Grazie Luigi!

Grazie Luigi!

 di Maurizio Tiriticco

Da tempo lamento che, in un periodo così difficile per la nostra scuola, o meglio per il nostro “Sistema Educativo di Istruzione e Formazione” – così come Luigi Berlinguer ha voluto ridefinirla con la legge 30/2000 – la ricerca pedagogica sia di fatto assente. Oggi scuola e insegnanti necessitano come non mai di indicazioni e orientamenti per affrontare situazioni che l’amministrazione, incapace di dar corpo a quanto stabilito dall’articolo 117 della Costituzione, sembra addirittura contribuire a rendere più difficili. E non è sufficiente il richiamo all’autonomia, perché questa non può vivere di vita propria, ma solo se l’intero sistema, più sopra richiamato, funziona. E ciò purtroppo non è, perché il nostro Miur, pur non essendo più Mpi – nuovo di nome, ma non di fatto – non è in grado di orientare, sostenere e implementare i processi autonomistici. E’ vero che non abbiamo più lo Stato “verticale”, quello delineato dalla Costituzione del ’47, ma è anche vero che non abbiamo ancora costruito quello Stato “orizzontale” disegnato dal novellato Titolo V.

E, in mezzo al guado, l’autonomia delle istituzioni scolastiche fa un’enorme fatica a crescere! Ovviamente ci sono le eccezioni, e sono anche tante, che nel libro di Berlinguer sono riportate. Ed è per questo che l’autore sostiene che “il cambiamento viene dal basso” – è il capitolo conclusivo – non davvero dall’alto, salvo rare eccezioni, che ovviamente stentano a diventare “sistema”. Ma è anche vero che il basso fa quello che può, quello che dipende dalla buona volontà, dall’intelligenza, dai sacrifici di tanti dirigenti e insegnanti, a cui va il nostro plauso, però… anche l’Alto, proprio perché è Alto, non può continuare a vivacchiare tra un ministro e l’altro… e poi a chiedere il conto con quelle prove Invalsi che le scuole in larga misura non capiscono e mal sopportano! In una società sistemica occorre pensare in grande. Ce lo ricorda Morin: “Pascal riteneva che sia impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere le parti. Per pensare localmente si deve pensare globalmente, come per pensare globalmente si deve pensare anche localmente”. Chi mi legge sa che, ogni volta che cambia ministro, mi auguro e gli auguro di durare a lungo, di non fare dichiarazioni tempestive che lasciano il tempo che trovano, e di trovare, invece, il tempo per assumere tutte le informazioni necessarie per pensare in grande e agire di conseguenza: che faccia un piccolo passo dopo l’altro, ma consapevole del traguardo che occorre berlinguerraggiungere. E il volume di Berlinguer è un ottimo libro sur la table de nuit del nostro ministro!

Berlinguer ci riconduce a studiosi e ricercatori che negli ultimi decenni del secolo scorso ci hanno insegnato molte cose su come si apprende e su come si insegna. I richiami sono numerosi e la bibliografia vastissima. Cito a memoria e a caso: dai documenti europei a Delors, da Illich e Bruner. E poi ritornano Guilford, Vygotskij, Montessori, De Mauro, Turaine, Croce, Rifkin, Schön, la Nussbaum, Jenkins, Amartia Sen, Raffaele Simone, Goleman, gli amici De Anna, Vertecchi, Domenici, Cambi e Tagliagambe, Calogero, Zagrebelsky, Oliverio, Don Milani e perfino De bono, lo studioso maltese autore del “pensiero laterale”, che pochi, purtroppo, conoscono!

