Maestre e maestri con bussola

MAESTRE E MAESTRI CON BUSSOLA

di Umberto Tenuta

Non una guida ma una bussola per orientarsi nelle quotidiane attività educative!

 

Quella delle Maestre e dei Maestri non è una professione, una delle tante professioni, ma è un’arte, l’arte forse più difficile tra quelle che l’uomo ha mai esercitato, comprese quelle della pittura, della scultura, della musica, della danza, della poesia…

Non è una professione, perché per qualsiasi professione esistono regole, procedure, indicazioni, normative. Il falegname sa come si sega il legno, come lo si incastra, come lo si vernicia. Il meccanico sa come si tempra il ferro, come si salda, come si forgia.

Per tutte le professioni ci sono regole, procedure, manuali.

Anche per i maestri qualche sprovveduto ha pensato e pensa di predisporre delle guide, guide per l’insegnamento della lingua italiana, guida per l’insegnamento della matematica, guida per l’insegnamento della geografia, guida per l’insegnamento della storia, della scuola primaria, della scuola secondaria di primo grado, della scuola secondaria di secondo grado. In fascicoli, in volumi, cartacei e digitali, quotidiani, settimanali, quindicinali, mensili, annuali: ad ognuno secondo i suoi gusti e le sue tasche.

Oddio, oggi, pure in piena crisi finanziaria, questo è un mercato che non mostra cedimenti, un mercato florido, con impennate a inizio di anno scolastico, sempre senza mai crisi!

 

Qual è il presupposto di queste guide?

Gli studenti sono lavorati in serie, da una sola ditta, quella materna, di tutte le mamme d’Italia…

Ma non dice ogni mattina la maestra: oh specchio, mio bello specchio, come me non c’è nessuna!

E non ha cantato Pino Daniele: <<Ogni scarrafone è bello a mamma soja>>?

Oh maestre, ve ne siete accorte anche voi e avete imposto il grembiule con fiocco uguale per tutto i vostri alunni, diversi solo per i maschi e per le femmine, onde evitare confusioni, pericolose in questi tempi.

E allora, se i nostri figli e se i nostri studenti sono l’uno diverso dall’altro, ciascuno unico, irripetibile, solo tra i sette miliardi di esseri umani che popolano la terra. come lo siamo tutti noi, tutti, maestre e maestri, quale guida possiamo adottare che sia valida per ciascuno dei nostri venticinque studenti?

Non possiamo parlare la stessa lingua per tutti i nostri interlocutori, per il medico e per l’amica, per il falegname e per la zia…

Unicuique suum!

Allora, mica non possiamo più raggruppare gli studenti per classi, per aule?

Mica non possiamo più tenere lezioni ben preparate con le nostre costose guide?

Mica, dopo che tanta fatica che abbiamo fatto per seguire i corsi sulle beneamate LIM, ora non possiamo più usarle per illustrare la differenza tra i PERIMETRI e le AREE a tutta la scolaresca, a tutti gli studenti ordinatamente e silenziosamente seduti nei loro banchi a otto posti delle ben famose cattedrali medioevali?

Mica non possiamo più adottare i libri di testo uguali, se non per tutte le sezioni, almeno per le singole scolaresche di 25 alunni?

Mica… mica… mica…

Ma, oh Maestra dai riccioli biondi e dagli occhi verdi, alta e avvenente, mica stamattina, hai incontrato una tua sosia?

Mica non hai in classe studenti con nomi diversi, e non solo nomi, anche se si tratta di gemelli omozigoti?

Allora, ma che dite?

Dobbiamo forse preparare e recitare venticinque lezioni, l’una diversa anche nella durata per ciascuno dei nostri venticinque studenti?

Ma se non ce la facciamo nemmeno a preparare una sola lezione alla scolaresca, come facciamo per venticinque studenti?

Tranquille, o maestre!

Tranquilli, o maestri!

A scuola non fate più lezioni!

Non esponete le vostre conoscenze, non le chiarite, non le riassumete.

A scuola non ci saranno più scolaresche, non ci saranno più classi, non ci saranno più sezioni…!

Oddio, ma allora sarà il Caos!

Nell’esercito ci sono i plotoni, le compagnie, i battaglioni?

Sì!

Ma la scuola non è l’esercito.

Nella scuola vengono i figli di mamma che, come sappiamo, son tutti diversi l’uno dall’altro, tutti belli come nessun altro, tutti diversi in tutto: nasi diversi, occhi diversi, orecchie diverse, fronti diverse, lingue diverse…

Nella scuola ci sono carte di identità!

Ci sono fascicoli personali dei singoli alunni!

 

E allora, allora, allora, diteci voi!

Calma!

L’operazione non è semplice, ma è possibile, come sono possibili le le singole operazioni chirurgiche, una diversa dall’altra, con terapie diverse l’una dall’altra, in ospedali specializzati, diversi l’uno dall’altro.

Basta organizzare diversamente il lavoro.

Non più attività di insegnamento, svolte da docenti, ma attività di apprendimento necessariamente svolte dai singoli studenti, seppure lavorando cooperativamente, come peraltro avviene per ogni intervento chirurgico , nel quale sono impegnati anestesista, cardiologo, chirurgo, infermieri ecc.

Cooperative learning, Team teaching, Team learning!

Chissà quante volte letti e studiati.

Adottiamoli, ora e non domani!

Ma, soprattutto, sostituiamo le lezioni con il Problem solving!

Nulla noi impariamo se non l’abbiamo scoperto, riscoperto, sulla nostra pelle.

Non sappiamo cosa è la gioia, se non l’abbiamo mai sentita.

Non sappiamo cosa è il dolore, se non l’abbiamo mai sentito.

