Liberate la scuola!

Liberate la scuola!

di Domenico Ciccone

È questa l’ennesima occupazione delle scuole. Dopo le agitazioni studentesche pre-natalizie, finite in alcune settimane di invasione per tanti licei e istituti superiori, ecco arrivato il turno delle scuole occupate dagli LSU.
I lavoratori socialmente utili, persone generalmente dignitose, addette alle pulizie delle scuole ma non di tutte le scuole bensì solo di quelle che li hanno ricevuti in eredità, dagli enti locali competenti, dopo l’autonomia e cioè, nell’anno 2000.
Vennero quasi definitivamente assunti, qualche lustro fa, da aziende e cooperative del Nord Italia che da allora si palleggiano gli appalti ministeriali con i quali vanno via miliardi di euro e migliaia di posti di collaboratore scolastico regolarmente decurtati, grazie , o meglio, a causa della presenza delle imprese di pulizia nelle scuole.
In realtà non è di questo che voglio parlare ma dell’occupazione, ormai insopportabile, della scuola da parte della burocrazia di ogni genere e della quale ogni tanto si vede la punta dell’iceberg mentre, di sotto, c’è una insostenibile ed impercettibile massa che ostacola e impedisce ogni movimento e cambiamento.
Oggi i Dirigenti scolastici, e con loro le scuole, si arrabattano in mille rivoli di burocrazia che ne rendono quasi ridicolo il ruolo e ne vanificano la funzione educativa, annullando ogni buona intenzione e presentandoli destinati a subire le peggiori sconfitte educative senza, peraltro, averne colpa.
Comprare uno spillo nella scuola è complicato come comprare un F35. La procedura è la stessa, anzi peggiore: devi aprire un CIG , verificare se c’è un CUP, acquisire un DURC , poi scrivere una determina, fare un ordine, ricevere la merce, collaudarla , verificarla sul piano documentale e tentare di pagarla dopo aver ottemperato a mille procedimenti diversi: conto dedicato, verifica Equitalia, regolarità contributiva…
Oh, Dio ! Abbiamo dimenticato di verificare se su CONSIP c’è il prodotto, e se costa meno, e se ce lo mandano al piano stradale o al piano dove ci troviamo, se è in convenzione quadro, in MEPA o in MEPI.

È questo il risultato di una politica miope che ha trattato, negli ultimi trenta anni, la scuola alla stregua di una caserma della Guardia di Finanza, di un ufficio di collocamento, di una sezione dell’Agenzia delle Entrate, di una dependance dell’ospizio comunale, di una succursale del manicomio .
Abbiamo perso di vista la vera essenza di una istituzione scolastica ed educativa, abbiamo sviato lo scopo costituzionale delle scuole trasformandole in luoghi dove è diventato ormai incidentale il compimento del processo educativo, rendendole finanche alla mercé di chiunque abbia una prebenda qualsiasi, un bisogno qualunque, una qualsivoglia necessità impellente.
La logica che oggi anima oggi gli LSU, occupanti le scuole senza alcun riguardo per il servizio pubblico che, di fatto, interrompono, è quella di chi vede in pericolo la retribuzione e toglie, agli alunni e agli studenti, quanto di più importante hanno. Questa logica è la stessa che qualche decennio fa , ad opera della politica malata del tempo, introdusse nelle scuole proprio loro, i lavoratori socialmente utili, con un’operazione a dir poco rocambolesca.
E rese, da allora, difficile la vita ai Dirigenti scolastici costretti a scontrarsi quotidianamente con dipendenti da terzi, spesso irraggiungibili e sconosciuti, preoccupati soprattutto della propria posizione lavorativa piuttosto che della pulizia delle scuole affidate alle loro cure.
Questa logica squilibrata che ha fatto diventare le cosiddette Istituzioni scolastiche, tutto fuorché scuole, deve, al più presto, invertire la marcia.
Basta con l’occupazione delle scuole! Liberiamole dalla burocrazia, dagli intrallazzi, dalle cartacce e dagli intrusi. È ora di recuperare la vera sostanza degli istituti scolastici , è ora di ridare a chi lavora nella scuola il suo compito e le sue funzioni, garantite da norme di alto rango. È ora, insomma, di liberare la scuola.
Liberate la scuola!
E la scuola vi restituirà donne ed uomini liberi, capaci di costruire un futuro migliore.