Istat: ai precari stipendi più bassi del 25%. Ma nella scuola si penalizzano i neo-assunti

da Tecnica della Scuola

Istat: ai precari stipendi più bassi del 25%. Ma nella scuola si penalizzano i neo-assunti
di Alessandro Giuliani
L’anomalia evidenziata dall’Anief, nello stesso giorno in cui l’istituto nazionale di statistica quantifica in 355 euro il gap tra la busta paga del personale a tempo determinato rispetto a quella dei colleghi a tempo pieno: per via della sparizione del primo scaglione di scatti automatici e del blocco stipendiale, un docente laureato delle superiori percepisce per i primi anni di lavoro solo 1.200 euro al mese.
Dall’Istat a volte giungono notizie ovvie. Stavolta l’istituto nazionale di statistica ci dice, nel suo rapporto annuale, che nel 2012, la retribuzione media mensile netta di un dipendente a termine a tempo pieno è stata di 1.070 euro, 355 euro in meno rispetto a un dipendente standard a tempo pieno. Che corrisponde, in termini percentuali, ad una busta paga inferiore del 25%. “Il differenziale – spiega l’Istat – è in parte spiegato da effetti di composizione, quali l`età, il settore di attività, la professione. Ma le differenze permangono anche a parità di caratteristiche e aumentano al crescere dell`anzianità lavorativa, poiché al tempo determinato non si applicano gli scatti di anzianità. La differenza è di 85 euro per chi lavora da appena due anni, cresce a 392 euro per chi ha una carriera lavorativa di 20 anni e oltre, non necessariamente tutta da atipico”.
Adeguandosi al linguaggio moderno, l’Istat non usa mai la parola precari, ma lavoratore “atipico” (contratti a termine e collaborazioni). Tuttavia la sostanza non cambia.
Cambia, però, quando si parla di scuola. Un comparto dove di lavoratori atipici non vi è traccia. Ma dove abbondano i precari, visto che la loro presenza varia tra il 15% circa negli organici dei docenti e sale fino al 25-30% quando si parla di personale Ata. La peculiarità del comparto scolastico è che sino ad oggi non ha contemplato la possibilità di assumere personale a tempo determinato, almeno nel pubblico, derogando dalle indicazioni e dai numeri indicati nel contratto collettivo nazionale.
Niente contratti atipici, a progetto o di collaborazione. I supplenti, anche per un solo giorno, si inquadrano infatti nel livello iniziale. Come se fossero dei neo-assunti. Anzi, per dirla tutta, secondo l’Anief questi ultimi per una delle tante “stranezze della scuola italiana” percepirebbero uno stipendio inferiore a quello dei precari. Questo avverrebbe, continua il sindacato autonomo, per via dell’annullamento del primo scaglione di scatti automatici e “per colpa del blocco dei contratti: un paradosso tutto italiano che fa valere l’anzianità pregressa solo ai fini giuridici. Con il risultato che nella migliore delle ipotesi, i docenti laureati della secondaria superiore, arrivano oggi a percepire poco più di 1.200 euro al mese. Mentre i loro colleghi supplenti, grazie ai ricorsi, si vedono riconoscere il diritto al riconoscimento economico della ricostruzione di carriera.
“L’assurdo di questa situazione – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola – è che mentre tanti precari hanno fino ad oggi, grazie all’opera del nostro sindacato, avuto la possibilità di farsi valere in tribunale il loro servizio da supplenti, come confermato dalle corti di appello dell’Aquila e di Torino, per questo personale di ruolo sembrerebbe non esserci alcuna possibilità. Fino a nove anni, in pratica (a seguito del blocco dei contratti introdotto con i commi 21 e 23 dell’art. 9 della legge 122/2010 ndr), rischiano di essere costretti a percepire delle buste paga con degli importi davvero bassi”.
Il leader dell’Anief conclude alla sua maniera. “Ora, bisognerebbe spiegare ai nostri politici come si fa a vivere dignitosamente con il proprio stipendio fermo, in proporzione, a quello di 25 anni prima. Siccome la risposta è ovvia, per il sindacato sarà inevitabile aprire una nuova stagione di contenziosi. Che riguarderà – conclude Pacifico – tutti coloro che hanno subìto un danno economico per la mancata assegnazione degli incrementi stipendiali tra il 2010 e il 2014”.