7 agosto Ministro su TFA e Studenti stranieri alla Camera

Il 7 agosto il ministro dell’Istruzione risponde alla Camera a tre interrogazioni a risposta immediata

(Iniziative per garantire parità di trattamento tra i docenti che hanno seguito i tirocini formativi attivi ordinario e speciale – n. 3-00260)

PRESIDENTE. L’onorevole Santerini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00260, concernente iniziative per garantire parità di trattamento tra i docenti che hanno seguito i tirocini formativi attivi ordinario e speciale (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

MILENA SANTERINI. Signor Presidente, signora Ministro, i tirocini formativi attivi ordinari, che sono conclusi o in procinto di concludersi, hanno formato circa 11 mila docenti che hanno concluso un cammino impegnativo di formazione, hanno superato una selezione e, parallelamente, invece, l’approvazione dei tirocini formativi attivi speciali abiliterà un numero molto maggiore di docenti che entreranno soprattutto sulla base dell’esperienza di servizio svolto. Ambedue questi gruppi potranno accedere alla stessa seconda fascia delle graduatorie. Ci chiediamo se il primo gruppo, che ha svolto un accurato cammino di formazione, non venga ad essere svantaggiato rispetto al secondo e le chiediamo quali sono le misure che intende prendere e in quali tempi preveda l’emanazione di un bando di un secondo ciclo di tirocini formativi per i neolaureati.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.

MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei premettere che problemi come   MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei premettere che problemi come
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quelli segnalati dall’interrogante, relativi alle diverse categorie di soggetti che aspirano a entrare in ruolo come docenti nelle scuole e alle lamentate disparità di trattamento tra l’una e l’altra categoria, dipendono principalmente dalla discontinuità del sistema di abilitazione e di quello di reclutamento ed alla protratta assenza di concorsi. La strada maestra per rimediare alle insoddisfazioni e alle incertezze che ne sono derivate è un ordinato e costante processo di reclutamento che assicuri la regolarità delle abilitazioni e dei concorsi. È in questo senso che si rivolge il mio impegno.
Una certa inversione di tendenza, in effetti, vi è stata negli ultimi anni con il concorso bandito nel 2012 e anche con l’avvio dei tirocini formativi attivi ordinari e di quelli speciali, ai quali fa riferimento l’interrogazione, rivolti a due distinte categorie di aspiranti docenti, gli uni e gli altri meritevoli. I primi, come osservato nell’interrogazione, per avere superato una difficile selezione; i secondi, per avere insegnato nelle scuole senza garanzie di stabilità nel posto consentendo il regolare svolgimento del servizio scolastico.
Rispondo alla seconda parte del quesito posto dall’onorevole interrogante informandola che ho già trasmesso al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione la richiesta di autorizzazione a bandire il prossimo ciclo di tirocinio formativo attivo ordinario per oltre 29 mila posti. Confido, quindi, in un rapido avvio del percorso formativo. Quanto all’ipotizzata disparità di trattamento, in termini generali osservo che in questa materia bisogna contemperare diverse esigenze. Da un lato, la giusta valorizzazione del merito e, dall’altro, la tutela delle aspettative generate dal sistema scolastico. Il bilanciamento tra queste esigenze è alla base del sistema equilibrato di reclutamento, al quale il sistema scolastico aspira da tempo, senza riuscire pienamente a realizzarlo.
In termini più specifici, osservo che la diversità di disciplina dipende dall’oggettiva diversità di situazioni. A chi abbia un’anzianità di servizio di almeno tre anni scolastici e frequenta i tirocini speciali non avrebbe senso imporre il tirocinio, ma imposto un carico didattico decisamente superiore. Indubbiamente questi soggetti hanno titoli di servizio che i neolaureati non hanno, ma che non possono essere ignorati. Il Ministero non può eliminare le innegabili differenze tra le diverse categorie di abilitati, ma si adopererà per soddisfare tutte le giuste aspettative attraverso un regolare processo di reclutamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Santerini ha facoltà di replicare, per due minuti.

MILENA SANTERINI. Signor Presidente, Ministro, sono parzialmente soddisfatta, cioè lo sono per quanto riguarda il suo impegno personale e per quello che riguarda l’interesse a un tema per cui bisogna contemperare le esigenze, lo sappiamo, di persone che hanno una lunga esperienza nella scuola, che aspirano legittimamente ad entrare nell’insegnamento, e quelle dei giovani neolaureati che hanno svolto un percorso impegnativo. E lo sono anche per quanto riguarda, ovviamente, l’impegno al nuovo bando per il tirocinio formativo attivo. Non lo sono per quanto riguarda, invece, appunto, l’inversione di tendenza di cui lei parlava. Le faccio l’esempio di scienza della formazione primaria in particolare. Gli studenti che hanno frequentato quattro o cinque anni di università si trovano oggi svantaggiati rispetto a un regolamento che prevede che possa insegnare nella scuola dell’infanzia e primaria anche chi ha solo un diploma di istituto magistrale o di scuola magistrale. Troviamo che questo sia un ritorno indietro al passato, perché chi ha frequentato un corso universitario – e c’erano dodici anni per potersi iscrivere – e ha realizzato 240 o 300 crediti, non può essere messo alla pari con chi ne avrà soltanto 60.
Io credo che la maggior parte delle università, come quella di Torino, non attiveranno questi corsi, perché credono in una formazione più approfondita per la qualità della scuola. Chiediamo in questo senso che non si torni indietro, come lei giustamente diceva, rispetto alla tendenza ad una più qualificata formazione degli insegnanti rispetto al passato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l’Italia e della deputata Centemero).

