16 settembre Il ministro inaugura l’anno scolastico

Il 16 settembre il ministro Carrozza inaugura l’anno scolastico a Casal di Principe, presenti le scuole e le istituzioni di Casal di Principe e della Provincia di Caserta e il capo della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti.

Traccia del discorso del Ministro On. Prof. Maria Chiara Carrozza
Inaugurazione dell’anno scolastico 2013/2014 a Casal di Principe

Carissimi studenti,
Cari insegnanti, dirigenti scolastici, personale tecnico amministrativo, Autorità,
Siamo venuti a Casal di Principe per lanciare, da qui, un messaggio che arrivi a tutta l’Italia che va a scuola: agli alunni di tutti i cicli che hanno ripreso a frequentare le lezioni in questi giorni, agli insegnanti, al personale tecnico – amministrativo, alle famiglie. Perché la scuola ci riguarda tutti. Siamo venuti a Casal di principe, in Campania, nel cuore del sud, perchè la scuola deve essere il simbolo del riscatto di questi territori e dell’intero paese.
Nelle settimane della sua riapertura, l’Italia scopre nella scuola un fattore essenziale di unità e di coesione.
La scuola è una presenza diffusa e fondamentale nel nostro Paese. Abbiamo 44000 plessi scolastici, in tutto il territorio italiano. In Campania ci sono oltre 940.000 alunni e oltre 87.000 insegnanti (compresi gli insegnanti di sostegno) in oltre 45.000 classi, in 1030 istituzioni scolastiche.
La scuola è in ogni paese, in ogni quartiere delle nostre città: la scuola è l’istituzione che dà un senso concreto alla parola “pubblico”, alla cosa pubblica, all’interesse pubblico. La scuola è l’istituzione che garantisce l’accesso alla conoscenza. Accesso alla conoscenza vuol dire anzitutto accesso agli studi e quindi accesso alla vita.
La funzione del sistema di istruzione nella società è infatti principalmente quella di preparare i ragazzi ad affrontare le sfide di oggi, a essere cittadini italiani ed europei, a confrontarsi con le sfide internazionali, ad accedere a una “mappa” in cui l’Italia ha l’obbligo di relazionarsi con il mondo.
Accesso agli studi è tutto questo.
Il mancato accesso agli studi è il primo fallimento educativo, e, di conseguenza, il primo fallimento di un Paese, dato che l’educazione è lo specchio del suo futuro.
Simbolo della ferita dell’accesso agli studi è soprattutto la dispersione scolastica.
In questi giorni sta cominciando l’anno scolastico, in tutta Italia. Quanti ragazzi abbiamo già perso?
Per quanto riguarda la dispersione scolastica, siamo lontani dai parametri europei. La Strategia Europa 2020 punta a scendere sotto il 10% di dispersione scolastica entro il 2020: il dato italiano del 2012 si attesta al 17,6%, a fronte di una media europea del 13,5%. Anche se il dato italiano appare in discesa rispetto agli ultimi anni, si riscontrano ancora picchi elevatissimi, soprattutto nelle isole (Sardegna, con il 25,8% e Sicilia, con il 25%) e al Sud.
I vantaggi portati dall’accesso e dalla permanenza di un ragazzo a scuola sono innumerevoli: meno criminalità, meno corruzione, maggiore rispetto delle istituzioni, maggiore ricchezza per il Paese, più tolleranza verso gli altri, più senso del dovere, più senso civico.
Infatti, non dobbiamo dimenticare che dispersione scolastica, in gran parte del territorio italiano, vuol dire che a vincere è un altro reclutamento rispetto a quello della scuola: i ragazzi che vengono persi dal sistema formativo trovano rifugio nella strada e nella criminalità organizzata. Parliamoci chiaro. La dispersione scolastica, anche qui a Casal di Principe, in questi territori, è spesso il campo di una battaglia tra la scuola e la camorra. Nella vita di un ragazzo, si sfidano due tipi di reclutamento: il reclutamento della scuola e il reclutamento della criminalità. Dobbiamo tutti insieme far sì che lo Stato sia più forte, dobbiamo far sì che le istituzioni siano più credibili ed affidabili. Dobbiamo far si che i nostri ragazzi non debbano scegliere, che i nostri ragazzi trovino al loro fianco la scuola e le istituzioni.
Dobbiamo educare tutti al reclutamento della scuola contro il reclutamento della criminalità. Come diceva Benedetto Croce, “tutti siamo e dobbiamo e possiamo essere effettivi educatori, ciascuno nella propria cerchia e ciascuno in prima persona verso se stesso”.
