Appunti per un riordino complessivo del “Sistema educativo di Istruzione e di Formazione”

Appunti per un riordino complessivo del “Sistema educativo di Istruzione e di Formazione”
(marzo 2014)

a cura di Maurizio Tiriticco

 

 

Uscire dal sistema di istruzione e formazione a 18 anni età? SI! Ma…

…purché sia l’occasione per “ripensare” l’intero percorso, da “realizzare” con una prospettiva lungimirante in tempi medio/lunghi… e con un governo autorevole e forte, convinto che l’istruzione è un investimento e non una spesa!

 

LA PREMESSA

Dall’Unità nazionale (1861) fino alla fine del secolo scorso, gli interventi legislativi sulla scuola hanno avuto sempre un carattere e un fine occasionale. Infatti, l’istituzione e/o la riforma di determinati segmenti dell’istruzione hanno sempre risposto all’evoluzione dei diversi settori del sistema amministrativo e produttivo del Paese. In altri termini, si sono date sempre risposte parziali ai reali bisogni educativi, istruttivi e formativi della popolazione e non si è mai intervenuti con una prospettiva lungimirante e di ampio respiro. Hanno fatto una parziale eccezione: a) la riforma Bottai peraltro connotata da finalità educative uniformi alla ideologia del fascismo – la quale, avviata nel 1940, non è mai andata a regime per le note vicende belliche. Comunque, possiamo ricordare che la denominazione di scuola media triennale, tuttora esistente, è un’eredità di quella riforma; b) la riforma Berlinguer, abrogata dal successivo ministro Moratti.

Nel nuovo millennio, il succedersi di interventi riformatori, condizionati da ideologie di parte o da esigenze di bilancio, ha visto ancora compromessa la possibilità di progettare un intervento complessivo e lungimirante capace di rispondere ai bisogni sempre crescenti di cultura e di professionalità dei giovani e dell’intera popolazione. Va anche ricordato che il novellato Titolo V della Costituzione ha letteralmente spaccato l’intero nostro sistema di istruzione e formazione, attribuendo il sottosistema generalista alla competenza dello Stato e il sottosistema professionalizzante alla competenza delle Regioni. Il che, com’è noto, comporta che i percorsi professionalizzanti siano percepiti come percorsi meno importanti e meno impegnativi.

In tale contesto, un intervento riformatore deve muoversi in una prospettiva ampia e unitaria, in verticale, che veda un processo di educazione, istruzione e formazione in continuità dai 3 ai 18 anni di età, come avviene un quasi tutte le istituzioni istruttive e formative dell’Unione Europea, e in orizzontale per restituire alla dignità che meritano sia i percorsi di istruzione generalisti che quelli professionalizzanti.

Se occorre impegnarsi per una uscita a 18 anni di età, bisogna però guardarsi dal tagliare l’ultimo anno senza un ripensamento complessivo dell’intero sistema e senza e un progetto lungimirante e credibile!!! Ovviamente, occorre evitare che l’uscita anticipata costituisca un alibi per tagliare gli organici. Occorre, invece, utilizzarli meglio e implementarli con una diversa organizzazione del tempo scuola.

Occorre adoperarsi per una scuola a “tempo pieno” e a “spazio aperto”, che per tutti i percorsi di studio comporti:

a)       il superamento delle “classi di età”, funzionali al sistema della promozione/bocciatura che contraddice la realtà dello sviluppo/apprendimento di un soggetto in età evolutiva. Chi cresce/apprende, indipendentemente dal tempo scuola, non può mai tornare indietro! Occorre costituire gruppi di ricerca/studio flessibili in ordine non tanto all’età anagrafica quanto al concreto sviluppo/crescita di ciascun singolo alunno. La ricerca educativa ci dice che un gruppo di soggetti in apprendimento non può superare il numero di dodici/quindici membri. Ciascun gruppo avrebbe il suo spazio/aula e il suo docente guida di riferimento, sostegno, orientamento. Un alunno, a seconda dei livelli di sviluppo/crescita/apprendimento potrebbe passare da un gruppo ad un altro. Non esistono promozioni/bocciature, ma a ciascun alunno sono garantiti dieci anni di ricerca/studio finalizzati a raggiungere: aa) al compimento dei 15 anni di età, le competenze culturali e di cittadinanza di cui al dm 139/07 e al livello 2 dell’EQF; ab) al compimento dei 18 anni di età competenze culturali e di cittadinanza, ancora da definire (in sede di riscrittura della legge 425/97) e che corrispondano al livello 4 dell’EQF;

