,

visti i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 22 luglio 2009 e della Conferenza Stato-Regioni in data 29 ottobre 2009,

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni,

considerato che le ipotesi proposte suscitano delle perplessità a causa di scelte di metodo e di merito discutibili, in parte anche inadeguate e nocive;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

a) l’entrata in vigore sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012;

b) l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, procedendo successivamente con un anno di volta in volta;

c) il testo del documento venga corretto, integrato e semplificato con le seguenti modifiche migliorative:

1. rivisitazione del numero delle ore dedicate all’insegnamento delle varie discipline giacché la decurtazione e il restringimento impongono una riduzione dei saperi e, quindi, l’abbassamento del livello culturale;

2. reintroduzione delle indicazioni programmatiche comprendenti per anno, per ciclo e per disciplina gli obiettivi generali e specifici di insegnamento-apprendimento;

3. individuazione delle discipline che specificano l’identità di ogni percorso di istruzione e di formazione, evitando sovrapposizioni ibride;

4. connessione tra unitarietà e differenziazione in tutti i percorsi del sistema, da assicurare mediante la esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale degli stessi;

5. garanzia di equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale e tra gli indirizzi di ciascuna, attraverso per la dosatura dei piani di studio aventi una diversa proporzione oraria delle discipline professionalizzanti nei confronti delle altre, sia una diversa composizione dei contenuti di ogni disciplina, in base alla natura e alle esigenze dei percorsi stessi;

6. determinazione dei passaggi di uscita e di rientro tra istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di assicurarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità.”

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI BIANCHI E D’ALIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione

visto lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di riordino degli istituti tecnici, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009;

visto l’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 22 luglio 2009 e della Conferenza Stato-Regioni in data 29 ottobre 2009;

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni;

considerato che le ipotesi proposte suscitano delle perplessità a causa di scelte di metodo e di merito discutibili, in parte inadeguate e nocive;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

a)               l’entrata in vigore sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012;

b)               l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, procedendo successivamente con un anno di volta in volta;

c)               il testo del documento venga corretto, integrato e semplificato con le seguenti modifiche migliorative:

1.               rivisitazione del numero delle ore dedicate all’insegnamento delle varie discipline giacché la decurtazione e il restringimento impongono una riduzione dei saperi e, quindi, l’abbassamento del livello culturale;

2.               reintroduzione delle indicazioni programmatiche comprendenti per anno, per ciclo e per disciplina gli obiettivi generali e specifici di insegnamento-apprendimento;

3.               individuazione delle discipline che specificano l’identità di ogni percorso di istruzione e di formazione, evitando sovrapposizioni ibride;

4.               connessione tra unitarietà e differenziazione in tutti i percorsi del sistema, da assicurare mediante la esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale degli stessi;

5.               garanzia di una presenza equilibrata, in tutti i piani di studio, delle aree letterario-linguistico-artistica, socio-storico-antropologica, scientifico-matematica-tecnologica, anche se in percentuali diverse;

6.               garanzia di equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale e tra gli indirizzi di ciascuna, attraverso sia la dosatura dei piani di studio aventi una diversa proporzione oraria delle discipline professionalizzanti nei confronti delle altre, sia una diversa composizione dei contenuti di ogni disciplina, in base alla natura e alle esigenze dei percorsi stessi;

7.               previsione, in ogni percorso di studio, sia delle conoscenze teoriche in grado di incrementare il tenore culturale, sia dei saperi pratici in grado di fornire una professionalità di base,

8.               perseguimento delle proprie finalità da parte dell’istruzione tecnica  attraverso un forte legame con la realtà economico-produttiva del Paese, un assetto flessibile costituito da una successione graduale di livelli, una formula organizzativa funzionale e strutturale individuata dall’attuazione del campus quale apparato di beni e di servizi opportunamente predisposti e di persone con ruoli formalizzati, messa in corrispondenza operativa per il conseguimento di determinate mete;

9.               determinazione dei passaggi di uscita e di rientro tra istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di assicurarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità”.

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI BIANCHI E D’ALIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 134

“La Commissione

visto lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di riordino degli istituti professionali, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009;

visto l’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 22 luglio 2009 e della Conferenza Stato-Regioni in data 29 ottobre 2009;

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni;

considerato che le ipotesi proposte suscitano delle perplessità a causa di scelte di metodo e di merito discutibili, in parte inadeguate e nocive;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

a)               l’entrata in vigore suddetto sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012;

b)               l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, procedendo successivamente con un anno di volta in volta;

c)               il testo del documento venga corretto, integrato e semplificato con le seguenti modifiche migliorative:

1.               rivisitazione del numero delle ore dedicate all’insegnamento delle varie discipline giacché la decurtazione e il restringimento impongono una riduzione dei saperi e, quindi, l’abbassamento del livello culturale;

2.               reintroduzione delle indicazioni programmatiche comprendenti per anno, per ciclo e per disciplina gli obiettivi generali e specifici di insegnamento-apprendimento;

3.               individuazione delle discipline che specificano l’identità di ogni percorso di istruzione e di formazione, evitando sovrapposizioni ibride;

4.               connessione tra unitarietà e differenziazione in tutti i percorsi del sistema, da assicurare mediante la esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale degli stessi;

5.               garanzia di equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale e tra gli indirizzi di ciascuna, attraverso sia la dosatura dei piani di studio aventi una diversa proporzione oraria delle discipline professionalizzanti nei confronti delle altre, sia una diversa composizione dei contenuti di ogni disciplina, in base alla natura e alle esigenze dei percorsi stessi;

6.               previsione, in ogni percorso di studio, sia delle conoscenze teoriche in grado di incrementare il tenore culturale, sia dei saperi pratici in grado di fornire una professionalità di base;

7.               perseguimento delle proprie finalità da parte dell’istruzione professionale  attraverso un forte legame con la realtà economico-produttiva del Paese, un assetto flessibile costituito da una successione graduale di livelli, una formula organizzativa funzionale e strutturale individuata dall’attuazione del campus quale apparato di beni e di servizi opportunamente predisposti e di persone con ruoli formalizzati, messa in corrispondenza operativa per il conseguimento di determinate mete;

8.               esclusione dal progetto di ristrutturazione ordiamentale e curricurale di un numero circoscritto di istituti professionale, nominalmente citati in considerazione della loro atipicità, della loro storia, della loro specializzazione;

9.               determinazione dei passaggi di uscita e di rientro tra istruzione liceale, tecnica e professionale, secondo criteri e procedure in grado di assicurarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità.

10.            valorizzazione della formazione professionale, gestita dalle Regioni, collocandola all’interno del campus e abilitandola, sulla base di chiari requisiti, all’assorbimento dell’obbligo di istruzione, sino al sedicesimo anno di età.”

SCHEMA di parere proposto dai senatori RUSCONI, GIAMBRONE, MARIAPIA GARAVAGLIA, CERUTI, VITTORIA FRANCO, MARCUCCI, PROCACCI, ANNAMARIA SERAFINI, VITA, BLAZINA sull’atto del governo n. 132

“La Commissione, esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento concernente norme sul riordino dei licei,

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro Paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio con specifico riguardo: allo sviluppo esponenziale della conoscenza e delle nuove tecnologie e del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera comunità; alla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi, profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro, un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; alla crisi finanziaria ed economica che ha duramente colpito il nostro Paese e che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare, quindi, cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. E’ il contesto mediatico, sociale, territoriale, la multimedialità ad egemonizzare il campo della conoscenza. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchio sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico, affinché la scuola possa svolgere in questo nuovo contesto in modo adeguato la sua funzione. Gli studi scientifici più recenti mettono sempre più in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi e evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. E’necessario affermare la centralità dell’apprendimento come il coinvolgimento ed il protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, come sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica, fra cui:

         la programmazione e la metodologia della didattica;

         la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

         una ricerca metodologica che sia finalizzata: ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, capace di stimolare le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività nonchè di favorire il superamento della separazione rigida tra lezione frontale e attività laboratoriale; alla definizione dei quadri orari con nuovi criteri; alla riprogettazione e organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

         la revisione dei curricula per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale e fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

         la definizione di un piano nazionale, finalizzato a valorizzare la funzione dei docenti con lo sviluppo della loro professionalità attraverso una adeguata retribuzione; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale; la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali; una nuova normativa per la formazione di base, il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

         l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del Titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare, infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata debba porsi come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi, con il decreto ministeriale n. 139 del 2007 che, adeguandosi alle indicazioni europee e pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisca che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico-tecnologico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione superiore prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale tale da garantire, nei profili di uscita, il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese ai 16 anni per tutti, non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra i licei, gli istituti tecnici e professionali;

rilevato che:

nell’ordinamento proposto dal Governo sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata un’identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo d’istruzione, da cui determinare le identità specifiche;

il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione, ma sulla necessità di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’istruzione, definiti con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, nonché sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità di una riforma che non può, pertanto, fregiarsi di tale titolo;

questa logica di riduzione della spesa ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente, conseguente alle misure di “razionalizzazione” connesse all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline;

nella predetta logica dei tagli il regolamento determinerà un’ulteriore riduzione di 2.580 unità docente più 33 insegnanti tecnico-pratici;

la riduzione del monte ore, in particolare nel biennio – dove più facile è la riorganizzazione del quadro orario – produrrà la riduzione del personale docente, confermando che l’obiettivo del riordino è funzionale al contenimento della spesa e non all’affermazione di una nuova visione strategica dell’istruzione liceale del Paese;

rilevato, altresì, che proprio in questa logica va letta l’assenza di investimenti e il mancato stanziamento di risorse aggiuntive destinate alla innovazione didattica, alle strutture scolastiche (aule, attività laboratoriale, ecc.) e alla formazione del personale docente;

il principio generatore della riforma – contrariamente a quanto affermato dal Ministero – non risponde alle reali richieste che provengono dalla società contemporanea, di cui sopra, ma riporta in luce l’impianto complessivo dell’istruzione ad una visione di tipo gentiliano. Risulta assente, infatti, una vera rivoluzione di metodo capace di contenere gli elementi indispensabili per una scuola del XXI secolo, quali:

a)         la didattica laboratoriale di tutte le discipline tramite il sistema delle compresenze (storia/diritto; arte/tutte; lingua straniera/tutte; linguaggi /tutte);

b)        la previsione di spazi di intersezione tra le discipline, progettualità e sperimentazioni, che invece l’Europa ci chiede;

c)         l’insegnamento autonomo di Cittadinanza e Costituzione;

d)        l’insegnamento autonomo di Linguaggi (Media Education);

e)         l’insegnamento almeno quadriennale di Scienze;

si rende necessaria un’attenta revisione dello schema di regolamento e dei quadri disciplinari, al fine di non disperdere la ricchezza diffusa di centinaia di licei (più di un terzo del totale) che da decenni sperimentano esperienze didattiche che hanno prodotto risultati formativi e culturali di eccellenza e conseguito gli obiettivi OCSE PISA in linea con le maggiori scuole europee;

