Figure, figurine e figuracce

print

Figure, figurine e figuracce fanno venire un “sistema”… nervoso

di Cosimo De Nitto

 

La lettura dell’articolo “Non solo insegnanti: le figure di sistema” – di Fiorella Farinelli sul numero 6/2013 suggerito dall’Ispettore Giancarlo Cerini al gruppo FB “Valutare la scuola” mi ha provocato un amarcord accompagnato da un disagio provocato dalla memoria storica dei processi in cui si è dibattuta la scuola in oltre un decennio, e si dibatte ancora, tra quello che poteva essere un bel sogno, un progetto (l’autonomia), e quello che è ora l’ancorché problematica e spesso triste realtà.

 

Ma che “sistema” è questo?

Definizione di sistema: “Il sistema, nel suo significato più generico, è un insieme di elementi o sottosistemi interconnessi tra di loro o con l’ambiente esterno tramite reciproche relazioni, ma che si comporta come un tutt’uno, secondo proprie regole generali” (Wikipedia).

Una qualche somiglianza tra questa definizione e la scuola reale? Difficile trovarla. Parlare di “sistema” riferendosi all’insieme delle istituzioni scolastiche equivale alla proposizione di un “dover essere” piuttosto che alla realtà di fatto, è piuttosto un fine o un traguardo da raggiungere.

Stando alla definizione ci si chiede: dove sta “l’interconnessione” tra gli “elementi”, i “sottosistemi” tra loro e con “l’ambiente esterno”? Dove sta il suo “comportarsi come un tutt’uno”? E le “regole generali”?

Secondo me bisogna che ci inventiamo un’altra definizione di “sistema” che vada bene solo per la scuola, oppure che si applichino le necessarie riforme per far diventare sistema la scuola che piuttosto si presenta sotto forma di galassia.

Il mondo variopinto, multiforme e multifunzionante della scuola, allo stato attuale, è attraversato da una fondamentale e macroscopica contraddizione tra un principio ed un processo di centralizzazione politica-burocratica-amministrativa-gestionale e un principio di “autonomia” svuotato di senso e soprattutto di poteri, strumenti, campi su cui essere esercitata. Da qui l’elemento caratterizzante della galassia scuola e il suo principio di (mal)funzionamento è piuttosto la schizofrenia (materia da psicologi e psichiatri piuttosto che per ingegneri e esperti in sistemi). Schizofreniche le “regole” (leggi, circolari, direttive, note interpretative, regolamenti ecc.), schizofrenici i rapporti tra scuola e territorio, schizofrenici la maggior parte degli insegnanti fra l’altro male invecchiati in un “non-sistema” di questo tipo che li obbliga in servizio ad un’età “innaturale” per coloro che svolgono questa professione.

 

Figure, figurine, figuracce

Allora, se questo è, se non si costruisce dapprima il sistema, che senso hanno le “figure” di un non-sistema? Rischiano di divenire delle figurine, o peggio, delle figuracce. Solo collaboratori subordinati del dirigente-monocrate che ne dispone a suo insindacabile giudizio, talvolta arbitrio.

Il dibattito sulle figure di sistema è ormai datato, frutto di una stagione ormai superata. Risale agli anni intorno al 1997, quando era forte la spinta propulsiva dell’autonomia e quando si immaginava una scuola autonoma almeno dal punto di vista organizzativo, amministrativo e didattico. Risale a

quando il collegio dei docenti aveva il potere di fare le scelte del progetto educativo e didattico ed eleggere le proprie “figure di sistema”, le funzioni obiettivo in seguito strumentali. Risale a quando l’autonomia era una visione della scuola alternativa a quella verticistica e centralistica tradizionale. Poi questa spinta si è esaurita negli anni col prevalere di tendenze politiche e culturali (ideologiche) diverse, contrastanti e opposte alla cultura dell’autonomia, tendenze centralistiche e burocratiche che hanno progressivamente svuotato di senso, e dei già  pochi residui poteri che aveva, l’autonomia al momento in cui è stata introdotta nell’ordinamento con la legge Bassanini n. 59 del 1997, alla quale ha fatto seguito il Regolamento del 30 ottobre 1998.

