Scuola, Scholè, Otium

Scuola, Scholè, Otium.
Tempo libero, studio, amore del sapere, filosofia

di Umberto Tenuta

 

Per una mia deformazione professionale −che peraltro mi piace molto! − sono portato a ricercare sempre il significato etimologico delle parole, significato che non sempre corrisponde a quello che ad esse noi oggi attribuiamo.

Molto spesso l’etimologia ci fa comprendere quello che ancora è o dovrebbe essere il significato delle parole.

 

Veniamo al dunque e riesaminiamo il significato della parola scuola, facendo riferimento al termine greco scholè ed al corrispondente latino otium.

La scuola (scholè) era l’otium, il tempo libero, che era tutto il tempo di coloro che non erano obbligati a lavorare −quali oggi sono i giovani−, tempo che essi dedicavano a far le cose amate, desiderate, tra le quali era appunto lo studio, inteso come passione, amore del sapere (filosofia: filos, amore − sophia, sapere).

Era, insomma la filosofia, ciò che si ama, che si fa nel tempo libero.

 

Tralascio tutto l’itinerario che la scuola ha percorso nei millenni e arrivo subito alla scuola di oggi, diventata prima, con la Riforma protestante, un diritto di tutti gli esseri umani, e poi con la Rivoluzione francese, non solo un diritto di tutti i cittadini, ma anche un dovere da parte dello Stato. come confermato dalla nostra Carta costituzionale del 1948.

 

Forse vi è stata la necessità di rendere la scuola obbligatoria, obbligatoria per lo Stato, ma un diritto di tutti i cittadini.

 

Purtroppo la prospettiva dell’obbligo ha prevalso su quella del diritto e la scuola oggi viene vissuta come un obbligo, come un dovere, soprattutto dalla gran parte dei giovani che la frequentano, che si sentono scolari, più che studenti (da studium. amore del sapere, filosofia).

Sarebbe, quindi, il caso di recuperare il significato originario della parola scuola come scholè e della parola studenti come filosofi, coloro che amano il sapere, ovvero studiosi, innamorati del sapere.

 

Da quanto detto consegue che la prima delle riforme che andrebbe fatta è quella di restituire alla scuola il suo autentico e ineludibile significato di scholè, luogo dell’otium, in cui si vive l’amore del sapere.

 

Al riguardo però è appena il caso di evidenziare che non si può obbligare nessuno ad amare il sapere, ad essere studente, filosofo, innamorato del sapere e della sapienza.

Non dice forse il Freinet: <<puoi portare il cavallo alla fonte e fischiare quanto vuoi, ma se il cavallo non vuole bere, non beve!>>.

Il cavallo…figuriamoci i giovani!

 

E, allora?

La risposta sembra ovvia: lo studio è amore e non dovere: nessuno può obbligare a studiare così come nessuno può obbligare ad amare!

 

Questo forse lo aveva capito qualcuno già prima di Platone, ma Platone lo ha meglio chiarito, affermando che occorre fare in modo che l’apprendere sia vissuto dai giovani come un gioco (<<Non devi iniziare gli alunni allo studio con la forza della costrizione, ma come se giocassero, così che tu possa meglio comprendere le tendenze e le inclinazioni di ciascuno).

E lo ha capito bene Vittorino da Feltre che chiama la sua scuola Ca’ zoiosa, Casa del gioco.

E lo ha capito bene il Froebel che chiama le sue scuole Giardini per l’infanzia, giardini nei quali i bambini giocano il gioco dell’apprendere, il gioco della filosofia.

 

Non si può costringere nessuno ad amare, non si può costringere nessuno studiare, a innamorarsi del sapere, a vivere il gioco della conoscenza, gioco che rende liberi gli uomini.

“Conoscerete e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8, 32).

 

Che fare, dunque?

È la cosa più semplice di questo mondo: occorre innamorare i giovani.

Non è una grande impresa!