Sappiamo solo quello che abbiamo scoperto, vissuto, sperimentato, sofferto, patito, gioito, gustato, assaporato, annusato, toccato, visto con i nostri occhi!

E, perciò, una sola cosa non possiamo sapere mai: cosa è la morte!

I bambini e le bambine nascono affamati di latte materno, e le mamme amorose porgono loro i propri capezzoli.

I bambini e le bambine nascono con l’irrefrenabile voglia di muoversi, di toccare, di ascoltare, di assaporare: e le madri amorose li accontentano e non li tengono più nelle obbrobriose fasce.Fasce che peraltro i bambini imparavano presto a sfasciare.

Nascono i figli di donna assetati di latte e di saperi!

Lasciamoli bere e lasciamoli esplorare l’universo mondo umano, animale, vegetale, minerale, terrestre e celeste che si squaderna dinnanzi a loro.

Lasciamoli fare di persona tutte le umane esperienze delle loro madri e dei loro padri: toccare, assaporare, annusare, ascoltare, percepire ogni cosa che il disio miri.

Abbiamo liberato i bambini dalle fasce, liberiamoli dalle classi e trasformiamo le aule in laboratori di esperienze personali!

Abbiamo imposto ai padri di non usare più i bastoni con i loro figli. Bastone che peraltro amorevolmente veniva poi mitigato dalla carota!

Non usiamo più nemmeno noi i bastoni dei voti!

Abbiamo abolito nelle scuole, come quelle della mia infanzia, le staffile ed i ceci sotto i ginocchi, dietro la lavagna.

Liberiamo i nostri giovani studenti dei voti punitivi, dei rimproveri mortificatori, della mortalità scolastica.

Creiamo la scuola della gioia di imparare, di apprendere, di crescere, di diventare adulti!

Non dobbiamo fare di più, noi.

Dobbiamo solo imparare a tacere, lasciando che siano i giovani studenti a riscoprire, a reinventare, a ricostruire l’intero patrimonio dell’umano sapere, saper fare, saper essere.

 

Ma qualche orientamento, qualche bussola pure ci vuole per realizzare questa rivoluzione?

Sì, eccoli:

 

CONFUCIO:

Se ascolto, dimentico

Se vedo, ricordo

Se faccio, capisco

 

Piaget

<<L’intelligenza è un sistema di operazioni… L’operazione non è altro che azione: un’azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile. Perché il bambino giun-ga a combinare delle operazioni, si tratti di operazioni numeriche o di operazioni spaziali, è necessario che abbia manipolato, è necessario che abbia agito, sperimentato non solo su di-segni ma su un materiale reale, su oggetti fisici…>>[1].

 

BRUNER:

<<Se è vero che l’abituale decorso dello sviluppo íntellettuale procede dalla rappresentazione attiva, attraverso quella iconica, alla rappresentazione simbolica della realtà, è probabile che la migliore progressione possibile seguirà la stessa direzione>>[2].

 

TOMMASO D’AQUINO

<<vi è un doppio modo di acquistare la scienza: uno quando la ragione naturale da se stessa giunge alla conoscenza di cose ignote, e questo modo si chiama invenzione; l’altro quando la ragione naturale viene aiutata da qualcuno dall’esterno, e questa maniera si chiama dottrina (insegnamento). In ciò in vero che viene prodotto dalla natura e dall’arte, l’arte procede allo stesso modo e con gli stessi mezzi che la natura. Come infatti la natura guarirebbe riscaldando chi soffre di frigidezza, così fa pure il medico; per cui si dice che l’arte imita la natura. Il simile accade anche nell’acquisto della scienza: il docente cioè conduce altri alla scienza di cose ignote allo stesso modo che uno, scoprendo, conduce se stesso alla conoscenza di ciò che ignora>>[3]

 

E, per riassumere:

CLAYTON

<<si può tracciare il seguente modello dell’attività dell’insegnante:

Egli:

1. determina i risultati auspicati;

2. esamina lo scolaro e valuta il suo livello effettivo di apprendimento;

3. specifica gli obiettivi dell’insegnamento alla luce dei punti 1) e 2);

4. seleziona le informazioni, i temi di studio e mette a punto i metodi;

5. impegna lo scolaro in attività che presume lo portino all’apprendimento;

6. dirige e guida le attività di apprendimento;

7. crea situazioni che permettano di utilizzare gli apprendimenti acquisiti;

8. valuta i risultati del processo>>[4]

 

Ma, attenzione, Dirigenti scolastici ed Onorevole Ministra Carrozza!

Vedete!

Una cosa è scopiazzare di qua e di là −anche su INTERNET− una bella lezione, e una cosa diversa è predisporre gli ambienti di esplorazione, di ricerca, di elaborazione di significati, di concetti, di simboli…!

Una cosa è decretare il silenzio assoluto della scolaresca ed un’altra cosa è sopportare il brusio dei giovani studenti che manipolano oggetti concreti, realtà aumentate, icone e simboli!

Se i Maestri tacciono, il loro compito diventa più impegnativo e quindi più meritevole di riconoscimenti, anche economici, sia ben chiaro!

 

Ma, o generose Maestre, o generosi Maestri, non aspettate che i Dirigenti e l’Onorevole Ministra vi diano i riconoscimenti che vi spettano.

Fateveli ri-conoscere!

 

 

[1] PIAGET J., Avviamento al calcolo, la Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 31

[2] BRUNER J.S., Verso una teoria dell’ístruzione, Arnando, Roma, 1967, p. 85.

[3] TOMMASO D’AQUINO (a cura di M. Casotti), De magistro, La scuola, Brescia, 1957, p 28.
[3] CLAYTON T.E., Insegnamento e apprendimento, Martello, Milano, 1967, p. 14.