 

Quale autonomia?

Quali poteri autonomi ha ora il collegio dei docenti?  Ormai anche le funzioni strumentali sono nominate dai dirigenti scolastici, ormai non ha più potere di decidere nulla sulla sperimentazione metodologico-didattica vietata dalla Gelmini. Ha solo quasi esclusivamente poteri di ratifica in

merito a dettagli di minuta amministrazione e organizzazione. Dico minuta perché, per esempio, col registro elettronico il collegio, i docenti non hanno nemmeno più il potere di scegliere le forme di certificazione degli atti, così pure una sempre maggiore parte di atti amministrativi è assorbita da sistemi centralizzati che richiedono solo azioni esecutive in periferia. Autonomia zero. Alle scuole resta quasi esclusivamente il potere di decidere il calendario delle riunioni e delle ricorrenze, qualche festa e manifestazione e poche altre cose di natura amministrativa e organizzativa. Più che di autonomia delle scuole sarebbe corretto parlare di autonomia dei dirigenti scolastici.

La didattica, almeno quella, che dovrebbe essere il principio costituzionale dell’autonomia scolastica e della libertà d’insegnamento, è stata pesantemente e progressivamente svuotata di senso, condizionata, controllata e centralizzata attraverso l’INVALSI.

Il principio dell’autonomia scolastica è rimasto scritto sulla carta, come tanta parte dei principi che hanno carattere costituzionale fondante.


Ma non finisce qui

In questi ultimi anni sono venute avanti nuove correnti di pensiero che si sono espresse per forme più radicali di autonomia. Mentre  gli autonomisti di vecchia data hanno sempre pensato ad un “sistema” che si componesse di autonomie regolate e coordinate dal governo centrale che riservava per sé i compiti della strutturazione degli ordini, indirizzi e ordinamenti, programmi e orientamenti, gestione e governo dei principali flussi di risorse a cominciare dall’assunzione del personale ecc., questi ultimi orientamenti hanno disegnato le scuole come tante aziende autonome sul  modello privato, un insieme di monadi istituzionali, con poteri di assoluta autonomia, anche di assumere direttamente il “personale”, di decidere e dettare regole di funzionamento, principi e progetti formativi in competizione con le altre scuole nel grande “mercato” della formazione. La formazione anziché diritto di tutti e servizio pubblico è ridotta a merce liberamente offerta da enti il cui statuto ormai è divenuto di ordine privatistico. Questi ultimi orientamenti sono stati sostenuti e incoraggiati dai governi di centrodestra, dal ministero Moratti, a quello Gelmini che hanno avuto come punta di diamante Valentina Aprea, Comunione e Liberazione, Fondazione Agnelli, Treelle ecc. Ma hanno avuto continuità anche con ministri di centrosinistra e PD in particolare, Carrozza, o di area, comunque proposti e sostenuti dal PD, come Profumo. La continuità tra il ministero Profumo e il ministero Carrozza si è impersonata nella figura di Marco Rossi Doria (PD), come la continuità tra il ministero Carrozza e il ministero Giannini è impersonata nella figura di Gabriele Toccafondi (PDL-NCD). Entrambi, Rossi Doria e Toccafondi, sottosegretari.

 

Che fare?

Bisogna radicalmente cambiare governo e indirizzi di governo. Bisogna disambiguare il concetto di autonomia sotto il quale ormai ci hanno messo tutto e il contrario di tutto. Le “figure di sistema” in un non-sistema non hanno senso e non risolvono, semmai aggravano, i problemi della scuola; comunque aggravano le contraddizioni tra poteri da attribuire ai docenti e dirigente monocratico, col trionfo di un centralismo burocratico teso tra la spinta di un’aziendalizzazione e privatizzazione estrema delle singole unità scolastiche e il bisogno di una scuola democratica, pubblica, statale secondo Costituzione. La scuola non è un qualsiasi ente burocratico periferico dello Stato e non è un’isola infelice che scimmiotta l’azienda.

Cosa è la scuola dobbiamo ritornare a scoprirlo tutti insieme leggendo la lettera e lo spirito della Costituzione.