considerato che:

l’orario medio settimanale sarà di 27 ore nel primo biennio dei primi quattro licei e di 31 nel secondo biennio e nel quinto anno, per i primi 3 licei (32 per il linguistico); 32 per il musicale-coreutico; 34 (prima e seconda) e 35 (terza, quarta e quinta) per l’artistico;

appare contraddittoria la previsione per i licei di flessibilità didattiche o curricolari riservate alla scuola, nella quota del 20 per cento al primo biennio e del 30 per cento al secondo biennio, vincolata ad un contingente di organico annuale attribuito, in modo sempre più ridotto, dal Ministero;

stando alle ipotesi ora al vaglio, per effetto della riduzione oraria entreranno in sofferenza molte discipline con le relative classi di concorso – pur non essendo queste ultime oggetto del regolamento in discussione – ed, in particolare :

a)                  la classe 19 A (Discipline giuridiche ed economiche) scompare dai licei linguistici e delle scienze umane e da molte sperimentazioni, mentre l’insegnamento del diritto dovrebbe essere incrementato anche al fine di rendere utile ed effettiva la nuova disciplina “Cittadinanza e Costituzione” che deve formare cittadini consapevoli;

b)                  la classe 51 A (Materie letterarie con latino) nel liceo scientifico, nel liceo linguistico (da – 25 a – 50 per cento a seconda dell’organizzazione precedente), nel liceo delle scienze umane (- 8 per cento circa);

c)                  la classe 50 A (Materie letterarie) nel liceo linguistico e nel liceo delle scienze umane dove, vista la presenza del latino, prevarrà il ricorso alla 51 A;

d)                  la classe 49 A (Matematica e Fisica) nel liceo linguistico (-15 per cento circa);

e)                  la classe 45 A (Lingue straniere) nello scientifico (10 per cento circa) e, relativamente alla seconda lingua straniera, nel liceo linguistico (-33 per cento circa);

f)                   la classe 60 A (Scienze naturali ecc.) nel linguistico e nel liceo delle scienze umane(- 25 per cento circa ) ;

g)                  le classi 61 A (Storia dell’arte) e 25 A (Disegno e storia dell’arte) dimezzate nei licei linguistico e delle scienze umane;

h)                  la classe 36 A (Filosofia, pedagogia, psicologia) e 37 A (Filosofia e storia) nel liceo delle scienze umane (rispettivamente -33 per cento e – 25 per cento);

i)                   la classe 47 A (Matematica) espulsa dai licei delle scienze umane e linguistici, poichè matematica e fisica diventano disciplina unica già nel biennio;

j)                   le classi 18 A (Discipline geometriche ecc.), 21 A (Discipline pittoriche), 22 A ( Discipline plastiche) nel liceo artistico;

k)                  le classi dalla 3 A alla 10 A (Arti varie) e della tabella D (Laboratori degli istituti d’arte) per la confluenza degli istituti d’arte nei licei artistici;

sarebbe necessario:

a)               non ridurre ulteriormente l’orario previsto per le scienze umane e sociali nelle due opzioni del liceo delle scienze umane;

b)              potenziare lo studio sistematico della psicologia, sociologia, metodologia della ricerca nel triennio del liceo delle scienze umane

c)                           prevedere l’inserimento dell’insegnamento di Psicologia della comunicazione nel triennio

–                                                 degli indirizzi tecnici “Turismo” e “Amministrazione Finanza e Marketing”;

–                                                 dell’istituto professionale “Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera”;

d) l’unificazione delle classi di concorso 36/A e 37/A;

considerato inoltre che:

la riduzione dei quadri orari colpisce fortemente i licei interessati ai corsi sperimentali, in particolare i più diffusi quali il “Piano nazionale di informatica”, la sperimentazione della seconda lingua straniera per l’intero quinquennio nei licei scientifici, il liceo scientifico-tecnologico, senza un’approfondita valutazione dei risultati formativi raggiunti;

il liceo artistico prevede un numero di ore insufficiente e mal distribuito per le attività artistiche pratiche. Esso assorbe altresì di fatto anche gli istituti d’arte, con conseguenze pesanti sulla molteplicità di queste scuole non riconducibili ai tre indirizzi previsti. Gli istituti d’arte dovrebbero, infatti, avere un taglio più professionalizzante ed essere legati di più al territorio, anche per non disperdere il valore degli istituti d’arte del mosaico, del corallo, dell’oreficeria, dell’alabastro, del vetro, del tessuto, che costituiscono un patrimonio prezioso per tanti territori;

il liceo classico, analogamente al liceo artistico, non prevede al biennio lo studio delle scienze naturali, nonostante tale disciplina sia considerata, nei contenuti, uno dei quattro assi portanti che l’Europa ci chiede come certificazione di competenze alla fine dell’obbligo. Con la fine delle sperimentazioni ci si trova di fronte a un “nuovo” liceo classico che ci riporta al “vecchio”: infatti in questi licei in una percentuale prossima al 100 per cento si studiano le lingue straniere anche nel triennio, per un monte di ore pari a tre ore settimanali; con la riorganizzazione le ore vengono ridotte di una unità su ogni classe, per un totale di cinque nell’intero quinquennio; viene abolito inoltre lo studio dello storia dell’arte in tutto il quinquennio la cui sperimentazione ha permesso a buona parte dei licei classici italiani una diffusa e approfondita conoscenza del patrimonio artistico del nostro Paese. Anche per il liceo classico (così com’è previsto per i licei scientifico e delle scienze sociali) andrebbe inserita l’opzione del “liceo della comunicazione” che, rispondendo alla necessità di far vivere l’umanesimo perenne della classicità, attirerebbe in questa sfera anche quella parte di studenti che non se la sentirebbero di frequentare un Classico tradizionale;

i licei scientifici tornano alle più vetuste esperienze, come ad esempio quelle delle tre ore di lingua straniera, e si pone fine allo studio della seconda lingua comunitaria per tutto il quinquennio, che era stato il fiore all’occhiello delle recenti sperimentazioni. Inoltre il liceo scientifico tecnologico, così come previsto nello schema di regolamento in esame, recepisce solo in parte le caratteristiche peculiari delle attuali sperimentazioni, poiché non sono comprese le attuali ore di didattica di laboratorio. Pertanto è indispensabile una diversa articolazione delle opzioni del liceo scientifico, mantenendo nei tecnici la previsione di un’articolazione che riprenda il profilo del vecchio “liceo scientifico-tecnologico Brocca” e facendo sì che, nelle confluenze, gli istituti tecnici che attualmente hanno tali sperimentazioni rilascino il diploma di liceo scientifico-tecnologico;

i licei linguistici e delle scienze umane, finora costituiti in via sperimentale con orari intorno alle 35 ore, risentiranno maggiormente del limite imposto delle 30 ore. In tali licei la definizione e distribuzione delle discipline risulta approssimativa: ad esempio matematica e fisica costituiscono una disciplina unica (comprensiva anche di informatica!) diversamente dal classico e dallo scientifico; arte e musica sono alternative e sono distribuite su un’ora alla settimana. Inoltre, in assenza delle sperimentazioni al liceo linguistico si studieranno bene solo le lingue straniere, mentre scomparirà una più vasta e solida cultura liceale. Il latino si studierà solo nei primi due anni, pur essendo, quello linguistico, indirizzo dedicato più di altri alla specializzazione dei linguaggi;

per quanto riguarda l’eliminazione dello studio del latino nella seconda opzione prevista per il liceo scientifico (opzione scientifico-tecnologica) che la Commissione cultura della Camera ha chiesto di sostituire con l’opzione “scientifico-informatica”, si ritiene assolutamente necessario cogliere l’occasione per sollecitare il ripristino di tale insegnamento per molteplici ragioni ed in particolare:

a) perché l’insegnamento del latino è del tutto rispondente al principio, ribadito in tutti i documenti, di volere con la riforma riconfermare l’identità e la peculiarità dei licei al fine di consentire il conseguimento di una solida cultura umanistico – scientifica;

b) di fatto la presenza di una opzione priva dell’insegnamento del latino porterebbe rapidamente alla scomparsa di detto insegnamento nel liceo scientifico, in contrasto rispetto alla sua diffusa presenza in tutti i licei;

per quanto riguarda la istituzione di “dipartimenti e comitato tecnico-scientifico” (articolo 10, comma 2), si segnala (a parte l’incoerenza rispetto all’autonomia costituzionalmente garantita alle scuole da cui discende la facoltà di operare scelte organizzative gestionali autonome) la natura artificiosa di tali strumenti, non sempre utili e per nulla innovativi rispetto alle soluzioni adottate correntemente dalle scuole nella loro autonomia per rendere più efficaci e funzionali i processi di programmazione e progettazione e le azioni di coordinamento con il contesto locate e territoriale. E’ sicuramente preferibile lasciare alle scuole la possibilità di effettuare scelte autonome e adottare le soluzioni ritenute più opportune ed efficaci;

per quanto riguarda la previsione contenuta nel decreto-legge n. 112 del 2008 (e altre norme successive), che stabilisce che con regolamento del Ministro dell’istruzione sia definita una nuova disciplina dei requisiti e modalità di formazione e reclutamento degli insegnanti, sarebbe opportuno raccomandare che a monte di tale procedimento vi sia un’appropriata selezione attitudinale dei futuri docenti;

il liceo delle scienze umane, nel suo indirizzo tradizionale, è calibrato su un asse psico-pedagogico, anziché, come nel resto d’Europa, su un asse sociale. E’ un’inutile riedizione del soppresso magistrale con latino per 5 anni eneppure un’ora di discipline giuridiche ed economiche, materia che pure appartiene all’asse culturale delle scienze umane. La classe 19 A (Discipline giuridiche ed economiche) scompare senza che si sia fatta alcuna riflessione didattica, pedagogica o del mondo dell’impresa o delle professioni. Tuttavia, il ripristino delle ore delle discipline giuridiche ed economiche non deve comportare una ulteriore riduzione di “Scienze sociali e metodologia della ricerca”. Nel biennio, manca una disciplina caratterizzante (non è prevista neanche un’ora di scienze sociali) compromettendo, così, l’identità specifica dell’indirizzo. Nel triennio la sottrazione dell’insegnamento della filosofia ai docenti di materia d’indirizzo (A036) renderà difficile mantenere sincronia e coerenza tra i programmi di filosofia e pedagogia, pur trattandosi dello studio dei medesimi pensatori;

il liceo musicale-coreutico nasconde l’incognita della ricerca e dell’impiego delle risorse. In tal senso o si assume personale nuovo e abilitato o si riqualificano, per riconvertirli, i docenti di educazione musicale e di strumento provenienti dalle scuole medie. Al suo interno è previsto l’insegnamento teorico della musica e della danza, ma assai poco quello pratico, sacrificato dentro le 32 ore massime in cui si articola. Soprattutto in quanto liceo vocazionale, esso risente fortemente del mancato investimento nell’attività laboratoriale e di un rapporto poco chiaro con i Conservatori e le Accademie di danza e altre istituzioni musicali e coreutiche riconosciute. Il tema è quello della formazione e dell’abilitazione all’insegnamento. Si stigmatizza infine la previsione di affrontare un progetto così ambizioso senza nessun investimento e la previsione, assolutamente irrisoria, del limite numerico di quaranta licei musicali;

