Riequilibriamoci

Riequilibriamoci

 di Claudia Fanti

Mai come in questo scorcio di secolo l’attenzione pedagogica  è stata così “bassa”.

Più insegno e più mi rendo conto della necessità, del bisogno, della sete di dialogo, di conversazione, di giri di parole con i pari e con le maestre, sia collettivamente sia individualmente.

Mai come ora invece, di contro, tutti quelli che si interessano a vario titolo di scuola, dirottano le argomentazioni verso strutture, codici delle discipline, tecnologie, quiz, crocette e griglie.

A questo punto si apre uno scenario con un problema da risolvere grande come il mondo: cosa si vuole fare dei bambini e delle bambine che adorano la narrazione, le descrizioni, la poesia, la letteratura per l’infanzia, la realizzazione di oggetti, la rappresentazione teatrale…?

La voce, la nostra voce di maestre e maestri, quella che racconta, che pone domande, che esprime dubbi e ascolta le risposte bambine,  è diventata una calamita. E si badi bene, non soltanto per l’insegnamento dell’ italiano, bensì per la storia dei numeri, per la storia, per la geografia, la musica, la lingua straniera, ecc…

Bambine e bambini sono rapiti, disposti perfino a rinunciare a ricreazione e divertimenti di vario tipo pur di ascoltare la voce della maestra e la propria mentre racconta.

Mi piacerebbe che molti si avvicinassero in classe ad ascoltare i livelli di speculazione che raggiungono i nostri alunni e le alunne quando ragionano insieme, quando indagano argomenti relativi alla propria esistenza e ai saperi utilizzando brani di letteratura, ascoltando musica, drammatizzando col corpo storie, ecc…

Eh sì, perché anche il corpo, quello fatto di gambe, braccia, volto, torace, non è soltanto una macchina per lo sport, o dita e occhi per battere su una tastiera e guardare una lim. Il corpo, all’età dei bambini e delle bambine con i quali le maestre lavorano, è qualcosa di dimenticato dai più, compresi gli stessi bambini!

Tuttavia, se si sceglie di farlo agire nella sua interezza, diventa un magnifico strumento per far vivere sentimenti, emozioni e perfino, pensa un po’, logica e riflessione.

Corpo, voce che racconta, gestualità, espressione del volto, storie  di vita “vissuta” in prima persona, storie di altri, rievocazione del passato proprio e dei propri cari, rappresentazione grafica… sono gli aiutanti magici per avvicinare qualsiasi tipo di sapere con la passione e l’entusiasmo per la vita, per le scienze, per ogni disciplina, per ogni argomento, anche il più astruso.

Gli anni ’70 questo avevano insegnato alle maestre e ai maestri. Gli anni’80 avevano arricchito e reso equilibrato l’incontro fra spontaneità e sistematicità, l’avevano reso efficace e vincente. Questo si era capito:  senza “narrazione” con la voce e con il corpo nulla viene interiorizzato. Tutto viene imparato per un tempo esiguo, il tempo della memorizzazione volatile, che non resta, che dimentica e non si travasa da un contesto all’altro.

I nostri sono diventati paradossalmente e  nuovamente i tempi delle “elencazioni”, delle prove, della competizione sterile con il voto e i compiti in classe, con le verifiche, con le unità didattiche, chiamate in altro modo, ma pur sempre unità. Anni senza un equilibrio pedagogico.

Ci siamo dimenticate/i che la formazione del bambino deve essere rispettosa dell’integralità della sua persona, che lei/lui apprendono se coinvolti dalla magia della narrazione in ogni sua forma e che essa per essere efficace deve seguire il filo conduttore delle proposte scaturite dalle esigenze espresse dai bambini e dalle bambine, soprattutto oggi quando essi ci presentano problematiche esistenziali complesse scaturite dalla difficile società in cui vivono.

Proprio oggi, quando bambine e bambini ci raccontano quotidianamente delle loro “sofferenze” di solitudine, di incapacità di gestire i conflitti familiari e amicali, di fare amicizie…proprio oggi nell’epoca dei figli unici, delle disgregazioni familiari, delle tristi vicende delle famiglie in crisi economica, noi dovremmo raddoppiare lo sforzo dell’ascolto e del parlato, del far agire il corpo in ogni sua parte per trovare in esso la soddisfazione del saper fare per realizzare se stessi e per imparare a creare rapporti con i compagni e le compagne di viaggio, senza paure, senza tecnicismi ingombranti, ma con la forza delle idee che si misurano col fare e col pensare, con il recitare e con il leggere, con lo scrivere e con il costruire, con il rappresentare, con l’esprimere opinioni ed emozioni.

Conosco tante e tanti bravi insegnanti mortificati da un sistema nel quale non si riconoscono, che si sentono limitati nella loro azione e nella loro libertà d’insegnamento dai lacci e laccioli delle leggi e dalle circolari che non tengono conto dalle realtà in cui essi vivono: oggi vengono richieste ai docenti cose che non sono neppure possibili proprio per la mancanza di strumenti dati dallo Stato nonostante le pretese dello stesso, e mi spiace, perché se maestre e maestri prestassero attenzione alla domanda di vita e di parole che hanno i bambini e le bambine, si sentirebbero forti e grandi per il solo fatto di essere maestri e maestre colmi di un’umanità e di un sapere di cui i loro alunni e le loro alunne hanno assoluto bisogno e se partissero da quella domanda, non sarebbero sfiduciati e stanchi, ritroverebbero se stessi dinanzi ai corpi e alle menti di squadre  di bambini e bambine disposti ad affrontare qualsiasi apprendimento e qualsiasi sfida del sapere.

Organizzazione di sistema e strumenti servono, ma ogni energia spesa per addestrare e per ubbidire passivamente al cosiddetto “nuovo” è spesa male, produce frustrazione e riduce l’insegnante a un esecutore che non trova più senso nel proprio lavoro, aumenta la quantità di alunni che si perdono rivelando conflitti cognitivi, conflitti affettivi ed emotivi.

Non è un caso se oggi crescono quelli che si chiamano discalculia, disgrafia, dislessia, difficoltà di attenzione e concentrazione, atteggiamenti asociali e aggressivi. La velocizzazione dei ritmi, la quantità degli apprendimenti sincopati, la fretta con la quale si cambiano unità di insegnamento e di apprendimento, saltando da un argomento all’altro, da un esercizio all’altro, non favoriscono né un clima sereno né una crescita armonica e rendono sterile qualsiasi insegnamento anche il più dotto e sapiente.