Semplicemente?

Semplicemente?

di Claudia Fanti

Ministro Giannini: «La valutazione è utile se viene considerata come strumento di governo con l’introduzione di operazioni premiali e di penalizzazione altrimenti è solo un esercizio stilistico come tanti altri», ha ammonito, «ed è da mettere in atto dopo aver sentito tutte le componenti della scuola per arrivare a distinguere chi lavora tanto da chi fa semplicemente il suo dovere».” (ItaliaOggi 11/03”014)

Semplicemente!

Che avverbio semplice, facile, quasi dolce nel suo significato di facilmente comprensibile, liscio come l’olio…ma scivolosissimo!

Allora signora ministro, forse non ha ben letto la situazione pur avendo studiato tanto dal giorno del suo insediamento: proviamo a ricordare a noi (che abbiamo la memoria corta e siamo intorpiditi fino al silenzio) e a lei (ma lei quasi quasi ha meno colpa di noi perché non c’era fra i banchi mentre le cosiddette riforme ci stendevano prone e supine!).

Vediamo di spiegare il suo “semplicemente” cosa sia oggi:

1. sostituirsi a vicenda nel caso delle assenze (sono state praticamente eliminate le compresenze)
2. avere cura di ogni bambino/a in classi che superano i 25 alunni/e anche in presenza di disagi di vario tipo
3. tenere i rapporti con le unità sanitarie locali (che non hanno risorse) per i numerosi casi “difficili” presenti nelle classi
4. avere un dialogo costante (anche nascosto, quindi non computabile in ore dichiarate per via di situazioni delicatissime in mano ai tribunali) con papà e mamme che vivono esistenze di complessa gestione
5. non dormire la notte per ricercare soluzioni studiando testi di psicologia, sociologia, ecc…per trovare risposte ai casi presenti in ogni classe e in aumento esponenziale, viste le condizioni di vita sempre più difficli delle relazioni parentali e della situazione economica
6. sostenere le proprie classi con spese personali per compensare carenza di materiali di facile consumo (i pc non li nomino neppure per non cadere nel ridicolo)
7. lavorare in aule senza aria e che non consentono spostamenti di banchi e sedie per via dello spazio insufficiente
8. preparare attività sempre diverse e creative in modo da non far calare la motivazione all’interno delle situazioni qui precedentemente descritte
9. a casa usare i propri strumenti tecnologici per fare fotocopie, stampare, ricercare, studiare (a scuola non si può: siamo in troppi con strumenti assolutamente insufficienti o inesistenti)
10. raggiungere il proprio posto di lavoro, anche lontano spendendo i propri soldi per trasporti e/o benzina
11. l’ammalarsi e pagarsi una tassa sulla propria malattia, magari una di quelle considerate “professionali”
12. permanere in servizio oltre i 60 anni esponendo se stesse all’umiliazione di non farcela e al contempo vedere i precari che stanno sacrificando la propria “semplice” vita “semplicemente” invisibile.

La 13^  descrizione la riservo per dirle che “il resistere” alle cosiddette riforme degli ultimi anni è stato ed è “un in più” al lavoro “semplice” che facciamo e che riteniamo assolutamente da premiare proprio per questo suo essere semplice e totalizzante. Si ricordi, signora ministro, che il nostro “semplice dovere” è prestare cura e attenzione ai singoli, e i singoli, se vogliamo fare “semplicemente” il nostro dovere,    presuppongono una totale abnegazione che non può essere spesa in altro, pena l’abbassamento del livello di cura, e qui alludo al fatto che per i ministri degli ultimi anni è stato considerato un dovere fare altro dall’insegnare. Un errore che stanno pagando in particolare i ragazzi, i quali si sono trovati a subire un sistema sempre più diretto a verificare, misurare e testare, anziché ascoltare, studiare, ricercare, sostenere, conversare, dialogare, riflettere in modo significativo sulla vita.

…E …soltanto grazie a insegnanti resistenti della scuola statale spesso si sono salvate situazioni a rischio.