gran parte del deficit formativo della scuola italiana è di tipo metodologico e l’insegnamento è ancora in gran parte libresco; bisognerebbe introdurre dovunque la pratica dei laboratori e dell’indagine scientifica. È nel laboratorio infatti, in quanto luogo di ricerca e di indagine critica, che si impara l’analisi e la soluzione dei problemi, l’uso dei modelli e linguaggi specifici, la conoscenza delle strutture sintattiche e logiche delle discipline. Benché nella attività laboratoriale ci siano le condizioni per l’attuazione di modelli didattici funzionali all’apprendimento per competenze, tale pratica purtroppo non riguarda strutturalmente i licei;

con un evidente attacco al buon senso, l’avvio della riforma nel 2010-2011 riguarderà, oltre alle prime classi, anche le seconde. In tal modo, grazie alla contrazione dei quadri orari si otterrà il risparmio previsto; le famiglie, tuttavia, avranno iscritto i propri figli a corsi destinati a cambiare dopo un anno assetti curriculari, quadri orari e insegnanti. Così facendo si disattende il diritto degli alunni alla continuità educativa e si riduce il tempo necessario per gestire il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Al riguardo si fa notare che non sono state ancora definite né le “Indicazioni nazionali”, né le nuove classi di concorso e che, in assenza delle condizioni funzionali alla sua attuazione, un’ eventuale accelerazione del processo di riforma genererebbe solo ulteriore disagio all’interno della comunità scolastica e rafforzerebbe il convincimento che la riforma dei licei ha per obiettivo primario il solo contenimento della spesa;

considerato che:

il Consiglio di Stato, pur avendo espresso parere favorevole al regolamento, ha rilevato che negli articoli riservati ai singoli percorsi liceali è assente un richiamo alle finalità generali e alla sua identità culturale poiché tali percorsi, salvo quello del liceo scientifico, sono diretti genericamente ad “approfondire conoscenza, abilità e competenza”;

rilevato che:

l’applicazione del regolamento relativo ai nuovi indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e professionali deve tenere in debito conto la specificità delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare due aspetti:

1.               il numero delle ore di insegnamento deve garantire la equivalente presenza delle due lingue (slovena ed italiana);

2.               deve essere assicurato agli studenti di lingua slovena una ampia offerta formativa, anche adottando lo strumento della classe articolata, per garantire così il diritto all’accesso alla scuola media superiore con una scelta adeguata di indirizzi;

considerato infine che:

il 21 gennaio 2010, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati del disegno di legge “Collegato lavoro” alla legge finanziaria per l’anno 2010 (A.C. 1441-quater-B), è stato approvato un emendamento che, modificando la “legge Biagi” prevede la possibilità di cominciare a lavorare a 15 anni mediante un contratto di apprendistato che sostituirà l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Più in particolare, l’emendamento prevede che «l’obbligo di istruzione, di cui all’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui al presente articolo». La modifica si innesta in quella parte della legge Biagi che regolamenta il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

il contratto di apprendistato a cui si riferisce la modifica riguarda i giovani e gli adolescenti (di età tra i 15 e i 18 anni non compiuti); questi ultimi possono essere assunti da datori di lavoro che appartengono a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. Il contratto non può avere una durata superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale (in base alla legge n. 53 del 2003); vale a dire all’acquisizione, attraverso il lavoro, di un titolo di studio (alternanza scuola-lavoro);

la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha aumentato il numero degli anni (da nove a dieci) che costituiscono l’obbligo scolastico riformulando, così, il limite degli anni per l’accesso al lavoro. L’elevazione dell’età (da 15 a 16 anni) è frutto, dunque, di una conseguenza dell’aumento del numero degli anni (10) previsti per il percorso minimo di istruzione obbligatoria. Iniziando a studiare a sei anni, infatti, l’istruzione obbligatoria si conclude a 16. Oggi si interviene proprio su questo arco temporale prevedendo che l’ultimo degli anni di questo percorso obbligatorio possa essere assolto dall’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione;

la norma si pone quindi in palese contrasto con quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2007 che prevede l’accesso al lavoro non prima del compimento dei 16 anni;

si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal Trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del Governo del Centro-sinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola. Di fatto la serie di disposizioni approvata da questo governo in materia di istruzione sembrano orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi “classisti”, la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, diffondendo peraltro l’idea, dopo la terza media, di poter andare subito al lavoro;

l’Unione europea e tutti i più recenti studi sul capitale umano chiedono di aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e di ridurre la dispersione scolastica. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, si sia deciso di penalizzare gli studenti italiani;

gli ultimi studi dell’OCSE e della Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza” che evidenzia tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e autonomie locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

considerato che il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità sulla istituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, e sulla costituzione di un comitato scientifico, poiché detti organismi entrerebbero in conflitto tanto con la riserva di legge in materia di organizzazione scolastica quanto con il rispetto dell’autonomia scolastica in base alla quale ogni scuola deve poter valutare l’opportunità di istituire tali organi nel suo specifico contesto;

considerato altresì che il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità in merito all’utilizzo di decreti ministeriali non aventi forza normativa, per quanto riguarda la definizione delle Indicazioni nazionali inerenti gli ordinamenti, l’articolazione delle cattedre e l’autovalutazione dei percorsi previsti dai regolamenti e che, comunque, ad oggi non sono ancora formalmente definiti i regolamenti con i quali viene disposta la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dell’istruzione liceale. Appare quindi del tutto evidente l’impossibilità di avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 poiché non si consente alle famiglie una scelta consapevole dell’indirizzo di scuola più consono ai propri figli;

considerato ancora che in assenza delle definitive disposizioni normative le Regioni non possono, nell’ambito delle proprie competenze, definire gli indirizzi di programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2010-2011;

tenuto conto che il Governo stesso, in fase di discussione della legge finanziaria per l’anno 2010, aveva riconosciuto la validità di tale richiesta mediante l’accoglimento di un ordine del giorno, presentato dal Partito Democratico, che chiedeva di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

esprime parere contrario.”

SCHEMA di parere PROPOSTO dai senatori RUSCONI, GIAMBRONE, MARIAPIA GARAVAGLIA, CERUTI, VITTORIA FRANCO, MARCUCCI, PROCACCI, ANNAMARIA SERAFINI, VITA, BLAZINA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione, esaminato lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica  recante il Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici,

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro Paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’Istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio, contrassegnato dallo sviluppo esponenziale della società della conoscenza e delle nuove tecnologie,  del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera società; dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi, profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro, un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; dalla crisi finanziaria ed economica mondiale, che ha duramente colpito il nostro Paese,  e che  richiede di essere affrontata con  una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare quindi cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. Il campo della conoscenza è egemonizzato dal contesto mediatico, sociale, territoriale, dalla multimedialità. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchio sistema educativo non sembra  stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

in questo nuovo contesto, affinché la scuola possa svolgere in modo adeguato la sua funzione, occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico. Le stesse nuove acquisizioni scientifico-neurologiche mettono sempre più in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi e evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. E’necessario affermare la centralità dell’apprendimento come coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, attraverso la sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva, quindi come cooperazione educativa;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica, fra cui:

·                 la programmazione e la metodologia della didattica;

·                 la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

·                 una ricerca metodologica che sia finalizzata ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, che stimoli le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività, favorendo il superamento dell’organizzazione rigida della lezione frontale, puntando sulle attività laboratoriali, sulla definizione dei quadri orari con nuovi criteri nonchè sulla riprogettazione, strutturazione e organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

·                 la revisione dei curriculi per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

·                 la definizione di un piano nazionale finalizzato a valorizzare la funzione docente attraverso una adeguata retribuzione economica; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali; una nuova normativa per la formazione di base, il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

·                 l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del Titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare, infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata si ponga come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi con il decreto ministeriale n. 139 del 2007 che, in conformità con le indicazioni europee e, pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale tale da garantire, nei profili in uscita, il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese a 16 anni per tutti non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra licei, istituti tecnici e professionali;

ritenuto che:

sarebbe necessario realizzare un biennio unitario costruito sui quattro assi fondamentali dei saperi che si concluda con la certificazione dell’obbligo di istruzione;

occorre una diversa definizione e articolazione del biennio, unitario e orientativo, che superi gli steccati di stampo gentiliano e si proponga di offrire pari opportunità ai nostri ragazzi: un segmento che consenta ai ragazzi di comprendere meglio le loro capacità e attitudini favorendo i passaggi da un corso di studi ad un altro senza che nessuno si perda per strada;

sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata una identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo di istruzione dalla quale sarebbero poi discese e definite tre identità/finalità specifiche, e non invece identità/finalità progressivamente riduttive rispetto a quelle dei licei;

il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione, bensì fondato sulla esigenza di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’istruzione stabiliti con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali ed alla qualità della riforma;

la logica di riduzione della spesa, in conseguenza delle misure di “razionalizzazione” connesse all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline, ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente;

la predetta logica dei tagli, che sottende anche allo schema di decreto recante il regolamento in discussione, comporta un’ulteriore riduzione di 7.492 unità docente più 2.867 insegnanti tecnico-pratici, per un totale di 10.359 unità;

per i motivi esposti in premessa, la riforma dell’ultimo segmento del percorso  scolastico è certamente auspicabile e urgente per offrire ai giovani italiani strumenti atti a metterli in condizione di parità con i loro coetanei del resto del mondo e per renderli capaci di affrontare le sfide di questi anni, rese ancora più difficili da una crisi complessa e ancora molto lontana dal superamento. Una riforma deve tuttavia partire dall’individuazione degli obiettivi che si intendono raggiungere e non da obiettivi di riduzione della spesa. Quella che si propone oggi è invece viziata dai tagli previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008: il riordinamento dell’istruzione secondaria superiore previsto nei regolamenti in esame viene realizzato nell’ambito della politica di ridimensionamento della spesa per l’istruzione pubblica prevista dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 (circa 8 miliardi di euro in tre anni) e in assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali ed alla qualità istituzionale della riforma;

una nuova scuola, tarata sugli obiettivi, pur enunciati nei regolamenti in esame, dell’Unione Europea, avrebbe bisogno di nuovi stanziamenti, di investimenti mirati soprattutto sulla formazione dei docenti, ma anche sull’organizzazione delle istituzioni scolastiche e  sulle attrezzature di cui dovrebbero essere dotate mentre, al contrario, il regolamento in esame prevede financo la riduzione dei laboratori e dei posti di docenti tecnico pratici;

l’identità dell’istruzione tecnica finisce con l’essere circoscritta ad “una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico…”, e quindi nei tre schemi permane e si rafforza quella gerarchia tra percorsi secondari che invece andrebbe superata, considerando i profondi cambiamenti che si verificano giorno dopo giorno sia nel mondo della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche, grazie alle quali la separazione tra lavoro intellettuale e manuale sta sempre più perdendo significato, sia nel mondo della ricerca educativa, che non da oggi propone strategie per un insegnare/apprendere in grado di sollecitare e “produrre” soggetti “competenti” anche se condizionati da un milieu socioculturale deprivato;

