da Corriere della sera
Una scuola moderna ma con i parametri Ocse
Non è solo questione di fondi. C’è una complessiva centralità che la scuola sembra aver perso come agenzia sociale di formazione delle nuove generazioni, e quindi di riferimento per la intera collettività .
Ha detto Enrico Letta: «La società della conoscenza e dell’integrazione si costruisce sui banchi di scuola e nelle università . Dobbiamo ridare entusiasmo e mezzi idonei agli educatori che in tante classi volgono il disagio in speranza e dobbiamo ridurre il ritardo rispetto all’Europa nelle percentuali di laureati e nella dispersione scolastica». Il presidente del Consiglio ha aggiunto che solo il 10% dei giovani italiani col padre non diplomato riesce a laurearsi contro il 40% in Gran Bretagna e il 33% in Spagna. Inutili i commenti, le cifre sono troppo eloquenti. La scuola pubblica italiana è in una crisi abissale. Molti insegnanti si sentono in trincea senza un quartier generale alle spalle. E quel quartier generale è un governo, la mano politica. Non è solo questione di fondi. C’è una complessiva centralità che la scuola sembra aver perso come agenzia sociale di formazione delle nuove generazioni, e quindi di riferimento per la intera collettività . C’è chi non vede l’ora di raggiungere l’età della pensione per abbandonare un mondo nel quale non si riconosce più. Non c’è solo l’età di mezzo: è la perdita di un senso complessivo del lavoro, la sensazione di uno sganciamento dalla contemporaneità . Sicuramente il nuovo capo del governo sa che per creare quella nuova società «della conoscenza e dell’integrazione» di cui ha parlato c’è un solo metodo, per non perdere tempo: allinearsi all’Europa. L’Ocse, pochi giorni fa, ha esaminato il Piano nazionale scuola digitale e ha scoperto che appena il 30% degli studenti italiani per studiare usa le tecnologie della comunicazione contro il 48% della media europea. Appena il 16% delle classi è dotata di una lavagna interattiva contro l’80% della Gran Bretagna. È ovvio che, per ricostruire una società che ha perso coesione, occorre ripartire dalla scuola. E la questione non riguarda solo i ragazzi. Recentemente Tullio De Mauro ricordava: «Basterebbe un piccolo investimento per tenere aperte le scuole nel pomeriggio e organizzare corsi di varie discipline per «rieducare» quegli adulti ancora attivi ma condannati a una progressiva, inesorabile marginalità culturale e sociale». Insomma, la scuola è ancora una risorsa, una possibile rampa per un nuovo decollo. Ma un governo deve crederci profondamente. Esperienze molto amare, e nemmeno tanto lontane, dimostrano come certi slogan facili quanto inutili passano. E la scuola sempre più impoverita di mezzi e di motivazioni resta. Purtroppo per l’Italia, a terra rispetto all’Europa. Paolo Conti