(Problematiche riguardanti l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo ordinario – n. 3-00261)

PRESIDENTE. L’onorevole Di Lello ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00261, concernente problematiche riguardanti l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo ordinario (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

MARCO DI LELLO. Signor Presidente, signora Ministro, come ricordava la collega che mi ha preceduto, al tirocinio formativo attivo (TFA) di quest’anno sono stati abilitati quasi 11 mila docenti, che, per accedervi, hanno dovuto superare tre dure prove di accesso, pagare una lauta tassa di iscrizione, frequentare corsi disciplinari e pedagogico-didattici, oltre al tirocinio e all’esame finale.
Tutto questo impegno e sforzo rischia di venire annullato non solo dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 e successivi confusi regolamenti, per cui l’abilitazione conseguita risulta declassata rispetto a quella conseguita in passato con i cicli della Scuola di specializzazione all’insegnamento secondario (SSIS), ma, a differenza di quanto avvenuto in passato, al titolo conseguito con il TFA spetterebbe solo l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto.
Ora, il suo decreto n. 572 comporta un’ulteriore discriminazione – mi consenta – insopportabile tra chi si è abilitato con il TFA e chi ha conseguito il titolo equipollente presso gli altri Paesi dell’Unione europea o chi, dopo aver interrotto la SSIS, si è abilitato frequentando lo stesso corso di TFA. Cioè, il decreto ministeriale crea una disparità di trattamento fra i titoli di abilitazione equipollenti, violando la direttiva europea, per cui i docenti abilitati nei Paesi dell’Unione europea possono accedere alle graduatorie ad esaurimento e, quindi, al ruolo, mentre i docenti che hanno conseguito lo stesso titolo in Italia vengono relegati nella seconda fascia. Per un europeista convinto come me e i miei colleghi socialisti, ha quasi il sapore della beffa.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO DI LELLO. Le chiedo allora, signor Ministro, cosa intenda fare il Governo, dopo dieci anni di smantellamento della scuola pubblica, che ci ha portato a questa preoccupante guerra tra poveri, per la riapertura e l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del TFA ordinario e, soprattutto, ci dica se il merito ha ancora un valore.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.

MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’interrogazione verte su una questione di grande importanza nell’ambito del sistema di abilitazione e reclutamento del personale docente della scuola, quella dei tirocini formativi attivi. Rispondo con qualche considerazione su ciascuno dei tre punti toccati dall’interrogazione: la natura di questo percorso formativo, l’ipotesi di inserimento dei docenti abilitati nelle graduatorie ad esaurimento avanzata dall’onorevole interrogante e le disparità di trattamento da lui lamentate.
Quanto alla natura dei tirocini formativi attivi, vorrei chiarire che si tratta di un percorso volto all’abilitazione e non al reclutamento. Nell’attuale sistema normativo risultante da scelte legislative e dal regolamento ministeriale sui tirocini formativi attivi del 2010, si tratta di due processi distinti, anche se collegati. L’esito naturale del completamento del percorso formativo è l’assunzione, che, però, deve conseguire ad un concorso, secondo il principio costituzionale in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Questo costituisce uno dei due canali di reclutamento al quale si fa riferimento nell’interrogazione.
Conseguentemente, con riferimento al secondo punto, l’inclusione degli abilitati nelle graduatorie ad esaurimento, oltre a non essere coerente con il sistema delineato, sarebbe contraria a precise disposizioni legislative che, a partire dal 2006, hanno ripetutamente disposto l’impossibilità di integrare le graduatorie. È attraverso un regolare svolgimento dei concorsi, in grado di assorbire gli abilitati secondo il principio del merito, che devono essere soddisfatte le loro giuste aspettative.
Con riferimento, infine, alle disparità di trattamento rispetto ad altri soggetti che sono stati inclusi nelle graduatorie ad esaurimento, osservo che le categorie dei docenti che l’onorevole interrogante prende come termine di paragone – quella di chi ha completato in ritardo le preesistenti scuole per l’insegnamento secondario e quella di chi ha conseguito l’abilitazione in un altro Stato membro dell’Unione europea – sono comunque categorie chiuse, derivanti da vicende di una fase precedente le riforme indicate. Si tratta di soggetti che hanno conseguito l’abilitazione entro l’anno scolastico 2008-2009, il cui inserimento è stato, in qualche caso, reso necessario dall’intervento delle istituzioni europee e nei confronti dei quali l’atteggiamento del Ministero è sempre stato rigoroso. È, quindi, escluso ogni percorso preferenziale nell’immissione in ruolo. Non c’è nessuno che oggi possa scavalcare gli abilitati, ottenendo l’iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento.