la costruzione della responsabilità, della capacità di scegliere e di interpretare, nonché la forza di elaborare una prospettiva per il proprio futuro possono essere ottenute tanto per “via tecnologica” quanto per “via umanistica”, mentre in tal senso lo schema in esame risulta del tutto divergente;

una didattica veramente innovativa dovrebbe prevedere alcune innovazioni strutturali, quali il superamento dell’orario di cattedra ed utilizzazione delle competenze professionali dei docenti secondo criteri diversi rispetto a quelli previsti dalle gabbie delle classi di concorso e degli orari di cattedra;

l’applicazione della riforma anche alle seconde classi degli istituti tecnici appare incomprensibile da ogni punto di vista, tanto più da quello didattico ed educativo. Tale previsione si fonda solo sulle esigenze di taglio alla spesa pubblica e contrasta con il diritto dei giovani, che quest’anno hanno scelto e cominciato il loro percorso di studi, di proseguire serenamente tale percorso;

la riduzione oraria a 32 ore applicata già dal prossimo anno scolastico anche alle terze e quarte negli istituti tecnici, peraltro senza un’indicazione specifica su quali discipline debbano subire tali decurtazioni, costituisce un grave nocumento per gli studenti che hanno già iniziato, e alcuni quasi completato, il percorso di studi, violando il diritto dei ragazzi a concludere gli studi in continuità con il percorso che hanno scelto di intraprendere; tale previsione non hanno altra spiegazione se non l’urgenza del Ministero dell’economia di riduzione della spesa;

la previsione di quote orarie opzionali e della maggiore autonomia delle istituzioni scolastiche, pure condivisibile, deve essere resa possibile e concreta sul piano organizzativo con un organico funzionale pluriennale, di cui non vi è traccia nello schema in esame che, al contrario, vincola la flessibilità didattica e curriculare nei limiti dei contingenti di organico assegnati;

la previsione di demandare a successiva decretazione, per gli istituti tecnici, le possibilità delle opzioni significa limitare l’autonomia e il radicamento territoriale delle scuole e sottrarre semplificazione e trasparenza all’intera manovra ed è viziata da illegittimità, come segnalato dal Consiglio di Stato;

la riforma degli istituti tecnici è urgente e ormai la riflessione e l’elaborazione hanno raggiunto un livello di maturazione che solo in parte è contenuto nello schema di regolamento in esame. La commissione presieduta dal professor De Toni, insediata dal Governo Prodi con l’obiettivo di elaborare una proposta di riforma degli istituti tecnici che ne valorizzasse il ruolo fondamentale per la promozione sociale e lo sviluppo economico del nostro Paese, ha svolto un pregevole lavoro, ma il Governo, che pure l’ha mantenuta, ha colto solo in modo parziale e limitativo la spinta innovativa che deriva dall’elaborazione della commissione, minando alle radici tali potenzialità;

nel regolamento sono contenuti aspetti positivi e condivisibili, che sono stati sottolineati nelle audizioni da esperti, associazioni professionali e sindacati, fra i quali:

·                 la riduzione e semplificazione degli indirizzi;

·                 l’affermazione che la didattica laboratoriale deve essere la metodologia di lavoro per raggiungere le competenze previste ed espresse secondo la definizione europea EQF per rendere confrontabili i titoli di studio, ma la riduzione delle compresenze, delle ore di docenti tecnico-pratici e di laboratorio ne vanifica l’attuazione;

·                 i curricula per competenze come scelta di fondo anche se, a causa della riduzione delle ore, appare debole e incerta l’area comune del biennio;

·                 il richiamo ad un collegamento sistematico con le strutture della ricerca, del mondo produttivo e delle professioni;

·                 il richiamo ad una mirata ed efficace azione di orientamento;

·                 l’affermazione della necessità un ampio uso di stages, tirocini, laboratori e alternanza scuola lavoro;

·                 l’aumento dell’autonomia nel curricolo del secondo biennio e nel V anno, seppure con i rilievi già sottolineati;

·                 la costituzione, nei singoli istituti, dei dipartimenti per sostenere la progettazione educativa e l’integrazione tra le discipline, seppure con i rilievi già esposti in particolare sul contrasto con l’autonomia scolastica e con l’esigenza di una riforma della governance complessiva delle istituzioni scolastiche;

·                 la declinazione dei risultati di apprendimento in competenze, abilità e conoscenze secondo il quadro europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF 2008);

·                 l’introduzione dell’insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica nel quinto anno, anche se non si possono tacere i dubbi circa l’effettiva applicabilità di tale indicazione;

sono presenti molti aspetti negativi, oltre a quelli già evidenziati, in diretto contrasto con alcuni di quelli positivi, quali:

·                 l’assenza di risorse umane e finanziarie per le scuole e la formazione dei docenti;

·                 il permanere di terminalità troppo rigide e specialistiche che non consentono di costruire un profilo compatibile con professionalità realmente strategiche;

·                 la riduzione delle ore specie nel biennio;

·                 la riduzione degli orari dei laboratori e delle ore dedicate alla compresenza, nonché delle ore degli insegnanti tecnico-pratici;

·                 la mancanza di chiarezza sul problema della valutazione e certificazione delle competenze;

·                 l’assenza di un nesso tra area comune e competenze di cittadinanza;

·                 la mancanza di un nesso tra materie del biennio e quelle del triennio;

considerato che:

non sono stati previsti finanziamenti mirati e piani nazionali di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti scolastici;

la pratica laboratoriale, indispensabile in modo particolare per l’istruzione tecnica, è messa in discussione dall’eccessivo taglio delle compresenze degli insegnanti tecnico-pratici e che, al contrario, i laboratori, nell’impostazione della commissione De Toni, erano fondamentali, mentre il Governo ne ha stabilito un taglio del 30 per cento;

non è prevista la possibilità di attivare insegnamenti facoltativi sui quali gli studenti possano esprimere una scelta;

il comitato scientifico dello schema di regolamento in esame presenta rischi di sovrapposizione con le funzioni di altri organi della scuola (dipartimenti e collegio dei docenti), che andrebbero evitati, e tenuto conto che la sua composizione, in particolare con l’articolazione delle rappresentanze su base paritetica, non trova alcuna fondata motivazione per un organismo a cui si assegnano funzioni consultive e di proposta;

è necessario affidare alle scuole ogni deliberazione circa l’eventuale costituzione e la composizione del comitato medesimo, così come peraltro sottolineato nel parere del Consiglio di Stato;

il comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale, istituito ai fini del monitoraggio di cui all’articolo 12, oltre che risultare di quasi esclusiva nomina ministeriale e privo di qualsiasi forma di rappresentatività e di garanzia tecnico-professionale, sostituisce impropriamente il comitato nazionale per il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) istituito per le finalità previste dall’articolo 69 della legge n. 144 del 1999, come peraltro rilevato dal Consiglio di Stato;

la valutazione delle competenze e il sistema delle qualifiche (EQF) rende necessaria l’indicazione degli standard di prestazione secondo i quali certificare le competenze mentre tale indicazione è assente nello schema di regolamento in esame;

nei quadri orari di vari indirizzi è inserita la disciplina Scienze integrate con l’accompagnamento delle dizioni Fisica, Chimica, Scienze della terra e Biologia, senza che venga chiarito se si tratti di una nuova disciplina o solo di una nuova denominazione di quelle indicate tra parentesi, peraltro con una consistente riduzione del monte ore complessivo;

le materie scientifiche dovrebbero avere un ruolo importante nella formazione tecnica, anche alla luce degli obiettivi di Lisbona;

la disciplina Scienze e tecnologie applicate non può essere inserita nel biennio, in quanto già fortemente caratterizzante del percorso di studio e pertanto non orientativa né propedeutica;

è necessaria una maggiore caratterizzazione dell’indirizzo Turistico all’interno del settore “Economico”, prevedendo la possibilità di differenziare il percorso di studio del perito per il turismo in indirizzi che valorizzino le specificità territoriali, articolando i quadri orari in maniera che in ciascun indirizzo si configurino alcune discipline prevalenti e offrendo materie opzionali significative rispetto alle realtà regionali. E’necessario, inoltre, mantenere le discipline tecnico-pratiche (Pratica d’Agenzia e Conversazione in lingua straniera) che da sempre hanno qualificato l’indirizzo turistico, fornendo agli alunni le indispensabili competenze professionali, le quali devono necessariamente trovare una precisa collocazione nel quadro orario della riforma, anche in forma di compresenza nel secondo biennio e nell’ultimo anno;

il liceo scientifico-tecnologico, così come previsto nello schema di regolamento dei licei, recepisce solo parzialmente le caratteristiche peculiari delle attuali sperimentazioni, che hanno avuto grande successo, in particolare per l’azzeramento delle ore di laboratorio. Pertanto è indispensabile una diversa articolazione delle opzioni del liceo scientifico, mantenendo nei tecnici la previsione di un indirizzo che riprenda il profilo del vecchio liceo scientifico tecnologico “Brocca” e facendo sì che, nelle confluenze, gli istituti tecnici che attualmente hanno tali sperimentazioni rilascino diplomi di liceo scientifico-tecnologico;

gli schemi di regolamento degli istituti tecnici e dei licei, e le tabelle di confluenza dei percorsi tecnici e dei percorsi liceali nei nuovi indirizzi tecnici e liceali comportano la perdita di indirizzi sperimentati con successo dagli istituti tecnici per attività sociali (ITAS): in particolare l’indirizzo Biologico (indirizzo liceale) e Generale (indirizzo tecnico); tali istituti acquisterebbero pertanto esclusivamente il profilo di istituti di istruzione superiore, costituiti da indirizzi di tipo tecnico del settore tecnologico e di tipo liceale; al fine di evitare tale situazione si rende necessario stabilire la confluenza dell’indirizzo sperimentale Biologico “Brocca” nel settore Tecnologico – indirizzo Chimico, Materiali e Biotecnologie – dell’istruzione tecnica, realizzando un corso di studi che rilascerà un diploma di istruzione tecnica; la confluenza dell’indirizzo Generale dell’ITAS nel settore Tecnologico – Indirizzo Sistema Moda, articolazione Tessile, Abbigliamento e Moda e la confluenza dell’indirizzo Economo – Dietista dell’ITAS nell’Istruzione Tecnica – Settore Tecnologico – indirizzo Chimica, materiali e biotecnologie;