b)      l’avvio di una didattica laboratoriale: non sono gli insegnanti “che vanno” nelle aule tradizionalmente organizzate per “classi di età”, ma sono i gruppi di apprendimento “che vanno” nelle singole “aule laboratorio”, particolarmente attrezzate, di italiano, di matematica, di scienze, di storia, di inglese, ecc.;

c)       l’avvio di tempi quotidiani e settimanali di ricerca/studio commisurati alle concrete esigenze dei gruppi e dei singoli alunni e non scanditi dai “suoni della campanella” eguali per l’intero edificio scolastico.

I punti suddetti costitscono il clou di un processo di riforma che vada in profondità e su cui occorrono tutti i necessari approfondimenti: si tratterebbe di una “riforma copernicana”! Insomma, una “legge Casati” per una scuola del Terzo millennio!!! O, se vogliamo, una “riforma Gentile” per una scuola inclusiva! Ambedue iniziative di grande rilievo, per quei tempi e per quei contesti sociali!

 

LA PROPOSTA

a) Una scuola dell’infanzia biennale (3-5 anni) – com’è noto, le attuali sezioni della scuola per l’infanzia in genere ospitano un numero elevato di bambini e bambine, a volte anche indipendentemente dai livelli di età: inoltre sono spesso presenti anche alunni anticipatari di due anni e mezzo di età. Si sottolinea che: aa) è opportuno che ciascuna sezione non superi il numero di 15 bambini: infatti, non c’è ricerca educativa che non sottolinei che un gruppo in apprendimento, per essere produttivo, non dovrebbe mai superare le 15 unità; il che è particolarmente significativo per bambini di basso livello di età; ab) è positivo, invece, il fatto, che vi siano anche diversi livelli di età per sezione: il che favorisce il confronto e lo scambio di esperienze, di sviluppo/crescita e di apprendimento e prefigura anche la necessità di prevedere per i successivi anni scolastici non “classi di età” ma “gruppi di apprendimento”; ac) sarebbe anche opportuno avviarsi verso un superameno dell’attuale rigida divisione dei ruoli tra insegnanti per l’infanzia e insegnanti per la scuola primaria, in modo da favorire un più agile e produttivo scorrimento, per ciascun bambino, dalla fase dell’intelligenza motoria a quella dell’egocentrismo e del successivo passaggio alle operazioni formali.

b) Una scuola di base decennale obbligatoria (5-15 anni) (scompare la distinzione tra un primo ciclo ottonnale e un secondo ciclo quinquennale): non si tratta di anticipare ai 5 anni di età obiettivi e contenuti dell’attuale prima classe primaria; occorre, invece, progettare un curricolo decennale verticale continuo e progressivo che conduca un soggetto di 5 anni a raggiungere in 10 anni di istruzione le competenze di cittadinanza e culturali di cui al dm 139/07, ovviamente da rivedere, correggere, aggiornare, arricchire. Si veda anche il livello 2 del Quadro Europeo delle Qualifiche, EQF (23 aprile 2008) e l’Accordo quadro per la referenziazione del sistema italiano delle qualifiche all’EQF (20 dicembre 2012).

Sarà opportuna un’articolazione in due quinquenni (5-10 e 10-15): dal superamento dell’egocentrismo alla padronanza delle operazioni formali di base); in tal caso occorre ragionare sul concetto stesso di ciclicità in fatto di sviluppo/crescita di un soggetto e dei relativi processi di apprendimento e socializzazione. Tale scuola è educativa, formativa, istruttiva (vedi il comma 2 dell’art. 1 del dpr 275/99) nonché orientativa nel contempo e non si conclude con un esame ma con una certificazione delle competenze di cittadinanza e culturali acquisite nel decennio, per come sono state accertate, a prescindere da giudizi di valore e di merito, confortate però da indicazioni per l’orientamento.

