Dal diritto alla vita al diritto alla felicità

Dal diritto alla vita al diritto alla felicità

di Margherita Marzario

Abstract: Attraverso una lettura delle fonti internazionali, l’Autrice illumina il senso delicato e profondo dell’essere bambino in quello che dovrebbe esserne il percorso esistenziale “garantito”.

“I fiori della valle nascono dall’affetto del sole e dalla passione della natura, e i bambini sono fiori d’amore e tenerezza” (da “Ali spezzate” di Kahlil Gibran). I figli hanno diritto a fiorire e rifiorire.
“Io sono invece convinto che l’essere umano ha la possibilità di godere di molteplici fioriture, fisiche e spirituali, nel corso della sua esistenza e che dobbiamo far di tutto perché noi e i nostri simili possiamo esprimere questo potenziale” (lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro).
Per raggiungere quest’obiettivo, la filosofa statunitense Martha Nussbaum propone la pratica di un insieme di abilità/virtù che, in una sorta di decalogo, ben si adattano al percorso di crescita delle persone minori d’età.
Vita, “ovvero essere in grado di vivere una vita di lunghezza non marcatamente inferiore alla media”. La vita, di cui più si parla nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 (cosiddetta Convenzione di New York), nel suo Preambolo e negli artt. 6, 16, 23, 27, 29, 30, 31. “Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita. Gli Stati parti si impegnano a garantire nella più alta misura possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo” (art. 6 Convenzione). Di questo devono avere consapevolezza dapprima gli adulti per, poi, educare i bambini alla vita. La vita appartiene ai bambini: emblematiche a tale proposito le locuzioni “sua vita privata” (art. 16 par. 1 Convenzione) e “propria vita culturale” (art. 30 Convenzione). È bene che il bambino si appropri della vita per non sciuparla in futuro; deve essere aiutato a trovare la fiducia nella vita e a riflettere sul senso della sua vita (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance di giugno 2007).
Salute fisica, “vale a dire essere in salute, ben nutriti, adeguatamente vestiti, in grado di avere una soddisfacente vita sessuale”. Tutelare la salute è dare futuro, come si legge nel paragrafo “Entrare nel futuro” della Carta di Ottawa per la promozione della salute (novembre 1986) e nel quarto punto del documento programmatico europeo “Salute 21 – Salute per tutti nel 21° secolo” (marzo 1999): “La salute dei giovani – creare le condizioni per una migliore salute dei giovani, quale premessa indispensabile per un inserimento attivo e proficuo nella società”.
Integrità fisica, “ovvero essere in grado di evitare inutili sofferenze fisiche o mutilazioni, vivere in un ambiente sicuro e non essere oggetto di alcun tipo di violenza”. Di quest’aspetto la Convenzione di New York si occupa in più articoli, in particolare nell’art. 19 par. 1 si legge: “Gli Stati parti adotteranno ogni misura appropriata di natura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per proteggere il fanciullo contro qualsiasi forma di violenza, danno o brutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, inclusa la violenza sessuale, mentre è sotto la tutela dei suoi genitori, o di uno di essi, del tutore o di chiunque altro se ne prenda cura”. Pure nell’art. 36 della Convenzione si legge: “Gli Stati parti devono proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento pregiudizievole a qualsiasi aspetto del suo benessere”.
Sensi, immaginazione e pensiero, “quindi essere in grado di usare i propri sensi, di immaginare, di pensare liberamente, di ragionare sulle basi di un’educazione adeguata”. Vita, salute fisica e integrità fisica costituiscono l’individualità fondamentale per lo svolgimento della personalità che si manifesta quando il singolo esercita i propri diritti nelle formazioni sociali (art. 3 Costituzione). Sensi, immaginazione e pensiero sono quella libertà di pensiero, di coscienza e di religione nel cui esercizio i genitori, o altre figure adulte di riferimento, hanno il diritto e il dovere di guidare il fanciullo in modo consono alle sue capacità evolutive (art. 14 Convenzione di New York).
Emozioni, “espresse dall’essere in grado di provare piacere o dolore, amare, provare gratitudine o compassione”. Le emozioni costituiscono la prima e diretta esperienza che i bambini fanno del mondo e delle relazioni con le persone che li circondano, dal primo vagito alla suzione del latte materno. “I bambini hanno diritto ad essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze” (dal punto n. 3 della Carta dei diritti all’arte e alla cultura del 2011). Emozione è tirare fuori tutto quello che si ha dentro, è quella libertà di espressione del fanciullo di cui all’art. 13 della Convenzione di New York, che si manifesta anche nella libertà di ricercare, ovvero ricercare il proprio sé e la propria strada. In questo fondamentale è l’educazione: “[…] l’educazione deve tendere a promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità” (dall’art. 29 lettera a Convenzione di New York). È fondamentale l’alfabetizzazione emotiva per prevenire i dilaganti malesseri causati dall’analfabetismo emozionale. “Si impara davvero qualcosa attraverso le emozioni. Tutto il resto è informazione” (Albert Einstein).
Ragion pratica, “ovvero essere in grado di avere una propria visione del bene e del giusto, saper dedurre da questa principi e valori”. “L’educazione del fanciullo deve tendere a inculcare al fanciullo il rispetto dei genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del Paese in cui vive, del Paese di cui è originario e delle civiltà diverse dalla propria” (dall’art. 29 lettera c Convenzione di New York). È essenziale che il bambino sappia discernere quel che vale (= valore) per superare ogni crisi (etimologicamente “separazione, scelta, giudizio”), perché questa è la vera crescita. Già nell’art. 7 della Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959 all’art. 7 si parlava di giudizio personale e senso di responsabilità morale e sociale del bambino.
Affiliazione, “essere in grado di vivere con e per gli altri, di intrattenere relazioni e interazioni sociali; essere in grado di unirsi ad altri individui per esprimersi e realizzarsi pienamente”. “L’educazione del fanciullo deve tendere a preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia fra tutti i popoli, gruppi etnici, nazionali e religiosi, e persone di origine autoctona” (dall’art. 29 lettera d Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Altre specie e la natura, “ovvero essere in grado di vivere in armonia con la natura e con le altre specie animali”. “L’educazione del fanciullo deve tendere a inculcare nel fanciullo il rispetto per l’ambiente naturale” (dall’art. 29 lettera e Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Gioco, “capacità di provare gioia, di ridere e di giocare”. “Il bambino deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto” (art. 7 par. 2 Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959). Questa formulazione, per quanto apprezzabile alla fine degli anni ’50, trascura la soggettività del bambino e la plurivalenza del gioco che, invece, è stata evidenziata negli atti successivi, dalla Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro del 1967 alla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance del 2007, in cui si legge: “Egli [il bambino] ha diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco, ed anche ad un avvenire professionale”. Il gioco, pertanto, come modo d’essere del bambino stesso, come elemento di vita. Come nei vari significati di “ludus” in latino, da “gioia”, in Livio “ludus aetatis”, “piaceri della giovinezza, gioia dell’amore”, a “scuola” (elementare o dei gladiatori). “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca segnala agli istituti di istruzione primaria e secondaria la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinché gli istituti, nell’ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo” (legge n. 189/2012). Questa previsione legislativa, ed in particolare la locuzione “il senso autentico del gioco”, rimarca la rilevanza del gioco nella formazione e nella vita dei giovani.
Controllo sul proprio ambiente e sulla propria vita, “ovvero essere in grado di non subire indesiderate interferenze nelle scelte personali, in grado di difendere i propri spazi e proprietà”. Il gioco come strumento per partecipare liberamente e pienamente alla vita artistica e culturale: così l’art. 31 della Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia. Attraverso il gioco il bambino si sperimenta ed impara le regole del gioco, le regole del più grande gioco che è la vita. Così si avrà il pieno sviluppo della persona umana e la futura partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3 comma 2 Costituzione). Il gioco, come modus vivendi dell’homo ludens, per stare bene con se stessi e con gli altri, come fonte di benessere. “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita, garantendo che la società in cui uno vive sia in grado di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute” (dal paragrafo “Entrare nel futuro” della Carta di Ottawa per la promozione della salute). Da notare che in questa previsione legislativa il gioco è collocato tra il lavoro e l’amore, linfa della vita quotidiana.

