Amore e non odio nella scuola

AMORE E NON ODIO NELLA SCUOLA

di Umberto Tenuta

Lo studio, dal latino studium −nell’accezione di amore− è diventato odio, avversione, pena, sofferenza, lacrime, dolore, morte, morte di umanità, mortalità scolastica.
Per fortuna, non in tutte le scuole!
Ma se c’è, come c’è, una sola scuola nella quale un solo giovane la vive così, allora bisogna mobilitarsi, mettere in mare le scialuppe, le torpediniere, gli aerei da ricognizione, i satelliti, perché un solo giovane è un uomo, è un valore, un valore infinito, un valore che eguaglia quello di tutto il popolo italiano, di tutto il popolo dell’Europa, di tutto il popolo del mondo.
Questo appello non è nuovo, è stata lanciato più volte prima di me, da voci più autorevoli, come quella di Don Milani e di altri Grandi che i giovani amavano.
Il problema di questi giovani, per questi giovani è che lo studio è diventato dolore, sofferenza, lacrime, morte della voglia di formarsi, di crescere, di diventare adulti, uomini, uomini grandi.
Lo studio è diventato l’opposto dalla sua natura, del suo significato, che era amore, amore di alimentarsi, di nutrirsi, di crescere, di diventare adulti, uomini, uomini, qual era il loro destino di figli di donna.
Per questi giovani lo studio è vissuto come obbligo, come pena, come sofferenza, come cosa odiosa.
Ascoltano la lezione, sì, ancora la lezione, anche se con le LIM, ma sempre lezione di un docente che parla ad una scolaresca, non a venticinque persone, non a venticinque esseri umani, l’uno diverso dall’altro, ma tutti annullati nell’astratta scolaresca che, come tutti i nomi comuni, non esiste, così come non esisteva l’uomo che Diogene cercava.
Ebbene, il docente spiega alla scolaresca, alla scolaresca che non esiste, che non è presente in aula, mentre Paolo, Francesca, Emilia, Salvatore, Camilla…… non ascoltano nulla, perchè il docente non parla la loro lingua ma quella della scolaresca che non è presente, che non esiste da nessuna parte, così come non esiste da nessuna parte la sedia, la maestra, la cattedra, la strada, l’automobile…ma esiste questa sedia qua, foderata di raso rosso, questa cattedra qui, di mogano, alta novanta centimetri…
E, senza poter ascoltare un lingua a loro comprensibile, Paolo, Francesca, Rosina.. soffrono la pena di stare seduti nei banchi, in silenzio, immobili, perinde ac cadaver…
Ci rendiamo conto di questa mortalità, di queste morti, morte del cuore, morte dell’anima, morte dell’umanità di ogni figlio di donna, di ogni cucciolo di uomo?
Che cosa facciamo noi padri, noi madri, dinanzi alle sofferenze, ai pianti di morte nel cuore di questo giovane, di questi giovani?
Stiamo zitti?
Non possiamo stare zitti!
Non possiamo stare zitti!
Non possiamo stare zitti!

Dobbiamo gridare forte il nostro SOS.
Il SOS per la scuola, perché in essa non ci sia più morte, non ci siano più morti, nemmeno di un solo giovane!
Nemmeno di una sola dimensione storica, geografica, scientifico linguistica, matematica, poetica, musicale, artistica… di un singolo studente.
Dobbiamo scrivere sui portoni delle scuole tutte, materne, primarie e secondarie della Repubblica Democratica Italiana

IN
QUESTA SCUOLA
REGNA AMORE