ritenuto necessario mantenere l’indirizzo di informatica gestionale (Programmatori/Mercurio) nel settore Economico, che può formare esperti in settori di avanguardia come il web design e la programmazione web-oriented. Nel settore Economico dovessero permanere solo i due indirizzi previsti dal riordino (“Amministrazione, Finanza e Marketing” e “Turismo”), i futuri diplomati avrebbero delle competenze e delle capacità informatiche irrisorie e marginali, mentre l’economia punta verso l’e-commerce e l’e-businesse che nessuno degli indirizzi proposti nel riordino prevede un percorso capace di fornire le   competenze per creare degli esperti in questi importanti ambiti. Le figure in uscita del settore Tecnologico sono orientate a gestire più l’aspetto hardware e “tecnico-industriale” dei sistemi informatici che a ricoprire funzioni e svolgere mansioni di tipo economico-aziendale e pertanto sarebbe necessario l’ulteriore indirizzo Informatica gestionale;

ritenuto inoltre che l’indirizzo per periti aziendali corrispondenti in lingue estere (PACLE), avviato in forma di sperimentazione ormai da decenni, costituisce un importante contributo all’attività aziendale e deplorato che lo schema in esame cancella tale indirizzo riconducendolo a quello Amministrazione, Finanza e Marketing del Ssettore Economico;

si raccomanda di conservare, all’interno del sistema degli indirizzi, il riferimento alla figura del perito aziendale corrispondente in lingue estere  (Pacle-Erica), così come fortemente richiesto dal mondo della produzione;

considerato infine che:

il 21 gennaio 2010, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati del disegno di legge “Collegato lavoro” alla legge finanziaria per l’anno 2010 (A.C. 1441-quater-B), è stato approvato un emendamento che, modificando la “legge Biagi” prevede la possibilità di cominciare a lavorare a 15 anni mediante un contratto di apprendistato che sostituirà l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Più in particolare, l’emendamento prevede che «l’obbligo di istruzione, di cui all’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui al presente articolo». La modifica si innesta in quella parte della legge Biagi che regolamenta il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

il contratto di apprendistato a cui si riferisce la modifica riguarda i giovani e gli adolescenti (di età tra i 15 e i 18 anni non compiuti); questi ultimi possono essere assunti da datori di lavoro che appartengono a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. Il contratto non può avere una durata superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale (in base alla legge n. 53 del 2003); vale a dire all’acquisizione, attraverso il lavoro, di un titolo di studio (alternanza scuola-lavoro);

la legge finanziaria per il  2007 (legge n. 296 del 2006) ha aumentato il numero degli anni (da nove a dieci) che costituiscono l’obbligo scolastico riformulando, così, il limite degli anni per l’accesso al lavoro. L’elevazione dell’età (da 15 a 16 anni) è frutto, dunque, di una conseguenza dell’aumento del numero degli anni (10) previsti per il percorso minimo di istruzione obbligatoria. Iniziando a studiare a sei anni, infatti, l’istruzione obbligatoria si conclude a 16. Oggi si interviene proprio su questo arco temporale prevedendo che l’ultimo degli anni di questo percorso obbligatorio possa essere assolto dall’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione;

la norma si pone quindi in palese contrasto con quanto disposto dalla legge finanziaria per il  2007 che prevede l’accesso al lavoro non prima del compimento dei 16 anni;

si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal Trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del Governo del Centro-sinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola. Di fatto la serie di disposizioni approvata da questo Governo in materia di istruzione sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi “classisti”, la serie A dei licei, la serie B degli istituti tecnici, la serie C dei professionali, diffondendo peraltro dopo la terza media l’idea di poter andare subito al lavoro;

l’Unione europea e tutti i più recenti studi sul capitale umano chiedono di aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e di ridurre la dispersione scolastica. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, si sia deciso di penalizzare gli studenti italiani;

gli ultimi studi dell’OCSE e della Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza” che evidenzia tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani;

rilevato che:

l’applicazione del regolamento relativo ai nuovi indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e professionali deve tenere in debito conto la specificità delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare due aspetti:

3.     il numero delle ore di insegnamento deve garantire la equivalente presenza delle due lingue (slovena ed italiana);

4.     deve essere assicurato agli studenti di lingua slovena una ampia offerta formativa, anche adottando lo strumento della classe articolata, per garantire così il diritto all’accesso alla scuola media superiore con una scelta adeguata di indirizzi;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

preso atto del parere del Consiglio di Stato e delle condizioni in esso contenute, in particolare per quel che concerne i commi 2 e 3 dell’articolo 8: “In entrambi casi la natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo delle due disposizioni l’inciso “di natura non regolamentare”;

ritenuto quindi che non si possano demandare a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare la definizione di aspetti che attuano e completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in esame;

ritenuto che il rinvio si rende a questo punto inevitabile, per non far fallire la riforma: presidi, insegnanti e famiglie non hanno ancora certezze sulle caratteristiche della nuova istruzione tecnica e per le scuole sarebbe impossibile avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per il prossimo anno scolastico;

ritenuto pertanto che le scelte dei ragazzi verrebbero viziate dalla inevitabile confusione che deriverà dalla frettolosa lettura della riforma e che il rinvio a marzo del termine per le iscrizioni fissa una scadenza troppo ravvicinata: per quanto immediata possa essere l’approvazione definitiva del regolamento, l’orientamento non potrà essere efficace e le istituzioni scolastiche non potranno riorganizzarsi per affrontare il nuovo anno scolastico;

tenuto conto che il Governo stesso, in fase di discussione della legge finanziaria per l’anno 2010, ha riconosciuto la validità di tale richiesta, accogliendo un ordine del giorno presentato dal Partito Democratico, nel quale si chiede di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

ritenuto pertanto che il rinvio di un anno è indispensabile per non procurare gravissimi danni ai ragazzi e alle famiglie;

esprime parere contrario.”

schema di parere proposto dai senatori RUSCONI, GIAMBRONE, GARAVAGLIA MARIAPIA, CERUTI, FRANCO VITTORIA, MARCUCCI, PROCACCI, SERAFINI ANNAMARIA, VITA, BLAZINA sull’atto del governo n. 134

“La Commissione,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali,

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro Paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio contrassegnato dallo sviluppo esponenziale della società della conoscenza e delle nuove tecnologie e del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera comunità; dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro, un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; dalla crisi finanziaria ed economica mondiale che ha duramente colpito il nostro paese e che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare, quindi, cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. E’ il contesto mediatico, sociale, territoriale, la multimedialità ad egemonizzare il campo della conoscenza. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchi sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico affinché la scuola possa svolgere in questo nuovo contesto in modo adeguato la sua funzione. Gli studi scientifici più recenti mettono in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi ed evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. E’ necessario affermare la centralità dell’apprendimento come coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, attraverso la sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica, fra i quali:

·                 la programmazione e la metodologia della didattica;

·                 la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

·                 una ricerca metodologica che sia finalizzata: ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, capace di stimolare le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività; al superamento della separazione rigida tra lezione frontale e attività laboratoriale; alla definizione dei quadri orari con nuovi criteri e alla riprogettazione ed organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

·                 la revisione dei curricula per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

·                 la definizione di un piano nazionale finalizzato a valorizzare la funzione docente attraverso una adeguata retribuzione; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale; la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali; una nuova normativa per la formazione di base, il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

·                 l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del Titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare infine fondamentale che un processo riformatore di tale portata debba porsi come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi con il decreto ministeriale n. 139 del 2007 che, adeguandosi alle indicazioni europee e pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico-tecnologico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione superiore prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale tale da garantire, nei profili di uscita, il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese ai 16 anni per tutti, non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra i licei, gli istituti tecnici e professionali;

occorre cioè dotare, nel corso del biennio dell’obbligo, i ragazzi e le ragazze di un solido, alto e versatile bagaglio di saperi e di competenze che superi l’impianto gentiliano e si proponga di offrire loro pari opportunità; al contempo occorre consentire i passaggi da un corso di studi ad un altro per agevolare la realizzazione delle capacità e delle attitudini di ognuno nell’individuare la futura professione in un mondo del lavoro che richiede e richiederà sempre più flessibilità;

rilevato che:

nei provvedimenti proposti dal Governo sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata una identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo di istruzione da cui far discendere le specifiche identità;

il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione bensì fondato sulla necessità di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’istruzione definiti con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità di una riforma che, pertanto, non può fregiarsi di tale titolo;

questa logica di riduzione della spesa ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente conseguente all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline;

considerato che:

il 28 maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di regolamento per il riordino degli istituti professionali, prevedendo una suddivisione in due settori (“Servizi” e “Industria ed artigianato”) ed ogni settore in indirizzi. Per i “Servizi” sono previsti 5 indirizzi: Agricoltura e sviluppo rurale, Manutenzione e assistenza tecnica, socio – sanitari, Enogastronomia e ospitalità alberghiera, Commerciali. Per “Industria e artigianato”, a partire dal secondo biennio, si stabiliscono 2 indirizzi: industria e artigianato;

con riferimento alle scelte generali del riordino e alla ricaduta sulle economie locali:

la proposta va nella direzione di un ruolo sussidiario, sostitutivo o complementare, rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale regionale (di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226) e, in questa prospettiva temporanea, lamission di questi istituti rimane non definita e non precisata nei tempi e nell’esito finale, facendo emergere la debolezza del presente riordino;

vi è una riduzione degli indirizzi, con la presenza di una consistente area di insegnamenti generali comuni che sembrerebbe opportuna e chiarificatrice. In realtà, questa riduzione è utile solo in una visione di formazione a professioni uniformi nel Paese. Gli istituti professionali, tuttavia, hanno un’altra vocazione che è quella di formare molteplici professioni radicate nel territorio, professioni di eccellenza in quella data Regione, professioni talvolta di nicchia, ma orgoglio del made in Italy. Queste filiere di professioni, nel riordino, vengono accorpate o snaturate fino quasi a dissolverle. Per fare solo alcuni esempi:

·                 il design (finora “tecnico per i servizi grafici pubblicitari”) è unificato alla professione di tipografo;

·                 l’accorpamento in un unico “laboratorio in servizi enogastronomici e della ricettività alberghiera” di tre indirizzi: cucina, sala bar e ricevimento;

·                 nell’indirizzo “operatore dei servizi sociali” le due discipline musica e disegno sono accorpate in “laboratori di espressione musicale e grafica” (in questo caso, diventa inevitabile chiedersi se il docente si sarà diplomato al conservatorio o all’istituto d’arte);

·                 l’assorbimento degli istituti d’arte (finora tra gli istituti professionali atipici) nei licei, con la perdita della specificità di tanti territori: lavorazione dell’oro, del corallo, del legno, della ceramica;

·                 analoga situazione per l’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione (attualmente ricompreso tra gli indirizzi atipici) che, in ragione dell’alta specializzazione – che consente certi sbocchi occupazionali – con il nuovo assetto perderà la propria peculiarità e specializzazione e che, per contro, dovrebbe poter essere inserito in una filiera (non prevista dal regolamento), quale quella del cinema, della fotografia e dell’audiovisivo;

·                 il sostanziale depauperamento in termini di qualità e specificità dell’istituto professionale per tecnico di laboratorio chimico-biologico in cui, a partire dall’anno scolastico 2010-2011, verranno cancellate molte ore di chimica e biologia che costituiscono la specificità del percorso professionale;