La dispersione è un assillo, per un Ministro è una cosa che non fa dormire la notte: superare la dispersione dei talenti, superare quella rassegnazione che in Italia colpisce poi oltre 2,2 milioni di giovani, i cosiddetti NEET (i giovani che non studiano e non lavorano), che hanno disperso il loro accesso alla vita e alla società.
La dispersione dei talenti dei ragazzi è una tragedia, è la ferita più grande che possiamo arrecare al futuro, in un Paese dove il numero dei giovani che non studiano né lavorano ha raggiunto la cifra di 2,2 milioni. Sarebbe la decima regione italiana per popolazione! La lotta alla dispersione scolastica riguarda tutta la società, una società allargata di educatori.
Qui – come in altri 206 territori del Mezzogiorno – sono già al lavoro, con fondi europei gestiti dal MIUR, altrettanti prototipi contro la dispersione scolastica che vedono lavorare insieme scuole, privato sociale, enti locali, volontariato. Queste azioni sono rivolte ai bambini e ragazzi in difficoltà, con un percorso che registra punto di partenza e punto d’arrivo, centrato sullo sviluppo di competenze e conoscenze irrinunciabili. Si tratta di 50 milioni di euro investiti fino alla fine dell’anno prossimo.
Su questo esperimento abbiamo avviato un rigoroso percorso di accompagnamento e di valutazione. Ed è con questo spirito e con questo metodo che stiamo affrontando, insieme alle regioni, la nuova progettazione dei fondi europei del periodo 2014 – 2020 intorno all’obiettivo di lotta all’abbandono scolastico e formativo che riguarderà, insieme, le aree più critiche del Mezzogiorno e anche quelle del Centro-Nord.
La scuola è il pilastro della coesione sociale e territoriale, il luogo dove si costruisce la cittadinanza e dove inizia la realizzazione dei valori costituzionali, il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Abbiamo voluto aprire qui l’anno scolastico perché riconosciamo che qui questo compito è più difficile. È più difficile – per le ragazze e i ragazzi del Sud – conquistare lavoro, dignità, felicità, perché c’è un legame perverso tra la povertà delle famiglie e la povertà di istruzione. Un legame che non spezzeremo, ma che abbiamo cercato di allentare con le risorse stanziate nel recente decreto “L’istruzione riparte”, con misure volte a ridurre il costo dei libri, dei trasporti e degli altri servizi, per aiutare studenti e famiglie.
Abbiamo inoltre fatto ripartire gli investimenti in edilizia scolastica: 450 milioni nel “decreto del fare” di cui 150 milioni già distribuiti alle regioni (alla Campania sono stati assegnati 18 milioni) che hanno avviato le procedure per l’assegnazione a comuni e province (vi ricordo anche che i sindaci e presidenti di province saranno commissari di governo per l’edilizia scolastica e potranno, quindi, utilizzare procedure semplificate). Nel decreto scuola è stata prevista, inoltre, la possibilità per le regioni di attivare mutui con la Bei e con la Banca del consiglio d’Europa.
Il Ministero e la Regione Campania daranno subito un segnale a queste aree, a cominciare da Casal di Principe, affinchè si proceda con la costruzione di una scuola dell’infanzia su terreno confiscato alla criminalità organizzata (con il Presidente Caldoro abbiamo firmato ad inizio dello scorso mese di agosto un protocollo sull’utilizzo dei beni confiscati a fini educativi e formativi in aree ad alto rischio di criminalità organizzata).
Noi dobbiamo affrontare questa tragedia parlando il linguaggio della verità: c’è un legame strettissimo tra la dispersione scolastica e il diritto alla legalità.
Come sapete, alcuni comuni casertani tra cui Casal di Principe sono stati sciolti per infiltrazioni camorristiche.
Cosa può fare la scuola? La legalità non è una materia scolastica. Non si prende il voto in pagella sulla legalità, che si basa su “nuovi modelli di comportamento, di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili”, come diceva Don Peppino Diana, l’eroe civile di Casal di Principe che non dobbiamo mai dimenticare. Mi fa piacere che a luglio gli sia stata intitolata la Sala Consiliare del vostro Comune. Voglio ringraziare soprattutto per questo, oltre che per il lavoro svolto per l’organizzazione di questa giornata, la Commissione straordinaria per la gestione dell’ente ed in particolare il Prefetto Silvana Riccio.
Ringrazio naturalmente per la perfetta organizzazione della giornata il Prefetto di Caserta, dott.ssa Pagano, il Questore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, e tutto il Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, i nostri dirigenti regionali e provinciali.
