Quel tesoretto che sta a Barbiana

Quel tesoretto che sta a Barbiana

di Domenico Sarracino 

Cercando di rispondere, in una discussione su Fb, alla domanda su cosa penserebbero i ragazzi di Barbiana rispetto al tema dell’inclusione scolastica, che tanto sta facendo discutere, ho scritto che sicuramente non si entusiasmerebbero perché vedrebbero troppa distanza tra il dire ed il fare, e da quelle parti troppi sofismi ed elucubrazioni non erano ben visti. Poi mi si sono associate altre idee sulla “forza” di Barbiana e quello che ancora oggi può dare.
La passione di maestro e quella di pastore, da linea di confine, del Priore aveva la forza di una dissacrazione, nasceva dall’urgenza di  una verità da rivelare ed aveva  un tavolo da capovolgere inflessibilmente; era davvero rivoluzionaria, radicale e disinibita; poggiava su due leve fortissime, quella del Vangelo inteso in maniera pienamente umana, e quella civica che nasceva dalla Costituzione e dalla voglia di vederla finalmente applicata.

Credo che l’efficacia della sua didattica – laboratoriale, individualizzante e personalizzante, operativa ed antinozionistica – sia venuta dal profondo convincimento della sfida che lanciava alla “professoressa” dei Pierini. L’idea che mi sono fatto è che egli maturasse le sue “intuizioni”  didattiche ricavandole dalle situazioni educative e formative che gli si proponevano; che non aveva a priori un metodo generale, ma  se lo andava inventando di volta in volta nel cercare i modi più efficaci per dare risposte concrete ai problemi educativi sul tappeto: partendo dai ragazzi e dai loro bisogni; immedesimandosi , entrando nelle loro teste e nelle loro vite, stimolando le loro risorse e le loro capacità; non faceva loro mancare niente di essenziale ed importante, ma, nel contempo, non indulgeva in facili accomodamenti e chiedeva sforzi, sacrifici, responsabilità, diritti e doveri. La cornice di riferimento e di prospettiva civico-educativa a cui si riferiva il Priore era altissima: far sviluppare in tutti gli strumenti della conoscenza, della cittadinanza e della partecipazione; far uscire dalla subalternità e subordinazione culturale e materiale; far camminare tutti a testa alta perché istruiti e capaci di esercitare diritti e doveri, di essere cittadini del mondo.

Lasciatemi osservare anche che per certi versi la scuola di Barbiana era una scuola “privata” sebbene gratuita, ma le sue bandiere erano da un lato il bene pubblico e la capacità di  cittadinanza e dall’altro  i principi evangelici. Ed è da dire che questa scuola “privata” – a differenza delle invocazioni  e ricorrenti “grida” di quella pubblica, sempre tanto solennemente proclamate quanto poco praticate – non solo ha insegnato veramente la Costituzione, ma l’ha insegnata facendola vivere. Pertanto Barbiana  è un’esperienza abbastanza unica e per certi versi inimitabile, e  Don Milani viveva ciò con tutto se stesso, giorno e notte, e pieno di un “sacro furore” che gli derivava anche dal modo totale in cui viveva il Vangelo e la sua missione di pastore.

Ora  vivere il lavoro a scuola con questa totalità di dedizione per centinaia di migliaia di insegnanti è esperienza improponibile e neppure pensabile, così come ci si rende ben conto che una cosa è la “scuoletta” di Barbiana, altra cosa è far funzionare il complesso sistema della scuola italiana che abbraccia un Paese lungo e pieno di contrasti e che oggi poi vive una profondissima crisi d’identità.

Eppure, se riuscissimo ad avvicinarci e farci contagiare da quella linfa vitale che si custodisce nello sperduto poggio di Barbiana, da quei pochi principi di fondo che la guidavano (l’istruzione come conquista e liberazione, i principi della Costituzione, il valore della pace ed il ripudio della guerra, l’importanza delle parole – cercate, soppesate e  scolpite – la giustizia sociale, il dovere della solidarietà, la libertà e la responsabilità …); se un pizzico della fiamma che bruciava nel Priore (ed in chi gli stava intorno) riuscissimo a farlo entrare in tanti, in tutti noi, la scuola italiana sarebbe più efficace e diretta, e le parole sarebbero più sobrie, ma più vere, e i bisogni dei nostri ragazzi più vicini e rispettati. Barbiana è irripetibile, ma è anche un’inestimabile risorsa. Se riuscissimo a rimettere in circolazione un po’ del suo “spirito”, la scuola italiana ( e non solo) potrebbe ritrovare lo slancio per invertire la china e riprendere il cammino.