è completamente assente una valutazione degli indirizzi che conducono a professioni oggi divenute di alta specializzazione tecnica e di valenza non locale, ma nazionale ed europea, e che meriterebbero una considerazione sulla “natura” del profilo ossia se debba rimanere nell’area dell’istruzione professionale o se, invece, sia di pertinenza dell’istruzione tecnica;

manca, inoltre, del tutto la prospettiva della formazione terziaria non universitaria, chiaramente aperta ai professionali. Si tratta di una visione del settore dell’istruzione professionale al ribasso, quasi un istituto tecnico semplificato, che non ha all’orizzonte l’alta formazione professionale quale contributo forte alla crescita in qualità delle economie locali e alla creazione di nuova occupazione;

con riferimento alla collocazione dei professionali nell’istruzione secondaria:

il sistema di istruzione proposto non lineare e non integrato tra licei, tecnici e professionali non consente di attenuare progressivamente la visione “gerarchica” del sistema formativo nazionale che rappresenta gli studenti più dotati come coloro destinati ad iscriversi ai licei e vede tutti gli altri, secondo uno schema “discendente”, distribuirsi negli altri comparti formativi di tipo tecnico e, quindi, professionale: visione “gerarchica” che distorce l’orientamento degli studenti e delle famiglie le quali, aspirando ad un titolo che ha erroneamente maggior riconoscimento sociale, non tengono conto delle reali attitudini causando, di conseguenza, disadattamento nell’indirizzo scelto e quindi dispersione scolastica;

non è evidenziata una sufficiente distinzione dei professionali dagli istituti tecnici sia nella tabella oraria, sia nel titolo rilasciato, sia nella durata quinquennale senza qualifiche intermedie dopo il terzo o quarto anno (qualifiche intermedie rilasciate invece dalla formazione professionale regionale). Ciò prefigura un sistema di istruzione professionale a geografia variabile nelle Regioni italiane;

il ridimensionamento dell’area professionalizzante – che caratterizzava questi istituti e garantiva il collegamento con il mondo del lavoro – snatura il percorso rispetto all’attuale e lo orienta in senso più teorico, quasi indistinguibile dall’istruzione tecnica;

d’altro canto, tali istituti professionali statali non potranno neppure rispondere ad esigenze di qualità della formazione professionale che, in alcuni territori, ha già raggiunto standard elevati tali da richiedere al Ministero, al di là dei presenti regolamenti, la qualifica per il quinto anno che consenta l’accesso all’università;

con riferimento alle esigenze degli studenti:

la riduzione delle discipline tecnico-professionali non valorizza le capacità operative degli studenti e non è, quindi, più in grado di assicurare risposte adeguate alla loro domanda formativa. Un esempio per tutti: nel settore Industria e Artigianato nei primi 3 anni si passa da 36 a 32 ore, con una riduzione assoluta di 396 ore e percentuale dell’11 per cento. L’area d’indirizzo si riduce del 14 per cento nel primo biennio, del 26 per cento il terzo anno, del 20 per cento nei primi 3 anni. In assoluto, in 3 anni si perdono 330 ore di indirizzo, vale a dire l’83 per cento della perdita complessiva;

parimenti, la trasformazione in un percorso quinquennale, al pari dei licei e degli istituti tecnici con conseguente soppressione della qualifica intermedia, non costituirà un’attrattiva per le ragazze e i ragazzi che non intendono affrontare fin da subito un percorso quinquennale;

questi ragazzi e ragazze non sono “deboli” per definizione, ma finiscono per essere inseriti in percorsi non adatti alle loro attitudini e talenti – e tale si configura questa riforma degli istituti professionali statali – che finora la scuola non è stata in grado di sviluppare sufficientemente, scegliendo invece la soluzione di abbassare i livelli e costruendo percorsi teorici sempre più semplificati, che portano alla ghettizzazione culturale;

il riordino degli istituti professionali non contiene, in tal senso, indicazioni di innovazione della didattica, centrata sull’esperienza diretta in ogni disciplina e sulla importanza dei laboratori e dell’apprendimento in situazione (alternanza scuola/lavoro) e dell’apprendimento in service-learning, vale a dire imparare mettendo concretamente a servizio della propria comunità la specializzazione che si sta acquisendo. Tale indicazione pare fondamentale per studenti con esigenze formative e prospettive diverse da quelle di chi frequenta i licei e gli istituti tecnici, per i quali i percorsi non devono essere chiusi, ma interconnessi con tutto il sistema formativo, aperti all’alta formazione e al passaggio all’università, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale, con diverse opzioni di conclusione del ciclo scolastico e con un contatto con il mondo del lavoro che vi faciliti l’inserimento, in modo da sviluppare nei giovani un’idea positiva di sé ed una speranza per il proprio futuro;

a riguardo del rapporto con la formazione professionale regionale:

la duplicazione tra “istruzione professionale” statale e “formazione professionale” regionale crea una forte ambiguità tra gli istituti in oggetto e quelli della formazione regionale, tale da non rendere trasparente l’offerta formativa agli studenti, alle famiglie e al sistema economico, come invece avviene in molti altri Paesi europei avanzati;

mantenere questa duplicità tradisce la finalità di ancorare questa parte dell’istruzione al territorio, così come voluto dal Titolo V della Costituzione, tanto che la mancata intesa con le Regioni sui ruoli e sulle competenze tra Stato ed enti locali in materia di istruzione produce conseguenze problematiche sia sull’assetto complessivo del sistema che sulla capacità di costituire un percorso formativo di pari equivalenza;

le emergenze economiche, sociali e culturali del Paese, al contrario, oggi richiedono al Parlamento, alle Regioni ed al Governo un impegno più coraggioso e più riformatore, che porti a superare questo dualismo solo italiano;

in particolare, il Governo ha ignorato totalmente il ruolo delle Regioni nel redigere il piano dell’offerta formativa scolastica ed il piano di dimensionamento della rete scolastica, entrambi di competenza regionale. Ma ciò che è più grave, il Governo – agendo in modo unilaterale – non ha aperto un tavolo di concertazione con le Regioni ed, anzi, ha agito senza attendere che si perfezionasse l’accordo quadro in Conferenza unificata;

tale concertazione è essenziale per salvaguardare la ricchezza propria della formazione professionale fatta di esperienze di eccellenza, mediante varietà di risposte alle diverse e numerose esigenze degli studenti; un consolidato collegamento con il mondo del lavoro; motivazione sociale di molti enti rivolti a ragazzi in difficoltà e a rischio emarginazione, povertà, e reclutamento da parte della criminalità organizzata perché già fuoriusciti dalla scuola;

con riferimento all’obbligo scolastico:

come ricordato in premessa, la legge finanziaria 2007 lo ha elevato dai 14 ai 16 anni attraverso un biennio che garantiva conoscenze culturali adeguate e a tale scopo erano state stanziate risorse dal Governo Prodi. Tali risorse sono state successivamente soppresse dal decreto-legge n. 122/08, con l’indicazione che l’obbligo scolastico può essere adempiuto anche in corsi di formazione professionale, senza la verifica di un adeguato programma di cultura generale nell’offerta formativa;

gli istituti professionali statali (che offrono certamente tale adeguata istruzione) non potranno risolvere, pur svolgendo un ruolo sussidiario, le carenze della formazione professionale e soprattutto non la incentiveranno nelle Regioni in cui non esiste ancora;

considerato che:

l’applicazione del regolamento relativo ai nuovi indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e professionali deve tenere in debito conto la specificità delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare due aspetti:

1.                                             Il numero delle ore di insegnamento deve garantire la equivalente presenza delle due lingue (slovena ed italiana);

2.                                             deve essere assicurato agli studenti di lingua slovena una ampia offerta formativa, anche adottando lo strumento della classe articolata, per garantire così il diritto all’accesso alla scuola media superiore con una scelta adeguata di indirizzi;

considerato infine che:

il 21 gennaio 2010, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati del disegno di legge “Collegato lavoro” alla legge finanziaria per l’anno 2010 (A.C. 1441-quater-B), è stato approvato un emendamento che, modificando la “legge Biagi” prevede la possibilità di cominciare a lavorare a 15 anni mediante un contratto di apprendistato che sostituirà l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Più in particolare, l’emendamento prevede che «l’obbligo di istruzione, di cui all’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui al presente articolo». La modifica si innesta in quella parte della legge Biagi che regolamenta il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

il contratto di apprendistato a cui si riferisce la modifica riguarda i giovani e gli adolescenti (di età tra i 15 e i 18 anni non compiuti); questi ultimi possono essere assunti da datori di lavoro che appartengono a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. Il contratto non può avere una durata superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale (in base alla legge n. 53 del 2003); vale a dire all’acquisizione, attraverso il lavoro, di un titolo di studio (alternanza scuola-lavoro);

la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha aumentato il numero degli anni (da nove a dieci) che costituiscono l’obbligo scolastico riformulando, così, il limite degli anni per l’accesso al lavoro. L’elevazione dell’età (da 15 a 16 anni) è frutto, dunque, di una conseguenza dell’aumento del numero degli anni (10) previsti per il percorso minimo di istruzione obbligatoria. Iniziando a studiare a sei anni, infatti, l’istruzione obbligatoria si conclude a 16. Oggi si interviene proprio su questo arco temporale prevedendo che l’ultimo degli anni di questo percorso obbligatorio possa essere assolto dall’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione;

la norma si pone quindi in palese contrasto con quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2007 che prevede l’accesso al lavoro non prima del compimento dei 16 anni;

si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal Trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del Governo del Centro-sinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola. Di fatto la serie di disposizioni approvata da questo Governo in materia di istruzione sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi “classisti”, la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, diffondendo peraltro l’idea, dopo la terza media, di poter andare subito al lavoro;

l’Unione europea e tutti i più recenti studi sul capitale umano chiedono di aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e di ridurre la dispersione scolastica. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, si sia deciso di penalizzare gli studenti italiani;

gli ultimi studi dell’OCSE e della Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza” che evidenzia tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani;

in conclusione:

considerato quanto espresso in premessa;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

considerato che:

il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità sulla istituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, e sulla costituzione di un comitato scientifico, poiché detti organismi entrerebbero in conflitto tanto rispetto alla riserva di legge in materia di organizzazione scolastica quanto con il rispetto dell’autonomia scolastica in base alla quale ogni scuola deve poter valutare l’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto;

altresì che il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità in merito all’utilizzo di decreti ministeriali non aventi forza normativa, per quanto riguarda la definizione delle Indicazioni nazionali inerenti gli ordinamenti, l’articolazione delle cattedre e l’autovalutazione dei percorsi previsti dai regolamenti;

ad oggi non sono ancora formalmente definiti i regolamenti con i quali viene disposta la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dell’istruzione liceale, tecnica e professionale e quindi appare del tutto evidente l’impossibilità di avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 non consentendo così alle famiglie una scelta consapevole dell’indirizzo di scuola più consono ai propri figli;

in assenza delle definitive disposizioni normative le Regioni non possono, nell’ambito delle proprie competenze, definire gli indirizzi di programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2010-2011;

tenuto conto che il Governo stesso aveva riconosciuto, in fase di discussione della legge finanziaria 2010, la validità di tale richiesta accettando un ordine del giorno, presentato dal Partito Democratico, che chiedeva di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

considerato che, nello specifico, il presente regolamento rivolge il suo riordino ai 1.425 istituti professionali statali, ma non affronta minimamente l’intero settore dell’istruzione professionale, su cui le Regioni hanno competenza esclusiva, ma all’interno di norme generali di competenza dello Stato come attesta la Costituzione. Pare, dunque, rilevante che il Ministero svolga questi compiti nazionali generali disciplinando: la formazione dei docenti e le modalità del loro reclutamento, le qualifiche e il loro valore legale uniforme nel Paese (e, in prospettiva, nell’Unione Europea); l’esame di stato dopo un eventuale quinto anno per l’accesso all’università; il monitoraggio sui corsi in rapporto al contesto economico e alla dispersione scolastica; il sistema di valutazione per l’istruzione e la formazione professionale; il raccordo con i parametri e le professioni europee;