Di quale scuola ha bisogno l’Italia? La nostra Costituzione dice: “La scuola è aperta a tutti”.
Dobbiamo avere sempre più cura di questo aggettivo bellissimo: aperta. L’apertura è il contrario della dispersione, che è la chiusura delle prospettive.
Bisogna essere aperti nello spazio e nel tempo. Il tempo della scuola non è solo tempo dello studio: è il tempo della società, dell’incontro. Aprire la scuola vuol dire dare altro tempo ai nostri ragazzi, per leggere in biblioteca, per fare sport, per stare insieme.
Per questo, abbiamo stanziato i primi 15 milioni per tenere gli istituti comprensivi aperti il pomeriggio. Un primo passo, ma molto importante.
Anche noi al Ministero dobbiamo essere aperti. E aprirsi vuol dire stare nel territorio e ascoltare i suoi problemi.
In questi giorni, sto cercando di girare il più possibile per le scuole italiane, di ascoltare i problemi degli studenti, del personale e dei dirigenti scolastici: credo che il mio dovere come Ministro sia anche questo, non stare sempre chiusa in un ufficio. Ma quando sono al Ministero dell’Istruzione, mi ritrovo spesso a guardare una frase affrescata tra le nostre mura: Docendo vitae consolimus.
E penso alla relazione della scuola con la vita, all’antica formula – così vera – della scuola come maestra di vita. Ma cosa significa “provvedere alla vita”? L’insegnante si occupa della vita dei ragazzi, perché ha cura della loro indipendenza e della loro intraprendenza.
Gli insegnanti non ordinano agli alunni come devono vivere. Piuttosto, aprono alla vita. Gli insegnanti non sono tutori. Sono affezionata a un termine che viene dall’Odissea, ma che oggi usano soprattutto gli inglesi ed è molto importante nel mondo da cui provengo, la ricerca scientifica. È la parola “mentore”.
Mentore è il saggio al quale Ulisse affidò Telemaco prima di partire per la guerra di Troia, ed ebbe cura di un bambino che poi divenne ragazzo e uomo. Il mentore dà consigli, non ordini: il suo scopo è far sviluppare la persona e renderla indipendente, educandola al confronto, appunto all’apertura.
Noi sappiamo che Casal di Principe è un simbolo. Ma siamo venuti qui per dire che non ci deve bastare guardare un simbolo da lontano, leggere i libri, guardare i film. Dietro i simboli ci sono i luoghi, ci sono le persone che ogni giorno lavorano con un obiettivo essenziale: la normalità.
Essere presenti in questi territori vuol dire affermare, assieme alle persone che garantiscono la presenza straordinaria dello Stato, che la normalità può essere rivoluzionaria.
La “Costituzione vivente” siamo noi: vediamo di dimostrarlo.
Il mio impegno è quello di fare tutto il possibile perché non vi sia nessuna ambiguità tra lo Stato e il malaffare, perché non ci siano zone grigie, abbassamenti della tolleranza, a Casal di Principe, nell’area casertana, in tutta la Campania. Il nostro compito è traghettare questi territori nella normalità, insegnando il rispetto degli altri e senza dare mai nessuno per perso.
Iniziare la scuola è più difficile in Campania, la regione più giovane d’Italia, ed è più difficile a Casal di Principe, dove assicuro l’impegno mio personale e del Ministero affinchè sin dai prossimi mesi siano qui impegnate le migliori energie dirigenziali.
Vorrei ringraziare i docenti, i dirigenti, gli uffici territoriali e le scuole di questa terra, della Campania e del sud per l’impresa educativa e civile che portano avanti ogni giorno.
Un’ultima riflessione: per aprire le scuole, per combattere la dispersione, per vincere la battaglia del reclutamento con la criminalità organizzata, per compiere tutti questi passi verso una “normalità rivoluzionaria”, abbiamo bisogno veramente di un ministro che mette il suo nome su una riforma? Io non lo credo.
Bisogna superare il concetto della riforma come annuncio politico e come legge grande e roboante, e capire che una riforma della scuola si costruisce coi piccoli passi, con la presenza territoriale e con le politiche giuste, le politiche dell’apertura.
Albert Hirschman, un economista che sapeva guardare il mondo con ottimismo, diceva: “In ogni momento c’è una riforma possibile”. In ogni momento: non solo nel consiglio dei Ministri, non solo in Parlamento, ma con ogni azione che innesca un cambiamento culturale reale.
Voi, ragazzi, siete i veri attori di questo cambiamento e di questa riforma. Non dimenticatelo, quest’anno e negli anni a venire.
Buon anno scolastico!