Dante, certamente il più grande poeta, ma forse, come tale, anche il più grande pedagogista, ci ha dato la ricetta: Amore che a nullo amato amar perdona!

 

D’altra parte, non è forse un detto comune: amor con amor si paga!

 

Da obbligo, la scuola deve diventare casa del gioco, del gioco di imparare, di apprendere, di appropriarsi della cultura che gli uomini hanno costruito nel lungo cammino dei secoli per realizzarsi, per autorealizzarsi, per divenire umani:

−”Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza!”

Virtute, e quindi virtuosi, in tutte le dimensioni della personalità: abiti religiosi, morali, sociali, civili, artistici…

Canoscenza: appropriarsi dell’immenso sapere accumulato dagli uomini nel corso dei millenni (strutture delle discipline, quadri concettuali fondanti).

 

E allora?

Allora, miei cari colleghi docenti, smettiamo una buona volta gli abiti sacerdotali (non erano forse sacerdoti i primi docenti?) e indossiamo gli abiti socratici, di coloro che non insegnano, ma aiutano a partorire, a ricercare, a riscoprire, a costruire le virtù ed i saperi!

 

È forse ovvio ribadire che per indurre altri ad amare occorre amare, essere innamorati.

“Amor ch’a nullo amato perdona”!

Non c’è posto, nella scuola, per coloro che non amano il sapere e la sapienza!

Riandiamo ancora al grande matematico Enriques:

«Se il nostro pensiero e le nostre parole debbono muovere l’attività del discepolo, bisogna che qualcosa di vivo che è in noi passi nello spirito di lui come scintilla di fuoco ad accendere altro fuoco»

 

Non c’è posto nelle scuole per salariati!

Non c’è posto per coloro che ricevano appena il sale!

Questo sia ben chiaro a tutti, padri, madri, insegnanti, docenti, e anche o forse soprattutto uomini politici e di governo!

Nella scuola possono stare solo i filosofi, i maestri e gli studenti.

I maestri che, come Socrate, si uniscono ai loro discepoli divenuti studenti, nella ricerca delle verità che rendono liberi, liberi dalla schiavitù del lavoro che per tutti deve diventare un amore (si fa il lavoro che piace, come avveniva e avviene per i grandi artigiani).

Liberati dal lavoro (negotium) e divenuti liberi (oziosi), i maestri, non più insegnanti, non più docenti, non più professori, dedicano la gran parte del loro tempo allo studio, coinvolgendo in questo loro impegno i discepoli, gli studenti che intorno a loro si raccolgono nelle aule, nelle botteghe ove si costruiscono le conoscenze, si vivono e maturano le virtù tutte, religiose, morali, sociali, civili, politiche…

 

È facile dirlo, ripeterlo, questo, ma non è certamente facile realizzarlo!

 

Sono state fatte tante riforme della scuola in Italia e nel mondo.

Ma ancora non è stata fatta, almeno in Italia, l’unica riforma che consenta a tutti i figli di donna di seguir virtute e canoscenza.

 

Facciamola, onorevole ministra Carrozza!

Facciamola!

E avrà innanzitutto la riconoscenza dei giovani, e già questo le potrebbe bastare.

Ma avrà anche la riconoscenza dei genitori, che sono la quasi totalità dei suoi elettori.

E avrà, non potrà non avere anche la riconoscenza del mondo del lavoro, del mondo della scienza, del mondo della cultura, del mondo della politica.

 

Forse, o senza forse, non c’è altro ministro che possa fare quello che Ella può fare.

Trasformare la nostra società!

 

Onorevole ministra Carrozza, saremo tutti al suo fianco, madri, padri, sorelle e fratelli, zie e zii, nonne e nonni!

Le sarà grato il popolo italiano tutto che lascerà ai suoi figli l’eredità più grande che una nazione possa lasciare ai suoi figli, a se stessa.

 

Grazie, onorevole Ministra Carrozza!