Tutto ciò è già insito nel bambino, perché “il bambino possiede in lui importanti risorse” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance). Questa fecondità, questa prosperità è la felicità dell’infanzia (etimologicamente felicità deriva dalla stessa radice di fecondità, feto, figlio), felicità di cui si parla solo negli atti internazionali (Preambolo della Dichiarazione dei diritti del bambino, Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance). “I bambini sono degli artisti nell’approfittare di ogni occasione per essere felici” (lo scrittore svizzero Robert Walser). La filosofa Nussbaum sostiene che per arrivare ad una soglia minima di rispetto della dignità umana nelle costituzioni, come nelle attività di governo, i diritti vadano sostituiti con la garanzia di “capacità”, con il dispiegarsi cioè di quelle condizioni che rendono un uomo realizzato. È quello che bisogna fare nel salvaguardare e promuovere l’infanzia felice.
“Ogni bambino ci racconta nella sua maniera la bellezza e le ferite della vita e ci richiama così alla nostra responsabilità. La sua nascita rappresenta un’esperienza nuova per l’umanità che gli deve quello che ha di meglio” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance).
Libertà, felicità, futuro: “Quando una persona è matura? Quando è capace di prendere decisioni libere e feconde” (una psicologa). Sia data questa possibilità ad ogni bambino, persona minore d’età.

BIBLIOGRAFIA
Fulvio Scaparro, “Le molteplici fioriture della vita”, in Messaggero di sant’Antonio, ottobre 2011, pp. 84-85.