Ferie non godute: si possono monetizzare

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Ferie non godute: per l’ANIEF si possono monetizzare

ANIEF non chiede nessuna nota di chiarimento al MIUR, l’art 56 è chiarissimo: “Le disposizioni di cui ai commi 54 e 55 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013”.

Il ripristino del pagamento delle ferie dei precari della scuola contenuto nell’attuale versione della Legge di Stabilità, che a seguito della spending review non si sarebbero dovute monetizzare, rappresenta un dato importante perché costituisce il ripristino di un diritto, che se altrimenti negato avrebbe chiaramente violato tutta la normativa vigente.

L’ art. 2113 c.c. afferma: “le rinunzie e le transazioni aventi per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi non sono valide.” A tal proposito, riceviamo dai supplenti diverse segnalazioni in merito alla decisione di alcuni Dirigenti scolastici che suggeriscono ed in alcuni casi “obbligano” a  richiedere le ferie già maturate.

Fino ad un mutamento della normativa vigente, ANIEF si rivolge a tutto il personale precario interessato e lo invita a non dare seguito alcuno agli “inviti” a fruire delle ferie entro lo scadere del contratto, da parte dei dirigenti scolastici. Nel caso in cui questi ultimi volessero “forzare la mano”, emanando provvedimenti di collocamento in ferie d’ufficio, sarà sufficiente inviare una e-mail a ferie@anief.net per richiedere il modello di risposta da presentare contro tale provvedimento.

Nel caso in cui i dirigenti scolastici non dovessero tenerne conto, confermando la disposizione delle ferie d’ufficio, Anief fornirà successive indicazioni per la tutela legale del caso. Ci auguriamo che i dirigenti scolastici vogliano ascoltare l’appello dell’Anief ed evitare ai precari un nuovo ricorso alla giustizia che, stante l’attuale quadro normativo di riferimento, porterebbe l’Amministrazione ad un’ennesima soccombenza in giudizio e ad un ulteriore esborso di denaro pubblico per le condanne alle spese legali.