è attesa come imminente l’approvazione dell’accordo sul Titolo V in Conferenza unificata, essenziale per definire compiutamente i compiti dello Stato e delle Regioni, delle Province e dei Comuni per la scuola italiana;

sulla base di tale accordo, è imprescindibile aprire un tavolo istituzionale di lavoro per realizzare una coraggiosa riforma di questo ramo dell’istruzione, che contenga almeno tre principi:

–                  visione alta, europea, dell’istruzione professionale, attrattiva per i giovani;

–                  legame con le vocazioni e le tradizioni economiche dei territori e con lo sviluppo di nuove politiche di occupazione in ciascuna Regione;

–                  diffusione capillare nel Paese con titoli spendibili in Italia ed in Europa;

per tutto quanto sopra esposto occorre aprire un percorso a cui può e deve contribuire il Parlamento, traendo indirizzi per il Governo anche dall’indagine conoscitiva promossa da codesta Commissione nella scorsa legislatura, dai dati dell’indagine ISFOL 2008 e dalle conclusioni della Commissione De Rita presso il Ministero del lavoro;

ritenuto, dunque, che il Governo, per la materia dell’istruzione professionale, debba profondere, congiuntamente al Parlamento e alle Regioni, un impegno maggiore e più riformatore che porti a superare superflui dualismi, ad assicurare un’istruzione equa ed adeguata in tutto il Paese, con pari dignità per tutti i percorsi di studio e, di conseguenza, ad inserire nei livelli essenziali per l’istruzione anche l’intera filiera dell’istruzione professionale;

esprime parere contrario.”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 132

“La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,

giudica favorevolmente il riordino, volto a rendere operativo il percorso di riforma da tempo avviato, anche a seguito delle intervenute modifiche costituzionali, concentrando le risorse più sulla qualità che sulla quantità.

Manifesta in particolare una valutazione positiva su:

la riduzione delle sperimentazioni, pur invitando il Governo a non disperdere le esperienze migliori nate per rendere più funzionale l’offerta di formazione in assenza di interventi strutturali. In tal senso, condivide l’istituzione di una quota di flessibilità, che consentirà alle singole scuole di personalizzare i percorsi rispetto alle esigenze dell’utenza e del territorio;

la riduzione dei carichi orari, al fine di consentire tempi più distesi agli alunni. In quest’ottica, condivide la scelta di rinunciare ad alcune discipline che erano state introdotte negli ordinamenti con talune sperimentazioni, come ad esempio diritto ed economia. Pur nella consapevolezza che si tratta di materie di grande importanza, soprattutto per l’educazione alla legalità e per il contrasto di fenomeni di devianza, ritiene infatti che l’istruzione liceale debba tendere all’acquisizione di una formazione critica i cui contenuti saranno approfonditi nel successivo percorso universitario. Diverso è invece il caso, affrontato nella sede di merito, di alcuni indirizzi degli istituti tecnici, dove le predette discipline trovano più idonea collocazione, stante il carattere più professionalizzante dell’istruzione ivi impartita. Non va del resto dimenticata la summenzionata quota di flessibilità delle scuole che consentirà un ampliamento dell’offerta formativa in tal senso, dove ritenuto utile e possibile. Deve comunque restare ferma la possibilità di mantenere tali insegnamenti nelle scuole delle regioni e province autonome che già li prevedevano;

l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera.

Esprime pertanto un parere favorevole a condizione che il riordino si applichi solo alle classi prime, per garantire la necessaria continuità didattica e gradualità, e con le seguenti osservazioni:

a)                         si raccomanda di rafforzare la didattica laboratoriale e l’uso dei laboratori con particolare riguardo alle discipline scientifiche;

b)                         si sollecita un adeguato piano di formazione, aggiornamento e riqualificazione dei docenti che accompagni l’entrata in vigore del riordino;

c)                         si invita a valutare la fattibilità di introdurre l’organico pluriennale funzionale di istituto, che consenta di far fronte anche alle supplenze brevi e garantisca stabilità;

d)                         si ritiene necessario garantire condizioni di efficace passaggio da un segmento formativo all’altro;

e)                         si raccomanda di porre contestualmente mano alla riforma degli organi collegiali, onde evitare il rischio di sovrapposizioni anche a seguito di alcuni interventi disposti dal riordino in esame come ad esempio l’introduzione dei dipartimenti e dei consigli scientifici;

f)                          come richiesto dal Consiglio di Stato, si reputa doveroso: richiamare le “conoscenze, abilità e competenze” fra le finalità primarie dell’istruzione liceale; prevedere regolamenti per l’attuazione dell’articolo 13, comma 11, anziché atti di natura non regolamentare; eliminare la ripetizione fra l’articolo 2, comma 3, e l’articolo 3, comma 2; correggere il riferimento normativo contenuto all’articolo 2, comma 3; chiarire l’incerta formulazione di “scienze sperimentali” riferita al liceo sia classico che scientifico;

g)                         si suggerisce di ampliare il novero delle discipline attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa, di cui all’allegato H;

h)                         si invita a valutare l’opportunità di rivedere il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo di istruzione e formazione nel sistema dei licei, di cui all’allegato A, al fine di meglio definire il profilo comune e quello dei singoli percorsi, anche alla luce delle eventuali modifiche apportate ai quadri orari;

i)                          con riferimento alle indicazioni nazionali, si invita a valutare l’opportunità di comprendere al loro interno solo i contenuti generali delle singole discipline, rinviando ad atti di natura non regolamentare elementi di maggiore dettaglio, onde garantire la necessaria flessibilità ed evitarne una precoce obsolescenza. Si suggerisce altresì di armonizzare le indicazioni nazionali dei diversi cicli scolastici, assicurando il necessario raccordo;

j)                          si auspica un maggiore raccordo con l’università;

k)                         con riferimento ai singoli indirizzi:

1.                                   liceo artistico – Si ritiene discutibile la confluenza forzata in essi di tutti gli istituti d’arte, i quali solo in parte sono assimilabili all’istruzione liceale, mentre in altra parte afferiscono più propriamente all’istruzione professionale. Si suggerisce quindi di conferire l’opzione agli istituti stessi. Si invita altresì a valutare l’opportunità di assicurare una maggiore articolazione di indirizzi, affidando peraltro al Piano dell’offerta formativa il compito di preservare le specificità dei singoli istituti.

2.                                   liceo classico – Si esprime apprezzamento per l’insegnamento di una lingua straniera per 5 anni. Si auspica che attraverso la quota di flessibilità si possa recuperare quell’ora settimanale in più di “matematica con elementi di informatica” che consentirebbe di riconfigurare il quadro orario di un’ottima sperimentazione quale il PNI. Si raccomanda altresì di non ridurre i quadri orari delle discipline umanistiche.

3.                                   liceo linguistico – Si manifesta condivisione per l’uscita di tale indirizzo da una sperimentazione ormai quasi quarantennale e per la sua messa ad ordinamento nel sistema scolastico statale, con pari dignità rispetto agli altri licei. Si condivide altresì l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera al terzo anno e di un’altra dal quarto anno. Si manifestano invece perplessità sulla permanenza dell’insegnamento del latino in tale contesto, sia pure solo al biennio.

4.                                   liceo scientifico

§                                               Opzione di base. Si lamenta una scarsa identità, dovuta all’irrisolto rapporto fra discipline umanistiche e scientifiche, confermato da una sostanziale parità di tetti orari.

§                                               Opzione scientifico-tecnologica. Si tratta dell’opzione destinata a raccogliere la domanda di offerta formativa che attualmente viene soddisfatta dai licei scientifico-tecnologici presso gli istituti tecnici. Al riguardo, nel condividere senz’altro la scelta di inserire tale segmento nell’istruzione liceale, si invita a valutare l’opportunità di modificarne la denominazione, onde evitare sovrapposizioni con l’istruzione tecnica. Si ravvisa peraltro criticamente la totale assenza di ore di laboratorio e il mancato ricorso ai docenti tecnico-pratici e si sollecita quindi un riequilibrio in questo senso, eventualmente anche nell’ambito del Piano dell’offerta formativa.

5.                                   liceo delle scienze umane

·                                               Opzione di base. Si tratta dell’opzione che riorganizza il liceo socio-psico-pedagogico, già erede dell’ex istituto magistrale. Si esprime dissenso per l’assenza nel primo biennio delle scienze umane (psicologia, sociologia, pedagogia), che determina la mancanza di specificità dell’indirizzo. Analogamente, si esprime perplessità per la compressione delle discipline caratterizzanti nel successivo triennio. Inoltre, si lamenta un’eccessiva frammentazione disciplinare, che vede la presenza di materie come il latino o la seconda lingua straniera, il cui quadro orario potrebbe essere più utilmente dedicato a rafforzare le discipline caratterizzanti. Anche in questo caso, si sollecita quindi un riequilibrio nel senso indicato.

·                                               Opzione economico-sociale. Si tratta dell’opzione che riorganizza il liceo delle scienze sociali. Si esprime una valutazione favorevole, invitando eventualmente a ridurre anche in questo caso la frammentazione disciplinare (eliminando ad esempio la seconda lingua straniera) per incrementare ulteriormente le scienze sociali (sociologia, antropologia).

6.                                   liceo musicale e coreutico   – Si esprime una valutazione convintamente favorevole a questa innovazione, auspicando peraltro il rafforzamento della specificità del nuovo indirizzo. Come prevede la legge n. 508 del 1999, dopo la riforma dovrebbe infatti essere superata la doppia scolarità (Scuola-Conservatorio/Accademia di danza) in favore di un percorso verticale unico (scuola primaria – scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale e coreutico – liceo musicale e coreutico – Conservatorio o Accademia di danza). In tale prospettiva, occorrono i seguenti correttivi:

§                                               Sezione musicale. Occorre introdurre precise competenze in entrata (corrispondenti a quelle in uscita della scuola media di indirizzo) e in uscita (corrispondenti a quelle in entrata per i Conservatori, correlate all’interpretazione di composizioni di media difficoltà). Conseguentemente, occorre introdurre l’accesso a numero programmato, che non si risolva tuttavia in una mera prova attitudinale, ma in un esame che attesti il possesso di precise competenze. Occorrono altresì precisi requisiti per l’insegnamento (diploma accademico di II livello e abilitazione specifica di strumento). Si esprime quindi una valutazione contraria al comma 9 dell’articolo 13 e si invita ad inserire il riferimento all’AFAM all’articolo 12. Si ritiene infine indispensabile specificare il carattere individuale della lezione di strumento, nonché prevedere l’insegnamento distinto di uno strumento principale e di uno strumento complementare, come attualmente avviene nei Conservatori.