PRESIDENTE. L’onorevole Di Lello ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARCO DI LELLO. Signor Presidente, signora Ministro, mi duole replicare che non posso considerarmi soddisfatto da questa risposta, anche perché resta ancora tanto da chiarire. Io mi chiedo come verranno affrontati tutti gli altri nodi che riguardano il reclutamento dei docenti, che derivano a cascata, causa i provvedimenti confusi che sono stati adottati dal Ministero dell’istruzione negli ultimi anni. Ad esempio, mi chiedo cosa intenda fare per equiparare il titolo conseguito tramite il TFA a quello ottenuto nel periodo 1999-2009 dagli abilitati della SSIS, sulla base dello stesso riconoscimento del valore di prova concorsuale che spettava a questi ultimi, in modo così da ottemperare, certo, all’articolo 97 della Costituzione, che prevede l’assunzione, previo concorso, nella pubblica amministrazione.
Ancora, sempre in merito ai titoli, sarebbe opportuno capire se lei non ritiene di attivarsi perché sia garantito l’accesso diretto e in sovrannumero al secondo ciclo TFA anche per i vincitori di più classi di concorso, poiché oggi la normativa vigente non consente il congelamento delle prove. Questo viene avvertito come un diritto negato che veniva invece garantito precedentemente alle SSIS. Per molti sarebbe un’ingiustizia, credo, e lei potrà condividere, dover sostenere nuovamente un iter selettivo dopo aver già dimostrato, in base a una graduatoria, di poter accedere con merito ai corsi di abilitazione, a differenza di chi, come i PAS vi prende parte senza selezione. Ci piace sperare, onorevole Ministro, che con questo Governo, finalmente, ci possa essere un’inversione di tendenza rispetto alla politica di tagli, tagli e ancora tagli che sono stati posti in essere, nella scuola pubblica, negli ultimi dodici anni. La prego, davvero, di non deludere le nostre attese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l’Italia (PLI)).

(Iniziative per la piena applicazione della circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dell’8 gennaio 2010, al fine di un’equa distribuzione di studenti italiani e studenti immigrati negli istituti scolastici nazionali – n. 3-00262)

PRESIDENTE. L’onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00262, concernente iniziative per la piena applicazione della circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dell’8 gennaio 2010, al fine di un’equa distribuzione di studenti italiani e studenti immigrati negli istituti scolastici nazionali (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, signora Ministro, la circolare in questione che ho citato esattamente nell’interrogazione a risposta immediata che le ho presentato deriva dal 1994, anno in cui il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, approvò un decreto del Presidente della Repubblica che offriva, per l’appunto, queste linee guida per un’equa distribuzione di bambini italiani e stranieri negli istituti scolastici. Il tutto, ovviamente, per garantire effettivi, e non astratti, processi di integrazione culturale e anche adeguati livelli qualitativi di istruzione per gli scolari stessi. In seguito a tale decreto del Presidente della Repubblica, i Ministri della pubblica istruzione, tanto di centrodestra quanto di centrosinistra, a cominciare dalla Moratti, passando per il Ministro Fioroni e a finire con il Ministro Gelmini hanno emesso le relative circolari con le quali sono state date al sistema scolastico indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza italiana ed alunni senza cittadinanza italiana.

PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, concluda.

FABIO RAMPELLI. Le circolari, soprattutto l’ultima, hanno sancito una percentuale massima di presenza di bambini stranieri all’interno degli istituti scolastici stabilita nella misura del 30 per cento. Di fronte a tali indicazioni, oggi, invece, abbiamo praticamente un incremento esponenziale di bambini stranieri, più 25 per cento in alcune scuole, addirittura ci sono 415 istituti scolastici dove i bambini italiani sono minoranza, e quindi volevamo sapere in quale modo si possano applicare e si possano vedere applicate queste circolari da parte del sistema scolastico.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.

MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la presenza nelle scuole di alunni di diversa provenienza geografica, con diversa formazione culturale e diverse esperienze di apprendimento è un fenomeno in aumento, effetto della globalizzazione e dell’intensificarsi dei flussi migratori che non dipende, quindi, dalla scuola, ma al quale la scuola deve fare fronte fornendo una formazione adeguata a tutti gli alunni.
Questo è un fenomeno che da un lato può comportare un arricchimento per tutti gli studenti e dall’altro può determinare il rischio di parziale o totale insuccesso formativo. Il principale problema, com’è evidente, è quello della conoscenza della lingua italiana, requisito indispensabile per il buon esito del percorso scolastico e di un armonioso inserimento sociale. Questi problemi e questo rischio non fanno venir meno l’obbiettivo prioritario di favorire, per tutti gli studenti, la crescita delle capacità autonome di studio e di apprendimento e il rafforzamento dell’attitudine all’interazione sociale. Il principio fondamentale che orienta l’azione del Ministero, in questo campo, è quello del diritto allo studio, unitamente all’obiettivo dell’integrazione, ed è proprio a questo principio che vanno ricondotte le regole organizzative inerenti alla composizione delle classi, dettate dalla circolare del 2010, alla quale fa riferimento l’interrogazione.
Vorrei rassicurare l’onorevole interrogante sul fatto che la circolare menzionata è pienamente vigente e operativa. Essa viene puntualmente richiamata ogni anno nella circolare relativa alle iscrizioni per l’anno scolastico successivo, compresa la circolare n. 96 del 17 dicembre 2012, relativa all’anno scolastico 2013-2014.
Vorrei però anche ribadire che l’obiettivo perseguito dal Ministero, anche con la circolare in questione, non è quello di limitare, semplicemente, la presenza di alunni stranieri ma di favorire il diritto allo studio, l’integrazione e il successo del percorso formativo. Il diritto allo studio nella mia visione prescinde dall’origine geografica, dalla etnia e dalla nazionalità.
Conseguentemente, il limite del 30 per cento degli alunni con cittadinanza non italiana sul totale degli iscritti è un criterio tendenziale e indicativo, che, sempre in base alla circolare, può ben tollerare eccezioni, giustificate dalla presenza di alunni stranieri in possesso di adeguate competenze linguistiche, dalla disponibilità di risorse professionali e strutture di supporto anche esterne alla scuola, da ragioni di continuità didattica per classi costituite negli anni precedenti o da stati di necessità provocati dall’oggettiva assenza di soluzioni alternative.
Queste indicazioni presenti nella circolare del 2010 sono puntualmente richiamate dal Ministero e rispettate dagli uffici scolastici regionali.

PRESIDENTE. L’onorevole Rampelli ha facoltà di replicare, per due minuti.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, non sono affatto soddisfatto, perché intanto non è affatto vero che le circolari sono attuate. Quindi, si possono anche replicare, ma si può dire tutto e il contrario di tutto se poi le cose che vengono decise non vengono realizzate. Si dice che il 30 per cento è un indicatore tendenziale: siamo perfettamente d’accordo, se non fosse, però, che le direzioni scolastiche utilizzano, forse anche per pigrizia, l’istituto della deroga rispetto a questo indice tendenziale. È ovvio che se è il 25 invece che il 30 o il 35 invece che il 30 nessuno se la prenda a male, per così dire. Mi pare che l’indicazione sia stata fatta, appunto, dal Presidente della Repubblica Ciampi nel 1994, con largo anticipo rispetto a un incremento esponenziale dei flussi migratori. Quindi, una volta tanto siamo arrivati in anticipo, nel tentativo di garantire i processi di integrazione, perché questo è l’obiettivo ovviamente che ispira anche l’interrogante, ci mancherebbe altro.
Ma c’è una distrazione o forse c’è una deformazione ideologica per cui, quando c’è un’incapacità o una non volontà di rispettare queste indicazioni tendenziali, accade che alcune scuole si trasformano praticamente in ghetti, intorno a questi ghetti nascono ghetti urbanistici dove c’è una maggioranza assoluta di bambini o di famiglie di provenienza straniera, e questo non favorisce, per un processo logico e psicologico, l’integrazione, non favorisce lo scambio, gli stranieri si chiudono dentro se stessi – perché è anche ovvio che sia la soluzione più normale, più facile, più alla portata – e quindi non c’è alcuna possibilità, se non nell’astrazione ideologica a cui appunto si riferisce evidentemente anche la risposta del Ministro, di arrivare ad una oggettiva, concreta e tangibile integrazione sociale, oltre che culturale. Questa è la ragione per la quale – è un fenomeno che abbiamo monitorato già da tempo – c’è da un lato un’indicazione da parte del Presidente della Repubblica, dall’altro lato ci sono indicazioni di Ministri che fanno il loro dovere ed emettono circolari e dall’altro c’è una sorta di ribellione oppure di pigrizia e quindi di non volontà di dare seguito a queste circolari, a queste indicazioni, fino alla degenerazione di questo processo, che significa non gestione – e concludo – dei processi migratori e del principio assoluto e condivisibile dell’integrazione culturale e dell’integrazione sociale.

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