In effetti, a mio giudizio, è molto importante il richiamo alle continue scoperte dei neuroscienziati circa i modi e i tempi con cui noi umani costruiamo conoscenza. “Le scoperte scientifiche nel campo delle neuroscienze e della neurofisiologia, relative alla complessa struttura fisiologica del cervello, al funzionamento dei neuroni e delle reti neuronali, al rapporto fra l’emisfero sinistro (pratico/scientifico, funzionale/razionale) e il destro (magico/artistico, funzione immaginativa ed emozionale), sostengono che l’attività creativa dipende dalla plasticità neuronale e dall’interazione tra i due emisferi, secondo una visione unitaria dell’organo. In particolare è acquisito che la capacità del cervello umano di produrre cellule staminali sia in grado di costruire e potenziare nuove mappe cerebrali quando il soggetto, a qualsiasi età, apprenda qualcosa di nuovo, ad esempio una lingua straniera o uno strumento musicale” (p. 41). Si tratta di suggestioni che possono avere una ricaduta pratica enorme nei processi apprendimento. E non è un caso che Berlinguer sostenga e conduca da anni con iniziative “dal basso”, e con strutturati gruppi di lavoro, sia l’insegnamento scientifico (emisfero sinistro) sia quello musicale (emisfero destro). Perché, in effetti, non esistono persone portate per… Purtroppo sono in tanti a dirmi: “Mi sono iscritto a lettere perché la matematica non faceva per me” O viceversa! Significa che qualcuno – mi si scusi del termine – “lo ha fregato” da piccolo!! In effetti, tutti “siamo portati” per tutto! Però, a condizione che gli stimoli di chi insegna siano quelli corretti. E le neuroscienze, oggi, indicazioni e strumenti per agire di conseguenza ce li offrono a iosa. Che io stesso utilizzo nei miei incontri con gli insegnanti.

cervello

Caro Luigi! Ci hai regalato un libro “nuovo”, che indubbiamente ti è costata fatica – lo avverto – ma che, per il suo contenuto, può costituire una svolta sia nel campo macro di una rivisitata psicopedagogia che in quello di una didattica attiva! Ma che sia veramente tale, in cui l’insegnante cessi una buona volta di fare il trasmettitore di informazioni, ma il sollecitatore di ricerche mirate. E per attività di questo tipo non occorre soltanto l’intelligenza e l’iniziativa di chi insegna, ma anche il supporto concreto di chi “comanda”, ovvero della nostra amministrazione. La buona volontà dei tanti insegnanti che innovano dal basso non è sufficiente se non come indicazione e stimolo.

Occorre il sostegno mirato e convinto del Miur. Che fine hanno fatto i fondi della legge 440/97? Mi piace riportare una riflessione di Lorenzo Pecunio che su IuasInsiemeunaltrascuola scrive tra l’altro: “Da alcuni anni le scuole italiane non dispongono più di spazi di contemporaneità oraria (eccetto alcune briciole), quegli spazi che permettevano di svolgere attività di piccolo gruppo o di laboratorio, di impostare attività di recupero, di sostenere situazioni di difficoltà (disabilità, disagio socio-ambientale, disturbi specifici dell’apprendimento, alunni non italofoni). Restava un margine, rappresentato dal fondo di istituto, che consentiva di ritagliare nelle scuole poche centinaia di ore per attività di recupero o di laboratorio… Ora, però, con l’asciugarsi quasi totale del fondo stesso, si rischia che rimanga ancora meno, praticamente nulla. Nulla per i vicari, nulla per le commissioni, nulla nemmeno per gli interventi a sostegno delle situazioni di disagio. Se la scuola dev’essere di qualità, occorre che sia finanziata adeguatamente. occorre che vi siano interventi finanziari forti, capaci di sostenere la qualità dell’istruzione a livello del nostro tempo. Non c’è in questo differenza di interessi fra lavoratori e imprenditori: l’Europa si salva solamente con un livello elevato di istruzione”.

Caro Luigi! Grazie per quanto hai scritto e per quanto ci suggerisci! Però, i tuoi insegnamenti non debbono raggiungere soltanto dirigenti e insegnanti “di buona volontà”, ma tutti loro indistintamente! La ricerca scientifica non può non coniugarsi con la lotta politica… quotidiana! Grazie ancora, comunque!