§                                               Sezione coreutica. Analogamente al liceo musicale, occorre prevedere specifiche competenze per i docenti (diploma accademico di II livello) e l’accesso a numero programmato. Si ritiene altresì indispensabile rafforzare le ore di tecnica della danza (che attualmente diminuiscono con l’aumento di difficoltà del programma) e di storia della danza, introducendo inoltre storia della musica. Si suggerisce poi di distinguere la disciplina quinquennale “laboratorio coreutico” in “laboratorio coreutico” al biennio e “laboratorio coreografico” al triennio. Infine, occorre una buona scuola media a indirizzo coreutico, simile a quella ad indirizzo musicale, che garantisca una preparazione aderente ai programmi degli attuali primi tre anni dell’Accademia di danza.

Si segnala infine la necessità di specificare correttamente il numero complessivo di ore riguardanti ciascuna sezione, in quanto quello riportato nell’Allegato E sembrerebbe riferirsi alla somma di ambedue gli indirizzi e non invece al singolo percorso musicale o coreutico.”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,

rileva anzitutto che la carenza di professionalità tecniche adeguate è un elemento di debolezza nella competizione internazionale ed esprime quindi un giudizio complessivamente favorevole sul rafforzamento degli istituti tecnici, ed in particolare sul mantenimento delle sue specificità e caratteristiche professionalizzanti, anche al fine di assicurare un’offerta più adeguata alla domanda delle imprese, che attualmente resta in parte inevasa. In questo senso, giudica positivamente il ripristino dell’istruzione tecnica nel sistema dell’istruzione secondaria superiore, disposta dal decreto-legge n. 7 del 2007.

Rileva altresì che le audizioni condotte dall’Ufficio di Presidenza hanno consentito di registrare un orientamento di fatto favorevole al riordino da parte dei rappresentanti delle famiglie, degli studenti, degli imprenditori, nonché le preoccupazioni, sia pure diversamente motivate, da parte delle associazioni disciplinari dei docenti, inevitabilmente condizionate dalla riduzione complessiva degli orari. La Commissione non ha reputato peraltro di entrare nel dettaglio dei singoli quadri orario che potranno, se del caso, trovare adeguati correttivi nella quota a disposizione dei singoli istituti.

In particolare, la Commissione esprime una valutazione favorevole in ordine a:

a)               la riduzione degli indirizzi e delle sperimentazioni, pur invitando il Governo a non disperdere esperienze importanti come Mercurio e Pacle-Erica. Al riguardo, pur concordando con l’introduzione di una cospicua quota di flessibilità, da sommarsi alla quota di autonomia, al fine di corrispondere alle esigenze del territorio e dell’utenza, si sollecita peraltro il Governo a porre particolare attenzione affinché essa non riproduca l’eccessiva frammentazione degli indirizzi che si intende superare;

b)               il riferimento dei titoli in uscita con riguardo al Quadro europeo delle qualifiche (EQF) in un’ottica di trasferimento, trasparenza e riconoscimento delle qualifiche e delle competenze a livello europeo;

c)               il rafforzamento del raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni, anche attraverso la diffusione di stage, tirocini, un’effettiva alternanza scuola-lavoro. Giudica infatti necessario ripristinare a livello giovanile la cultura del lavoro, il rispetto delle regole ed il necessario senso del dovere;

d)               la riduzione oraria e disciplinare, che consente di ritrovare il giusto equilibrio tra quantità e qualità, fortemente alterato nel tempo per ragioni meramente occupazionali. Ritiene tuttavia possibile recuperare attraverso la quota di flessibilità alcuni di quegli insegnamenti, come le materie giuridico-economiche e la geografia economica nel settore economico, che appaiono forse un po’ troppo compresse;

e)               l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua inglese nel quinto anno.

Esprime pertanto un parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1.               si raccomanda di attivare la riforma dalle classi prime, per assicurare al cambiamento la necessaria gradualità;

2.               si invita a riconsiderare, nel contesto del medesimo quadro orario complessivo, la riduzione delle discipline scientifiche e di indirizzo;

3.               si ritiene indispensabile rafforzare il peso specifico dei laboratori che, a partire dall’istituto tecnico settore tecnologico, subiscono un sensibile ridimensionamento;

4.               si suggerisce di ripristinare, ove possibile, la figura dei lettori in lingua straniera e le connesse ore di pratica delle lingue straniere;

5.               si suggerisce di valutare l’opportunità di inserire una opzione forestale nell’indirizzo Agraria ed Agroindustria;

6.               si raccomanda di conservare, all’interno del sistema degli indirizzi, il riferimento alla figura del perito aziendale corrispondente in lingue estere (Pacle-Erica), così come fortemente richiesto dal mondo della produzione;

7.               si invita a mantenere il corso di dirigente di comunità per l’assistenza e il supporto ai bisogni della persona nell’istruzione tecnica. In alternativa, si auspica che tale corso trovi adeguata valorizzazione nel liceo delle scienze umane;

8.               si suggerisce di verificare che i corsi di aggiornamento del personale, sia connessi ai diversi passaggi della riforma che diversamente finalizzati, siano realizzati con serietà e rigore, superando le superficialità e le gravi inefficienze spesso registrate in passato;

9.               si raccomanda di prevedere il riposizionamento del personale che sarà definito soprannumerario o non inseribile nei nuovi percorsi formativi;

10.            si ritiene indispensabile un forte raccordo con l’istruzione tecnica superiore.”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 134

“La Commissione,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento sul riordino degli istituti professionali;

considerato che l’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica:

al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, predisponga un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico;

al comma 4, stabilisce che per l’attuazione del predetto piano, con uno o più regolamenti, siano fra l’altro ridefiniti i curricoli vigenti nei diversi riordini di scuola, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009 e di quello del Consiglio di Stato espresso in data 21 dicembre 2009;

tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dall’Ufficio di Presidenza;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

1) all’articolo 6, comma 1, appare opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto-legge» con le parole «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;

2) all’articolo 6, comma 4, appare necessario sostituire le parole «diploma di tecnico» con le parole «diploma di istruzione professionale», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo di cui all’articolo 20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che si consegue a conclusione dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale regionali, anche al fine di riaffermare l’identità degli istituti professionali all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione, rispondendo in maniera flessibile alla richiesta di competenze sempre più avanzate connesse a precisi ambiti settoriali aventi rilevanza nazionale ed europea;

3) si invita ad inserire, all’articolo 6, una norma tale per cui nelle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nelle Regioni autonome, ove previsto dalla legislazione provinciale e regionale autonoma, per coloro che hanno superato i corsi quadriennali di formazione professionale e che intendono sostenere l’esame di Stato di cui al comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, le medesime province e regioni autonome realizzano corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato dinnanzi ad apposite commissioni d’esame nominate, ove richiesto dalle province medesime, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con le modalità e i programmi di cui alle rispettive norme di attuazione del proprio Statuto, stabilendo altresì che il percorso finale sia coerente con quello seguito;

4) si reputa altresì necessario ammettere all’esame di Stato coloro che sono in possesso del diploma professionale di tecnico, conseguito a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, previa frequenza dell’apposito corso di cui all’articolo 15, comma 6, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

5) si sollecita l’introduzione, all’articolo 8, di una disposizione volta a riconoscere agli istituti professionali di Stato la facoltà di assicurare l’offerta formativa nel settore con lo svolgimento dei relativi corsi e il rilascio delle qualifiche – sino alla compiuta attuazione da parte di tutte le Regioni degli adempimenti connessi alle loro competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale – almeno con riferimento agli atti dispositivi che le Regioni devono compiere in base all’articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

6) sempre all’articolo 8, occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato D), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero;

7) si invita a prevedere un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli di apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
8 ) occorre richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei;

9) all’articolo 8, comma 4, lettera a), si invita a valutare  l’opportunità di chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso;

10) si sollecita la previsione di una fase transitoria che comporti la confluenza degli insegnamenti previsti nei nuovi indirizzi di studio, opportunamente raggruppati funzionalmente, nelle vigenti classi di concorso, per assicurare la regolare formazione degli organici, nonché la puntuale attuazione delle operazioni di mobilità e di reclutamento del personale.

Si esprimono inoltre le seguenti osservazioni:

a)               si invita a valutare l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente, limitando, di norma, a non più di due ore la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni;

b)               occorre favorire  l’utilizzo della quota dell’autonomia ampliando la determinazione degli organici  a livello regionale, nell’auspicio di arrivare alle regionalizzazione dell’istruzione professionale per quelle regioni che hanno un sistema avanzato di formazione professionale regionale;

c)               si invita a definire il concetto di flessibilità in modo distinto da quello dell’autonomia, per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche al fine di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio;

d)               in merito all’indirizzo «Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera», si giudica necessario prevedere adeguate specificazioni relative ai diversi servizi concernenti i laboratori dei settori di: 1) enogastronomia; 2) servizi di sala e di vendita; 3) accoglienza turistica, nonché valutare l’opportunità di rivedere la previsione di aumentare il monte orario delle discipline teoriche, a scapito delle ore  laboratoriali, inserendo altresì tra le discipline teoriche l’insegnamento della matematica e dell’informatica, di psicologia della comunicazione e lo studio della seconda lingua straniera;

e)               si invita a valutare l’opportunità di istituire Poli per il Turismo, ovvero istituti di istruzione superiore che comprendano l’istituto tecnico per il turismo e quello professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera;

f)                in ordine agli istituti professionali del settore industria e artigianato, si invita a valutare l’opportunità di potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche al fine di evitare di compromettere gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale, tenuto conto che le ore inizialmente previste hanno subìto un ridimensionamento del 50 per cento;

g)               tenuto conto delle preferenze degli utenti, si ritiene opportuno salvaguardare le competenze proprie dell’albo professionale dei periti agrotecnici, collocandoli  nell’area della produzione anziché in quella dei servizi;

h)               si rileva l’esigenza di una contestuale riforma degli organi collegiali, in relazione all’istituzione dei dipartimenti e dei consigli tecnico-scientifici;

i)                si chiede il ripristino dell’alternanza scuola-lavoro;

j)                si sollecita l’introduzione dell’organico funzionale pluriennale a fronte del monte ore annuale flessibile per garantire le aree di indirizzo e la gestione delle supplenze brevi;

k)               si segnala l’esigenza di mantenere i seguenti indirizzi: ottico, odontotecnico, grafico pubblicitario, fotografico, disegnatore di moda.”