A partire dal tredicesimo anno di età, sarà opportuno che i singoli alunni accedano allo studio di discipline facoltative e/o opzionali particolarmente significative e caratterizzanti (ad esempio latino, greco, filosofia, arti architettoniche, plastiche e figurative, musica, studi giuridico-economici, chimica, fisica, informatica e tecnologie, altro) in modo da sollecitare e favorire l’orientamento e i necessari approfondimenti verso studi che richiedono tempi di apprendimento distesi nel tempo.

Inoltre, l’uscita dal primo ciclo a 15 anni di età, coincidente con il conseguimento dell’obbligo di istruzione, consente al soggetto un accesso più “agevole” e mirato all’apprendistato di primo livello. Infatti, tale percorso sarebbe finalizzato solo al conseguimento di una qualifica lavorativa e non, come avviene oggi, anche al conseguimento dell’obbligo di istruzione.

Occorrerà considerare il decennio nella sua continuità con il superamento delle attuali classi di età, funzionali a quelle promozioni/bocciature che nulla hanno a che vedere con i reali processi di sviluppo/crescita e apprendimento di un soggetto in età evolutiva. Sta alle singole Istituzioni Scolastiche Autonome fare in modo che in dieci anni, con l’attivazione di opportuni gruppi di lavoro e percorsi in diversi laboratori, ciascun soggetto raggiunga il massimo delle competenze indicate dal Miur e dall’Eqf in modo che gli sia garantito, in forza di un insegnamento individualizzato, il suo personale successo formativo (vedi il comma 2 dell’art. 1 del dpr 275/99). Il che implica il superamento dell’aula contenitore di una data classe di età e l’attivazione di aule/laboratorio opportunamente attrezzate. Si ribadisce che non sarà più l’insegnante che si reca nell’aula di una classe di età, ma gruppi di alunni che si recano in aule laboratorio attrezzate (in linea di massima, si tratterà di attrezzature minimali che non escludono l’esistenza e il funzionamento di laboratori particolarmente dedicati).

Il che implica un progressivo superamento dell’attuale organizzazione per classi di età, cattedre e orari eguali per tutti gli alunni (le tre C, Classi, Cattedre, Campanelle). Sarà anche opportuna una vera generalizzazione di metodologie attive, quali una didattica autenticamente laboratoriale, il team teaching, la peer education, l’imparare facendo, che saranno favorite da un’organizzazione scolastica diversa rispetto a quella tradizionale e da un programma di formazione in servizio degli insegnanti.

 

c) Un’istruzione secondaria triennale (15-18 anni), che si concluda con la certificazione delle competenze di cittadinanza, culturali e pre-professionalizzanti conseguite dall’alunno, differenziate a seconda dei diversi percorsi. Si veda al proposito il livello 4 dell’EQF. Si tratta di percorsi che garantirebbero a ciascun soggetto il soddisfacimento del diritto/dovere all’istruzione e alla formazione (vedi art. 2, comma 1, punto c della legge 53/03).

Occorrerà istituire istituti comprensivi verticali e orizzontali in cui siano attivi percorsi in cui a una solida cultura di base umanistica e scientifica, eguale per tutti, siano associati indirizzi pre-professionalizzanti e/o professionalizzanti. Sarà necessario istituire nel primo anno di studi secondari post-obbligo di istruzione (15/16 anni di età) opportune passerelle che consentano attività di orientamento e riorientamento, qualora il percorso decennale obbligatorio non abbia soddisfatto tali esigenze.

Occorrerà procedere a una riduzione delle discipline di studio (in considerazione del fatto che le “competenze obbligatorie” di base di cittadinanza e di studio sono state acquisite da ciascun alunno), alla scelta di discipline “mirate” e all’avvio di percorsi anche e soprattutto pluridisciplinari.

 

c) Infine, occorre considerare ex novo l’insieme dei complessi rapporti tra l’istruzione secondaria statale e l’istruzione e formazione professionale di competenza delle Regioni, i rapporti tra titoli di studio, qualifiche triennali e diplomi quadriennali nonché l’effettiva attuazione del Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF).

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