Addio vecchi libri di testo Si studia su quelli fai-da-te

da La Stampa

Addio vecchi libri di testo Si studia su quelli fai-da-te

Cade l’obbligo di adottare i tradizionali, via libera agli autopubblicati
roma

Questa mattina un gruppo di professori si incontrerà al Ministero dell’Istruzione per creare i libri di testo che saranno adottati dal prossimo anno. Si incontrano al Miur perché si tratta di libri un po’ particolari, che non escono dalle case editrici ma dal circuito del fai-da-te, il self-publishing che sta prendendo sempre più piede tra gli scrittori che non hanno voglia o la possibilità di arrivare a un editore ma anche tra dirigenti e scolastici e insegnanti che vogliono sfruttare i risparmi del meccanismo e la possibilità di usare la loro esperienza per far studiare i ragazzi.

Sono ormai duecento le scuole dove i libri di testo tradizionali non entrano più, finora un esperimento limitato solo alle scuole superiori ma dal prossimo anno esteso anche al primo ciclo, cioè alle medie e alle elementari. E una rivoluzione iniziata nel 2010 che sta crescendo e consolidandosi anno dopo anno, una realtà che il Miur ha riconosciuto ufficialmente con il decreto messo a punto dalla precedente titolare del ministero, Maria Chiara Carrozza, e approvato lo scorso settembre, che si è tradotto questa settimana in una circolare sui libri di testo da adottare in cui cade ogni obbligo di adozione e si dà pieno via libera al fai-da-te dei testi scolastici.

La scelta da parte delle scuole diventa facoltativa, con la possibilità per i collegi dei docenti di scegliere anche strumenti alternativi, purché coerenti con i limiti di spesa stabiliti per legge e con i programmi in vigore. Se i libri auto-pubblicati corrisponderanno alle linee guida che il ministero divulgherà entro la fine dell’anno scolastico, i testi verranno raccolti in un portale e messi a disposizione di tutti gli istituti che desiderano adottarli.

«Insegnanti e dirigenti saranno coinvolti per la prima volta in un’opera collettiva di elaborazione di strumenti per la didattica che avrà la scuola stessa come protagonista», annuncia trionfante il ministero.

L’obiettivo è seguire l’esempio anglosassone: negli Stati Uniti e in Inghilterra la quasi totalità degli editori del settore scolastico hanno creato nel 2006 un consorzio per sviluppare una piattaforma comune di adozione, distribuzione e vendita dei contenuti digitali. Si chiama Coursesmart ed è una sorta di Amazon della formazione online dal 2007 con più di 15.000 titoli e risorse didattiche digitali disponibili in catalogo, che viene oggi utilizzato da più di 30.000 istituzioni scolastiche e da più di 3,3 milioni di studenti in tutto il mondo.

Una rivoluzione è alle porte, insomma, e i meno entusiasti sembrano gli editori che probabilmente pensano all’ennesimo colpo inferto all’ultimo segmento solido del mercato. Giorgio Palumbo, presidente del gruppo educativo dell’Aie, l’Associazione Italia Editori, mette in guardia contro i rischi del fai-da-te. Considerare solo il risparmio «non considera il ruolo dell’editore e la dimensione accidentale delle produzioni alternative o, ad esempio, la necessità di strumenti didattici dedicati alle categorie di studenti svantaggiati per le quali sono necessarie competenze specializzate».

Attenzione al risparmio, insomma, sostengono gli editori, perché realizzare libri di testo è un lavoro da professionisti. In effetti il risparmio esiste ed è anche consistente, come emerge dall’esperienza del Book In Progress, l’esperimento nato nel 2010 che è arrivato per l’appunto a raccogliere 200 istituti, coinvolgendo circa 800 insegnanti pubblicando decine di titoli di ogni materia, dalla Storia alla Geografia, all’Economia Aziendale, l’Italiano, la Chimica, la Fisica, le Scienze Naturali che nessuno oserebbe definire libri di testo poiché si tratta di pubblicazioni dove le parole sono importanti quanto l’infografica e la visualizzazione in forma interattiva di dati e informazioni. Se i genitori in genere spendono circa 300-350 euro per i testi, quelli degli alunni che frequentano le scuole della rete Book In Progress ne spendono 50-60.

Ma il risparmio non vuol dire necessariamente dilettantismo, sostengono i componenti della rete Book In Progress. Alla cautela chiesta dagli editori rispondono con un metodo complesso, strutturato, condiviso da tutti gli insegnanti della rete, che culmina in un incontro annuale, quello di stamattina nelle stanze del Miur.